Disclaimer:
questi personaggi non mi
appartengono, ma sono di proprietà di Stephenie Meyer.
Questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro.
UNA
GIORNATA DI SOLE
Edward
Mi
avvio in spiaggia, come ogni giorno da
ormai un mese.
Spero
di vederla anche se già so che Lei
non noterà neanche la mia presenza.
Si,
perché lei non sa neppure che esisto.
Non
sono nessuno, non un volto, non un nome,
niente di niente.
Oggi la
spiaggia è insolitamente tranquilla,
non c’è la ressa che solitamente contraddistingue
questa piccola lingua di paradiso.
La
bella stagione da queste parti dura
talmente poco che tutti approfittano per goderne il più
possibile.
Mi
sento bene mentre affondo i piedi nella
sabbia, riesco a percepirne l’impalpabile consistenza tra le
dita.
Sistemo
l’asciugamano sulla spiaggia
stendendomi sopra mentre mi sfilo la maglietta.
Un
bambino mi corre intorno sollevando un po’
di sabbia, non mi disturba, si ferma e mi guarda regalandomi un sorriso
furbetto che ricambio con calore.
Allargo
lo sguardo fino al mare e la vedo, il
mio tormento personale, Isabella Swan.
Gioca
in acqua coi suoi amici, si lanciano
una palla, si fanno scherzi, ridono schizzandosi a vicenda ma io riesco
a
vedere solo lei, la sua risata, i suoi occhi luminosi, accesi dal suo
sorriso.
Il sole
riflette indolente sui suoi capelli
rendendoli lucenti, con particolari riflessi ramati, le punte bagnate
più scure
rispetto al resto della sua chioma castana.
Non
riesco a spostare il mio sguardo dal suo
volto, non esiste niente di più affascinante per me.
È
una calamita che mi attrae inesorabilmente
incatenandomi.
Niente
può distrarre la mia vista tranne… il
suo corpo.
Dio,
quante volte l’ho sognato.
Quante
volte ho desiderato perdermi in quelle
curve meravigliose.
Passo
lentamente il mio sguardo sul suo collo
da cigno, le sue spalle così delicate eppure estremamente
dritte a darle un
portamento elegante.
I miei
occhi arrivano inesorabilmente a
sfiorare i suoi seni coperti dal ristretto pezzo di sopra del bikini
azzurro
dal quale si intravedono i capezzoli leggermente inturgiditi
dall’acqua fresca,
alti, sodi, sarebbero perfetti per le mie mani..
Se solo
si potesse fare un monumento alle
forme femminili, di sicuro prenderebbero lei come modello.
Sei un
pervertito Cullen!
Continuo
la mia esplorazione visiva sul suo
ventre piatto che mi fa pensare solo a quanto sarebbe bello poter
infilare la
mia lingua nel suo ombelico.
La sua
pelle, solitamente molto chiara, ha
preso una tonalità più rosata.
Sempre
peggio,
devo cercare di sviare i miei pensieri.
Peccato
che scorro lo sguardo sulle sue gambe
e lì i miei pensieri si perdono completamente.
Sono
totalmente in estasi mentre vengo
ipnotizzato dal suo fondoschiena.
Dio che
culo, non
ho mai visto niente di
neanche paragonabile o forse e solo perché è suo
a farmi questo effetto.
Merda,
mi sto
eccitando.
Possibile
che solo guardarla mi procuri
un’erezione simile?
Evidentemente
si.
Ormai
dovrei esserci abituato, è da un anno
che muoio dietro a lei, da quando mi sono trasferito con la mia
famiglia in
questo buco di paese ma ovviamente non si è mai accorta di
me.
Come
potrebbe!
Sono il
classico sfigato della scuola.
Abiti
informi, occhiali, capelli orribili.
È
stata una mia scelta, non voglio essere
giudicato solo per il mio aspetto fisico.
Un
tempo non era così.
Un
tempo ero ammirato, amato da tutti eppure
non ero felice.
Mi
rendevo conto che le persone, uomini o
donne, mi giravano intorno solo per la mia popolarità.
È
per questo che ho deciso di cambiare me
stesso.
Posto
nuovo, nuovo Edward, sconosciuto e
insignificante.
Adesso
però vorrei veramente che lei si
accorgesse di me, vorrei che apprezzasse quello che sono.
Vorrei
che conoscesse le mie passioni, i miei
pregi, il mio carattere e invece… lei continua a giocare e
ridere coi suoi
amici mentre io continuo a guardarla da lontano.
Vengo
distratto da un lamento, volto lo
sguardo e vedo lo stesso bambino di prima accanto a una bimba dai
capelli
biondi che piange disperatamente mentre lui le accarezza teneramente
una
guancia.
Non mi
sorprenderebbe sapere che è stato
proprio lui a farla piangere, ha davvero la faccetta da monello.
Sorrido
da solo, tornando a volgere lo
sguardo verso colei che popola i miei sogni.
La vedo
uscire dall’acqua, è stanca e vuole
riposarsi un po’.
Viene
verso di me ma è ancora girata verso il
gruppo che la sfotte per la scarsa resistenza alla fatica.
Non si
è accorta che mi sta praticamente
cadendo tra le braccia e io non posso credere alla mia fortuna.
Continua
a camminare, conosco la sua
proverbiale sbadataggine e non potrei esserne più felice.
Arriva
alle mie gambe, sta per cadere ma la
afferro per i fianchi prima che avvenga.
Siamo
praticamente attaccati, chiudo gli
occhi inalando il suo profumo e inebriandomi del contatto delle mie
mani sulla
sua pelle.
È
incredibilmente morbida e calda.
Per mia
fortuna la scenetta dei piccoli ha
sviato abbastanza i miei pensieri da attenuare la mia eccitazione.
Sarebbe
stato tremendamente imbarazzante se
l’inquilino del piano di sotto fosse stato ancora
sull’attenti.
Si
scosta chiedendomi scusa e a me pare di
piombare in un vuoto senza fine mentre ancora ho le mai protese verso
di lei.
«Stai
bene Isabella»?
Alza lo
sguardo su di me, è sorpresa.
«Ci
conosciamo»?
«Beh,
diciamo che io conosco te». Le faccio
un sorriso che sembra apprezzare.
Fissa
il suo sguardo nei miei occhi e io mi
perdo completamente in un mare scuro eppure brillante.
«Edward»?
Resto
spiazzato, non credevo mi conoscesse e
soprattutto che mi riconoscesse visto che sono completamente diverso da
come mi
vede a scuola.
«Non
credevo mi conoscessi».
«Come
si fa a non conoscere lo studente più
brillante di tutto l’istituto? Ma chiamami Bella».
Ah mi
pareva!
Per un
attimo mi sono illuso che mi avesse
notato per altri motivi.
«Beh,
a quanto mi risulta, anche tu sei tra i
migliori del nostro anno. Ma davvero posso chiamarti Bella»?
«Certo
tutti i miei amici mi chiamano così».
Si
siede sul mio asciugamento con un bel
sorriso sul volto.
«Anche
se ad essere sincera ti ho
riconosciuto solo dopo averti guardato negli occhi. Insomma, accidenti
Edward…
sei bellissimo».
È
una esclamazione spontanea e del tutto
priva di malizia ma non posso fare a meno di gongolare dentro di me
aprendomi
in un sorriso spontaneo.
«Scusa
se te lo chiedo ma perché ti presenti
a scuola in quel modo»?
«Perché
non mi piace essere circondato da
persone snob e classiste. In questo modo, se qualcuno mi si avvicina
è per
quello che sono e non perché ho un
bell’aspetto».
«Rallenta
un attimo, sicuramente non ho la
tua stessa mente brillante perché credo o forse spero di non
aver capito il tuo
discorso. Mi stai dicendo che visto che io non vado in giro vestita
come una
barbona, i miei amici mi stanno accanto solo perché sono un
bel corpo sul quale
sbavare»?
«No
spetta io…»
«Lascia
che
ti dica una cosa Edward, secondo me l’unico snob
o classista sei proprio
tu.
Arrivi
a scuola vestito in modo orribile,
porti gli occhiali che evidentemente non ti servono visto che in questo
momento
non li porti e i capelli che sembrano perennemente leccati da una mucca.
Probabilmente
pensi che sia per questa
ragione che non hai fatto amicizia coi tuoi compagni ma non
è affatto così.
Dici di
non voler essere circondato da
persone che ti considerano solo per il tuo aspetto ma te ne stai sempre
solo,
con la testa affondata in qualche improbabile libro che conoscete solo
tu e
l’autore, hai sempre l’espressione insofferente e
immusonita e non permetti a
nessuno di avvicinarti.
Ti
tolgo un dubbio Edward, sei solo tu che
tieni lontane le persone e non il tuo aspetto».
Accidenti
se ne ha di grinta!
È
davvero arrabbiata ed ha ragione su tutti i
fronti ma non posso fare a meno di notare che deve avermi osservato a
lungo per
notare tutti questi particolari.
«Scusa
ma adesso torno dai miei “interessatissimi”
amici».
Fa per
andarsene ma la fermo tenendola per un
polso.
«Aspetta
Bella, scusami».
«Sai
alla fine non credo che sia una buona
idea essere amici».
È
chiaro il rifermento al diminutivo che ho
usato.
«Ti
prego aspetta. In effetti non l’avevo mai
vista sotto questo punto di vista. Mi perdoni? Per favore»?
Le
faccio un mezzo sorriso sperando di
convincerla con quella che spero sia la mia migliore espressione da
cucciolo
pentito.
Per mia
fortuna risponde al mio sorriso.
«Sei
un tipo strano Edward Cullen, te l’hanno
mai detto»?
«Sapessi
quante volte me lo ripete mia
sorella».
E per
la prima volta la vedo ridere di fronte
a me, con me e sono in paradiso.
Io e
Bella ci siamo visti ancora, mi ha fatto
conoscere i suoi amici, sono diventati anche i miei e abbiamo passato
tanto
tempo insieme.
Ci
siamo legati molto, talmente tanto che ha
deciso di donarmi la sua prima volta e la seconda e la terza e tutte
quelle che
sono seguite.
Da quel
meraviglioso giorno non ci siamo più
separati.
Il
primo giorno di scuola siamo arrivati insieme,
mano nella mano scambiandoci dei dolci baci mentre tutti ci guardavano
curiosi.
Naturalmente
mi sono presentato come me
stesso e ho avuto la possibilità di conoscere tante belle
persone che mi hanno
fatto sentire un cretino per come mi sono comportato per un anno intero.
Sono
passati quindici lunghi anni da quel
giorno che ha cambiato la mia vita e ancora oggi mi basta guardare mia
moglie
per desiderarla come il primo giorno.
Cosa
posso dire? La amo immensamente e per
uno strano caso del destino anche lei mi ama.
Ho
amato ogni singolo istante della vita
passata insieme a lei, ogni momento, ogni sguardo, ogni cambiamento,
persino i
litigi; ho capito subito che la mia gattina dolce poteva diventare una
leonessa, l’ho capito quel giorno sulla spiaggia e me
l’ha ricordato ogni volta
che ho provato a prevaricare su di lei.
Ho
amato il suo corpo in ogni modo possibile,
dolce, appassionato, irruento e non c’è stato un
momento in cui ho desiderato
altro se non lei.
Solo
lei è capace di infiammarmi con un solo sguardo.
Ho
visto il suo corpo adattarsi e cambiare
quando mi ha donato la gioia di diventare padre e anche in quel momento
non ho
potuto fare a meno di trovarla terribilmente eccitante.
In
questo momento siamo diretti alla nostra
spiaggia, torniamo qui ogni anno, è una specie di rito per
ricordarci dove
tutto ha avuto inizio.
Allungo
la mano per posare una carezza sulla
sua guancia, si gira, mi sorride, nel tempo il suo viso è
cambiato, è maturato
perdendo le fattezze dell’adolescente per sbocciare nella
meravigliosa donna
che è diventata.
I miei
occhi si riempiono di lei.
La
nostra bambina dorme serena nel suo
seggiolino sul sedile posteriore.
«Ti
amo»
«E
io amo te».