...Ovunque mi giravo
c’erano fiori e fiori. Un bel pezzo
di prato che partiva dalla porta dove mi trovavo e finiva molto
più giù, era
coperto da un tappeto bianco stretto lunghissimo che portava ad una
specie di
traliccio di legno con rose rosse e bianche. Il panorama era a dir poco
fantastico: la quiete del laghetto, il fruscio degli alberi secolari
alle
nostre spalle, il cielo sereno e il debole calore dei raggi solari
rendeva
tutto più magico.
Per non parlare delle decorazioni che il catering aveva fatto: due file
di
panchine bianche disposte in una linea verticale perfetta, una alla mia
destra
e l’altra a sinistra, legate tra di loro da una stoffa rossa
cremisi e ad ogni
seduta c’era un mazzetto di orchidee ovviamente bianche.
L’arco a fondo del carpet
mi metteva un po’ di paura ma d’altronde quello,
era un passo della vita che
dovevo, anzi che volevo fare a tutti i costi!
Però c’era qualcosa che non quadrava…
Qualcosa che non riuscivo a comprendere bene…
Qualcosa che riguardava me e lui…
Quella cosa che ci avrebbe legati per l’eternità,
un…
-Matrimonio?- Tom sbucò da dietro la mia schiena e mi
allacciò le braccia ai
fianchi. Mannaggia a lui: tutte le benedettissime volte che per puro
caso o inconsciamente
mi toccava, un brivido mi partiva dal fondo fino all’apice
della schiena.
-Sei sicuro che sia la cosa giusta? C’è non
fraintendermi ma… sei sicuro di
volere proprio me per tanto e tanto tempo, finché morte non
ci separi?- con una
mano afferrò la mia e con l’altra mi fece girare
il busto per poterlo guardare.
Ancora non avevo visto com’era vestito… non ci
avevo proprio fatto caso: i suoi
stupendi rasta erano sempre lì al loro posto sotto il
cappellino molto stile
hip-hop com’era suo solito. Jeans larghi e magliettone a
maniche corte che solo
quello mi poteva fare benissimo da completo per il grande evento.
Appoggiò la sua guancia sulla mia e si mosse leggero dalla
tempia fino al
mento, sfiorandomi le labbra più volte senza mai baciarmi
seriamente e quando
ci provai, lui si scansò.
-Mettiamo in chiaro due punti…- mi scostai e alzai un
sopracciglio “alla Bill”,
il suo gemello, facendo una smorfia con la bocca e aspettando che
continuasse.
-… prima di tutto, tesorino mio dolce, io ti volevo da
quando ti ho vista la
prima volta all’after-party degli EMA due anni fa, ti voglio
ora e ti vorrò
sempre e sempre… finché morte non ci separi e
forse, sicuramente, anche in un
aldilà molto ipotetico…- scettico.
-C’è dell’altro prima cha ti svenga tra
le tue braccia inerme e incapace di
camminare verso l’altare?- Ci pensò un attimo e
poi concluse.
-… Mmm si, l’altro punto. Sei
stupenda…- ecco, lo sapevo. Da un momento
all’altro sarei svenuta sul serio.
-Grazie amore- provai a baciarlo nuovamente e si scansò per
l’ennesima volta.
-…e questo bacio lo tengo per la parte centrale della nostra
avventura…- non lo
capivo.
-Ossia?-
-Il bacio del si… bhè ho una certa intenzione di
darti un bel bacio, sai com’è…
non resisto a lungo…- e mi appoggiò la bocca
carnosa sulle labbra senza
premerle.
Un altro fremito di scosse il corpo e mi fece rigirare gli occhi per il
piacere. Dio come lo amavo!
-1 ora al matrimonio…
-Angela sei pronta?- bussarono alla porta. Mia madre era più
euforica di me. La
mia truccatrice sudava a più non posso, ma non
c’era da stupirsi visto che era
il 24 Agosto. Faceva 25 gradi, ero già nei quintali di
stoffa e toulle del mio
gonfissimo vestito da cerimonia stile ottocentesco molto da principessa
del
mondo delle favole… mi sembravo Giselle di “Come
d’incanto”.
Avevo otto strati di sottogonne messe una sopra l’altra e il
corpetto mi
stringeva da paura le costole.
Ero al limite delle forze, mandavo giù litri di Polase e
vitamine. Il trucco
colava e non facevamo in tempo a rimetterlo bene, che il caldo della
piastra
per i capelli lo danneggiava nuovamente. Uffaaaa….
-Angela!!!!?? Ma ci sei?-
-Si mamma un secondo abbiamo finito! Tania va bene, lasciamo stare
altrimenti
la circolazione del sangue mi sale alle stelle e divento
paonazza… grazie-
scappai fuori dal bagno e la vidi salutarmi con un braccio. Katerina,
invece,
stava piangendo come una bambina a cui hanno levato i dolci, ma questa
volta
piangeva di felicità. Quello che avrei fatto io se me lo
avesse permesso il
trucco…
Uscita di casa, facemmo le foto per l’album e poi mi
infilarono in macchina: la
Cadillac di Tom tutta ricoperta di nastri e fiocconi bianchi, davvero
una
bomboniera!
Oddio, non ce lo vedevo proprio quel furgone in stile limousine.
Le balze del vestito da sposa riempivano tutto l’abitacolo.
Ero una nuvola
bianca in contrasto con i sedili beige della vettura.
Il bouquet di rose era eccezionale: 24 meravigliosi fiori che avevo
scelto per
l’evento, li avevo scelti in base al giorno in cui io e Tom
ci saremmo sposati.
-Partiamo signorina?- l’autista aveva gli occhi fuori dalle
orbite per la mia
bellezza e mi fece arrossire da matti.
-Emm si grazie, però potrebbe fare un po’ in
fretta perché siamo leggermente in
ritardo…-
-Subito!-
La macchina partì e il rombo familiare della Cadillac mi
fece battere il cuore
a mille.
Ehhh quante esperienze su quei sedili di pelle…
In chiesa…
-Bill sono leggermente nervoso…-
-Tomy tranquillo, andrà tutto bene.- wow che
incoraggiamento! Mio fratello a
volte non sapeva proprio essere un testimone doc.
La famosa marcia suonata con l’organo iniziò a
rimbombare nella sala, Bill si
affiancò al mio braccio e lo sguardo di
sua
madre era fisso su di me. Era chiaro che non gli piacevo ma non mi
importava
tanto, ormai era fatta e avrei sposato la creatura più bella
del mondo!
Anne, la ragazza quasi moglie di Bill, era all’altro capo
dell’altare e faceva
da testimone alla quasi mia moglie. Erano amiche d’infanzia e
già da un pezzo
si erano messe d’accordo su questa faccenda: il lungo vestito
avana le stava a
pennello e la sua acconciatura era fatta apposta per lei.
-Tom respira…- non mi ero reso conto che stavo trattenendo
il fiato e che Bill
mi aveva appena dato una botta sulla spalla per farmi riprendere.
-Eccola…- la damigella sparse con petali bianchi sulla
navata centrale della
chiesa e poi entrò lei…
Perfetta. Magica. Strepitosa. Una principessa. La mia principessa.
Con falcate lunghe e silenziose arrivò vicino a me.
Il padre le lasciò il braccio e mi perforò
l’anima con un’occhiataccia
d’avvertimento ironica.
Sorrisi e le baciai la mano. Ci voltammo verso l’altare e la
cerimonia
cominciò…
Wow, non posso crederci che sto sposando Tom Kaulitz, oddio!
Il cuore vorrebbe uscire dal petto ma il vestito lo tiene
lì, fermo e
impaziente per il momento del si.
Manca poco, davvero poco, poi ce ne saremmo andati alle Maldive per la
luna di
miele.
Già mi immagino la prima notte… non
sarà paragonabile alle altre passate perché
sarà la migliore in assoluto: la nostra PRIMA notte da
sposetti, che bello!
Ecco, è il momento…
-Vuoi tu, Tom Kaulitz, prendere Angela Zwaizing come tua legittima
sposa…
Finché morte non vi separi?- mi guardò e si
aprì in un sorriso a 32 denti
perfettamente allineati.
-Lo voglio- l’aveva detto! Lo aveva detto! Lo aveva detto!
-E tu, Angela Zwaizing, vuoi prendere Tom Kaulitz come tuo legittimo
sposo…
Finché morte non vi separi?- come potevo dire il contrario?
Lo desideravo più
di qualsiasi altra cosa al mondo, era il mio protettore, il mio angelo
custode,
la mia alba, la mia aria senza la quale non sarei potuta esistere. Era
la
ragione della mia vita.
-Lo voglio- e gli strinsi la mano.
Ci scambiammo le fedi e infine il parroco disse:
-Ora lo sposo può baciare la sposa.- finalmente!
Tom mi abbracciò, mi spostò i capelli con una
mano e mi fece aderire
perfettamente al suo petto. Poi con un movimento repentino, mi
spostò verso il
basso e premette le sue labbra sulle mie nel bacio più
romantico che avevo mai
ricevuto prima di quel giorno. Leggero, lento e tanto tanto dolce.
Un applauso riempì la sala e con la coda
dell’occhio vidi mia madre con Simone
che piangevano e si passavano i fazzolettini.
Risi.
-Guarda le nostre mamme, Tom…- le squadrò per
brevi attimi e poi mi tirò su.
-Sono troppo bacucche per reggere certe emozioni vero?-
-Bhè… io non ero tanto preparata per quel bacio
sai?-
-Ti ho colpita ehh?-
-Molto e non vedo l’ora di stare sola con mio marito in una
palafitta… piena di
ghirlande floreali, del lieve rumore delle onde e di un lettuccio mai
toccato
da nessuno…- la sua espressione si fece molto maliziosa e
ciò mi fece
altrettanto piacere, aveva capito il concetto.
-Mmm… non vedo l’ora…-
Uscimmo dalla chiesa e ci dovemmo dividere chi da una parte, chi
dall’altra per
incontrare i parenti e persone varie.
La prima che mi si aggrappò al collo fu Anne che saltellava
di gioia.
-Angy complimenti! Adesso aspetterò il lancio del bouquet
chissà… magari è la
volta giusta anche per me…- e guardò Bill che si
stava stappando una bottiglia
di champagne con il fratello.
-Lo spero tanto!- poi fu il turno di mia madre e della sua. Seguirono
mio
padre, i miei fratelli Dilan e Aaron e poi Georg con Gustav e le loro
girls.
Finite le foto, ci precipitammo in ristorante e durante il tragitto in
macchina, Tom stava già provando a slacciarmi il
corpetto…
-Non riesci ad aspettare fino in aeroporto, almeno?-
-Non ne sono più tanto sicuro… sei una tentazione
atroce per me e poi…- mi
annusò il sotto il mento. Ansimai.
-Poi?-
-…profumi di gianduia, è un’ingiustizia
aspettare.- mi lasciai andare ad una
risata e lui mi tappò la bocca con un altro bacio ma molto
meno delicato del
primo: questo era uno di quei baci da farti rimanere senza fiato, che
ti
facevano scordare tutto, che ti mettevano K.O. e lui era troppo bravo
in queste
cose. Continuò a sbaciucchiarmi fino all’arrivo e
non volevo neanche pensare in
che condizione fossero i miei capelli.
Andò tutto a gonfie vele: il pranzo, le altre foto, la
torta… si erano
incastrati tutti con grande stile.
Per non parlare del lancio del bouquet che come avevo sperato, lo aveva
preso
Anne. Corse da Bill e gli stampò un bacio che lo fece
arrossire. Come erano
carini!
All’aeroporto ci avevano accompagnato solo Anne e Bill, gli
altri ci avevano
salutato al ristorante augurandoci di passare una vita felice e
soprattutto
avvertirono Tom di non… ehm ehm… consumarmi fino
all’estremo durante le notti
in cui avremmo alloggiato al mare…
Il nostro volo stava partendo.
Tom salutò i due e io feci lo stesso con un po’
meno euforia perché, in fin dei
conti, era pur sempre una “divisione”: io e Tom ci
saremmo trovati una casa e
un posticino tranquillo in cui vivere in pace, anche se sapevo che la
cosa era
un tantino impossibile con i tour e gli impicci della band.
-Ciao ragazzi, tornate sani e salvi mi raccomando…- Bill e i
suoi doppi sensi…
ehh vabè… ci avevo fatto il callo ormai.
Tom gli diede un pugno al fianco e lui lo schivò agilmente.
-Tranquillo fratellino, tu piuttosto, stai attento a questa donzelletta
e non
fartela scappare ok?-
-E chi se la fa scappare? Lei è mia e basta!-
acchiappò Anne circondandole il
finaco con un braccio e in contemporanea alzammo gli occhi al cielo.
-Ultima chiamata per l’imbarco del volo Yz483, i passeggeri
sono pregati di
salire a bordo grazie.-
-Oi fratellino, hai visto che il nostro volo si chiama come il nostro
Cd?-
-E si, è tutto collegato. E’ destino!-
Facemmo l’occhiolino a tutti e due e poi scappammo
sull’aereo.
2 mesi dopo…
Oh merda! Oh no, no no no no no!
Non può essere, no!
Stavo seduta sul letto di una camera d’albergo e Tom era in
doccia, lo sentivo
canticchiare le note di Monsoon. Eravamo a Londra per un provino di
danza che
dovevo tenere il giorno stesso, ma le cose non sarebbero andate come
speravo se
ci fossi andata in quello stato psicologico alterato.
Sicuramente mi sbagliavo, dovevo sbagliarmi!
Erano passati 2 mesi dalla nostra luna di miele ma… non era
successo più quello
che speravo.
C’è, è successo ma è stata
una nottata come le altre, forse un po’ più
speciale
per via dell’atmosfera tropicale ma siamo stati attenti!
Dovevo uscire immediatamente. Non se ne sarebbe accorto e sarei tornata
prima
che si preoccupasse.
Lasciai il cellulare sul comodino, presi la mia borsa, le chiavi della
Cadillac
e corsi nel parcheggio.
Accesi il motore e feci slittare le ruote sull’asfalto per la
fretta che avevo.
Adesso tutto stava nel cercare e trovare una farmacia aperta alle 6 del
mattino.
La nebbia era tanta e la strada si vedeva a malapena, fortuna che
alloggiavamo
proprio al centro della città e lì era difficile
perdersi.
Sgattaiolai tra le diverse stradine e svincoli e dopo alcuni minuti di
ricerca,
la trovai.
Parcheggiai alla bell’è meglio e quasi mi
schiantai al suolo per scendere dalla
macchina. Recuperai il portafoglio che mi era caduto ed entrai.
Una farmacia 24 ore era ciò che faceva al caso mio.
-Salve- la farmacista mi guardava sospettosa, forse per il mio rozzo
accento
inglese o perché probabilmente aveva visto la scena della
mia uscita poco
elegante dalla vettura.
-Salve, desidera?-
-Emm… un test per gravidanze se è possibile-
quelle parole uscirono a fatica
dalla mia bocca mentre cercavo in tutti i modi di negare a me stessa
quello che
pensavo fosse vero.
La farmacista fece una strana smorfia guardandomi così
giovane e inesperta…
cavolo, avevo solo 19 anni!
-Ecco a lei, signorina ma… sa come si usa?-
-Certo che so come si usa! Grazie e arrivederci!...- l’avrei
presa a parolacce
se non fossi uscita immediatamente. Che razza di ingrata sei? Mica sono
così
stupida e poi mi da fastidio quando le persone ti giudicano.
Salii in macchina e mi diressi verso l’hotel più
in fretta possibile.
Parcheggiai al posto di prima e corsi nel bagno più vicino
ma non quello della
mia camera.
Alla reception mi guardarono male quando gli passai in fretta e furia
davanti.
Nel bagno fortunatamente non c’era nessuno e fui libera di
fare ciò che dovevo.
Presi dalla borsetta il fatidico test, ne seguii correttamente le
istruzioni
chiusa in uno dei tre bagni più piccoli e qualunque fosse la
sentenza, l’avrei
accettata, perché in fin dei conti era mio quel bambino, era
suo, era il nostro
amore…
Aspettai due minuti e poi presi coraggio e guardai…
-Avete visto, per caso,una ragazza sul metro e sessantacinque qui in
giro?-
-Emm, è moretta?-
-No, è bionda.-
-Allora no, ci dispiace…-
-Non importa, grazie.- alla reception non l’avevano vista, la
macchina però
c’era e quindi non era uscita dall’albergo. Dove
poteva essere?
Feci colazione e ritornai verso la camera. Non appena
l’ascensore si aprì,
sentii qualcuno piangere e avvicinandomi sempre di più,
capii che era dalla mia
stanza che veniva quel lamento disperato.
Mi affrettai e aprii la porta chiamando Angela a grande voce.
La trovai in bagno vestita nella vasca senz’acqua e in
lacrime. Teneva in mano
una scatoletta e si copriva il volto con l’altra mano. Corsi
in ginocchio
vicino a lei e nascose la scatoletta.
In quel momento non mi importava se la teneva nascosta, ero preoccupato
per lei
e di quello che aveva.
-Angy, amore mio cos’hai fatto?- alzò la testa: il
trucco colato, gli occhi
gonfi e lo sguardo privo di vita.
-Tom… devo dirti una cosa importante, però
promettimi che qualunque cosa io ti
dica tu non mi abbandonerai, ok?- ma che domanda era? Stavamo insieme
da 2 anni
ed eravamo sposati da 2 mesi…
-Ovviamente tesoro, certo che non ti abbandono che discorsi fai!?-
-Ho paura, Tom.- e mi si fiondò addosso esplodendo in un
piato liberatore.
-Paura di cosa?- stavo diventando isterico a vederla in quello
stato…
Non rispose.
-Angela di cosa hai paura? Mi stai facendo arrabbiare!-
-Ho paura di te! Della tua reazione! Tom io…-
-Tu…?- mi guardò dritto negli occhi e prese un
bel respiro.
-Sono incinta.- il mondo si fermò. Tutto era
rallentato… io mi bloccai.
-Tom?- lasciai cadere le braccia al bordo della vasca e iniziai a
pensare a
qualcosa ma non so cosa di preciso…
Lei saltò fuori e se ne andò verso il letto
scocciata dal mio silenzio.
Lei 19, io 21 e mezzo. Io chitarrista, lei ballerina. Io in
tournèe, lei in
giro per teatri. Tra di noi un esserino piccolo e indifeso che richiede
attenzioni, cure e affetto costante. Come potevamo tenerlo?
Mi sciacquai la faccia e capii che quello non era il modo giusto di
reagire.
Angela era seduta sul letto e mi avvicinai lentamente. Mi sedetti al
suo fianco
e l’abbracciai forte.
Asciugai le lacrime con il dorso della mano e baciai le labbra asciutte
per
tirarla un po’ su di morale.
-Ehi… tutto bene?- mi restituì
l’abbraccio singhiozzando.
-Non molto… te l’ho detto, ho paura.-
-Ci sono qui io con te, stai tranquilla.-
-Oh Tom, spero che sia davvero così come dici. Io non ho il
terrore del piccolo
o piccola che sia, ma ho paura che tu mi lascerai…-
-Ti amo, come potrei lasciarti? Dammi almeno una buona ragione.- mi
prese la
mano e se la posò sul ventre.
-Lui.-
-Lui? Sei sicura che sia un “lui”?-
-Secondo me si… ma non importa adesso…-
-Sei, anzi siete, le persone più importanti sulla terra per
me… non vi lascerò
mai e poi mai! Anche se dovessi lasciare la band per voi! Ho giurato di
amarti
finché morte non ci separi e così
sarà.-
-Si ma non deve essere una costrizione. Se lo vuoi è un
conto ma se sei
costretto a farlo, bhè, è un altro paio di
maniche.-
-Lo faccio perché lo voglio, sul serio.- sfiorai
l’addome ancora piatto di
Angy. Era ipersensibile e bastava una sola parola messa male per farla
andare
su tutte le furie o per farle capire in maniera errata il significato
di certe
frasi.
-Su… torniamo a casa devo fare una visita alla
ginecologa…-
-E il balletto?-
-Al diavolo il balletto, ho cose più urgenti- e si
indicò la pancia, -da fare
al momento!-
-Hai ragione, dai andiamo!-
Partimmo poche ore più tardi e in breve eravamo di nuovo a
casa.
Senza dire nulla a nessuno, Angela chiamò la sua dottoressa
e stabilì un
appuntamento per il giorno dopo.
Cenammo con pizza e Coca-Cola davanti ad un film al buio in salone.
La tenevo stretta a me, dovevo darle il massimo della mia dolcezza ora
come ora
e starle più vicino possibile.
…
Ero impaziente. Non riuscivo ad aspettare un secondo di più.
Lei ancora non era
uscita dall’ambulatorio e in macchina la tensione
saliva…
Avevo finito le mie unghie e la playlist che avevo nello stereo non mi
rilassava per niente.
Eccola finalmente.
Aprì la portiera e salì a bordo con delle
cartelle in mano.
-…com’è il verdetto?- azzardai a
chiedere sporgendomi sulle scartoffie.
-Sono incinta e non mi sbagliavo.- avevo preso in considerazione quella
versione e avevo già in mente un discorso da farle.
-…ma ho visto male riguardo ad un’altra
cosa…-
-Cosa?-
-Avevi ragione tu…-
-Continuo a non capire…-
-E’ femmina.- oh ohhh. Ci mancavano solo le grida stridule di
una ragazzina e
poi quando sarebbe diventata grande? Oddio e i primi discorsi che
dovrò farle
riguardo a… non voglio neanche pensarci!
-Eleonore.- dissi sottovoce.
-Come scusa?-
-Mi piacerebbe chiamarla Eleonore. Eleonore Kaulitz. Suona bene.-
-Si devo ammettere che suona davvero molto bene, bravo amore!- un
sorriso si
dipinse sul suo volto. Un sorriso che non vedevo da più di
quindici giorni.
-L’ho accettata Angy… e tu?-
-Ci ho già fatto l’abitudine… non
è poi così malvagia questa storia…-
-Sai che dovremmo rinunciare a tante cose vero?- si fece cupa. La
frangia le
copriva il viso.
-Si lo so e sono preoccupata per la band. Non so come reagiranno alla
notizia…-
Feci spallucce.
-Sono cavoli loro tesoro… Elle è parte di te,
come è parte mia, è la nostra
fusione. Siamo noi in miniatura, Elle è il nostro
amore…- le alzai il volto con
un dito e la baciai passionalmente per farle capire la mia decisione
ormai
salda e irremovibile. Loro erano mie e basta. Mi erano state donate dal
cielo.
La mia luna e la mia stellina che presto avrebbe brillato insieme alla
splendente luce della madre, vicine per illuminare me e per vegliare
sulla
nostra famiglia…
Lo aveva detto, lo aveva detto!
“Il nostro amore”. Lo ripetei centinaia di volte
nella testa, ancora, ancora e
ancora senza mai smettere.
Quello che avevo detto io, lui lo aveva copiato alla perfezione ma la
cosa più
esaltante era che io non me ne ero mai uscita con questa frase davanti
a lui e
questa era una conferma in più per me su quello che Tom
pensava della piccola
Elle.
La mia piccina, la nostra bambina…
Eravamo felici e questo era l’importante!
Quando lo dicemmo agli altri, tutti ci abbracciarono e si
congratularono con
noi: i miei e i suoi genitori erano a mille, Bill momenti sviene, Georg
e
Gustav che tenevano Bill, Anne che lo risvegliava a furia di pacche
sulle
guance e Andreas che faceva telefonate a tutto spiano!
-Diventerò zio…- continuava a ripetere a
macchinetta guardando fisso un punto
lontano mille miglia.
Un quadretto niente male da quello che mi ero precedentemente
immaginata.
Tutti ci appoggiavano e nessuno si permise di dire il contrario, questo
ci fu
di grande aiuto specialmente a me per vincere la mia insicurezza.
Tom era contento, i nostri amici non avevano paura della band, le
nostre madri
stavano sempre insieme a discutere sulla cameretta e sui vestiti da
comprare,
Anne mi era accanto ogni istante e avevamo l’amore delle
persone a noi più
care.
Una sera, a casa, Tom preparò la cena: lasagna e patate al
forno. Quando ci si
metteva era un ottimo cuoco!
-Wow, a cosa devo questo preparativo inatteso?-
-Bhè, volevo fare qualcosa di speciale per te, qualcosa per
stupirti…-
-E lo hai fatto amore, ti è riuscito proprio bene!-
-Grazie… senti, ci sarebbe una cosa che dovresti venire a
vedere….-
-Uh che bello, cosa?- gli chiesi con un boccone di lasagna in bocca.
-Vieni con me.- mi prese per mano e uscimmo in giardino.
Era il crepuscolo e le ombre si facevano sempre più
evidenti. Lo seguivo alla
cieca ma mi fidavo di mio marito.
-Guarda qua.- arrivati in cima alla nostra collinetta dove
c’era una grande
quercia, mi fece osservare il tronco e l’incisione di un
cuore con scritto il
nome di nostra figlia per intero.
Mi fece emozionare.
-Oh tesoro, ti amo lo sai?- sogghignò.
-Si, lo so. Ma c’è
dell’altro… per la mamma…- allettante
la faccenda.
-Mmm, cosa?- la schiena attaccata al tronco, lui che premeva sul mio
petto, il
suo viso così vicino al mio e le sue labbra ingorde sulla
mia bocca…
-Tutto qui?- chiesi e lui rise sommessamente.
-Non proprio…- si allontanò ed estrasse dalla
tasca dei suoi jeans enormi una
scatoletta vellutata.
-Aprila.- la presi in mano. Era pesante e quando la aprii, il luccichio
di un
diamante sfavillante mi fece rimanere a bocca aperta. Quella poca luce
della
veranda che rifletteva sulle facciate dell’anello, emanavano
una miriade di
bagliori arcobaleno, era impossibile distogliere lo sguardo da una
simile
creazione.
-TOM è FANTASTICO!-
-Guarda bene…- ispezionai nuovamente il gioiello e al suo
interno, dentro il
diamante, c’erano delle sottili incisioni argentate e nel
bordo della fede,
c’era una breve dedica: “Ai miei amori Angy
& Elle”.
Iniziai a singhiozzare a piangere come una bambina.
-Cos’hai adesso?- mi chiese preoccupato Tom.
-Sai cosa significa questo?-
-Dimmi…-
-Significa che ci ami e che sei
pronto ad affrontare una vita a me estranea come lo è a te
in questo momento…-
-Vedo che hai capito, finalmente…- mi strinse a
sé.
-Tom ti amo, e lei è il modo più puro in cui te
lo posso dimostrare.-
-Angy ti amo, e lei è il modo più plausibile in
cui te lo posso dire.-
Ci abbracciammo e cominciammo a baciarci sotto la fronda
dell’albero maestoso.
Le sue mani si fermarono più volte sul mio ventre e ne fui
felice. Il vento mi
scompigliava i capelli e tutto sembrava una magia…
Ora, invece, ero sicura che quella vita mi appartenesse realmente e
nulla era
una mia fantasia.
Tutto era vero e avrei passato un’intera giovinezza con
l’amore della mia anima
e la nuova vita che portavo in grembo, il nostro amore…
NOTE: questa è una One Shot che scrissi moltissimo tempo fa, infatti molti particolari sono risalenti a tempi ormai passati (es. lampante "i rasta di Tom").
E' forse la più strutturata e lunga shot che io abbia mai scritto... almeno fino ad oggi.
Spero con tutto il cuore che questo racconto vi possa far provare quello che io, malgrado Tom non sia il mio gemello preferito (eheh :D), ho provato a trasportare in questo testo.
Buona lettura :)