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Autore: suzaku    27/03/2006    3 recensioni
I ciliegi del più grande parco della città erano in fiore.. Un' atmosfera apocalittica, una notte calma, troppo calma. Le avventure di un evocatore e un angelo decaduto alla conquista di un nuovo mondo!!!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Darkness s Angels:

 

 

 

Ok ora ci sono, ho finalmente rinnovato la mia ficcina…eheh mi ci è voluto un pò per vari problemi col computer perennemente dal tecnico per i virus che continuavano ad entrare..ma ora ce l’ho fatta ecco il primo capitolo rivisto più e più volte penso che sia uscito un po’ meglio rispetto all’altro…vabbé che dire…vi lascio alla lettura allora J

 

 

 

 

 

 

Darkness s Angels:

 

 

 

Capitolo 1:

 

Uno strano incontro

 

 

 

 

I ciliegi del più grande parco della città erano in fiore.

Regnava un’atmosfera apocalittica, era notte calma, troppo calma per essere una notte di inizio estate.

A mezzanotte non c’era anima viva in quel grande giardino, solo un uomo si trovava li.

 

Dal suo aspetto, sembrava un individuo sui ventitre anni, portava lunghi capelli biondi e lisci che ondeggiavano seguendo il soffiare lento e fresco del vento.

Aveva uno strano abbigliamento, i pantaloni neri di pelle gli fasciavano le gambe lunghe e toniche, la maglia, anch’essa nera, aderiva perfettamente al suo petto ben definito senza esagerazione. L’unica cosa che spiccava in quell’ essere insolito erano due occhi freddi e taglienti occhi grigi.

 

Ormai per lui era un’ abitudine stare lì in mezzo a quel paradiso di alberi e fiori, si sedeva in una panchina nel pieno centro di quel luogo e stava a fissare il cielo per ore e ore come se stesse aspettando un messaggio dal cielo o la grazia divina, per poi andarsene e tornare la notte successiva per compiere quello che era involontariamente diventato un rito agli occhi delle persone che non conoscevano di certo i suoi intenti.

Ma questa volta, questa notte le cose non sarebbero andate come quelle precedenti, il suo sguardo era più acuto del solito, un bagliore nuovo era sorto nei suoi occhi.

Si era alzato precipitosamente portando al centro della piazza circondata dagli alberi, l’aria era diventata improvvisamente secca, l’atmosfera albergava tetra in quel luogo solitamente troppo movimentato e vivace.

Il ragazzo con uno scatto repentino aveva aperto i palmi sopra il proprio capo rivolgendosi prima alla luna rossa che lo sovrastava poi dirigendoli davanti a esso, come se fosse pronto a parare un imminente colpo.

Lentamente per aria cominciarono a volteggiare cinque pietre bianche dalle stesse dimensioni che si posarono simultaneamente a terra per andare a formare una stella a cinque punte attorno alla figura che le aveva reclamate.

Una strana litania di lingua sconosciuta aveva preso ad espandersi nella dapprima lenta e bassa per poi diventare rapida e incredibilmente alta.

Passavano i secondi, i minuti, ma nulla pareva accadere in quell’oscurità, l’aria era satura di quella nenia singolare che andava e veniva seguendo varie tonalità, come se fosse una vecchia canzone di tanti secoli prima, la voce dell’uomo ora era solo un gemito, le speranze e le forze gli venivano meno, fino a quando una carica elettrica a ciel sereno aveva solcato il cielo limpido, come per intimorire chi compiva quell’ambiguo incantesimo.

La pace che era sovrana gli attimi precedenti aveva lasciato spazio a degli anormali scoppiettii che andavano a diventare sempre più vicini e più forti a mano a mano che il tempo passava, la terra si era spaccata e dei vapori caldi ne fuoriuscivano a contaminare l’atmosfera, mentre una figura cominciava a delinearsi da quelle esalazioni ardenti. In un primo momento appariva sfocata per poi andare a diventare più nitida e definita.

 

Era una ragazzo di circa diciotto anni, aveva i capelli corti e spettinati mentre due ciocche più lunghe all’altezza delle basette gli ricadevano sul davanti. Portava un paio di pantaloni molto particolari: la gamba destra era coperta del tutto mentre nella sinistra la stoffa  finiva poco più in alto del ginocchio, il tessuto era strappato duramente in alcuni punti ma aveva l’aria di essere dura e resistente come un’armatura nera, la maglia era un altro indumento particolare in quel ragazzino, il torace era completamente ricoperto dal drappo mentre l’addome e le maniche corte erano rivestite di rete scarlatta, un paio di guanti di pelle con numerosi marchi gli rivestivano le mani, e dalla cintola pendeva il fodero di una spada dall’aspetto massiccio che sembrava volesse atterrare il giovane corpo da un momento all’altro, la cosa più spettacolare stava nell’elsa scoperta di quell’ammirabile arma: una grossa gemma per metà di ametista fusa alla giada per l’altra metà di acciaio lavorato finemente e minuziosamente dominava sopra quello strumento di morte.

Ma le due cose più arroganti i quella creatura non stavano nell’abbigliamento poco consono erano bensì nei suoi occhi bicolore, quello destro riluceva di un verde inumano quasi selvatico l’altro era di un viola altrettanto ultraterreno e in un paio di ali candide dalle estremità color pece che si estendevano in tutta la loro lunghezza in modo placido e ritmico.

 

I due restarono in piedi a fissarsi freddamente, per un attimo i loro sguardi si incatenarono, si sfidarono cercando di capire cosa intendesse fare l’altro.

Il ragazzo dai capelli neri squadrava  dall’alto in basso l’altro, si chiedeva cosa quell’inetto essere umano volesse da uno come lui, ma più l’osservava più una  strana sensazione lo percorreva da capo a piedi, lo rendeva irrequieto sembrava conoscere l’uomo che gli si parava davanti ma cercò di non farci caso ed infine aprì bocca:

 

- Sai cosa rischi vero?-

 

- Non rischio nulla, so ciò che faccio e non sarà un tipo come te ad intimorirmi per quel che                           mi riguarda. Sono Talasiel e ti ordino di sottometterti al mio volere!-  La voce era fredda e tagliente proprio come il suo sguardo, si vedeva lontano un miglio che sapeva il fatto suo soprattutto dalla luce che emanava il suo sguardo, non avrebbe dato spiegazioni, si percepiva che era un tipo molto sicuro di se e non avrebbe mai accettato una risposta negativa da alcuna persona tanto meno da una ragazzino arrogante come quello che si trovava davanti a lui, non ora che era riuscito ad evocarlo, non se lo sarebbe mai lasciato scappare così dalle mani dopo tutti gli sforzi e le notti che aveva passato in quel parco aspettando il momento giusto per quel rito tormentoso.

 

Era talmente immerso e concentrato nei suoi pensieri, che solo quando vide il moro con aria spavalda e fiera di se e di ciò che stava dicendo, si risvegliò da quello strano torpore che gli avevano provocato quelle riflessioni profonde.

Il ragazzino era molto serio e se Talasiel l’avesse ascoltato da principio avrebbe capito ciò che diceva, ma il messaggio era chiaro e leggibile in ogni parola che pronunciava, con l’odio con la quale veniva detta: 

“ Non mi farò mai mettere i piedi in testa da te a costo di rimetterci la vita”,

 

Era evidente che provava disgusto per il biondo che lo fronteggiava, non capiva come un’ infima creatura appartenente al genere umano avesse osato disturbarlo in un momento simile, come sarebbe stato di ritorno nel suo spazio avrebbe dovute dare delle spiegazioni più che lecite per non essere punito per una scomparsa in un momento si soggezione da parte del suo padrone, era stato rapito proprio nel momento sbagliato, ma da bravo ribelle si sarebbe sbarazzato anche di quel problema come tanti altri prima di lui. Non si sarebbe mai e poi mai fatto catturare, specialmente da un tipo come lui il tipico “ so tutto io” che lui odiava principalmente, si sarebbe divertito nel torturarlo e nel farlo pentire di averlo interrotto durante un atto per lui di vitale esistenza.

Stava cercando di spaventarlo con lunghi discorsi che sapeva benissimo essere decorosi per l’inizio di un incontro, si era presentato come Nemrod principe appartenente alla seconda casata del regno infernale, aveva indicato la sua carica di principe con aria stizzita e disgustata ma la cosa non era certo stata notata dall’altro che non lo stava ad ascoltare minimamente.

- Ma mi stai ascoltando?-  Non avendo avuto una risposta ingiuriò ancora una volta contro quell’uomo in attesa che gli prestasse un po’ d’attenzione che non gli era stata data anche questa volta. Gli esseri così gli davano ai nervi.

 

- Argh!! Voi, sapete dire sempre le solite cose, mi infastidite, e TU maggiormente… farai la stessa fine degli altri che ci hanno provato prima di te, Tzé!!!-  Non aveva fatto a tempo a terminare la frase che si era scagliato con grande potenza contro l’avversario che però scansò il colpo della grande spada del moro con estrema agilità ed eleganza per poi ritornare nella postazione dove l’aveva visto prima, all’interno della cinque pietre. Il ragazzo dai capelli corvini fece un balzo all’indietro alzando l’arma per ritornare all’attacco. Il tempo pareva avesse rallentato il suo corso, ma quando la lama di quella micidiale arma, fu in prossimità dell’evocatore, una barriera argentea si innalzò da terra, prendendo vita dalla stella che abbracciava il corpo del ragazzo al suo interno.

 

L’aggressore era senza parole, restava a guardare sbalordito quella strana cascata di luce che si dissolveva, nonostante avesse riposto in quel colpo gran parte della sua ira e della sua potenza per annientare quel mortale, non gli era stato fatto alcun graffio.

Il suo volto era rubizzo di rabbia, non riusciva a capacitarsi della possibilità che lui forse era quello giusto, l’eletto della profezia che aveva sentito pronunciare dalle labbra del suo amico, rimembrava ora le parole provenire da quella bocca ben disegnata che gli annunciava ciò che era stato visto all’inizio dei tempi, glielo aveva proferito prima di lasciarlo andare, sotto l’insistenza di Nemrod, al cospetto di uno dei suoi più acerrimi nemici per non venire incontro ad una guerra, uno scambio equo: Nemrod per la pace appena riconquistata.

Il ragazzo ricordava ancora come aveva convinto l’amico a lasciarlo andare in cambio di numerose informazioni che gli sarebbero state utili in futuro per sconfiggere quell’essere subdolo. L’amico per riscattarlo di quell’offerta gli aveva reso nota la predizione di una delle virtù più importanti: “l’immortale dannato alla vita capace di liberarlo da una prigione ma responsabile di una prigionia ben più peggiore già vissuta, arriverà in una notte luna cremisi ”, erano parole senza senso che aveva cercato inutilmente a decifrare per alcuni anni fino a quando con il passare dei secoli era riuscito a scordare ma che ora gli rientravano nella mente con la forza di un ciclone.

 

Si era scagliato con altrettanta forza del colpo precedente, incapace di accettare che forse la previsione era corretta, ma lo scudo come la volta antecedente era sorto dal nulla, lasciando l’angelo impuro nel tentativo di scalfire quella corazza di acciaio immacolato.

 

- Merda…-  in quei lunghi momenti di manovre per cercar di abbattere quel guscio qualcosa era cambiato, lo scudo aveva aumentato la propria intensità grazie all’uomo che dentro di esso esercitava un enorme potere con una cantilena angosciante, i suoi colpi venivano riflessi come su uno specchio e andavano a “colpirlo” con la stessa forza impiegata per tramortire quell’assurda armatura. Continuava a percuotere la superficie con la sua potente arma, per cercare almeno un piccolo difetto che potesse aiutarlo a sconfiggere il suo nemico, ma quella arma difensiva era la migliore che avesse mai visto, era perfetta in tutto e per tutto, quell’umano si beffeggiava di lui; con un ultimo sforzo si rimise in piedi e con un ultimo colpo in cui era stata concentrata la forza rimastagli in corpo si fiondò contro quella superficie eterea, ma anche questo gli si ritorse contro come un boomerang, preso alla sprovvista ormai stanco non aveva calcolato la distanza e la velocità con la quale si sarebbe dovuto scansare ed in batter d’occhio fu avvolto dall’onda di energia.

 

Il moro con una potenza inaudita era stato scagliato contro un albero per poi cadere a terra, era ferito non solo fisicamente ma anche nell’orgoglio.

 

- …la luna cremisi..-  disse prima di svenire ai piedi della pianta rivolto verso il cielo.

 

 

 

   
 
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