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Autore: _Syn    24/07/2011    3 recensioni
Ha un neo sulla guancia, nota Petunia, ed è carino perché quando sorride sparisce in una fossetta. Prima che se ne renda conto, comincia a sorridere in quel modo anche lei e, dalle indicazioni stradali, passano ad altri argomenti. Le dice di chiamarsi George – è un nome normale, si dice lei, ed è bello pronunciarlo. Quando è lei a presentarsi, lui ripete il suo nome, Petunia, e le dice che gli piace.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Petunia Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Vernon non si chiama George


King's Cross non le piace. E' un posto in cui rischia di perdersi, di venire travolta dalla fretta della gente o di essere colpita da un carrello trasportato con sbadataggine.

King's Cross non le piace il primo settembre e non le piace per il resto dell'anno.

Lily adora quel posto e non lo nasconde più, ormai, neanche quando Petunia è costretta a salire in macchina la mattina del primo settembre per accompagnare lei e i genitori. Sembra esplodere di emozione ogni volta che si dirige a passo spedito verso quella stupida barriera, posta tra il binario...

Mh. Non ricordo.”

Petunia finge di non ricordare dove si trovi quel posto, la barriera che la divide dal mondo di Lily e che la costringe in quel caos di visi che non può riconoscere. King's Cross è un mare di inganni, perché se un secondo prima Petunia vede una normale ragazza sulla ventina armata di agenda e trolley rosa, un secondo dopo potrebbe benissimo individuare un baule di cui non vuole neanche immaginare il contenuto. Un baule infernale, che Lily spalanca con orgoglio e felicità quando torna a casa, tirando fuori libri strani – alcuni respirano, e Petunia ha avuto gli incubi per una settimana – e strane boccette colme di liquidi che giudica pericolosi. Potrebbero ucciderla, far saltare per aria la casa o dio solo sa cosa.

Per questo King's Cross non le piace. Perché lei sa che lì, mescolati alla folla che pur infastidendola con spintoni e vociare concitato non ha nulla di strano, ci sono individui anormali, pericolosi, che li guardano tutti con superbia, definendoli per quello che non sono. Si credono così forti mentre attraversano quella barriera, chiacchierando con nonchalance e credendo di ingannare i suoi occhi. Ma Petunia lo sa.

Anche ora è così. Non è il primo settembre, ma il ventitré dicembre e una parte di quella gente sta tornando a casa per le vacanze natalizie. Anche Lily tornerà quell'anno e Petunia avrebbe voluto non-aspettarla a casa, chiudersi nella sua stanza per giorni e ignorarla. Invece è lì, attaccata al braccio di mamma come una bambina viziata – è Lily quella viziata, quella che ha avuto troppo senza meritarselo, quella che lo sbandiera ai quattro venti come se fosse una miracolata, una prescelta.

Sbuffa. E la mamma la sente.

Petunia, cerca di tirarti su, per l'amore del cielo!” esclama la signora Evans. Petunia le risponde con uno sguardo offeso, pieno di astio e risentimento. Certo, è sempre lei quella da rimproverare; e dire che non ha fatto nulla. Nulla. E' rimasta a casa, ha studiato in una scuola normale, ha frequentato gente normale, ha parlato di cose normali che mamma e papà potessero comprendere senza fissarla come un fenomeno da baraccone. L'orgoglio era solo una patina grigia di noia. Lei ha visto questo. Quando Lily mostra ai loro genitori immagini raccapriccianti da uno dei suoi libri, allora potrebbero anche organizzare una festa. Quando Petunia spiega a sua madre un sonetto di Shakespeare e a suo padre accenna a quella lezione di storia così interessante, allora tutto ciò che ottiene è un briciolo di attenzione e qualche parola non troppo entusiasta. E' rimasta la stessa Petunia di sempre, non li ha stravolti finendo per diventare una stramba, sparendo per mesi in una scuola fuori dal mondo, insieme a persone poco raccomandabili. E allora perché sua madre ha quello sguardo seccato, come se lei non stesse agendo come dovrebbe? E' solo una persona comune, e non le dispiace affatto di non poter trasformare caramelle in scarafaggi. Ma almeno potrà trovarsi un marito rispettabile, con un lavoro rispettabile, amicizie rispettabili e condurre una vita rispettabile. Come hanno fatto i suoi genitori.

Petunia gonfia il petto e lascia il braccio della madre con uno scatto brusco. Che ipocriti. Stanno solo rinnegando loro stessi e lei è l'unica a vedere le cose per come sono veramente.

Vado a fare una passeggiata.” li informa, piccata. La madre sta per ribattere, ma il signor Evans le poggia una mano sulla spalla, fermandola, mentre osserva la figlia allontanarsi un po'. In realtà, è così lontana che quasi non la vede più.


Petunia vorrebbe urlare e dire a quella gente che la oltrepassa sorridendo inconsapevole di guardarsi intorno. Vorrebbe prendere per un braccio la signora con il girocollo di pelliccia e farle presente che proprio dietro di lei c'è una stramba signora con un mantello appariscente e una borsa che, Petunia lo sa, non è di pelle di coccodrillo. E' qualcosa di diverso, che puzza di ma-... che puzza di inganno.

Tira su con il naso, rendendosi conto di avere gli occhi che bruciano di lacrime di rabbia, e continua a camminare. Peggio per lei, pensa, mentre la signora con il girocollo va avanti. Se troverà uova di rana nella borsa una volta tornata a casa sarà peggio per lei, sì.

Si asciuga gli occhi con un fazzoletto di cotone e si sistema un ciuffo di capelli biondi sotto il cappello. Fa anche freddo e lei potrebbe essere a casa davanti al camino.

Scusami?”

Una voce maschile, di un ragazzo che potrebbe avere la sua stessa età, la distrae per un attimo. Lo guarda e non nota nulla di strano: ha i capelli tagliati come un normalissimo ragazzo di quell'età, riccioluti e castano scuro. Gli occhi sono azzurri e Petunia rimane un attimo colpita da quella tonalità così bella. E' anche vestito come una persona normale: blue jeans, felpa e un paio di scarpe da ginnastica appena consunte. Se non altro, quel particolare le fa capire che quel ragazzo cammina spesso e non se ne va in giro volando.

Sì?” chiede, timida. Nonostante tutto, lei non sa interagire granché bene con il resto della gente.

Il ragazzo sorride e gli occhi azzurri risaltano ancora meglio su quel viso gentile; è un po' ovale, ha le guance piene e un naso non così perfetto. Insomma, non è il tipo di ragazzo che Lisa Honeycut le avrebbe invidiato, perché lei è così bella e perfetta da meritarsi il più bello della scuola. Be', solo perché lei ha il collo più lungo del normale e una bocca un po' troppo larga, non significa che sia brutta. Qualche volta lo pensa, ma poi osserva meglio il suo riflesso e vede due bellissimi occhi azzurri e un biondo ancora più chiaro di quello dei capelli di Lisa. Lisa ha i boccoli perfetti, lei no, anzi. I suoi capelli sono secchi e crespi, il più delle volte. Non sa come arriva a pensare una cosa del genere, forse è quello sguardo che la stordisce un po'.

Sono appena arrivato a Londra e non so come arrivare a Covent Garden da qui, con la metropolitana.” spiega. “Potresti aiutarmi?”

Petunia non è stupida. Lo sa che King's Cross è piena di mappe, indicazioni e persone che potrebbero aiutarlo molto meglio di lei.

Petunia non è stupida e, se da un lato spera che lui l'abbia trovata carina, dall'altra ha paura che la stia solo prendendo in giro. Ma è anche una persona educata e a modo, quindi prima di mandarlo al diavolo sulla base di informazioni insufficienti, decide di dargli tutte le indicazioni di cui ha bisogno.

Certo.”

Lui sorride e Petunia rimane con lo sguardo appena sgranato e un mezzo sorriso che sulla sua bocca grande sembra già aperto e allegro.

Gli indica la strada, cerca di spiegargli la via più facile, e lui la sta a sentire senza smettere di guardarla. Ha un neo sulla guancia, nota Petunia, ed è carino perché quando sorride sparisce in una fossetta. Prima che se ne renda conto, comincia a sorridere in quel modo anche lei e, dalle indicazioni stradali, passano ad altri argomenti. Le dice di chiamarsi George – è un nome normale, si dice lei, ed è bello pronunciarlo. Quando è lei a presentarsi, lui ripete il suo nome, Petunia, e le dice che gli piace. Perde il nesso logico del discorso e si accorge di stare parlando della musica che ascolta, della scuola che frequenta. Teme che all'improvviso lui possa parlare della famiglia e che chieda e Petunia se ha sorelle o fratelli. Perciò, non appena nota che il discorso potrebbe prendere quelle piega, lei fa di tutto per cercare un nuovo argomento interessante. Risponde velocemente, dicendo che viene dal Surrey, e poi riprende a parlare. E' timida, all'inizio, ma sa di poter reggere una conversazione con facilità se le condizioni sono favorevoli. Dopotutto, persino Lisa la considera una grande e brava pettegola, e lascia che si sieda accanto a lei, a pranzo, facendo spostare persino la sua migliore amica, Betty, perché non è tanto informata quanto Petunia sui risvolti interessanti della vita amorosa di chissàchi o sulle novità.

Come mai sei qui a Londra?” gli chiede.

George le dice che è appena tornato da scuola. Studia fuori, per una borsa di studio, e ora è tornato per le vacanze.

Deve essere intelligente, pensa Petunia, per aver ottenuto una borsa di studio. E poi i suoi occhi lo confermano: sono luminosi, colgono i particolari del volto di lei e Petunia nota che George non si limita a guardarla negli occhi. Ha fatto caso al ciuffo di capelli biondi che è nuovamente sfuggito al cappello, per esempio.

Se non fosse un quasi sconosciuto, Petunia vorrebbe che lo rimettesse a posto lui.

Il romanticismo è sempre stato un argomento di cui ha discorso falsamente con Lisa o con altre ragazze, ma la verità la conosce solo lei. Non sogna in grande, però non prevede neanche di sposare un uomo fannullone. Rispettabilità e ordinarietà: questo è ciò che vuole.

Sta per chiedere a George che tipo di scuola frequenti, se già pensa cosa fare dopo, quando qualcuno lo chiama, poco lontano da loro.

Ehi, George! Siamo qui, sbrigati!” è un ragazzo con i capelli rossi che ha parlato. Petunia non vede il resto del “noi” ma scorge lo sguardo del ragazzo fermarsi su di lei e poi lanciare a George un'occhiata d'approvazione. Arrossisce un po' e sposta lo sguardo rapidamente, ma non abbastanza per non notare qualcos'altro.

Il resto del “noi” è appena arrivato e tra loro, ridacchiante come uno dei ragazzetti arroganti che Petunia non sopporta, c'è un tipo con un mantello nero con i caratteristici alamari d'argento che spiccano anche su quello di Lily.

George saluta con un sorriso e un cenno della mano i suoi amici e Petunia impallidisce di colpo e il suo corpo gela sotto un velo di sudore freddo. Il ragazzo trascina un carrello con un baule: è normale, nessuno stemma, lucchetto apparentemente ordinario e nessun animale bizzarro in vista. Ma è così simile ai tizi che solitamente seguono Lily a King's Cross, quando torna a casa, che non può che credere a una sola ipotesi.

Maghi. L'ha pensato. Solitamente cancella quella parola prima che nasca, ma ora... Ora è diverso.

Socchiude la bocca, gli occhi sgranati per la paura, oppure il disprezzo. Il tempo che George si volti di nuovo verso di lei e Petunia si rende conto che il disprezzo è tutto verso se stessa, che s'è lasciata incantare dai trucchetti di quel ragazzo pericoloso. Potrebbe farle fare quello che vuole, potrebbe ingannarla e derubarla. Potrebbe riportarla a quella vita che lei ha rifiutato con forza, con odio e pagando il prezzo più alto: l'amore di sua sorella.

Perciò, quando gli occhi di George – non nota più quel colore azzurro e bellissimo – le sorridono, pieni della luce che aveva riempito anche i suoi solo pochi secondi prima, Petunia gli balbetta quattro parole, scuse, e smette di ascoltarlo. Non sente la voce confusa di lui, che le chiede cosa sia successo, perché tutto a un tratto abbia deciso di scappare.

Non sente più niente, a parte due lacrime calde che premono agli angoli degli occhi. Si sente umiliata, sporca e desidera solo un bagno di normalità. Oppure stare sola, annegare nel disprezzo, e ricominciare la sua ordinaria vita come se niente fosse il giorno dopo. Ma è troppo.

George le ha sorriso. Le ha detto che i suoi capelli sono belli.

George le ha detto come si chiama e lei non ha trovato nulla di strano in quel nome. Anzi, l'ha definito normale, come piace a lei. Ha pensato che fosse un nome da baciare, arrossendo furiosamente dopo.

George le ha detto che avrebbero dovuto incontrarsi qualche volta. Petunia stava per rispondere di sì.

Ed è solo un incante-... E' solo un disgustoso inganno che l'ha resa vittima di un gioco che credeva di aver abbandonato. Ma non sarebbe finita fin quando lei non avesse trovato un terreno normale su cui cominciare a vivere. E poi? Potrebbe succedere di nuovo e Petunia trema violentemente al pensiero mentre si siede su una panchina, il viso tra le mani. Non c'è troppa folla, ma anche se fosse le lacrime sono inarrestabili. Ha perso di vista i suoi genitori e si chiede se verranno a cercarla. No, saranno troppo presi da Lily e dalle sue nuove stramberie.

Non sa più perché stia piangendo.

Per Lily e per quei suoi occhi verdi che la guardano prima con tristezza, poi con superiorità, poi con rancore, poi con speranza. E' solo una fattucchiera, una pericolosa, e quegli occhi sono una maledizione. Come potrebbe continuare a guardarla così, sperando di ricevere un abbraccio o un bacio da sua sorella quando le ha fatto chiaramente capire che non vuole più avere nulla a che fare con lei? E' solo un inganno, Lily vuole farla sentire in colpa. Lily non le ha mai voluto bene, altrimenti le avrebbe regalato un po' della sua felicità. Ma questo pensiero sgorga solo in profondità, un residuo dell'invidia passata. Un residuo del vecchio affetto.

Oppure piange perché lui le piaceva davvero. Gli piacevano i suoi capelli, così diversi dalla chioma rossa e bellissima di Lily. Ma lui ha guardato i suoi.

Petunia singhiozza, il petto che fa su e giù, e in quel momento vorrebbe davvero davvero piangere e soffrire per nient'altro che una delusione amorosa. Vuole dimenticare il motivo per cui è scappata, il motivo che la rende così diversa e fastidiosa rispetto al resto della famiglia, il motivo per cui non ha potuto realizzare uno dei suoi primi desideri.

Vuole che il suo odio cancelli ciò che non riesce a capire. Si leva il capello e lascia che i lunghi capelli biondi, spettinati e crespi, le coprano il viso. Così è meglio, sembra che stia davvero piangendo per un ragazzo e non per qualcosa che gli altri non possono neanche capire.

Un altro singhiozzo e si sente incompresa e lontana dal mondo. Dal suo mondo. Forse perché una parte di lei è ancora sull'altalena insieme a Lily, che salta e non cade. Con Lily, che le stringe la mano e le dice che le vuole bene.


La gente la guarda, mentre passa, ma Petunia singhiozza silenziosamente, il petto che pare scoppiare, e non nota nessuno. I loro sguardi l'attraversano e si sente un fantasma.

Si strofina gli occhi con forza e fruga nella tasca del cappotto alla ricerca del fazzoletto di prima. Non lo trova, deve essere caduto mentre scappava via. E' rimasto lì, dove quel ragazzo con gli occhi azzurri le aveva fatto dimenticare perché stesse per piangere di rabbia.

Forse è meglio così.


Lily e i suoi genitori corrono verso di lei, il suo nome sulle labbra piegate in un'espressione di pura preoccupazione, dopo pochi minuti. Petunia non fa caso alla presenza della sorella e la guarda con gli occhi rossi di lacrime da dietro la frangia bionda. Sembra che Lily sappia che sta piangendo. E' preoccupata, ma ha le guance rosse d'eccitazione come al solito. Se non fosse per quel particolare, magari Petunia avrebbe sentito di nuovo le lacrime sgorgare. Di tristezza e malinconia. Ma lei è felice, lei è compresa da tutti e ha quegli stupidi capelli rossi. Fa per avvicinarsi, ma Petunia indietreggia bruscamente e sorpassa tutti per tornare velocemente alla macchina. Non vuole più saperne di King's Cross, né di ragazzi con gli occhi azzurri con le fossette che mentono.

Distrattamente, si fa sfuggire un pensiero pericoloso, chiedendosi se esista un incantesimo capace di far dimenticare. Per una volta sola, vorrebbe sentirsi al sicuro, e non circondata da maschere e volti che la guardano con malignità ogni volta che gira le spalle. Invece è così che si sente: seguita da mostri e ora quei mostri sanno camuffarsi.

Ha paura del mondo, ha paura che non la smetterà mai di darle la caccia.

In fondo al cuore, si chiede se sia colpa di quel suo desiderio, covato dentro per anni. Forse ha desiderato quel mondo così ardentemente e con arroganza che ora l'ha ottenuto, ma non come avrebbe voluto.

Non ho mai desiderato niente.” sibila tra i denti. Si asciuga gli occhi e mette di nuovo il capello, i capelli nascosti. Neanche un ciuffo sfugge.


**



Petunia odia King's Cross. L'attraversa sempre a testa bassa, gli occhi socchiusi e il braccio stretto a quello di suo marito. Con una mano ossuta stringe quella di suo figlio Dudley e spera che lui non si accorga dei mostri che si aggirano in quel luogo maledetto, e che sperano solo di prenderlo e ingannarlo.

Harry, invece, sembra essere a suo agio – è identico a lei – mentre li raggiunge, appena uscito dalla barriera. Sta sorridendo, seguito dai suoi amici strambi, e Petunia rivede in un lampo l'immagine di una ragazzina con i capelli biondo scuro seguita da Lily e un ragazzo arrogante con i capelli scompigliati. Quel mondo, il mondo che amavano tanto, li ha uccisi.

Ma ogni volta deve ripetersi quel mantra nella mente “io non ho mai desiderato niente, mai mai.” perché le ombre sono sempre in agguato.

Attenta a ciò che desideri, Petunia. Una voce stridula risuona nella sua testa e solo dopo si accorge che è la sua. L'ha sempre fatto e ha ottenuto la sua vita rispettabile.

Se non fosse per lui.

Se non fosse per lei.

Se non fosse per il ricordo di un neo che svanisce dentro una fossetta. Il suo cuore non ha mai avuto la stessa reazione, neanche quando ha incontrato Vernon. Vernon non si chiama George e non le ha chiesto indicazioni come scusa per parlarle.

Petunia non l'ha mai più visto né ha mai saputo se George fosse davvero un mago. Magari non lo era, magari i suoi amici avevano solo una bizzarra passione per i bauli e i mantelli e magari quel giorno avrebbe vissuto da un altra parte e stretto il braccio a un uomo diverso.

No, non ha più importanza.

Stringe più forte il braccio di suo marito e pensa questo. I rimpianti sono solo la strada più corta per il passato.

Andiamo, ragazzo.”

Eppure, quando Harry li guarda con quello sguardo astioso e pieno di ingratitudine e tormento, Petunia non rivede Lily. Lei sorrideva con sicurezza, lei era accettata in entrambi i suoi mondi. Lily risiede solo dietro quella barriera, dove Harry stava sorridendo con quella sfacciataggine che lei detesta così tanto. Non ha mai sorriso così, non ha mai saputo come fare.

Poi il sorriso sparisce e l'odio per quella diversità che lo respinge con forza, relegandolo negli angoli più remoti della comprensione, si trasforma in un ricordo. Petunia sussulta e allontana subito lo sguardo. Tira suo marito per il braccio e vanno via da quel luogo, senza troppe cerimonie o saluti.

Vuole solo chiudere gli occhi per un po' e non sapere cosa davvero vede negli occhi del ragazzo. Vuole dimenticare che in quei momenti si specchia dentro se stessa.




  
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