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Autore: TittaH    23/07/2011    2 recensioni
-Cambiare vita è sempre stato il mio sogno, sin da bambina; sognavo l’America, volevo andare a New York ed esaudire i miei desideri che in Italia non avrebbero mai preso forma.-
La storia di una ragazza al confine tra sogno e realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Chapter one
 
 
 
Inscatolare la propria vita fa sempre un certo effetto.
Con l’aiuto di mia mamma sto buttando via quello che non serve e riempiendo borse e zaini di cd, dvd, libri e peluches.
Ho più bisogno di tutto ciò che di vestiti o cibo.
Cambiare vita è sempre stato il mio sogno, sin da bambina; sognavo l’America, volevo andare a New York ed esaudire i miei desideri che in Italia non avrebbero mai preso forma.
Mentre mi rigiro tra le mani la targa da collezione che riporta la Statua della Libertà e il numero di targa delle auto più antiche, non mi accorgo di urtare la pila di diari segreti in cui c’è tutta la mia infanzia e parte della mia adolescenza.
Uno cade e si apre e, non so se è il fato o pura casualità, davanti ai miei occhi compare una vecchia pagina ingiallita che riporta la scritta: ‘Live your dreams, no matter what!
Avevo diciassette anni quando l’ho scritto e mi rendo conto di come il tempo è cambiato, di come sono cresciuta e cosa sono diventata.
Ho venticinque anni adesso, mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere col massimo dei voti, ho vinto alcuni premi per delle poesie che ho scritto e ho frequentato corsi di fotografia, la mia passione dopo la musica.
La musica, la mia migliore amica, la mia compagna di viaggi, la mia religione, il mio tutto.
Non avrei mai preso il coraggio di andare dalla mia famiglia e dire ‘Vado in America!’ se non ci fosse stata Lei; il mio sogno, infatti, è quello di andare nella Grande Mela e diventare l’assistente di qualche rock band sfrenata che mi faccia impazzire, ma che mi faccia sentire realizzata, che mi faccia capire che non ho perso anni a studiare per nulla.
Persa nei miei pensieri, non mi accorgo che mia madre mi sta chiamando già da un bel pezzo.
“Dimmi.” le rispondo, finalmente.
Lei mi guarda, apprensiva e con gli occhi pieni di commozione, e dice: “Sei cresciuta troppo velocemente e mi dispiace che l’unica figlia femmina che ho debba andar via e così lontano poi! Ma non intralcerò la tua strada, anzi, ti auguro tutto il meglio e voglio che ti senta soddisfatta della tua nuova vita.”
Non ci abbracciamo ora, non ci guardiamo neanche in faccia perché sappiamo entrambe che non andrei mai più via di qui se solo vedessi le lacrime sul suo viso.
Finiamo di sistemare la mia valigia, piena zeppa di vestiti per ogni stagione ed occasione, e ci dirigiamo in cucina, dove mi aspettano tutti.
Prima di chiudere la porta della mia camera la osservo e la trovo incredibilmente spoglia e vuota: niente più poster sui muri, niente più mensole piene di musica e vita, niente più letti pieni di peluches e cuscini.
Niente.
Per un attimo mi accorgo del vuoto che sto lasciando nella vita dei miei familiari, ma la mia vita ha bisogno di essere vissuta, così mi chiudo la porta alle spalle e vado a salutare i miei parenti.
Faccio prima il giro dei miei quattro fratelloni che mi abbracciano e mi baciano come non hanno mai fatto in venticinque anni di vita, prendendo da ognuno qualcosa che possa farmi ricordare di loro.
Michele, il primogenito, mi regala la sua collanina azzurra fatta di perline di legno- che adoro da sempre- e mi dice di trattarla bene; Domenico, il secondo fratello a cui sono molto legata, mi regala un album di foto delle mie nipotine che ha scattato lui stesso e non mi dice nulla, perché con lo sguardo ci siam già capiti; Tommaso è il terzo fratello, la metà del mio cuore, il mio amico di viaggi- ne abbiamo fatti tanti insieme- mi regala una cornice elettronica con tutte le nostre foto dentro e mi dice “Ti aspetto per un altro viaggio insieme.”.
Poi tocca al più piccolo, Alessandro, che ha solo diciannove anni e già vede una parte di sé allontanarsi. Non mi regala niente, anzi vuole che gli faccia una promessa.
“Tornerai, non è vero?”
Me lo chiede fissando la punta delle sue amate Converse e gli trema la voce. Gli scompiglio i capelli, lo stringo a me e rispondo: “Prima o poi, promesso.”
Ci stacchiamo e corro fra le braccia dei miei genitori che si sono già sciolti in lacrime e non riescono a parlare, ma con i loro sguardi e il loro calore hanno già detto tutto quello che volevano dire.
Tra nonni, cugini, zii e parenti vari, arrivo a stringere al mio petto le mie due piccole nipotine che mi regalano i loro piccoli peluches.
“Grazie amori miei.” dico baciando la fronte ad entrambe e decido che è meglio andar via o potrei disfare le valigie e mandare a puttane il sogno di una vita.
Con l’aiuto di mio padre carico le valigie e le borse in macchina e stiamo per dirigerci all’aeroporto, ma un paio di urla ci fermano.
Mi volto e ci sono tutti i miei amici che agitano braccia e gambe pur di salutarmi.
“Un attimo solo.” chiedo a mio padre, che annuisce, e scendo dall’auto raggiungendo la mia compagnia.
Mi stringono tutti e poi noto la mia migliore amica che piange come una fontana; vado verso di lei, l’abbraccio e le sussurro:  “Non sto andando via per sempre e lo sai. Tornerò fra qualche anno e non ci perderemo di vista. Ti voglio bene!”
La sento singhiozzare un ‘Anch’io’ e mi fiondo tra le braccia del mio migliore amico, Matteo, che mi dice: “Non dimenticarti di noi quando sarai famosa e fatti sentire, pirla!”
Scoppio a ridere e gli bacio una guancia, perdendomi poi in un abbraccio di gruppo che comprende trenta persone.
Riemergo dalla folla e torno all’auto, mandando un bacio volante a tutti che mi guardano con orgoglio.
L’auto parte e non mi volto, bensì piango sentendo la mano grande e calda di mio padre carezzare il dorso della mia.
“Coraggio.” mi dice e io annuisco piano col capo, poggiando la fronte sul finestrino e guardando la strada scorrere sotto di me.
Sorrido.
Vivrò il mio sogno.

  
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