Avvertenze: i personaggi da me usati non mi appartengono. Sono
tutti di proprietà di J.K.Rowling. La storia non è scritta a scopo di lucro.
Ci saranno degli spoiler
del 6°libro, ma non lo seguirò fedelmente per una mia scelta. Le variazioni si
scopriranno nel corso della storia. Chiunque non accetti ciò e pregato di non
leggere.
Lacrime di pioggia
Il cielo grigio sovrastava
il paese. Gli alberi erano mossi da quel venticello carico del profumo della
pioggia che nel giro di qualche ora avrebbe bagnato i campi inariditi. Dal mare
avanzavano delle minacciose nuvole nere che si sarebbero mescolate col buio
della notte.
Un ragazzo era seduto
nell’ombra della sua camera. La fronte saettata era appoggiata al freddo vetro
della finestra, lo sguardo vagava libero sul paesaggio. Gli occhi verdi, una
volta così sorridenti erano gonfi e rossi dal lungo pianto. Il tempo quella
sera era lo specchio del suo animo ferito, la pioggia che sarebbe scivolata
lungo il vetro le lacrime che non riusciva più a versare.
Amava osservare la gente,
lo distraeva dai suoi tristi pensieri.
Si era soffermato più
volte ad osservare un vecchietto che, seduto su una panchina all’ombra di un
albero, dava da mangiare ai piccioni. Questi, dapprima timorosi si avvicinavano
alla stanca figura, spinti dalla fame e dalla curiosità. Fino a posarsi sulle
sue vecchie mani che portavano i segni della difficoltà della vita.
Aveva visto una madre
correre preoccupata verso la sua bambina caduta per terra. L’aveva raccolta e
stretta a sé con quella dolcezza che solo le madri possono trasmettere. Lui non
aveva mai avuto questa fortuna. Nessuno lo aveva mai aiutato a rialzarsi; aveva
dovuto crescere troppo in fretta, imparate a soffrire troppo in fretta e si era
ritrovato ancora bambino con un enorme peso sulle spalle. Certo, aveva avuto
degli amici che lo avevano aiutato, ma mai la protezione della madre, come
invece aveva quella bambina dalle lunghe trecce bionde.
Gli piaceva guardare gli
innamorati. Nei loro occhi vedeva la gioia di vivere. La speranza illuminava i
loro volti, quello stesso sentimento che in lui si era spento a poco a poco. Ma
da loro prendeva la voglia di continuare a lottare. In loro riusciva a trovare
uno scopo per continuare a combattere: dare a tutti un mondo migliore.
Era difficile ritornare a
lottare dopo tutti gli orrori che aveva visto. Erano morti i suoi genitori, un
giovane ragazzo aveva perso la vita, Sirius, il suo padrino era scomparso
cadendo nel velo, nero come la morte. Tanta gente aveva lasciato questo mondo,
colpevoli e innocenti. Gente che combatteva per la propria famiglia, per un
ideale, persone che si erano semplicemente trovate nel posto sbagliato nel
momento sbagliato. E a questo lungo elenco si era aggiunto anche lui. La sua
guida sicura nell’incertezza del futuro, la spalla su cui sfogarsi, su cui
riversare la propria rabbia, un amico che era sempre stato pronto ad ascoltarlo
con i suoi vivaci occhi azzurri e quel sorriso enigmatico. Anche lui se ne era
andato: ucciso da una persona di cui lui solo si fidava. Era stata una nottata
incredibile quella. Continuava a riviverla tutte le notti, occupava tutti i
suoi sogni. E l’aveva giurato: si sarebbe vendicato.
Tutta la sua vita era
dominata dalla vendetta. Un sentimento che corrode, si insinua nell’animo,
avanza silenzioso come le tenebre e prepotente come un fiume in piena. Tuttavia
aveva imparato a domarlo, a sfruttarne la potenza nei momenti del bisogno. Non
poteva lasciarsi sopraffare, il destino del mondo ricadeva nelle sue giovani
mani.
“Harry!”
Una voce dal piano
inferiore: Remus. Lo chiamava molto probabilmente per avvisarlo che era pronta
la cena. Era diventato come un padre, l’ultimo collegamento con la sua vera
famiglia. Gli era stato accanto per quei lunghi mesi di vacanza. Lo aveva
ascoltato piangere tutte le notti, aveva compreso i suoi lunghi silenzi.
Avevano affrontato il dolore assieme, desiderosi di poter dimenticare, o almeno
di aver la possibilità di curare le proprie ferite. Remus era stato un valido
aiuto nei primi giorni a seguito della disgrazia. Tutto il personale docente
voleva un racconto dettagliato dei fatti, e lo stesso si poteva affermare dei
giornalisti. L’uomo lo aveva protetto da quelle domande assillanti e da quegli
sguardi indiscreti e pieni di pietà. Sapeva che Harry non avrebbe rivelato di
più di quelle poche frasi, aveva intuito che ciò che aveva raccontato non era
solo che una parte del tutto, ma non lo aveva stressato maggiormente poiché
sapeva che aveva un buon motivo per omettere determinati dettagli. Solo che non
aveva ancora scoperto quale.
Senza chiedere ulteriori
spiegazioni lo aveva portato alla vecchia dimora dei Potter. Era stato un
trauma per il giovane vedere l’abitazione. Tutto sapeva di morte, ma aleggiava
anche un penetrante profumo d’amore. Si riusciva a percepire il forte
sentimento dei coniugi Potter impregnato in ogni parete. Così Harry aveva
scelto di trascorre l’estate nella SUA casa prima di dover tornare per l’ultima
volta nella vecchia scuola. Si, aveva deciso che sarebbe tornato fra quelle
antiche mura di pietra. Era sicuro che contenessero delle risposte alle sue
innumerevoli domande.
“Si, Rem, arrivo!” aveva
urlato in risposta il giovane.
Era stata un’estate
abbastanza tranquilla. Nessun attacco da parte di Mangiamorte ai danni della
sua persona o di altri. Che il Signore Oscuro stesse elaborando un nuovo
pericoloso piano? Non si poteva dirlo, ma questa calma apparente non
tranquillizzava di certo gli animi.
Il giovane aveva passato
il suo tempo ad allenarsi. Non si sarebbe più fatto trovare impreparato.
Nessun’altra persona doveva morire per salvagli la vita. Non l’avrebbe più
permesso. Aveva affinato le tecniche che già conosceva, soprattutto incantesimi
non verbali; era riuscito a migliorare in Pozioni e in Occlumanzia:
fondamentali per diventare un buon mago.
E tutto ciò lo doveva a
Remus.
Per la casa si stava
propagando il profumo di arrosto. Arrosto con patate: il suo piatto preferito.
Un sorriso solcò il suo
viso mentre aveva iniziato a piovere. Le gocce scendevano sul vetro formando
tanti piccoli fiumiciattoli. Ma lui non avrebbe pianto, non avrebbe più versato
quelle lacrime amare. Aveva deciso di reagire, non si sarebbe fatto
sconfiggere.
Allora il cielo aveva
preso la sua decisione: avrebbe pianto per lui.
Salve a tutti!
Allora, prima di tutto mi
vorrei ancora scusare con quanti avevano letto il primo capitolo di “La Piuma
Della Fenice”. Ho deciso di eliminarla in quanto non mi piaceva, non mi sentivo
all’interno del testo. Non so come spiegarvelo, ma quello non era il mio stile.
Volevo dedicare questo primo
capitolo a Nonna Minerva, mia carissima e pazza amica, compagna di penna! Mi sa
che troverà familiare il titolo, ma le nostre menti ormai sono così collegate
che pensano la stessa cosa.
Baci baci
Little Fanny