Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |       
Autore: Querthe    27/03/2006    3 recensioni
Rei ha uno stranissimo risveglio, ma è solo lei che ha dei problemi con i sogni ad occhi aperti?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rei si voltò nel letto due o tre volte prima di decidersi ad aprire gli occhi. Sentiva la calda carezza del sole del mattino sfiorarle il volto, ma esitava ad abbandonare il mondo dei sogni che l'aveva ospitata fino a quel momento, non avendo assolutamente voglia di alzarsi per seguire anche quel giorno delle lezioni noiose e per lei prive quasi sempre di senso. Ma era un suo dovere andare a scuola, e si fece coraggio. Ad occhi chiusi si sollevò dal letto, sospirò sconsolata e allungò la mano cercando la sveglia sul comodino per guardare l'ora. Non trovandola dove l'aveva lasciata la sera prima, sollevò le palpebre e si guardò attorno.
- Ma questa non è la mia stanza! - esclamò sorpresa, la voce impastata dal sonno, mentre si stropicciava gli occhi con le mani.
Effettivamente si trovava sì in una stanza grande come la sua, ma l'arredamento non corrispondeva. Strani simboli tappezzavano le pareti, e nessun comodino era accanto al letto, che si rivelò costruito sommariamente con delle assi non sgrossate e con un materasso da cui spuntavano paglia e foglie secche. Su una sedia era appoggiato un ampio vestito in stoffa rossa, dal taglio inusuale ma sicuramente femminile.
- Ma si può sapere cosa diavolo è successo? - Si chiese ad alta voce. Un velo di paura faceva tremare la sua voce. - Nonno! - urlò isterica voltandosi verso l'entrata.
Dei passi si udirono all'esterno della porta, che quasi immediatamente si aprì. Il volto rubicondo e rassicurante di suo nonno fece la sua comparsa dall'apertura.
- Cos'è successo? Ti senti male? - chiese premuroso entrando nella stanza.
- Secondo te? - chiese ironica la ragazza, le braccia incrociate, il piede destro che batteva spazientito il pavimento di assi lignee.
Il vecchio la guardò con fare interrogativo. Era sinceramente stupito del comportamento della nipote, ma fece finta di niente. I giovani erano sempre un po' strani.
- Non capisco. Qualcosa ti turba?
- Ma non vedi che questa non è la mia stanza! E poi la porta...
- Cos’ha la porta che non va?
- Ha i cardini! Si è mai vista una porta interna con i cardini, in Giappone? - indicò la porta, che era lignea e si era aperta verso l'interno, ruotando su due robusti cardini metallici.
- Ma tutte le porte sono fatte così! Rei, ti senti bene? - Le chiese preoccupato il vecchio, toccandole la fronte con la mano. - Non scotti. Eppure dici cose senza senso, e non ti ricordi nemmeno dove abiti.
- Nonno... - Sospirò Rei. - Noi abitiamo a Tokyo, che è la capitale del Giappone.
- Lo vedi che stai delirando! - Esclamò più che mai convinto il nonno aprendo le braccia. - Noi abitiamo nel Tempio del fuoco a Sarel, un paese a pochi chilometri dalla capitale del Regno delle due lune.
Rei stava per urlare. Era un enorme scherzo o stava impazzendo? Come una matta si diresse alla finestra, ancora velata dalle tende, e la aprì. Quello che vide la lasciò senza fiato. Tutto attorno la città era sparita, per far posto ad una distesa uniforme o quasi di alberi, e sul fondo casupole lignee dai comignoli fumanti. Una decina di persone si stavano avvicinando correndo all'abitazione dov'era lei, e sembravano spaventate. Le vide anche il nonno, e s'incupì.
- Io vado a vedere cosa è successo. Tu cambiati nel frattempo. - le disse autoritario.
- Ma...
- Cambiati! - ripeté mentre riapriva la porta da dove era venuto.
L'ordine fu così perentorio e deciso che Rei si convinse a seguirlo. Uscito il nonno, si tolse la lunga veste di lino che aveva addosso, si rinfrescò con l'acqua del catino che si trovava in un angolo della stanza e indossò l'abito rosso che aveva visto appena sveglia. Era un'ampia tonaca di seta pesante, legata in vita da una cintura in corda. Sia internamente sia esternamente era ricamata finemente con dei simboli che erano anche alle pareti, e che emanavano un'aura di potere e di protezione. Le maniche, ampie e lunghe quasi fino a terra, la facevano sentire ridicola, ma dovette ammettere che il tutto era nel complesso comodo e confortevole. Per un attimo le sembrò normale indossare quel vestito. Mentre si rigirava tentando di osservare meglio l'abito, il nonno bussò violentemente, e senza aspettare risposta entrò. Lo sguardo era spaventato, ed in mano aveva una pesante collana di grani di pietra colorata e incisi di simboli, simili a quelli della sua veste.
- Sei pronta? - le chiese senza alcuna spiegazione.
- Penso di sì. - rispose lei titubante.
- Ottimo. Allora vieni con me. Un mostro di legno sta imperversando a Sarel. Non so se riuscirò a sconfiggerlo da solo, quindi preparati. Potrei aver bisogno dei tuoi poteri... - le disse trascinandola fuori della stanza.
Come un manichino, Rei si fece tirare per un'altra stanza, che ospitava il fuoco sacro, e poi lungo un corto corridoio, che portava all'ingresso. Fuori, con gli sguardi impauriti e pieni di reverenza verso di lei e di suo nonno, aspettavano una decina di uomini e donne vestiti da contadini, i cappelli in mano e gli occhi bassi, in procinto di piangere.
- Andiamo. - disse il nonno.
Immediatamente il gruppetto s'incamminò verso il paese, da cui stavano arrivando donne e bambini piangenti, oltre ad altri uomini armati di bastoni e vanghe.
- Ci aiuti, saggio. Ci aiuti contro quel demone malvagio. Appena lo abbiamo visto siamo scappati, e solo il suo aiuto ci può salvare. - Piagnucolò ai piedi del vecchio prete una donna, portando in braccio un piccolo di uno, due anni.
Il nonno la scostò gentilmente con un sorriso, e continuò il cammino. In cinque minuti, dopo aver abbandonato i villici al tempio dicendo loro che era un luogo sicuro, Rei e il nonno raggiunsero l'abitato di Sarel. Era composto da una trentina di case, basse, fatte in legno e pietra, simili a quelle che Rei aveva visto nelle illustrazioni dei libri di storia medievale. Dei rumori assordanti provenivano dalla loro sinistra, e subito si diressero in quella direzione. Rei continuava a chiedersi cosa ci faceva lì, e soprattutto dov'era "lì", ma lo sguardo di paura dei contadini e le lacrime di una bambina che era insieme alla madre l'avevano convinta ad occuparsi prima del demone. Il frastuono era determinato da un essere alto, che voltava loro la schiena lignea, coperto di frasche e pezzi di corteccia rugosa. Sembrava arrabbiato, dato che urlava senza senso e spaccava tutto ciò che trovava sulla sua strada.
- Ma questo non è un demone! - Esclamò stupito il nonno. - E' uno spirito dei boschi, e mi sembra anche infuriato! Tieniti pronta, Rei. Con lui basterà un po' di fuoco magico.
Alle parole del nonno, l'essere si voltò di scatto, mostrando un volto femminile che alla ragazza parve familiare.
- Rei? - Domandò ruggendo lo spirito. Un lampo di felicità brillò nei profondi occhi neri. - Rei, sei davvero tu?
- Come fai a conoscere mia nipote, mostro? - chiese furente il nonno, puntando il dito verso l'essere.
Il mostro, che solo allora Rei notò avere una folta capigliatura marrone raccolta a coda di cavallo, tornò ad incupirsi, e si avvicinò lentamente, digrignando i denti. Urlò, avventandosi contro il vecchio, che lo scansò faticosamente buttandosi a terra.
- Rei! Usa i tuoi poteri, o ci ucciderà! - esclamò dolorante il nonno.
Di nuovo, sentendo quel nome, il mostro sembrò quietarsi, e si voltò nuovamente verso la ragazza, ma non per attaccarla. La guardò con dolcezza e smarrimento, come cercando in lei delle risposte che non poteva darsi. Rei riconobbe quel volto.
- Mako! Mako, sei proprio tu? - gli urlò Rei, avvicinandosi.
L'essere annuì e mosse un passo, pesante e lento, verso la ragazza, che si avvicinò a sua volta, sotto lo sguardo allibito e spaventato del vecchio sacerdote, che si era rialzato e si stava frettolosamente pulendo la tonaca dalla polvere.
- Rei, cosa stai facendo? - balbettò.
- Nonno, non preoccuparti. E' una mia amica.
La ragazza e l'essere si abbracciarono, mentre una lacrima scendeva sul volto di entrambe.
- Makoto... Credevo di essere impazzita. - singhiozzò Rei dalla gioia.
- Non me lo dire. Quando stamattina mi sono svegliata, mi sono ritrovata in questo stato e l'unica cosa che mi è venuta in mente è stato di dirigermi verso questo paese, ma ero così arrabbiata del fatto di non capirci niente che ho tirato un pugno ad un muro, ed ecco il risultato. - Disse l'amica con una voce profonda e roca.
Mostrò, con la lignea mano, un buco di circa mezzo metro di diametro aperto in una parete in mattoni poco lontana. Sorrise triste mentre Rei guardava a bocca aperta il risultato della sfuriata dell'amica.
- Subito i cittadini mi hanno insultato e colpito con quanto capitava loro a tiro, ma stranamente non mi facevano male. Allora sono fuggiti spaventati, ed io ho avuto come l'istinto di spaccare tutto.
- Ovviamente. Tutti gli spiriti dei boschi come te odiano la civiltà, e ti sei sentita in dovere di seguire il tuo istinto. - Spiegò il nonno sarcastico.
- Makoto non è uno spirito dei boschi. - Rei si voltò, guardando in malo modo il nonno. - E' una mia amica.
- Ma ciò non toglie che lei non sia un essere elementale.
Le due amiche lo guardarono storto, facendolo zittire all'istante e voltarsi, dando loro le spalle.
- Ho capito, ho capito. Me ne vado... - Bofonchiò il nonno alzando le braccia al cielo. - Questa mattina si è proprio svegliata strana, mia nipote. - concluse allontanandosi.

 

- Fammi capire: entrambe ci siamo svegliate questa mattina e ci siamo accorte che tutto ciò che conoscevamo era sparito. Almeno io sono ancora normale, ma tu...
- Lasciamo perdere. - Sospirò Makoto osservandosi. - Sono fatta di legno duro e resistente, forse di quercia, non sento dolore colpita o tagliata, e questo lo so perché ho tentato di sfregiarmi. Tutto ciò che ci ho guadagnato è un'incisione qui sul braccio. - Allungò il braccio sinistro, ma sorpresa non vide nulla, se non del legno tenero e verde là dove era sicura di aver inciso la sua "pelle". - Oddio, a quanto pare posso guarire. - Sorrise sorpresa e ironica.
- Certo che è ben strano.
- Mai quanto gli abiti che indosso. Ma è possibile che non esista uno stilista decente tra gli spiriti dei boschi? - Rise amaramente la ragazza toccandosi i robusti pezzi di corteccia nodosa che le coprivano il corpo come una corta gonna a pieghe e un bustino dotato di spalline spesse e avvolgenti come dei paracolpi di un'armatura. - Il verde e il marrone mi piacciono, ma non fino a questo punto. E poi, non potevano darmi un paio di scarpe? Proprio ieri mi ero fatta la pedicure...
Risero, mentre si incamminavano senza meta.
- Di certo non ti chiedo di fare cambio. - Sorrise Rei facendo un giro su se stessa quasi a mostrarle meglio l'inusuale abito che indossava. - Anche se devo ammettere che con questi abiti mi sento decisamente ridicola.
Le due ragazze continuarono a scherzare amaramente e a chiedersi dove erano finite mentre camminavano lentamente verso il vicino bosco, poco distante dal villaggio, dove nel frattempo la vita era ripresa normalmente, avendo il nonno rassicurato gli animi degli abitanti. Erano ormai nel boschetto da un'ora, e dopo essersi dissetate ad una sorgente che sgorgava poco lontano da dove erano entrate e di cui Makoto si ricordò, anche se non sapeva come, l'ubicazione, le amiche si incuriosirono vedendo una grande strada tagliare l'insieme di alberi.
- Deve essere la strada che si intravede dal paese. - Disse Makoto una volta che furono giunte sulla via, ricoperta di sabbia e ghiaia.
- Probabilmente. Chissà dove porta? - Chiese pensando ad alta voce Rei, mentre si voltava da una parte all'altra per individuare possibili indicazioni. - Il nonno mi ha detto che siamo vicini alla capitale di un regno detto delle due... - si bloccò, non ricordandosi le parole del sacerdote.
- Delle due lune?
- Esatto. Chi te lo ha detto? - domandò curiosa Rei guardando l'amica.
Makoto, per risposta, allungò verso l'alto il braccio destro puntando con il dito il cielo. Benché giorno, erano visibili due satelliti distinti oltre al Sole. Uno era esattamente come quello che si vede a Tokyo, mentre l'altro, delle stesse dimensioni e forma, era completamente nero.
- Ho tirato ad indovinare. - Rispose Makoto ironica.
Risero entrambe, anche se non sapevano bene il perché. Avevano fatto una decina di passi lungo la strada, nella probabile direzione per tornare al paese che poco prima Makoto aveva quasi distrutto, quando udirono alle loro spalle il rumore di zoccoli al galoppo ed il nitrito di un possente cavallo. Si voltarono. Dalla strada, appena dopo una curva, s'intravide un bianco destriero montato da un uomo in arma- tura nera. Il mantello svolazzava velocemente, dandogli un aspetto importante e fiero. Si stava velocemente avvicinando, ma rallentò l'andatura appena le vide. L'elmo del cavaliere era calato sul volto, ma la voce che vi giunse fece quasi svenire dalla sorpresa le due ragazze, mentre lo sconosciuto si affiancava a loro e si alzava la celata.
- Rei? - Domandò stupito il cavaliere. - Makoto, sei tu?
- E chi altri vuoi che sia, Mamoru? - Rispose sarcastica la lignea figura mentre il ragazzo smontava da cavallo e si toglieva l'elmo, mostrando dei lunghi capelli legati dietro la testa.
Makoto scoppiò a ridere. Anche Rei si dovette trattenere.
- Ma ti sei visto? Hai i capelli più lunghi dei miei!
- Almeno non mi vesto di corteccia... - esclamò ironicamente il giovane, che indossava un'armatura completa in metallo scuro, decorato sul petto da due lune, una bianca e una nera, parzialmente sovrapposte e in campo dorato. Una spada, racchiusa in un prezioso fodero, faceva bella mostra di sé alla sinistra della vita.
Makoto gli mostrò scherzosamente la lingua, e accarezzò il cavallo, che parve gradire.
- Sembra che tu sia il suo tipo! - Rise Mamoru, osservandola. - Si può sapere cosa ti è successo?
- Se lo sapessi, saresti il primo a cui lo direi. - Rispose Mako alzando le spalle sconsolata. - E tu, cosa ci fai in giro a cavallo e con quei... - indicò con un gesto della testa la capigliatura del ragazzo.
- Non so cosa dirti. So solo che questa mattina...
- Fammi indovinare. - Lo interruppe Rei. - Ti sei svegliato in una stanza che non era la tua e non ci capivi niente.
- Esatto a metà. Non ci capivamo niente, e francamente non abbiamo avuto molto tempo per pensarci.
- Abbiamo? - chiesero in coro le ragazze.
- Sì. Usagi ed io. Questa notte mi sono svegliato in un favoloso letto a baldacchino, insieme a lei. Eravamo vestiti come dei nobili. - Si fermò accorgendosi di come lo stavano guardando. - Non abbiamo fatto niente di male, è inutile che mi guardiate così. Dopo un breve smarrimento, ho svegliato Usagi ed insieme abbiamo tentato di raccapezzarci, ma dopo una decina di minuti dalla porta sono irrotti dei mostri orribili, e dopo avermi tramortito hanno rapito lei e la sua dama di compagnia, che si trovava nella stanza accanto. Delle persone che continuavano a chiamarmi principe mi hanno fatto riprendere e mi hanno spiegato che Usagi, che loro insistevano a chiamare principessa della luna chiara, era stata rapita dal re della luna nera e dai suoi scagnozzi, e che molto probabilmente la stavano portando alla Foresta delle allucinazioni. Velocemente mi sono fatto spiegare come arrivarci, ma mi hanno detto che la foresta non ha un luogo fisso, e solo con l'aiuto di tutte le forze della natura potrò arrivarci. Già... - Sospirò sconsolato, alzando gli occhi al cielo. - Come se sapessi dove trovare tutte le forze della natura.
- Sì, ma se non sai dove trovare quello che cerchi, dove stavi andando con tanta fretta? - domandò Makoto.
- Una delle persone che mi ha spiegato tutto quello che vi ho detto mi ha anche dato un consiglio. Se c'è qualcuno che sa come trovare le forze della natura, è la maga della Torre di nebbia.
- La maga della Torre di nebbia?! - esclamarono all'unisono le due ragazze, quasi ridendo.
- Lo so, il suo nome non è il massimo, ma tutti la chiamano così. Vive in una torre ad un giorno di viaggio da qui, per cui entro domani dovrei arrivarci.
- Dovremmo arrivarci. Veniamo con te! - replicò convinta Makoto, guardandolo negli occhi.
- Già, ma senza cavallo ci impiegheremo una vita... - Le fece notare Rei.
- Beh, io posso portare una di voi con me, ma tutti e tre ammazzeremmo questo povero animale. - Disse Mamoru, accarezzando il collo del destriero, che nitrì come in risposta.
Makoto sembrò concentrarsi.
- Facciamo così. Porta Rei sul cavallo, e io vi seguo a piedi tentando di starvi dietro.
- Ma sei impazzita... Come pensi di correre alla stessa velocità di un cavallo? - Le chiese Rei.
- Sono brava a correre, e non per niente sono nella squadra atletica scolastica. - Si vantò con un sorriso Makoto. - E poi, con voi due sulla schiena, quella povera bestia non potrà certo volare.
Rei alzò le spalle come per acconsentire controvoglia, e salì a cavallo aiutata dal ragazzo. Questi si sistemò l'elmo sul volto e si voltò verso la giovane a terra.
- Pronta? - Chiese, la voce rimbombante nell'elmo.
Makoto assentì con la testa. Il cavallo partì nitrendo, e riuscì a raggiungere, nonostante il carico dato dai due passeggeri, una discreta velocità.
- Rallenta, nessun uomo ci può stare dietro a questa velocità! - Urlò Rei stringendosi a Mamoru, a causa del vento che fischiava.
- No, eh? - Le rispose sibillino il giovane. - Apri gli occhi e dai un'occhiata alla tua destra...
Incuriosita, Rei si decise ad aprire gli occhi, che fino a quel momento erano serrati.
- Mako? - si stupì, sgranando gli occhi.
Accanto a loro, apparentemente senza fatica, la ragazza stava correndo alla pari del cavallo.
- Ma come cavolo ci riesci? - Le chiese Mamoru, voltandosi verso di lei.
- Non lo so. Semplicemente corro e posso tenere il vostro passo. Sembra incredibile, ma credo di poter andare anche più veloce... - rise Makoto superandoli velocemente.
- Ma non è umano! - Urlò spaventata Rei.
- Perché, ti sembra che abbia un aspetto umano? - Le chiese ironico il giovane.
- Beh, no. Effettivamente...
Makoto rallentò, tornando ad affiancarsi agli altri due amici, e così i tre continuarono lungo la strada, allontanandosi dalla capitale e dal paese del nonno di Rei.

 

Usagi non riusciva a raccapezzarsi. Era stata svegliata in piena notte da Mamoru, e già lì non aveva capito come il suo amore fosse arrivato nella sua stanza, e si era accorta di non essere nella sua cameretta, ma in una specie di stanzone molto ben arredato, simile alle stanze delle principesse delle fiabe. Non aveva fatto in tempo a riprendersi, che dei mostri orribili sfondarono la porta e la rapirono, colpendo violentemente Mamoru. Uno degli assalitori continuava a chiamarla principessa, ma lei al massimo poteva essere una studentessa mediocre, figurarsi una principessa...
Quando tentò per l'ennesima volta di divincolarsi dalla stretta del mostro che l'aveva bloccata, questi la colpì facendola svenire. Ora si era ripresa, e le sembrava di trovarsi in una piccola stanza buia, molto probabilmente una cella, legata alla parete con delle fredde e dure catene di metallo ai polsi e alle caviglie, sporca e infreddolita. Voleva piangere, ma sapeva che Mamoru l'avrebbe salvata, e non voleva farsi veder piangere da lui. Tentò di trovare un po' di coraggio in fondo al cuore.
- C'è qualcuno? - urlò tentando di dare alla voce l'intonazione più minacciosa che potesse.
- Non urlare, Usagi. Ci siamo solo tu e io, in questa schifosa cella. - Le rispose una voce familiare.
- Luna? - si stupì la ragazza.
- E chi altri? Sono la tua dama di compagnia, era ovvio che mi rapissero con te. - Esclamò sarcastica l'altra. - Il re della luna nera è crudele, ma ci tiene alla felicità della sua futura sposa...
- E chi sarebbe?
- Ma è mai possibile che ti debba spiegare tutto? Sei tu!
- Io? - Chiese incredula Usagi.
- E chi se no? Sei o non sei la principessa della luna chiara? - Le rispose Luna come se quella fosse stata la cosa più normale al mondo.
- No! Non sono una principessa, o almeno non ancora. Io sono Usagi Tsukino, e vivo a Tokyo, non in un castello o in chissà quale altro posto. - Urlò esasperata la giovane, tentando di divincolarsi dalle catene che la bloccavano alla fredda e umida parete in pietra.
Luna non sembrò convinta, dato che continuò a mugugnare per qualche secondo.
- Usagi, sei sicura di sentirti bene?
- Certo che mi sento bene! Solo non ci capisco niente. - Sospirò. - Dimmi una cosa, Luna. Come hanno fatto a trovarti? Come gatta, dovresti essere agile e non farti prendere da nessuno.
- Ti hanno colpito troppo forte! Perché mai dovrei essere una gatta? Sono la tua dama di compagnia, non un animale! - Rispose stizzita l'amica, rendendo ancora più traballanti le già scarse certezze di Usagi.
- Se non sei una gatta, cosa saresti?
- Un essere umano, come te e tutti gli esseri umani di questo regno. - Le rispose seccata. - Ma che domande fai?
Ci fu un momento di silenzio.
- Tu non mi crederai, ma io non sono chi dici che io sia. - Iniziò Usagi. - E per favore non interrompermi se è solo per dirmi che sono pazza. Io, fino a ieri, ero a Tokyo, una città vasta e moderna che si trova in Giappone, e facevo la studente assieme ad altre mie amiche. Questa notte mi sono svegliata assieme al mio fidanzato e da allora non ci capisco più niente. Ah, se almeno potessi trasformarmi in Sailor Moon...
- Cosa stai dicendo? - chiese incuriosita Luna.
- Oh, niente. Niente che possa aiutarci... - concluse sconsolata Usagi.
Una lacrima le bagnò la guancia, cadendo a terra.

 

Era ormai sera quando Makoto e il cavallo si fermarono nei pressi di un piccolo paesello cresciuto attorno ad una locanda che dava rifugio ai viandanti. Il cavallo, dopo quasi una giornata di corsa, era madido di sudore, ed era chiaro che se non si fosse riposato a dovere, sarebbe stramazzato al suolo dalla stanchezza. Al contrario, Mako era solo leggermente affaticata, nonostante avesse corso per tutto il tempo. Rei non credeva ai suoi occhi, e francamente anche Mamoru era stupito, sebbene avesse accettato le stranezze di quel mondo molto meglio di lei.
- D'accordo. - Esordì il giovane. - Dato che è già sera e sicuramente non raggiungeremo la famigerata torre prima di domani mattina, propongo di fermarci alla locanda e di goderci una notte di riposo...
Il cavallo approvò con un sonoro nitrito.
- Uno a favore della proposta, a cui mi associo! - Alzò la mano Rei ridendo, come durante una votazione.
Anche Makoto e Mamoru alzarono la mano.
- Approvato all'unanimità. - Dichiarò il giovane. Poi come ricordandosi di qualcosa d'importante, si voltò verso Makoto. - C'è solo un problema. Se anche le persone della locanda reagiscono come gli abitanti del paese di Rei, non so quanto ti convenga entrare...
- E' vero, ma non ho voglia di rimanere fuori tutta notte, dato che sembra avvicinarsi un temporale. Non è che per caso hai dei vestiti larghi o qualcosa con cui coprirmi? - chiese al ragazzo.
- Aspetta. - Disse lui dopo averci riflettuto per qualche secondo. - Se non sbaglio, dovrebbero avermi dato anche un mantello con cappuccio per nascondere l'armatura e il mio aspetto. Dovrebbe essere qui, nelle sacche.
Iniziò a frugare nelle due grosse sacche di cuoio che si trovavano sui fianchi del cavallo, e dopo avervi estratto un pezzo di corda, una coperta e delle torce, finalmente si voltò, in mano l'oggetto della ricerca. Era un lungo ed ampio mantello grigio verdastro, dotato di un laccio al collo per chiuderlo e di un cappuccio grande abbastanza da celare la quasi totalità del volto.
- Non è alta moda, ma... - Esclamò sarcastica Makoto indossandolo.
Si coprì il ligneo volto con il cappuccio, e fece un giro su se stessa per mostrare agli altri due amici il risultato.
- Perfetto! - Esultò Rei battendo le mani. - Sfido chiunque a capire che sei un pezzo di legno ambulante...
- Non raccolgo la battuta... - Replicò falsamente acida l'amica.
- Ora che siamo a posto, direi che possiamo dirigerci a una buona e calda zuppa. Ne ho proprio bisogno.
- A chi lo dici! - Sospirò di gioia Rei mentre si avvicinavano all'abitato, che raggiunsero in pochi minuti.
La locanda, una grande casa a due piani illuminata da alcune torce all'esterno, sembrava animata e ricca di vita, a giudicare dai rumori che provenivano dall'interno. I tre amici si attardarono un secondo a guardare l'insegna, quasi un capolavoro di legno scolpito, rappresentante una scena di caccia ad uno strano animale metà uomo e metà cavallo. Sopra la porta d'ingresso svettava, dipinto in lettere rosse ormai stin-te dall'acqua e dal tempo, il nome del posto.
- "Al centauro catturato". - Lesse lentamente Rei, trovando strano riuscire a decifrare quegli strani simboli che tutto potevano essere tranne che ideogrammi giapponesi.
Un lampo squarciò il cielo, subito seguito da un forte tuono.
- Entriamo. Tra qualche minuto qui fuori sarà un macello. - Si affrettò Makoto, stringendosi il mantello come per farsi più caldo e coraggio ed aprendo la porta.
- Arrivo subito. - Le disse Mamoru. - Devo trovare un posto caldo e un po' di fieno anche al cavallo, e la stalla mi sembra proprio qui dietro. - Concluse indicando una stradina a lato della locanda.
Rei e Makoto annuirono, entrando nel locale. Un forte odore di tabacco e di arrosto riempì le loro narici, scaldando gli animi. La stanza, un grande quadrato con una scala lignea che saliva al piano superiore, era illuminata da due lampadari dotati di candele e riempita dalle voci e dal fumo degli avventori, impegnati a bere, giocare e mangiare. Makoto chiuse la porta, che sbatté involontariamente, suscitando l'attenzione di alcuni dei presenti, oste compreso. Questi fece il giro del bancone e si avvicinò alle due nuove venute, pulendosi le mani in un canovaccio non eccessivamente lindo. Allungò una mano come per salutare, ma subito la ritrasse e si allontanò di alcuni passi, genuflettendosi. Quasi immediatamente anche gli altri presenti fecero lo stesso, chinando il capo in segno di rispetto.
- Ma cosa gli è preso? - Si domandarono stupite le due amiche, guardandosi.
Con la coda dell'occhio Rei vide una figura dietro di loro, e si voltò di scatto. Mamoru, senza fare rumore, era entrato, elmo in mano e mantello svolazzante a causa del forte vento che si era sollevato all'esterno.
- Mamoru! - Esclamò Makoto voltandosi e chiudendo la porta. - Perché fanno tutti così?
- Forse perché sono il principe della zona... - Rispose tranquillamente lui, alzando le spalle.
L'oste si rialzò, e si avvicinò ai tre.
- Signore, sono onorato di ospitare lei e i suoi accompagnatori nella mia umile locanda. Mi permetta di offrirle la migliore stanza che ho a disposizione.
- Basterà una stanza qualsiasi. - Esclamò Mamoru, prendendo la mano dell'uomo e aiutandolo a rialzarsi.
Rei e Makoto si guardarono vicendevolmente, felici di avere con loro un principe così ben accetto. Rei si avvicinò al giovane.
- Chiedigli se ha del cibo buono. - Gli sussurrò all'orecchio. - Inizio ad avere abbastanza fame...
Mamoru sorrise, e fece la domanda all'oste, che fu ben lieto di servire loro un lauto pasto a base di carne arrosto e verdura freschissima, che i tre divorarono velocemente. Quando anche l'ultimo pezzetto di carne fu sparito dalla tavola, Makoto si appoggiò pesantemente alla sedia e si mise platealmente le mani sulla pancia.
- Accidenti! - Rise. - Non avevo mai assaggiato un arrosto tanto buono in tutta la mia vita. Se riesco a sollevarmi dalla sedia, vado dall'oste e gli chiedo la ricetta...
Gli altri due risero di gusto, satolli come la loro amica, e si alzarono, sempre seguiti dagli sguardi attenti dei presenti, che sebbene diradatisi a causa del forte acquazzone che era scoppiato poco prima, erano ancora abbondanti. Si avvicinarono alla finestra, attirati dai forti lampi che squarciavano la notte e dal vento che piegava irato le cime degli alberi che si stagliavano neri sullo sfondo scuro del cielo.
- Certo che è affascinante, anche se terribile. - Esclamò Rei.
Mamoru annuì assorto. Ci fu un minuto di pesante silenzio tra i due.
- Stai pensando a lei? - chiese a bassa voce la ragazza.
Il giovane la guardò e annuì lentamente con il capo.
- Non riesco a fare a meno di pensare a cosa ci stia capitando, e soprattutto dove hanno portato Usagi. È tutto così strano, eppure così normale. Alcuni momenti penso che tutto questo sia un sogno, un incubo, e a volte mi sembra invece che tutta la mia vita passata a Tokyo, voi, i pericoli e i nemici che abbiamo dovuto affrontare siano solo degli sbiaditi pendagli di uno strano sogno del principe del Regno delle due lune...
- Ti capisco. - Sussurrò dietro di lui Makoto, poggiandogli dolcemente una mano sulla spalla. - Anche a me capita di non riuscire, per alcuni istanti, a decidere se io sono davvero io o se sono un essere inumano, che odia la civiltà e tutto ciò che la riguarda.
- L'unica maniera per scoprirlo è trovare gli altri due esseri che rappresentano l'Acqua e l'Aria! - Disse perentoria una voce femminile proveniente dalla porta d'ingresso.
Tutti i presenti si voltarono a guardare. Davanti alla porta, che sbatteva ancora con violenza a causa del vento, c'era la figura di una femmina, avviluppata in un ampio vestito azzurro che ricordava vagamente quello che Rei indossava. Il cappuccio che copriva il volto e la cintura, in oro e finemente decorata, differenziavano le vesti della sconosciuta da quelle della ragazza. L'oste si diresse senza indugi davanti alla nuova arrivata, e si inginocchiò quasi supplichevole.
- Un altro nobile? - chiese sottovoce Makoto a Mamoru.
- Non mi sembra. Pare piuttosto qualcuno di potente e di cui hanno paura. - Rispose il ragazzo, notando che la maggior parte dei presenti si stava velocemente preparando ad andarsene.
Apparentemente non notando l'oste, la figura alzò il braccio destro con il chiaro intento di fermare gli avventori.
- Rimanete dove siete! Se uscirete da qui, firmerete la vostra condanna a morte! - Esclamò perentoria la figura.
Rei si fece avanti spavalda, pugni stretti e bocca serrata.
- Chi sei tu per minacciarli? - ringhiò avvicinandosi.
- Non stavo minacciandoli, Rei. Il mio era solo un avvertimento. Fuori di qui si stanno avvicinando degli scagnozzi del re della luna nera, e da soli sarebbero facile preda di quei mostri. Restando qui, potremo difenderli più adeguatamente. - Rispose tranquilla la sconosciuta.
- Come fai a conoscere il mio nome? - Si spaventò Rei, fermandosi a circa due metri da lei.
- Semplice: da quando non si sa il nome delle proprie amiche?
La giovane la guardò con aria interrogativa, mentre l'oste e i presenti stavano guardando lei. Sulle bocche spaventate di tutti serpeggiarono le parole "Torre di nebbia".
- Tu quindi saresti la maga della Torre di nebbia? - Chiese Mamoru facendosi avanti.
- E tu dovresti essere il principe del regno delle due lune, Mamoru? - Replicò ironica la sconosciuta. - E tu, Mako, cosa saresti? Uno spirito dei boschi? Francamente ti dona molto di più il costume da Sailor...
- Come fai a sapere delle Sailors? - Le chiese urlando Makoto, involontariamente calandosi il cappuccio dal volto.
- Sono Ami, testa di legno! - Le rispose ridendo la sconosciuta e lanciandosi a braccia aperte su di lei, abbracciandola stretta. - Ma è possibile che debba spiegarvi proprio tutto come a scuola?!
- Ami? - Si stupì la giovane, lasciandosi abbracciare.
I presenti erano sorpresi, chi per il comportamento di quella che sapevano essere una delle maghe più potenti del regno, chi per l'aspetto di Makoto, chi per entrambi. I quattro amici si sedettero al loro tavolo, che era stato nel frattempo sparecchiato, e Mamoru raccontò velocemente ad Ami quello che sapevano e cosa era successo.
- E tu? Sembri a tuo agio in questo mondo. - La incalzò il giovane quando ebbe finito di parlare.
- Diciamo che ho avuto qualche informazione in più di voi, ma adesso non è il momento di parlare. Il tempo stringe, e se non riesco a fare ciò che mi ero prefissata, di noi non rimarranno che alcune ossa sgranocchiate.
- Che visione terribile. - Rabbrividì Makoto.
- Ma verosimile, se ci attaccano gli scagnozzi che ho visto arrivare. Secondo i miei calcoli, abbiamo ancora dieci minuti prima che ci raggiungano...
- E cosa faremo? Siamo solo dei contadini! - Piagnucolò l'oste, che si era avvicinato riverente e non aveva fatto a meno di ascoltare le ultime frasi.
- Voi dovrete solo nascondervi nella cantina ed aspettare che tutto sia finito. - Ordinò Ami. - E vi conviene nascondervi subito.
L'oste non se lo fece ripetere due volte, ed insieme ai presenti si diresse alla botola posta dietro il bancone che portava direttamente in cantina. In un paio di minuti i ragazzi erano gli unici rimasti nella sala.
- Ottimo. Almeno adesso sono sicura che non correranno pericoli inutili. - Sospirò rinfrancata la giovane vestita da maga. - Ed ora passiamo a cose più importanti.
Ami estrasse da una delle sue ampie maniche due involti di stoffa decorata con strani simboli. Svolse il primo, mostrando all'interno una gemma rossa incastonata in un’intricata e bellissima elsa d'argento. Si voltò verso il giovane, che osservava l'oggetto con interesse.
- Mamoru, ti spiace darmi la tua spada? - Chiese allungando la mano.
Il ragazzo la guardò incuriosito ed estrasse l'arma, dandogliela. Ami la pose sul tavolo e mosse le mani sull'elsa della spada. Improvvisamente la lama si staccò dall'impugnatura e si attaccò a quella che lei aveva estratto dalla manica, il tutto davanti alle bocche aperte degli altri tre.
- Cosa hai fatto? - Balbettò Makoto.
- Semplice: in termini moderni si potrebbe dire che ho trasformato una calcolatrice scolastica in un super computer. In termini di questo mondo ho creato una spada magica.
- Non ho capito niente, ma basta che funzioni contro i nemici. - Disse Mamoru, che in altri momenti avrebbe tentato di comprendere, ma ora gli interessava esclusivamente arrivare ad Usagi il più presto possibile.
- Ed ora veniamo a te, Mako. - Sorrise Ami svolgendo l'altro pezzo di stoffa.
All'interno vi era una piccola tiara d'oro, internamente incisa di simboli tra cui si riconobbe quello del pianeta Giove.
- La mia tiara! - Sorrise contenta la lignea figura, battendo le mani.
- Non proprio, ma l'effetto è lo stesso. Con questa potrai evocare gli stessi fulmini che puoi ottenere come Sailor Jupiter, ma attenta. Potrai decidere tu l'intensità del colpo, e se esso sarà troppo potente...
La guardarono, pendendo dalle sue labbra.
- Ti brucerai nel vero senso della parola. - Concluse a bassa voce Ami, mentre Makoto sentì un brivido gelido dietro la schiena.
Un lungo e triste ululato si fece largo nella notte appena fuori della locanda.
- Il vento? - Chiese non convinta Makoto, posizionandosi la tiara sul capo.
- No. Sono loro, e sono qui vicino. - Rispose spaventata Ami. - Dobbiamo sbrigarci. - Si voltò verso Rei, che si aspettava qualche strano oggetto come gli altri due suoi amici. - La tua tunica è ricamata di simboli sacri. Dobbiamo solo risvegliare in te la capacità di utilizzarli a dovere.
- Risvegliare?
- Sì. Stai rifiutando questo mondo, e con esso le leggi che lo governano. Tali leggi comprendono anche la magia, e tu, che lo voglia o no, sei una sacerdotessa in grado di usare la magia. Rifiutando la realtà, hai chiuso quella parte di te che usa i poteri che hai a disposizione.
- Certo che sono una sacerdotessa. Lo sono anche nel nostro mondo. Ma non ho poteri magici, come far volare scope o creare spade. E poi conciata così, al massimo potrei far morire dal ridere i mostri.
- Ne dubito. - Disse senza interesse Ami, che sembrava più decisa ad osservare i simboli ricamati sulla veste di Rei.
- Ora ascoltami. Chiudi gli occhi, rilassati e svuota la mente...
Rei fece come le era stato detto.
- Ottimo. - La elogiò l'amica, sfiorando dolcemente, come una suonatrice d'arpa, i disegni che si stendevano sul tessuto rosso fuoco di Rei. - Ora pensa al fuoco sacro che arde nel tuo tempio.
- Fatto. - La voce era calma e tranquilla.
- Cosa vedi?
- Una figura... E' una donna... No, una ragazza. Mi sta guardando, sorride. Sono io. No, sembro io, ma so che non sono io.
- E' la Rei che sa usare i poteri di questo mondo.
- Mi tende la mano... - Rei sembrava parlare come sotto ipnosi, mentre l'amica continuava a sfiorare il vestito, che prese a brillare debolmente.
Un pesante colpo fece tremare la porta.
- Sono qui! - Esclamò spaventata Makoto.
- L'ho sentito! - Replicò secca Ami. - Ho bisogno di tempo! La mente di Rei è molto forte, ed ho difficoltà a far cadere le sue barriere mentali. Dovete guadagnare tempo.
- E come?
- Combattete, raccontategli barzellette, insomma, teneteli occupati. Ho bisogno di almeno altri cinque minuti! - Sbraitò Ami.
- E' caldo! - Si lamentò Rei, come spaventata, mentre Makoto e Mamoru si dirigevano alla porta. Ami tornò ad occuparsi di lei. - E' lei che porta tutto quel calore.
- Ti sta tendendo la mano, giusto? - Le chiese gentile Ami.
- Sì, ma non voglio toccarla. Il caldo è troppo forte. Devo andarmene...
- No. Puoi farcela. Non temere il calore, dominalo!
- E' troppo forte! - Urlò la ragazza, madida di sudore. - Vattene, vai via!
- Devi toccarla, Rei. Devi accoglierla a braccia aperte come se fosse la tua migliore amica...
Nel frattempo gli altri due si erano accorti che fuori c'erano circa una trentina di esseri spaventosi, simili ai mostri che tante volte avevano combattuto sulla Terra, eppure più determinati, animati da un'unica volontà distruttrice. I loro occhi, rossi e accesi d'odio, stavano scrutando la costruzione che stavano assediando, cercando un'entrata diversa dalla porta o dalla finestra.
- Hai visto? - Chiese Makoto. - Non si avvicinano alle zone illuminate dalla luce della locanda.
- E' vero. Sembra che ne abbiano paura... Forse potremmo sfruttare tale fatto.
- Conviene tentare.
Annuirono simultaneamente. La ragazza prese una lampada a petrolio appesa ad una parete e la accese. Si avvicinò alla porta. Mamoru aveva estratto la spada.
- Pronto?
- Vai!
Makoto aprì la porta e si gettò in avanti, seguita dal giovane, che richiuse violentemente l'uscio. Aveva smesso di piovere, ma il cielo era ancora plumbeo. I mostri li stavano guardando, digrignando i denti e sibilando di rabbia. Come avevano previsto, non si avvicinavano abbastanza da farsi illuminare dalla luce di Makoto.
- Oh, poverini... Avete paura del chiaro? - Li beffeggiò lei avanzando di un paio di passi. I mostri indietreggiarono di conseguenza, gli occhi fissi alla lampada.
- Mako, non possiamo restare qui a far niente. La lampada non avrà petrolio in eterno.
- Lo so, ma cosa possiamo fare? - gli rispose lei voltando la testa.
Un sibilo tagliò l'aria, seguito dal rumore di vetri infranti. Mako si voltò, inorridita: qualcosa aveva rotto la lampada, e l'olio contenuto le era colato sul braccio, incendiandolo. Mamoru corse da lei e in qualche secondo le spense le fiamme, che avevano causato solo leggeri bruciature. L'olio caduto a terra si consumò velocemente, lasciando i due nel buio pressoché totale.
- Oddio! - Urlò atterrita Makoto lanciandosi, assieme all'amico, accanto alla finestra, in modo da non essere allo scuro. - Siamo spacciati...
- Calma. Abbiamo ancora degli assi nella manica. Si potranno ben sconfiggere, queste creature.
- Hai ragione. Se non gli piace la luce, chissà se gradiscono dei fulmini. - Si rincuorò la giovane, sfiorando la tiara con la mano destra.
Il gioiello si illuminò debolmente, per divenire via via più luminoso mentre la lignea figura si poneva le mani incrociate sul petto.
- Fulmini, a me! - Gridò, quando la luce fu così intensa che anche Mamoru dovette coprirsi gli occhi.
Dal cielo caddero un paio di lampi, che colpirono in pieno la tiara di Makoto, permettendole di creare tra le sue mani un globo risplendente di elettricità che fu subito diretto contro i più vicini mostri, che sparirono con un orrendo grido, lasciando al loro posto solo della polvere nera e fumante. Gli altri avversari indietreggiarono di qualche passo, come spaventati. A quel punto il giovane sfruttò il momento di smarrimento per coglierli di sorpresa, e si avventò su di loro a spada tratta. Il primo che cadde sotto il suo colpo non si rese nemmeno conto di cosa gli stava succedendo, ma sia gli altri mostri, che i due amici si stupirono di come l'essere morì. Infatti, appena la spada lo toccò, dal terreno spuntarono e crebbero a velocità incredibile dei rovi spinosi, che avvilupparono il mostro e lo stritolarono in un batter d'occhio, mentre una miriade di piccole rose rosso sangue fiorivano lungo i mortali tralci.
- Che orrenda fine! - Esclamò disgustata Makoto, portandosi una mano alla bocca.
- Effettivamente, non deve essere stata una morte indolore. - Controbatté il ragazzo. - Molto probabilmente, è questo il potere che Ami ha infuso alla spada cambiandole l'elsa.
- I vostri poteri sono potenti, ma il nostro padrone è invincibile, e finché ci sarà lui, ci saremo noi. - Disse spavaldo uno dei mostri, i quali, nonostante la morte di molti di loro, sembravano più numerosi di prima.
La sua voce era stridente, fredda, orribile. Ai due giovani si gelò il sangue nelle vene al solo sentirla. Makoto rabbrividì.
- Fate bene ad avere paura di noi. Non riuscirete mai a sconfiggerci.
- Questo è ancora da vedere. - Digrignò i denti il ragazzo, lanciandosi all'assalto con la spada in pugno.
Il combattimento fu cruento, ma tanti ne cadevano sotto i colpi di Makoto e di Mamoru, tanti sembravano spuntare dal buio della notte. Dopo un tempo che parve infinito, i due giovani si trovarono spalla contro spalla, accerchiati.
- Non vorrei fare il pessimista... - Iniziò il ragazzo, spada in difesa e fiato corto.
- Ma non ce la faremo mai, giusto? - Concluse la frase l'amica con un debole sorriso. Ansimava vistosamente.
L'altro annuì lentamente.
- Va bene. - Sospirò lei. - Almeno andiamocene con stile.
- Vi offendete se rimandiamo la vostra morte da eroi ad un'altra volta? - Esclamò una voce femminile che attirò l'attenzione di tutti i mostri, che si voltarono a guardare.
- Rei! Ami! - Gridarono felici in coro Makoto e Mamoru.
- Tranquilli. Adesso ci pensiamo noi. - Sorrise Rei.
- E cosa credete di fare? - Le schernì uno dei mostri, mostrando dei lunghi e affilati canini giallastri.
- Semplicemente questo. - Rispose Ami. Alzò le braccia al cielo e cantilenò per alcuni istanti in una lingua musicale e sconosciuta. Smise, e dalle mani partirono grandi e numerose bolle di densa nebbia fredda, che avvolse tutta la zona davanti alla locanda. - Ora, Rei, intanto che il loro padrone non può più nulla su questa zona!
Rei si concentrò, come quando doveva ottenere delle risposte dal fuoco sacro, e immediatamente i simboli che ornavano il suo vestito iniziarono a risplendere a intermittenza, creando uno spettacolo affascinante ed ipnotico, visibile anche attraverso la nebbia.
- Anelli del sacro fuoco, a me!
Makoto e Mamoru chiusero gli occhi, abbagliati dalla luce infuocata che si irraggiò dalla loro amica.
Un'infinità di anelli fiammeggianti, del diametro di circa mezzo metro, si crearono davanti a lei e si diressero velocissimi sui vari mostri, imprigionandoli e stringendo sempre di più fino a dividerli in due parti all'altezza dell'addome. La nebbia si diradò, e Rei riaprì gli occhi. Stava per vomitare. L'aria era impregnata dell'odore di carne bruciata, e la terra era intrisa di un liquido scurastro e oleoso, che proveniva dai cadaveri dei loro nemici. Di tutti i mostri che c'erano qualche secondo prima, solo uno era scampato alla carneficina. Questi si stava allontanando velocemente dal gruppetto, mentre Makoto stava osservandolo esausta, senza la forza di inseguirlo, ma un raggio di luce azzurrognola lo colpì in piena schiena, gelandolo. L'intero corpo si frantumò come una statua di cristallo colpita violentemente.
- Cosa diavolo? - Esclamò la giovane.
- Un semplice trucchetto che la maga delle nebbie conosce da anni. - Spiegò Ami, mentre un tenue alone azzurro scompariva dalla sua mano destra. - Vedi, al contrario di voi, io non ho rimpiazzato lo spirito che stava in questo corpo, ma lo condivido con esso. Quando fa comodo, una delle due prende il sopravvento, e agisce per il meglio. Io non sarei mai riuscita a bloccare quel mostro, e se non lo avessi fatto, avrebbe informato il suo padrone del fatto che il principe del regno delle due lune aveva già trovato due dei quattro elementali necessari per entrare nella Foresta delle allucinazioni.
- Calma, calma. - La bloccò Makoto, mentre rientravano nella locanda e si sedevano ad un tavolo. - Vuoi dire che nel tuo corpo ci sono due persone? - Chiese incredula.
- Esatto, anche se in realtà il corpo è della maga delle nebbie, non mio. Noi, e intendo voi e io, abbiamo semplicemente preso possesso del corpo di persone che sono la nostra esatta copia, e che per qualche motivo sconosciuto sono i cardini dello svolgersi di qualcosa che potrebbe cambiare il volto di questo mondo.
- Tradotto? - Incalzò Rei.
- Tutti noi dovremo salvare Usagi, ovvero la principessa della luna chiara, e far sì che si sposi con Mamoru, alias il principe delle due lune, e non con il re della luna nera, che l'ha rapita e la costringerà a sposarlo con tutti i mezzi.
- Ma cosa succede se Usagi si sposa con questo re? Nella nostra realtà non cambierebbe nulla. - Fece presente Mamoru.
- Questo non è detto. Vi rendete conto che ognuno di noi si è incarnato in qualcuno che, oltre ad assomigliargli in maniera impressionante, è in qualche modo il suo alter ego in questo mondo? Rei ha preso possesso di una sacerdotessa del fuoco, io di una maga, che si potrebbe definire una studiosa accanita, Mamoru di un principe, e noi sappiamo che lo era e che lo diventerà in futuro, sposando Usagi, anch'essa futura principessa. Se il nostro mondo influenza in qualche modo questo, è lecito pensare che anche ciò che accadrà in questo mondo influenzerà il nostro.
- Vorresti dire che... - domandò spaventata Rei.
- Esatto. Se Usagi si sposerà con il re della luna nera, la vera Usagi non sposerà mai più il vero Mamoru.
- E' orribile! - Scattò in piedi Mamoru. - Dobbiamo salvarla al più presto.
- Calma. - Lo guardò Ami, invitandolo a risedersi. Cosa che il giovane fece. - Per salvarla dobbiamo trovare gli elementali dell'Acqua e dell'Aria, così che assieme a Rei, che rappresenta il Fuoco, e a Makoto, che simboleggia la Terra, si possa aprire la via che porta alla Foresta delle allucinazioni.
- D'accordo. Ma dove li troviamo gli altri due elementali? - Chiese Rei.
- Oh, è facile. Alla mia torre ho chi sa esattamente dove trovarli... - Sorrise la maga. - C'è un solo problema.
- E qual è? - domandarono in coro gli altri.
- Chi conosce la strada doveva essere l'ospite di Minako, ma a quanto pare lo spirito di questo mondo non ha voglia di cederle il posto, per cui se non riusciamo a far affiorare Minako, non sapremo mai cosa fare.
- Ma che caos! - Sospirò Rei sconsolata. - E cosa ci fa Minako nella tua torre?
Ami non rispose.
- Allora?
- Beh, ecco... Vedete, la maga delle nebbie, intendo quella originale, prima di "incontrarmi", voleva raggiungere la Foresta per conto suo, e aveva... come dire, chiesto aiuto all'incantatrice, ovvero Minako, ma lei aveva rifiutato, e così l'ha... - La voce le morì in gola.
- Non dirmi che ha pensato bene di rapirla?! - chiese esterrefatto il giovane.
Ami annuì con il capo, lentamente.
- Chiunque si rifiuterebbe di collaborare, visto il modo in cui è stata trattata. Sarà anche potente, la vera maga delle nebbie, ma ha fatto qualcosa di davvero insensato. - Sbuffò Mamoru, alzandosi e camminando nervosamente attorno al tavolo. Si fermò e sospirò come per calmarsi. Si voltò verso Ami. - Va bene, ormai il danno è fatto. Andiamo al più presto alla Torre di nebbia, e vediamo di incontrare Minako. E' lontana?
- Abbastanza, ma ho un mezzo veloce.
- Hai dei cavalli? - chiese Makoto.
- Molto meglio. - Sorrise la maga. - Avete presente il teletrasporto Sailor?
Ci fu un lampo, poi un attimo lunghissimo di buio, quindi un'altra luce violentissima. Il gruppetto era ai piedi di un'alta torre di pietra scura. Attorno a loro nebbia densa e umida impediva di scorgere qualsiasi cosa più lontana di una decina di metri, tanto che la cima della torre era invisibile.
- Ben arrivati alla Torre di nebbia. - esclamò Ami, toccando il portone, che si spalancò silenzioso e lento.
Seguendo la maga, gli altri attraversarono il portone, che subito si richiuse alle loro spalle senza essere stato toccato da nessuno. Erano in un’enorme sala circolare, alta almeno sei metri ed illuminata da un lampadario che pendeva dal centro del soffitto. Alle pareti, una decina di colonne in marmo nero sembravano sostenere la volta a crociera, e, come quasi subito notò Mamoru, su alcune di esse delle statue in granito scurastro rappresentati degli orrendi esseri parevano osservare i presenti.
- Che cattivo gusto! - osservò Rei indicando i mostri.
- Vero, ma tornano utili in caso di ospiti sgraditi. - replicò Ami, mentre gli altri la osservavano incuriositi dalla strana risposta.
Schioccò le dita e tre dei quattro mostri si staccarono pesantemente dai basamenti dove erano posti e, volteggiando, si posarono vicino al gruppo. Makoto sfiorò la tiara, e insieme a Rei e Mamoru si preparò all’attacco.
- Calma, calma! - Gridò divertita la maga. I mostri si genuflessero, chinando il capo. - Sono amici. Essi proteggono la torre in caso di pericolo e aiutano la loro padrona quando lo richiede. Balef, Calef, Dalef, tornate pure a riposare.
Gli esseri tornarono ai loro basamenti sulle colonne, mentre il gruppetto lasciava la stanza e si incamminava lungo corridoi, stanze e scale. Dopo qualche minuto solo Ami sembrava capire dove si trovavano, e con mano ferma aprì una pesante porta in legno.
- Ecco. In fondo a questo corridoio troverete una stanza e una gabbia. Dentro c’è Minako, o meglio, il corpo che ospita Minako. Andate da soli, è meglio. Se mi vede, di sicuro andrebbe su tutte le furie... tentate voi di farla ragionare. Nel caso, proverò io con un piccolo asso nella manica, ma è la mia ultima speranza... - concluse sconsolata la giovane, allontanandosi.

 

Rei guardò il lungo e buio corridoio come cercando qualcosa.
- Ami, non è che hai una torcia o qualcosa del genere? E’ un attimino buio, qua... - chiese ironica, indicando il tunnel.
- E’ vero, che sbadata. - esclamò l’amica.
Schioccò le dita, ed immediatamente delle eteree torce apparvero lungo tutta la parete, illuminando il cammino.
- Così va meglio?
- Grazie. Ma ti diverti così tanto ad usare la magia? - chiese Mamoru, osservando scettico le fonti di luce.
- No. Solo mi viene spontaneo adoperarla. - rispose lei ridacchiando.
Rei, Makoto e il giovane si incamminarono per il corridoio, lentamente, come sospettando chissà quali insidie. Il tunnel curvò sulla destra, ed una decina di metri dopo si fermò davanti ad una porta, molto più robusta dell’altra. Mamoru la aprì, facendole emettere un sinistro cigolio.
- Un po’ di olio non guasterebbe. - osservò sarcastica Makoto, un freddo sorriso sulle lignee labbra, subito rimpiazzato da una smorfia di tristezza nel vedere l’interno della stanza.
Era un locale quadrato di cinque, sei metri di lato, alto poco più di due metri, completamente spoglio ed estremamente umido. L’unica cosa che vi si trovava era una gabbia cubica, leggermente più bassa di loro.
All’interno, apparentemente addormentata, era rannicchiata, coperta da laceri e sporchi vestiti, una figura dai lunghi capelli biondi.
- Minako! - esclamò inorridita Rei, affrettandosi alla gabbia, subito imitata dagli altri due.
Un grosso lucchetto chiudeva la struttura in ferro, impedendone l’apertura.
- Eccole! - disse Mamoru che, guardatosi intorno, aveva trovato, appese vicino alla porta d’entrata, delle chiavi.
Subito le prese, e solo al terzo tentativo riuscì, con qualche difficoltà, a far scattare la chiusura, che cadde a terra con un sordo tintinnio. Makoto fu la prima ad entrare nella bassa gabbia, e con tutta la delicatezza che le fu possibile sollevò l’amica e la portò fuori dalla struttura in ferro corroso dagli anni. S'inginocchiò, ed adagiò dolcemente la ragazza sulle sue dure ginocchia. Minako non sembrava essersi svegliata, ma l’espressione corrucciata del volto indicava che non stava riposando tranquilla. A tratti si potevano capire delle parole, o spezzoni di frasi, provenire dalla ragazza.
- E’ inutile... - Sussurrava Minako, lamentandosi. Il volto era imperlato di sudore. - Non posso... Non voglio...
Ci fu un momento di silenzio. Minako iniziò ad ansimare, sempre più velocemente, le mani strette a pugno mordevano con violenza i lembi della sporca veste che indossava.
- E’ mio! - urlò, svegliandosi di soprassalto e mettendosi seduta.
Gli occhi erano spalancati in un misto di dolore e di paura. Stava tremando, e solo lentamente la morsa delle mani si allentò.
- Non preoccuparti, Minako. Era solo un brutto sogno. - la rincuorò Makoto, passandole dolcemente la mano fra i lunghi capelli.
- Chi... Chi siete? - chiese la ragazza, alzandosi lentamente.
Traballava, come se non si fosse svegliata completamente. Si mosse incespicando, fino a toccare con la schiena uno dei freddi e umidi muri. Si prese la testa fra le mani e sospirò profondamente, quasi che anche parlare le fosse estremamente difficile.
- Siete anche voi prigionieri della strega? - chiese quasi in un sospiro, alludendo ad Ami.
- Non proprio. - Rispose Mamoru. - Diciamo che siamo suoi... ospiti.
- Oh... - Sospirò lei. - Lo ero anch’io, fino a qualche giorno fa. Ma ora... - indicò con la mano la cella.
- Sappiamo perché ti ha imprigionato, ma ora si è pentita. - esclamò Rei.
Minako la guardò divertita. Iniziò a sorridere, quindi a ridere di gusto.
- Certo... Certo... - Boccheggiò mentre continuava a ridere. - E voi siete così sprovveduti, o così innocenti, da credere alle parole di una strega...
- Ma è una nostra amica. Perché non crederle? - chiese Mako, come se la risposta fosse la cosa più ovvia del mondo.
Alla parola “amica”, Minako smise immediatamente di ridere. Guardò i presenti con fare sospettoso, e lentamente si mosse, rasentando i muri, fino a frapporre tra lei e gli altri il maggior spazio possibile.
- Cosa ti succede? - chiese Rei, avanzando di un passo verso l’amica.
Minako si guardò attorno con occhi disperati, cercando una possibile arma.
- Stammi lontana! Tutti voi, statemi lontani! - Gridò isterica. - Non saprete mai dove sono gli esseri del- l’Acqua e dell’Aria. Non li avrete...
- Ma devo saperlo! - Esclamò Mamoru, fermando Rei, che voleva raggiungere Minako. - Devo arrivare alla Foresta delle allucinazioni, o perderò Usagi per sempre... Ti prego, Minako...
- Non mi chiamo Minako! Smettetela di chiamarmi Minako. Anche la strega mi ha chiamato così da quando sono iniziati gli incubi. La strega di questa torre mi ha lusingato, mi ha rinchiuso, ha persino osato disturbare i miei sogni con una creatura identica a me, ma non otterrà, non otterrete nulla di ciò che chiedete!
- Un attimo! - Esclamò sorpresa Mako. - Hai detto una ragazza identica a te? Nei tuoi sogni?
La giovane guardò Makoto con fare interrogativo.
- Ebbene? - Domandò scocciata Minako, ponendosi le mani sui fianchi. - La tua padrona ti ha forse creato senza orecchie, golem di legno?
- Intanto sono uno spirito dei boschi... - Replicò secca Makoto. - Cioè, non sono uno spirito dei boschi, ne uso solo il corpo, ma in realtà sono una ragazza, o meglio, io so di avere sulla Terra un corpo di carne ed ossa e non di legno. Oh, insomma... E’ troppo difficile da spiegare.
Dal corridoio si udirono leggeri e veloci passi, e dopo qualche secondo, dalla porta, rimasta sempre aperta, fece la sua comparsa Ami.
- Strega! - Esclamò falsamente sorpresa Minako. - I tuoi scagnozzi mi hanno tenuto compagnia in tua assenza...
- Non l’avete convinta? - chiese preoccupata Ami, avvicinandosi a Mamoru.
Il giovane scosse la testa affranto, sospirando.
- E va bene. Rimane solo una cosa da fare.- Disse quasi tra sé e sé la maga. Alzò gli occhi e li pose decisi sulla figura di Minako. - Incantatrice, ricordi cosa ti tolse la maga della Torre di nebbia quando ti rinchiuse in questa cella?
- Certo che mi ricordo cosa mi hai rubato, megera...
- Ebbene, riprenditela! - esclamò Ami, lanciando verso la bionda ragazza una lunga e dorata cintura.
Minako la prese al volo, incredula, e velocemente la sistemò al suo posto. Era un oggetto finemente cesellato, realizzato come incastro di decine di cuori stilizzati. La giovane, senza apparente sforzo, staccò un pezzo della cintura e lo sistemò sul braccio destro, a guisa di bracciale. Sotto gli occhi meravigliati dei presenti, tale bracciale si allungò e si avvitò lungo tutto il braccio di Minako, quasi un serpente su un ramo, e lo stesso vestito, la stessa Minako, cambiarono. Tutta la figura fu avvolta per qualche secondo in un alone dorato, che scomparve lentamente permettendo di ammirare il cambiamento avvenuto. La giovane dai lunghi capelli biondi, ora elegantemente pettinati e fermati dietro la nuca da un grosso e gonfio fiocco rosso, indossava una tunica senza maniche, plissettata, di un leggero giallo pastello, ornata da ricami in oro lungo la scollatura a punta e all’orlo della gonna, che le lambiva a malapena le ginocchia. Ai piedi aveva delle scarpe in pelle leggera, quasi delle ballerine, fissate alle gambe da una serie di nastri gialli, dorati e arancioni che si incrociavano fino a metà polpaccio.
- Caspita, che cambiamento! - sussurrò Rei, a bocca aperta come il resto dei presenti.
- Adesso va meglio! - Esclamò contenta Minako, passandosi una mano tra i capelli. Quindi guardò gli altri con fare spavaldo, e avanzò di un paio di passi. - Non so perché tu mi abbia restituito i miei gioielli, ma sarà l’ultima cosa che farai. - disse arrabbiata.
La ragazza allungò il braccio destro in modo minaccioso, e la catena dorata si snodò, puntando veloce e letale al viso di Ami, che chiuse gli occhi, ben sapendo che non le avrebbe fatto del male.
Il rumore di metallo contro metallo glieli fece riaprire. Mamoru si era frapposto tra lei e Minako, bloccando con la spada la catena, ora avvinghiata alla lama.
- Vuoi combattere, principe del regno delle due lune? - Sorrise malvagiamente l’incantatrice. - Sarà un piacere accontentarti.
La catena si svolse, quasi dotata di vita propria, dalla spada del giovane, e tornò ad avvolgersi sull’arto della ragazza, pronta per un nuovo attacco. Makoto si fece avanti, le braccia spalancate in segno di resa.
- Non posso credere che una mia amica voglia combattermi! - Gridò, mentre una lacrima le bagnava il volto. - Non lo accetto! Non posso crederlo!
- Creatura, io sono amica solo di chi ha un cuore puro, ma tu, golem, non sai nemmeno cosa sia un cuore. La tua padrona non può creare ciò che non conosce... - esclamò Minako, lanciando nuovamente la sua arma, stavolta contro Makoto, che non si mosse.
La catena la raggiunse con violenza, ma appena la toccò, perse tutta la sua forza, accasciandosi ai piedi della lignea figura, incolume e sorpresa. Minako era invece sgomenta.
- Come è possibile? - balbettò incredula.
- Semplice. - Iniziò Ami facendosi avanti e raccogliendo l’inerte catena. - Questa è un’arma micidiale, ma se chi viene attaccato non ha motivo di far del male al suo proprietario, la catena non può nulla. Con Mamoru ha reagito non a causa sua, ma a causa della spada, frutto della magia non propriamente benigna che è stata utilizzata per crearla; su Mako, e se vuoi provare, su di me e su Rei, la tua arma non avrà alcun effetto.
- Quindi... - Sussurrò Minako, mentre la catena si riavvolgeva lentamente sul suo braccio. - Quindi tu non sei la maga che mi ha imprigionata...
- Questo è il suo corpo. - Si toccò Ami. - Ne condivido anche parte della mente, ma io sono un’altra persona. E così è per gli altri, e per te.
- Per me? - chiese incredula la giovane.
- Prima ci dicesti che avevi degli incubi. Una persona uguale a te voleva prendere il tuo posto… - iniziò Mamoru, rinfoderando la spada.
L’incantatrice annuì lentamente, pensierosa come non completamente convinta.
- Quella persona è una nostra amica, e come noi, deve prendere il posto di qualcuno in questo mondo, ovvero tu. Solo temporaneamente, s’intende. - continuò al posto del giovane Ami, assumendo un atteggiamento da saccente, che provocò un debole sorriso sul volto di tutti i presenti.
Ci fu un minuto di assoluto silenzio, mentre tutti gli sguardi erano posati sulla figura di Minako, che camminava lentamente lungo la stanza.
- Quindi - Disse tra sé e sé la giovane. - dovrei cedere il mio corpo a qualcun altro… Almeno è per una buona causa?
- L’amore di due giovani è sufficiente? - Chiese Mako ironica. - O devo aggiungere l’amicizia che mi lega, che ci lega a Usagi, alias la principessa della luna chiara?
- Direi che è abbastanza. - Sorrise forzatamente l’incantatrice. - Lasciatemi sola per qualche minuto. Devo riflettere.
Gli altri la guardarono non convinti.
- Allora? - Scherzò lei. - Ve ne andate o volete che cambi idea?
Velocemente tutti uscirono, chiudendo la porta alle loro spalle. Passarono cinque, dieci minuti, i dieci minuti più lunghi della loro vita. Finalmente si aprì la porta a cui l’orecchio di Makoto era stato appoggiato per tutto il tempo alla vana ricerca di suoni o altri indizi su cosa stesse succedendo all’interno.
- Mako! - Rise l’incantatrice, saltando al collo della lignea ragazza. - Rei, Ami, Mamoru! Come sono felice di vedervi! Si può sapere cosa è successo? La giovane che ho visto in sogno, e che tra parentesi mi assomigliava abbastanza, anche se non aveva tutto il mio charme, mi ha detto di non preoccuparmi, che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma ho avuto l’impressione che non ne sapesse molto di più di me.
- Minako? - chiese esitante il giovane.
- E chi altri?! - Fu la risposta gioiosa. - Avete visto che vestito? Non è proprio alla moda, ma… - Troncò la frase, dandosi un’occhiata in giro. - Qualcuno sa spiegarmi cosa sta succedendo?

 

Ami guidò il gruppo in una specie di salotto, servì loro del tè, o qualcosa di molto simile, con dei deliziosi biscotti, e tutti assieme, ognuno per quanto ne sapeva, spiegarono a Minako la situazione, e ciò che doveva fare.
- L’incantatrice mi ha detto che dobbiamo andare a Sud, e che per quanto riguarda i poteri, la mia amicizia per voi sarà più che sufficiente per guidarmi…
Mako la guardò perplessa, traducendo in un’espressione ciò che tutti si stavano chiedendo.
- Lo so, non è chiaro neppure a me, ma dovrebbe funzionare così: se servono i poteri dell’incantatrice, saprò usarli. - Sorrise. - Francamente avrei preferito un libretto di istruzioni…
- Facciamo una prova. - Propose Ami. - La maga mi ha detto che le incantatrici hanno potere su tutto ciò che riguarda la natura, gli animali e le piante. Mako… - Si voltò guardando lo spirito dei boschi, che rimase sorpreso, la tazza di tè fumante in una mano e un biscotto addentato nell’altra. - Puoi sfregiarti leggermente un braccio?
La ragazza la guardò curiosa, ma acconsentì con la testa e, dopo aver posato la tazza e ingoiato il resto del biscotto, con un colpo secco della mano destra si intagliò l’avambraccio opposto.
- Ottimo. - Sentenziò Ami. - Forza Minako, prova a guarirla.
- Cosa?! - esclamò sorpresa e spaventata la ragazza. - Non sono mica un dottore… No, forse è meglio un giardiniere, per Makoto.
- Almeno tentaci! - la incalzò la maga.
- E va bene! - sbuffò l’incantatrice.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Un vago e dorato bagliore si sprigionò dal suo corpo, i capelli sollevati come da un forte vento. Dopo qualche secondo l’alone luminoso svanì.
- Non ha funzionato molto! - esclamò sarcastica Mako, osservando che lo sfregio non era cambiato minimamente.
Gli altri la stavano guardando, e scoppiarono a ridere.
- Si può sapere cosa vi prende a tutti? - domandò la ragazza curiosa e stizzita.
Incapace di rispondere, Mamoru si alzò dalla sedia e, sempre ridendo, portò l’amica ad uno specchio, posto in un angolo della sala.
- Minako! - Urlò furibonda Makoto. - Cosa mi hai fatto?!
Tutta la testa della ragazza era ora ricoperta di splendide viole, i cui gambi partivano direttamente dal legno di cui era fatta la giovane.
- Scusa… - Ansimò lei ridendo. - Non volevo. Adesso ci ritento con più impegno. Prometto.
- Sarà meglio! - sbuffò Mako, mani sui fianchi.
Passò quasi un minuto, quindi nelle vuote sale della torre risuonò un atroce urlo.
- Adesso anche le margherite! Ma mi hai preso per un’aiuola?
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Querthe