Chiariamo subito.
Io non mi sento buono, non
voglio esserlo e non intendo cambiare.
Ho accettato di fare quello
che ho fatto perché credo nella lealtà e nella fedeltà ai miei principi prima
che alle persone.
Non mi interessa farmi amare
o farmi ammirare dagli altri. Neppure da coloro che amo. Sarebbe deprimente poi
accorgersi che io non sono all’altezza delle loro aspettative. O peggio ancora
che loro non sono all’altezza delle mie.
Scusate, questo non è proprio
corretto.
C’è stata una persona verso
la quale posso dire di aver provato amore, anche se non conosco esattamente il
significato di questa parola. Una persona che avrei voluto fosse stata più
presente nella mia vita. E dalla quale ho ricevuto ammirazione e rispetto. E
l’ho ricambiata. Per anni. Senza mai perdere la fiducia nei suoi confronti.
Anche quando ritenevo che facesse scelte sbagliate o che si lanciasse in
battaglie senza speranza di successo. Su molte cose siamo stati in disaccordo e
l’ho sempre fatto presente. Uno dei pregi di questa persona era la capacità di
ascolto.
Dico “era” perché questa
persona non c’è più.
L’ho uccisa
io.
Ripeto, non mi sento buono,
non voglio esserlo e non intendo cambiare.
Anche da ragazzino ero così.
Meglio solo che in compagnia di persone con le quali avrei potuto trovarmi bene,
ammirare o alle quale avrei potuto addirittura voler bene. Non riesco proprio a
vedermi come una persona capace di sentimenti positivi.
Io vivo meglio quando mi
sostiene il desiderio di ferire qualcuno, non di amarlo.
Non ho mai capito esattamente
il motivo che mi ha portato a vivere con questa
convinzione.
Credo sia anche l’esperienza
della mia infanzia. Ho cercato per anni di farmi amare e ammirare da due
genitori che vedevano solo loro stessi. Mia madre mi difendeva dall’ira di mio
padre quando era utile a farlo tornare da lei, a farlo ritornare tra le sue
braccia. Anche ubriaco. Ma doveva essere con lei.
Mio padre in realtà non
sarebbe stato capace di vivere senza di lei. La picchiava quanto picchiava me,
ma io potevo rimare per ore fuori casa senza che nessuno si preoccupasse di dove
ero, cosa stavo facendo o se stavo bene, mentre quando usciva lei di casa erano
urla e oggetti rotti fino al suo rientro.
Io ho sempre fatto parte
degli oggetti di casa. Quindi a volte, rompeva anche me.
È un vantaggio essere dei
maghi in questa situazione. Impari presto l’arte della guarigione. Perché
credete che io sia bravo in pozioni? Per questo. Ho imparato presto sulla mia
pelle l’uso delle piante, delle radici, dei rimedi di guarigione. Prima di
Hogwarts sapevo già preparare una pozione da nascondere nel cibo di mio padre
che lo facesse addormentare e una che lo facesse diventare rosso se beveva vino
nelle tre ore successive al pranzo. Avevo due genitori così attenti a me, che
non hanno mai neppure sospettato che potessi essere io, e non il caso, che
creava questi danni.
Con mia madre la situazione
era un po’ diversa, in realtà. Intendo dire che aveva un minimo di istinto
materno. Non mi ha mai picchiato. Neppure una volta. Passava ore senza
rivolgermi la parola, ma mi preparava da mangiare e credo anche che sapesse
riconoscere i cibi che preferivo.
Da quando sono entrato a
Hogwarts li ho visti il meno possibile. Ho passato a scuola ogni momento delle
vacanze invernali per sette anni e rientravo a casa solo per due mesi d’estate.
Non annunciavo mai il mio arrivo, non era necessario. Mia madre mi salutava con
un bacio, mio padre si meravigliava che fossi nuovamente in
casa.
Però crescendo mi sono reso
conto che lui aveva soggezione di me. Credo sia iniziato quando ho trasfigurato
una bottiglia di vino in un serpente velenoso. Avevo 14 anni mi pare, o forse
uno in meno. Comunque ero un genio in Trasfigurazione. Minerva mi ha sempre
definito così. Ma non mi piace la materia, altrimenti la insegnerei io al posto
suo.
Comunque, quando ho
Trasfigurato la bottiglia in serpente, mio padre l’aveva già appoggiata alla
bocca. E il serpente ha cercato di entrargli in gola. Meraviglioso. È stato solo
un lampo, ma estremamente soddisfacente. Da allora ha cominciato a temere le mie
abilità di mago. Ma io avevo perso interesse nei suoi
confronti.
Cominciavo a vedere come
stavano realmente le cose tra di loro e non mi interessava più dimostrare la mia
superiorità. Messi a confronto con altri adulti, i professori in particolare, i
miei genitori diventavano dei miserabili. Credo che mia madre sia stata in
passato una strega molto brava, ma io l’ho sempre vista a testa bassa obbedire a
mio padre. Miserevole.
Andando a scuola mi ero fatto
dei nuovi nemici. Divertente vero? Tristemente divertente capire che la scuola
era un luogo per farsi dei nemici.
Erano in quattro, quattro
ragazzi molto diversi da me, ma anche bravi maghi e fedeli l’uno all’altro.
Almeno fino alla caduta finale dell’Oscuro Signore, quando la loro perfetta
realtà si è rivelata solo un castello di sabbia.
Comunque stavamo parlando
degli anni della scuola..
Ero bravo per quel che
riguarda le lezioni. Certo, non avevo altro da fare che impegnarmi a studiare. E
migliorare. E cercare sempre nuove soluzioni, nuovi incantesimi, nuove
possibilità di dimostrare le mie capacità.
Ve li immaginate i mesi di
scuola per uno come me? Una persona che odia stare insieme agli altri, che cerca
ogni motivo per non farsi vedere, per non farsi amare?
Ero un abile fantasma. In
pochi si accorgevano della mia esistenza. Non davo fastidio a nessuno, non mi
facevo notare.
Fisicamente ero e sono
un’acciuga. Credo di potermi definire così. Sono alto e mingherlino e lo sono
sempre stato. Ho i capelli e gli occhi scuri. Un’acciuga ricoperta di
pece.
Chiaramente non era pensabile
che potessi trovarmi una ragazza, anche ammettendo che mi interessasse trovarla.
Intendo dire che voi donne cercate l’uomo attraente. Non ci sono eccezioni. Un
uomo come me, alto, viscido e con la faccia perennemente arrabbiata non è da
considerarsi attraente. E poi volete un uomo solare, sorridente, pronto a
coccolarvi e amarvi. Io non ho nessuna di queste
caratteristiche.
Non sono un uomo solare. Amo
il buio. Nel buio puoi scomparire. Nel buio nessuno legge sulla tua faccia i
pensieri che scalpitano nel tuo cervello. Nel buio puoi osservare gli altri e
non farti guardare.
Non sono sorridente. Vi
sembra che ci sia un solo motivo nella mia vita per il quale sorridere? No. E
quindi io non sorrido. Semplice, mi pare.
Non so coccolare le persone.
Nessuno ha coccolato me, quindi non ho potuto imparare. Forse qualcuno disposto
ad insegnarmi ci sarebbe, ma dovrei sentire il desiderio di imparare e non mi
pare proprio di sentirlo.
Amare. Ve l’ho detto anche
prima. Amare significa farsi male. Se ami qualcuno ne senti la mancanza, sei
sempre attento a non perderlo, devi preoccuparti per lui oppure devi impegnarti
per farlo stare bene. Chiaro che anche lui dovrebbe fare questo per voi. È un
sentimento che funziona meglio quando è reciproco. Se ami qualcuno che non ti
ama allora sei decisamente da compatire.
Sapete, forse sto correndo
troppo. Riuscite a seguire i miei ragionamenti? Perché io li sto facendo da
decenni e cerco di semplificarli per voi, ma in realtà sono molto più complessi.
Anche perché la fedeltà ai miei principi richiede che io stia sempre molto
attento ad essi e controlli il mio comportamento in ogni momento, per non
tradirli. Essere fedeli ai proprio principi è un compito
estenuante.
Se sei fedele ad una persona,
con lei puoi discutere, confrontarti, anche mediare se è necessario. Se sbagli
cerchi di spiegare, di motivare. Inoltre una persona cambia nel tempo e anche il
vostro rapporto si modifica. Con dei principi non puoi farlo. Quelli non
cambiano e quindi anche tu sei costretto a rimanere sempre lo stesso, per non
tradirli. E allora non smetti mai di ragionare, di pensare a quello che hai
fatto e a quello che farai. Li usi come metro di misura per valutare gli altri e
per valutare te stesso.
Quali sono i miei
principi?
Beh, la lealtà ad essi prima
di tutto. La fedeltà.. Il potere. Intendo quello vero, che nasce dalla capacità
di guidare gli altri, non quello economico. C’è chi sa guidare con la pazienza e
chi con la forza. Non ci sono differenze, a mio avviso. Le conseguenze sono
diverse, quelle sì, in effetti. Direi che la pazienza è più produttiva, ma più
faticosa. L’integrità. Il controllo di sé. Il rispetto del più forte, di colui
che ti guida. E anche l’obbedienza. La capacità di pensare da
soli.
Si contraddicono un poco
questi due aspetti, ma secondo me, se una persona impara a ragionare da sola,
impara anche a scegliere una guida alla quale obbedire con
coerenza.
La coerenza delle proprie
azioni, delle proprie scelte.
Comunque stavamo parlando del
mio periodo a scuola.
Donne vi chiederete. Mi
spiace che non possiate vedermi, altrimenti capireste perché le donne sono
sempre state una conquista impossibile per me. Lo capireste. Non sono attraente,
ve l’ho già detto. Uomini? Non sono il mio tipo. E con il mio carattere
solitario non avevo molte possibilità di trovare una
compagna.
A parte Lily, naturalmente.
Ma non le piacevo io. Lei odiava quello che mi facevano. Direi che la differenza
è notevole. Ma questo non mi ha impedito di volerle bene. Ecco, se dovessi
indicare quale è la mia capacità di amare userei proprio quel momento della mia
vita. Credo di essermi innamorato allora. Come è successo a suo marito, del
resto. Era uno dei quattro di cui ho parlato prima, uno di quelli che si
divertiva a torturarmi, fisicamente e psicologicamente, come solo gli
adolescenti sanno fare con i loro simili. Beh, se non altro posso dire che la
mia presenza ha permesso a loro di innamorarsi.
Sono all’origine della
salvezza del mondo dei maghi. Senza di me non sarebbe mai arrivato il loro
figlio, colui che salverà il mondo dei maghi.
E senza di me non sarebbe
neppure diventato l’orfano più conosciuto del mondo magico, non sarebbe
diventato lo strumento potente quale è in realtà.
Allora mi posso considerare
il principio di tutto quello è accaduto. Sono io che ho permesso loro di
sposarsi, sono io che ho fatto rimanere orfano il loro
figlio.
È un pensiero del tutto
inutile. Nessuno sarebbe d’accordo con questa lettura, a parte me
stesso.
Direi che ho divagato
parecchio. Il punto principale è che ho ucciso una delle due persone che hanno
cambiato la mia vita. Ho scelto una delle due e l’ho uccisa. Perché dovevo. Per
coerenza. Per fedeltà. Per la mia integrità.
E adesso sono qui, per non
essere ucciso a mia volta. Comunque morirò. Ho tradito una delle mie due guide e
non posso pensare di sfuggire all’ira di coloro che mi ritengono colpevole di
tradimento. Anche se spiegassi non mi capirebbero. E allora aspetto, chiuso qui,
rinchiuso in una prigione di incantesimi che non mi permettono di uscire. Non è
facile capire se mi stanno difendendo da un pericolo esterno oppure se devono
evitare la mia fuga. Sono amici o nemici? A volte mi confondo anch’io. Per
questo riesco a capire la loro confusione.
Non capiscono quello che ho
fatto.
L’unico momento piacevole
della giornata è il suo arrivo. Quando mi porta i pasti. Entra nella stanza con
il vassoio, altera come sempre. È molto diversa da Lily e ancora non capisco
perché mi sento attratto da lei. Eppure risveglia tutto il mio interesse in
questi giorni monotoni e senza fine. Anche se è un’Auror non l’ho mai vista con
la divisa. Immagino che ce ne sia una, anche se non ne sono sicuro. Ma qui
arriva con i soliti jeans, il solito maglione, i soliti scarponi colorati. E i
capelli rosa. Terrificanti. A volte sono tentato di cambiarne il colore. Anche
se mi hanno preso la bacchetta sono in grado di agire senza, per fare
incantesimi stupidi come quello.
Recitiamo sempre la stessa
storia, immancabile. Ci sono stati dei giorni in cui ho intravisto un sorriso,
ma non ne conosco il motivo.
Quando entra dalla porta
iniziano le battute del copione.
“Severus…”
“Ninphadora….”
“Preferirei
Tonks…”
“Allora chiamami Snape. Per
quel che riguarda la stupidità dei nomi, direi che siamo
simili…”
Lascia il vassoio sul tavolo,
sotto la finestra. Lancia un ultimo sguardo alla luna.
Già, la luna. Per lei è il
centro del mondo. Il ciclo della luna decide sulla sua vita, dato che adesso ama
un licantropo. Sempre uno dei quattro amici di prima. Ancora una volta le donne
preferiscono loro a me. Ne sono già morti due, il terzo vive di sotterfugi e il
quarto è un topo. Letteralmente e metaforicamente. Forse ho ancora qualche
speranza. Non con lei, chiaramente. Anche se a volte mi sorride. È strano che
accada con una donna.
Seriamente, è strano che
accada comunque.
Ecco un altro dei miei
principi, quello che mi mantiene in vita. Una malefica ironia per leggere il
mondo.
E la convinzione che io non
mi sento buono, non voglio esserlo e non intendo cambiare.
Scusate, ma la cena si
raffredda.
Buonanotte.