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Autore: secretdiary    23/07/2011    1 recensioni
Storia scritta per il concorso dell'estate indetto da efp.
E' una rivisitazione del famosissimo classico di Dickens "Canto di Natale".
E se Ebenezer Scrooge avesse odiato l'estate anziché il Natale?
Spero che vi piaccia!
Bisous *-*
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Piccola annotazione prima di iniziare:
Cari lettori, innanzitutto vi ringrazio per aver aperto questa storia e per aver scelto di spendere un po' del vostro tempo per leggerla.
Vi rubo solo un paio di righe prima di lasciarvi al racconto: è finalmente uscito il mio primo romanzo.
Ora, finalmente, sono un'autrice pubblicata.
Se amate le storie fantasy, nel campo destinato al mio profilo, trovate tutte le informazioni relative al romanzo.

Grazie per l'attenzione ;)
Buona lettura!!
Bisous *-*

Canto d'estate

Il sole allo zenit regalava un'intensa ed avvolgente luce, che si insinuava anche nei più bui anfratti, nei vicoli più angusti di Londra, illuminandoli e riscaldandoli anche se essi non desideravano ricevere tanta illuminazione.

Gli sfacciati raggi solari si permisero persino di insinuarsi tra le assi delle imposte chiuse ermeticamente dell'ufficio di Ebenezer Scrooge.

Essi fendettero la tetra atmosfera, mettendo maggiormente in evidenza lo strato di polvere che come un soffice velo, accarezzava ed avvolgeva ogni oggetto nel bureau.

L'uomo strinse le palpebre, come per proteggere i suoi stanchi occhi dalla forza del sole.

Egli levò lo sguardo dai documenti che necessitavano della sua firma per poter essere inviati, e attese che le sue pupille si adattassero alla mutata luminosità.

“Dannata estate” maledisse l'uomo.

Detestava tutta quella luce.

Detestava tutto quel caldo.

Ad onor del vero detestava tutto ciò che era in qualche modo collegato a quei tre mesi posti esattamente nel mezzo dell'anno.

Sbuffando Scrooge volse lo sguardo verso la scrivania vuota davanti a sé.

Il suo socio se n'era andato.

Non era passato a miglior vita, era semplicemente partito per le vacanze, lasciandolo solo ed oberato di lavoro.

«Meglio soli che male accompagnati» grugnì Ebenezer tornando alle sue pratiche.

Dopotutto senza la compagnia del suo collega si sarebbe potuto concentrare meglio e portare a termine il suo lavoro con maggior cura e precisione.

Sistemandosi gli occhiali sul naso, Ebenezer si accinse ad apporre la sua firma su un documento, quando venne interrotto da qualcuno che bussò alla porta.

«Sì, avanti!» esclamò con tono rude.

Egli non aveva mai amato rapportarsi con altre persone, specialmente con i suoi dipendenti che non facevano altro che chiedere e domandare, come se egli possedesse una cornucopia colma di favori di cui disporre.

Un uomo alquanto basso, indossante vestiti sgualciti e una giacca con pezze ai gomiti fece timidamente il suo ingresso nello studio.

Scrooge sospirò rassegnato: l'espressione sul volto del dipendente lasciava pochi dubbi circa i suoi intenti.

«Cosa desideri?» domandò brusco, riposando lo sguardo sul foglio sostenuto dall'esile mano.

«Zio Scrooge, mi domandavo... Domani sarà Ferragosto e avevo promesso ai miei figli un pic-nic sulla spiaggia».

«Bubbole! -lo interruppe l'anziano- Nient'altro che baggianate!

Non ti darò il giorno libero affinché tu possa sprecarlo in quel modo!

Lo studio lavorerà anche domani».

Istintivamente la sua mano scivolò nella tasca interna della giacca, e sfiorò il suo penny portafortuna, il suo primo guadagno.

Aveva lavorato tutto il pomeriggio per liberare il giardino della signora Smith da tutte le foglie ingiallite dall'autunno.

Era proprio mentre lavorava che si era convinto che sarebbe divenuto ricco.

Il suo obiettivo era stato raggiunto brillantemente, ed Ebenezer non poteva permettersi di cadere in disgrazia per consentire ai suoi dipendenti di prendersi un giorno di ferie, per giunta pagato!

Il nipote del signor Scrooge annuì mestamente mentre il suo sguardo pareva avesse colto qualcosa di interessante nel pavimento di marmo.

«Cosa fai ancora qui?

L'archivio non si riordina da solo» lo esortò l'avvocato.

Se v'era una cosa che detestava più dell'estate, era l'ozio.

Sussultando l'impiegato annuì, voltando le spalle allo zio e posando una mano sulla maniglia della porta per richiuderla alle sue spalle.

«Ah, Fred, stringi il nodo di quella cravatta, cura il tuo aspetto ragazzo mio».

“Se solo avessimo installato un impianto di aria condizionata...” pensò il nipote, anche se eseguì l'ordine di Scrooge con diligenza.

«Un giorno libero, nel mezzo della settimana!

Bubbole!» stava ancora bofonchiando Ebenezer, una sorta di colonna sonora che accompagnava l'uscita del nipote dall'ufficio.

 

Sebbene fosse estate, il sole era tramontato da diverso tempo quando Ebenezer Scrooge concesse ai suoi dipendenti di tornare a casa a riposare.

Li congedò ricordando loro a che ora si aspettava che si presentassero l'indomani mattina, dopodiché, soddisfatto, chiuse a chiave lo studio e percorse a piedi i tre isolati che lo separavano da casa sua.

Madido di sudore salì i cinque piani di gradini che lo conducevano al suo appartamento.

Non amava l'ascensore, quella scatola per sardine che gravava come un macigno sulle spese condominiali.

Una volta varcato l'ingresso, Ebenezer dovette attendere qualche istante affinché le sue pupille si adattassero alla penombra dell'abitazione.

Le tapparelle erano calate e a quell'altezza la flebile luce dei lampioni non riusciva a fendere l'oscurità.

Inspirando lentamente il signor Scrooge si levò giacca e scarpe e si sedette sulla poltrona dalle molle saltate.

Dopotutto ci si riusciva a sedere, pertanto, perché comprarne una nuova?

Dopo essersi goduto per diversi istanti la quiete di casa, Ebenezer decise di cenare.

Con passo strisciato raggiunse la cucina ed aprì il frigorifero.

Il suo esile petto venne investito da una folata di aria gelida.

Il signor Scrooge chiuse gli occhi e respirò a fondo, ricordandosi l'inverno con il suo freddo e le sue giornate brevi con la notte che calava presto.

«Non c'è nulla di meglio di uno yogurt magro e una bella dormita per riprendere le energie» si disse l'anziano gettando il piccolo barattolo bianco che aveva contenuto la sua cena nella pattumiera.

Ebenezer non possedeva né televisore, né radio.

Solitamente trascorreva il tempo che precedeva l'ora di andare a letto, seduto sulla sua poltrona a leggere un libro, ma quell'afa gli impediva di concentrarsi.

 

Per circa una mezz'ora Ebenezer Scrooge si era rivoltato nel letto ad una piazza, spoglio persino del lenzuolo, in cerca di una posizione che gli consentisse di dormire e al contempo di evitare che pesanti goccioloni di sudore gli lavassero gli occhi.

Appena l'uomo riusciva ad espletare a tale esigenza, ecco che una ronzante zanzara gli suonava nelle orecchie la sua melodia.

Ebenezer detestava gli insetti.

Essi erano così dannatamente sfacciati, così insopportabilmente molesti che il signor Scrooge si domandava quale fosse la ragione della loro esistenza.

Una volta aveva letto che le zanzare impollinavano le piante di cacao, ma ad Ebenezer nemmeno piaceva il cioccolato, con il suo essere appiccicoso, tanto che impastava la bocca ed avvolgeva i denti con un manto disgustoso.

Gli unici che traevano vantaggio dal cioccolato erano i dentisti; creature che infastidivano il signor Scrooge quasi quanto le zanzare.

Colpendosi il collo con la mano, nel vano tentativo di schiacciare un insetto, Ebenezer maledisse le piante di cacao e i produttori di repellenti per zanzare.

“So che sono loro che fecondano le uova, così la gente compra i loro prodotti.

Io invece non mi faccio truffare!” pensò l'uomo.

Finalmente il caldo consentì una tregua al corpo martoriato di Ebenezer e gli permise di scivolare in un sonno profondo.

 

«Ebenezer, amico mio, svegliati!».

Una voce stentorea strappò il signor Scrooge dalle braccia di Morfeo.

L'avvocato spalancò gli occhi, allarmato dalla voce.

Chi poteva averlo chiamato?

Poco dopo, proprio davanti all'armadio sito sulla destra del letto, comparve Jacob Marley, il collega dell'uomo.

«Cosa ci fai in camera mia?» chiese Scrooge mentre cercava di comprendere perché quel sogno gli sembrasse tanto reale.

«Sono venuto ad avvertirti.

Il tuo comportamento non ti darà che guai, ti si ritorcerà contro».

«Bubbole! -esclamò Ebenezer- Il mio comportamento non ha nulla di sbagliato; sei tu il fantasma, non di certo io».

Il collega rise divertito, agitando il capo e le catene che improvvisamente erano comparse attorno al suo corpo.

«Non sono morto, vecchio amico.

Mi sono solo ustionato per il troppo sole preso, ed ho deciso di approfittarne per metterti in guardia.

Questa notte riceverai la visita di tre fantasmi che ti mostreranno i tuoi errori.

Rinsavisci, vecchio mio!».

L'ultima parola si ripeté per tre volte, come un'eco, mentre lo spirito di Marley scompariva nel nulla.

“Quello yogurt che ho mangiato dev'essere scaduto: ho le traveggole!” si disse Ebenezer tornando a sdraiarsi e sprimacciando il cuscino.

“Tre fantasmi! Bubbole!”.

 

«Scrooge, Ebenezer Scrooge!».

Repentinamente le palpebre dell'anziano si sollevarono, assieme all'improvviso e brusco risveglio del suo corpo.

Le pupille si restrinsero a causa del bagliore diffuso che illuminava quasi a giorno la camera da letto.

«Ma cosa...» mormorò l'avvocato abbracciando il piatto cuscino.

Non appena si rese conto di ciò che aveva causato la fine della sua dormita, il cuscino volò davanti al suo petto, come un'armatura, pronto a proteggere l'esile corpo devoto alla legge (e al denaro).

Una creatura dalla forma umanoide, ma con tratti che lo rendevano un'orrenda ed inquietante candela umana troneggiava in camera.

I capelli erano la fiamma che bruciava sullo stoppino, e il volto era pura cera.

Il corpo era coperto da una tunica bianca, ma il signor Scrooge non dubitava che anche sotto le vesti si trovasse della cera.

Ebenezer deglutì a vuoto diverse volte mentre si costringeva a calmarsi, a recuperare il lume della ragione per porre termine a quell'insensato incubo.

«Non è un brutto sogno, Ebenezer» replicò l'eterea creatura, sfoggiando un sorriso compassionevole che avrebbe sciolto qualunque cuore, ad eccezione di quello del vecchio avvocato.

Esso era come custodito da un igloo di cinismo e avarizia tale per cui arduo sarebbe stato riuscire a riscaldargli l'anima.

«Non è un sogno? -ripeté l'uomo- Forse allora la fine del mondo è stata anticipata?

La prossima settimana dovrò riscuotere un assegno... Farò in tempo?».

L'essere evanescente rise, la sua risata era esattamente come la fiamma sul suo capo, ossia calda e flebile al contempo.

Scuotendo la testa egli creò diversi giochi di luce ed ombra sulle pareti ed infastidì Scrooge.

«Io sono il fantasma dell'estate passata.

Credevo che il tuo collega ti avesse avvisato della mia visita, ma poco importa.

Avanti, andiamo!».

Le sopracciglia di Ebenezer si appiattirono, quasi toccandosi e formando una linea retta, mentre le sue braccia si ancorarono al cuscino.

«Io non vado in nessun posto» replicò risoluto.

Come poteva anche solo pensare quel fantomatico fantasma, che lui avrebbe accettato di seguirlo in piena notte in una città vittima dell'esodo estivo?

Era un'assurdità, era impensabile!

La creatura rise nuovamente allungando la mano che cinse l'esile polso dell'anziano.

Egli istintivamente si ritrasse, ma subito dopo la sua personalità ingrugnita ed arcigna lo convinse a non opporre resistenza.

Dopotutto, prima cedeva e seguiva il fantasma, prima poteva tornare a dormire.

Scrooge avvertì che lentamente il suo corpo si stava sollevando.

Terrorizzato si aggrappò al fantasma che cercò di tranquillizzarlo sulla perfetta riuscita della sua levitazione.

Ebenezer chiuse gli occhi per tutto il viaggio dacché aveva troppo terrore di ciò che avrebbe visto.

«Siamo arrivati» affermò il fantasma dell'estate passata, battendo due volte la spalla dell'avvocato per convincerlo ad aprire gli occhi.

L'uomo si scoprì sospeso sopra la spiaggia dove era solito trascorrere le vacanze con la sua famiglia.

Un gruppo di bambini stava giocando a biglie su una pista tracciata nella sabbia.

«Posso giocare?» domandò un ragazzino molto magro, filiforme, il cui fisico era evidenziato dagli abiti nettamente più grandi rispetto alla sua taglia.

Gli altri bambini lo guardarono male, deridendolo ed allontanandolo in malo modo.

«Non giochiamo con i poveri! -lo schernirono- Non hai nemmeno le biglie di vetro!».

Ebenezer Scrooge strinse i pugni ed assottigliò le labbra: quel ricordo risvegliava in lui tristi memorie.

«Andiamo via, fantasma» mormorò chinando il capo.

I bambini lo avevano sempre disprezzato, si sentivano migliori di lui.

«Aspetta Ebenezer, voglio vedere cosa succede adesso».

Una bambina con dei biondi capelli, legati in due codini alti, si avvicinò al ragazzino respinto che si era ritirato in disparte, completamente solo.

«Io sto costruendo un castello di sabbia, vuoi aiutarmi?».

Un sorriso illuminò il volto del signor Scrooge mentre osservava i due giocare assieme.

Il fantasma notò l'espressione, e la approvò sorridendo a sua volta.

«E' stata molto gentile» constatò.

Gli occhi di Ebenezer continuavano a brillare.

«Sì, Sarah Wilkinson...».

Il suo tono, per la prima volta dopo tanti anni, assunse una sfumatura dolce.

Quegli attimi sereni vennero subito celati dal ritorno dell'aspetto burbero della personalità dell'avvocato.

La sua mente aveva ripescato qualche ricordo doloroso che immediatamente aveva cancellato la felicità provata.

«Non c'è nulla da guardare, andiamo via» ripeté frettoloso e aspro.

 

Ebenezer Scrooge si ritrovò solo nel suo letto.

«Castelli di sabbia... Bubbole!» bofonchiò sdraiandosi.

“Almeno mi sono liberato di quel fantasma” constatò prima di riaddormentarsi.

 

Era circondato da soldi, no... Stava nuotando nei soldi.

Banconote fruscianti e monete tintinnanti erano attorno a lui, sotto di lui.

Non v'era luogo più paradisiaco di quello, non v'era pace più tranquillizzante di quella.

Una fragorosa risata tonante distrasse Ebenezer Scrooge che affogò nei suoi stessi guadagni.

Tossendo ed ansimando l'avvocato si risvegliò, premendo una mano sul petto che spasmodicamente cercava di respirare ossigeno.

“E' solo un sogno, non stavo soffocando davvero” si disse per tranquillizzarsi.

Una volta constatata la ritrovata normalità del suo ritmo respiratorio, Ebenezer poté dedicarsi ad esaminare la causa della sua, fortunatamente sventata, morte.

Un uomo gigantesco, florido, occupava buona parte della camera da letto.

Un sorriso gioviale si univa perfettamente al rossore che colorava le sue gote e il suo naso.

«Ce ne hai messo di tempo per svegliarti, Eb!» affermò scherzoso tra una risata e l'altra.

La medesima tinta scarlatta colorò il volto del signor Scrooge, anche se la causa di tale reazione era differente.

«Cosa ci fai qui? Ho già incontrato l'altro, lasciatemi dormire! Domani devo lavorare!».

«Ma domani è Ferragosto» obiettò il fantasma allargando le braccia e adottando una divertita espressione scandalizzata.

«Ferragosto... Bubbole!» rognò Scrooge voltandosi dall'altro lato del letto e coprendosi il capo con il cuscino.

«Ebenezer Scrooge! -tuonò il titano- Non voltarmi le spalle!

Io sono il fantasma dell'estate presente e ora tu verrai con me».

Il letto dell'avvocato venne percorso da crepe, come se fosse fatto di pietra.

Poco dopo tali crepe si allargarono, rompendo il materasso che via via scompariva nel nulla, lasciando l'anziano sospeso sopra un pavimento di biancastro fumo schiumoso.

«E sia! Vengo!» cedette Ebenezer.

La risata goliardica e piena del fantasma lo accompagnò durante lo spostamento.

Ebenezer si ritrovò affacciato alla finestra di un appartamento all'ultimo piano di un palazzo della periferia della città.

Da quella postazione Ebenezer poteva scorgere degli zaini colmi e due cestini di vimini posti su un grande tavolo di legno.

Una donna aprì il primo zaino, prelevando qualcosa che Ebenezer non riuscì ad identificare.

Ella venne immediatamente raggiunta da Fred.

«Mi dispiace tesoro, ma lo zio non mi ha concesso le ferie».

La donna deviò il marito con fare stizzito.

Ripose ciò che aveva in mano su uno scaffale di una credenza e tornò al tavolo per ripetere il gesto.

«L'avevi promesso, Fred.

Erano settimane che i tuoi figli fantasticavano sul pic-nic» lo rimbrottò la donna lanciandogli uno sguardo truce.

Ebenezer Scrooge abbassò lo sguardo, sentendosi forse colpevole.

«Sono anni che i tuoi dipendenti non partono con i figli» commentò il fantasma.

Attorno alla sua vita si era materializzata una ciambella salvagente a forma di anatroccolo.

L'avvocato tornò a guardare suo nipote.

L'espressione della moglie gli ricordava la medesima faccia di Sarah quando lui aveva deciso di aumentare le ore di lavoro.

«Andiamo via, fantasma, per favore.

Ho visto abbastanza».

 

Ebenezer non riuscì a riaddormentarsi.

A differenza delle due precedenti volte v'era qualcosa nel suo animo che lo turbava e gli impediva di riprendere sonno.

Come un tarlo che divorava il muro di freddezza che la vita aveva portato Scrooge ad erigere per difendere la sua anima e la sua sensibilità.

Ebenezer stava ricordandosi anche i momenti felici passati in estate, e non solo i dolori e le ingiustizie.

Egli sapeva che sarebbe giunto un terzo fantasma a fargli visita, pertanto lo stava aspettando.

Lo spettro dell'estate futura comparve erigendosi dal pavimento di parquet.

Egli era così dissimile ai precedenti spiriti, e non solo per quanto concerneva l'aspetto fisico: era soprattutto la sua aurea, l'energia che emanava, a renderlo differente dagli altri.

Era distaccato, freddo, inquietante.

Ad Ebenezer Scrooge venne immediatamente in mente l'immagine del Tristo Mietitore.

L'associazione gli sorse spontanea.

Aggrappandosi al materasso l'avvocato riuscì a trovare la forza per alzare lo sguardo ed osservarlo in volto.

Sembrava però che lo spirito non possedesse alcun viso poiché il cappuccio lo nascondeva nella sua interezza.

Una mano scheletrica, pallida, lo strinse per il polso, ed Ebenezer avvertì il freddo avvolgerlo totalmente.

Era terrorizzato, talmente spaventato che non riusciva nemmeno a parlare.

Seguì il fantasma che lo condusse in un camposanto.

In un angolo buio ecco stagliarsi una lapide bianca, marmorea.

Qui giace Ebenezer Scrooge,

un Avvocato

Tale era l'epitaffio inciso con mano sicura, senza arzigogoli.

«Tutto qui?» chiese Ebenezer, sconvolto dalla freddezza, dalla pochezza delle parole che testimoniavano il suo passaggio sulla Terra.

Cosa aveva fatto della sua vita?

Era divenuto ricco, certo, ma i soldi a cosa gli sarebbero serviti?

Non erano riusciti a comprare un necrologio migliore, questo era ovvio.

Scrooge era solo.

Quella verità lo colpì con una violenza tale che le sue gambe cedettero ed egli si ritrovò bocconi al suolo.

«Non verrà nessuno» mormorò combattendo l'improvvisa secchezza delle fauci.

Era solo.

Nessuno l'avrebbe pianto.

Probabilmente sarebbe stato ricordato solo per la sua avarizia e per i permessi negati ai suoi dipendenti.

«Fortunatamente, Scrooge, non tutti sono eguali a te» replicò lo spettro con voce baritonale voltandosi alla sua destra.

Ebenezer si sporse e scorse nella nebbia una figura.

Era Fred, suo nipote, accompagnato dalla moglie e dai figli.

L'uomo adagiò sulla tomba dei fiori, rimanendo in silenzio alcuni secondi.

Ebenezer non comprendeva: perché, dopo tutto ciò che gli aveva fatto passare, Fred era là?

«E' sorprendente l'animo umano» aggiunse il fantasma, parlando come se avesse letto i pensieri di Ebenezer.

Scrooge non riuscì a formulare una frase.

Ad onor del vero non riusciva nemmeno a formulare un pensiero.

Lo spettro rise, ma all'avvocato pareva di udire il suono di un terremoto infernale piuttosto che una risata umana.

Spingendosi con i piedi tentò di allontanarsi dallo spirito, ma il suo tentativo risultò alquanto affannoso e inutile.

Il fantasma dell'estate futura sembrò ingigantirsi, il suo fisico aumentava, fino a quando occupò gran parte del campo visivo di Ebenezer.

«Rifletti, Scrooge!» fu l'ammonimento dello spirito udito dall'avvocato prima di perdere i sensi ed accasciarsi al suolo battendo la tempia destra proprio sulla lapide.

 

Un'abbagliante raggio di luce solleticò le ciglia del signor Scrooge, inducendolo al risveglio.

L'uomo sgranò gli occhi, tastandosi istintivamente la tempia: non gli doleva.

Non sono morto” constatò allegramente.

Per la prima volta dopo anni, Ebenezer Scrooge rise di gusto, allegro, sollevato.

«Forza, ci sono molte cose da fare» si disse per spronarsi a scendere dal letto e a prepararsi.

Pochi minuti dopo l'uomo era già in strada, diretto verso il suo studio.

Tutti i suoi dipendenti attendevano innanzi all'ingresso.

Furono sorpresi nel notare l'espressione di Ebenezer, tanto che inizialmente pensarono che si fosse trattato di uno scherzo del sole.

Scrooge sorrideva.

Raggiunse il gruppo di dipendenti e allargò le braccia.

«Cosa ci fate qui? È Ferragosto, andate al mare!».

Lo sgomento comparve sui volti dei lavoratori.

Cos'era accaduto al capo?

Forse un colpo di calore gli aveva modificato la personalità?

Ebenezer Scrooge dovette insistere non poco per convincerli di non stare scherzando.

Fred rimase solo con lo zio.

«Cosa fai ancora qui? Porta tua moglie e i tuoi figli a fare un pic-nic» esortò l'avvocato.

Fred aggrottò le sopracciglia, osservando con attenzione gli occhi dello zio, dopodiché, una volta letta la sua sincerità, si sciolse in una fragorosa risata, unita ad un caldo abbraccio.

«Fred, Fred, non esagerare» balbettò Ebenezer.

Quel gesto così inaspettato e al contempo gradito lo aveva lasciato di stucco.

«Vado subito a casa ad avvisare la mia famiglia -rispose il nipote- Zio, vieni! Non farmi tardare!».

Scrooge si fece ripetere un'altra volta tale affermazione.

Era stato invitato?

Non riceveva un invito da così tanto tempo.

Ebenezer boccheggiò qualche istante, provocando un sorriso sincero sulle labbra di Fred.

Egli gli strinse una mano.

«Coraggio zio, i miei nipoti vogliono conoscerti».

   
 
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