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Autore: AnyaSparrow    27/07/2011    4 recensioni
"Il mio dono è la morte.. e sono qui per donarla anche a te"
E' questo quello che crede la Psicopatica. Uccidere è quello che adora fare, e lo fa con grande sentimento... come se fosse davvero il suo modo di vivere. Vivere, uccidendo gli altri.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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[Ecco il secondo capitolo. Spero che abbia lo stesso successo del primo capitolo... xD Leggete e commentate.. Grazie in anticipo!]

Capitolo 02

Sogno rivelatore

 

Crebbi con la strana convinzione che la Morte non fosse così terribile come la descrivevano e che se era il Signore a prendere le redini della Morte, sicuramente la gente avrebbe dovuto pensare che la Morte fosse qualcosa di particolare, qualcosa di sacro che si sarebbe dovuto pregare invece di rifiutare. Non né ero solo convinta.. Io sapevo che era così.

Cominciai a collezionare Santine, foto di morti, strappavo dai giornali i necrologi e magari partecipavo a qualche funerale sebbene non fosse nemmeno un mio conoscente. Non era un fattore di passione… io mi sentivo in dovere di farlo.

Cominciai a leggere storie di fantasmi, sebbene le trovassi patetiche. Nulla di ciò che leggevo sembrava reale. Nulla poteva esserlo. Nessun fantasma reale poteva camminare con delle catene ai piedi ed un lenzuolo addosso. Erano patetici.

Pian piano cominciai anche a non parlare. Non ne sentivo il bisogno. Invece era il silenzio di cui avevo bisogno. Con lui avevo tutto. Il silenzio era la chiave fondamentale della Morte. Perchè lei agisce così: nel totale silenzio. La gente cominciava a pensare che fossi pazza... e cominciava a pensarlo anche mia madre.

Fu per questo che, a quindici anni, decise di mandarmi in un istituto per malati mentali. Lei continuava a dire di no, che non era un centro per malattie mentali, per i pazzi... Ma non le davo ascolto. Io sapevo cosa fosse.

Bambina mia, non è per te...” mi disse, quando fummo dinanzi al portone. Mi voltai solo un attimo per guardarla. Aveva gli occhi pieni di lacrime, le labbra chinate verso il basso, il volto pallido... Aveva lo stesso volto di quando il nonno morì. “Vedrai che presto ti sentirai meglio e.. e... tornerai a casa”. Sembrava convinta, e con il mio mutismo la lasciai ancor più convinta. Le porsi un sorriso e mi voltai per entrare dentro l'istituto.

 

Passare del tempo li dentro mi angosciava sempre più. Vedevo persone di tutte le tipologie: malati mentali, bambini con qualche problema, vecchi... Li guardavo uno per uno, li studiavo uno per uno. E li disegnavo. Disegnai un uomo privo di denti. Era brutto.. bruttissimo. E non sembrava neppure felice. Disegnai un bambino con gli occhi storti che metteva angoscia solo a guardarlo. Qualcuno non riusciva nemmeno a mangiare, per quanto soffrisse. Ero attorniata da una quantità di gente che soffriva. Come il povero uccellino che uccisi qualche anno prima. E lo stesso impulso, lo stesso desiderio di prima mi sconvolse lo stomaco. Avrei voluto ucciderli uno dopo uno. Avrei voluto toglierli dal mondo semplicemente per toglierli dalla sofferenza che li sovrastava.

Erano solo uomini e donne inutile che vivevano inutilmente sulla terra. Perchè restare? Perchè continuare a farli soffrire? Quali di questi uomini avrebbe voluto restare veramente in vita?

Togli loro le sofferenze e sarai ringraziata..., era la mia voce interiore a parlarmi, come una coscienza. Ed era il mio lato migliore.

 

Era raro che sognassi... ma molte volte i miei sogni erano rivelatori...

 

Era io, dentro una foresta. Attorno a me c'erano degli alberi. Ero accerchiata da loro. Alberi brutti, scheletrici, senza foglie... tristi. C'era solo il silenzio attorno a me, oltre quei brutti alberi. Pian piano quelli cominciarono a prendere vita. Si muovevano, si attorcigliavano... Si lamentavano specialmente. E chiedevano aiuto.

Aiuto... Aiuto..

La morsa allo stomaco si rifece presente dentro me e quel sorriso che molti chiamavano malvagio, si presentò sulle mie labbra. Li osservavo per bene. Il mio sguardo si concentrò sul primo. Più si concentrava più quello strano albero cominciava a trasformarsi in un vecchietto senza denti “Aiuto... Aiuto...” continuava a ripetermi. Mi avvicinai lentamente verso lo strano albero. Alzai una mano fino a posarla sul tronco. Cominciò a dimenarsi, a gemere, a soffrire... E io lo sentì sotto il palmo della mano. Assaporai la sua sofferenza sulle mie mani, come potere che mi entrava in vena.. Una droga. L'albero prese fuoco, così anche tutti gli altri lasciandomi sola, poi, in un cerchio che puzzava di fumo.

 

Aprii gli occhi velocemente, come se non fossi in alcun modo catturata dal sonno.

Mi alzai ancor in pigiama. Grazie al sogno sapevo cosa fare. Avevo avuto un altro dei miei sogni rivelatori e ciò mi metteva allegria.

L'istituto era nel totale silenzio. Niente di meglio per agire. Chiunque dormiva.. ed io camminavo nei corridoi a piedi scalzi.

Silenziosamente mi diressi verso la cucina dell'istituto. Il buio mi attraeva, così come quel silenzio religioso. Il mio stomaco continuava a brontolare, e non per la fame. Dovevo agire, velocemente.

Aprii il gas di ogni bombola, di ogni stanza, di ogni caldaia. La gente dormiva.. e non si sarebbe mai risvegliata, possibilmente. Mi rallegrai. Ancora una volta tenevo in mano la vita di tante persone. Ancora una volta tenevo nella mia mente il destino di tutte quelle persone.

Quando cominciai a trovare difficoltà nella respirazione, uscii fuori dalla stanza assieme un bidone di gas. Contornai l'edificio con quella. Ne assaporai l'odore. Sapeva tanto di... di... bruciato. Un odore capace di toglierti il fiato ancor prima di ucciderti. Mi abbassai e accesi un fiammifero.

Il fuoco cominciò ad alzarsi, pian piano. Somigliava tanto una donna appena svegliata, che comincia ad arrabbiarsi pian piano.. La fiamma si ingrandì sempre più, e ben presto l'edificio fu contornato dalle fiamme. Feci il segno della croce e me ne andai.  

   
 
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