Capitolo 1:
Se ripenso alla mia breve vita, posso ancora fare uno sforzo per
tentare di ricordare gli avvenimenti più lontani del mio
passato. Ciò che ancora ricordo benissimo è il periodo
vissuto tanto tempo fa, quando ancora i miei genitori erano vivi.
All'epoca la nostra esistenza scorreva serena, nella provincia
di Tenryu, dove vivevamo tutti insieme. Non eravamo ricchi, proprio
per niente, ma non ci mancava nulla.
Mia madre era una bellissima donna dagli occhi azzurri, quegli
stessi che io e mio fratello avevamo ereditato. Nostro padre era
gentilissimo e dolce ed un gran lavoratore. Lavorava sodo per
mantenere la sua famiglia e per aiutare chiunque avesse bisogno
di aiuto.
Era sempre generoso con tutti e, probabilmente il miglior padre
che si potesse desiderare.
Io e il mio gemello adoravamo i nostri genitori e, allo stesso
modo, eravamo legati da un vincolo che non era solo quello della
semplice fratellanza di sangue.
Lui ed io eravamo una cosa sola. Nati insieme,
vivemmo per anni in perfetta simbiosi. Non avevamo neanche bisogno
di parlare, riuscivamo a capirci senza alcun bisogno di comunicare
con le parole. La presenza di mio fratello è, infatti,
la primissima cosa che ricordo della mia infanzia.
Dove ero io, era anche lui. Il mio dolore era il suo e, allo stesso
modo, la sua sofferenza si riversava su di me. Compagni di giochi,
amici per la pelle, inseparabili in ogni attimo delle nostre giornate.
Sapevamo che, rispetto agli altri bambini noi eravamo speciali.
Era il nostro misterioso potere a darci quella certezza.
Psicocinesi, telepatia, non sapevamo per quale ragione, ma possedevamo
quelle facoltà straordinarie anche se, all'epoca non eravamo
ancora in grado di utilizzarle. Ma erano li, parte costante delle
nostre vite, primo segno della nostra predestinazione a guerrieri
celestiali.
Finché fummo dei bambini però
nulla conoscevamo di tutto ciò e così, sino all'età
di sette anni, continuammo a vivere come comuni ragazzini.
Anzi, credevamo che tutto sarebbe rimasto identico. Avremmo potuto
continuare così in eterno. O per lo meno, così credevamo,
sin a che qualcosa venne a distruggere il mio pacifico mondo.
Da lontano giunse un terribile nemico: la guerra.
Perdemmo tutto, casa, genitori, amici, non c'era rimasto più
nulla.
Eravamo da soli, io e il mio gemello, due ragazzini che camminavano
in lacrime in mezzo alle fiamme di un incendio.
In quel momento però, quando la disperazione si stava impadronendo
di me mi resi conto che avevo ancora qualcosa: il tepore della
mano di mio fratello. Quella fu l'unica cosa che mi fece rendere
conto che non ero solo. Se rimanevamo insieme allora non tutto
era perduto. Potevamo ancora ricominciare. L'importante era essere
vicini.
E fu così. Vagammo per settimane, attraversando villaggi
distrutti, camminando in mezzo a mucchi di cadaveri, senza sapere
dove andare. Soffrivamo la fame, la sete, ma non ci fermavamo.
Con i piedi sanguinanti per il troppo viaggiare, ma sempre vicini.
Sempre l'uno vicino all'altro, mano nella mano, come a sentire
la nostra reciproca presenza.
Errammo per un tempo che mi sembrò infinito,
sino a che, un giorno, dopo aver liberato i nostri poteri sopiti
per difenderci da una banda di briganti, fummo portati alla corte
dell'imperatore di Kuto, che ci mise al suo servizio.
Venimmo a sapere che, sin dalla nascita, facevamo parte delle
sette stelle di Seiryuu, la costellazione guida dell'impero. Io
rappresentavo la stella Suboshi, mentre mio fratello era il guerriero
dell'astro chiamato Amiboshi.
A poco a poco conoscemmo anche i nostri compagni. Il capo era
il generale Nakago capitano dell'esercito di Kutou. Poi c'era
la bellissima Soi, la guerriera dei fulmini. Nonostante l'apparenza,
era una ragazza di una forza straordinaria, capace di annientare
un intero squadrone in pochi attimi. Insieme a Soi incontrammo
anche Tomo, che portava sempre il volto dipinto, l'enigmatico
Miboshi, ed infine Ashitare, uno strano essere metà uomo
e metà lupo, che Nakago teneva praticamente in schiavitù.
Tutti noi eravamo stati radunati allo scopo
di servire una misteriosa fanciulla che, tramandava la leggenda,
sarebbe giunta da un altro mondo per permettere all'imperatore
di evocare il sacro dio Seiryuu.
Nell'attesa che qualcosa avvenisse io e Amiboshi (mi ero abituato
a chiamarlo così ormai) rimanemmo a vivere al palazzo imperiale,
agli ordini diretti di Nakago, dedicandoci ad affinare le nostre
abilità naturali.
Io divenni bravissimo nell'adoperare il Ryuseisui* con la psicocinesi,
una tecnica che si rivelò davvero mortale. Amiboshi invece
in battaglia utilizzava il suo flauto, con il quale creava melodie
straordinarie .
Il talento di mio fratello nel suonare era a dir poco eccezionale.
Adoravo il suono del suo flauto e spesso ci allenavamo insieme.
Io mi esercitavo nel combattimento e lui, con l'inseparabile strumento
in mano produceva note su note, che potevano deliziare chiunque
ascoltasse, ma anche ucciderlo senza pietà.
E in tal modo trascorsero silenziosi mesi e
mesi, senza che succedesse nulla di degno di nota.
Sino a che si sparse la notizia che nel paese di Konan, nemico
acerrimo di Kuto, fosse giunta la leggendaria sacerdotessa di
Suzaku. Ciò significava che anche la venuta della celebrante
di Seiryuu non doveva essere lontana.
Capitolo 2: La sacerdotessa di Seiryuu
Così fu infatti. La misteriosa ragazza
che aspettavamo comparve finalmente.
Ma non giunse da noi in modo trionfale, mostrando il suo potere.
Arrivò tra le braccia di Nakago, svenuta e febbricitante.
Il nostro capo non volle dirci di più e non ritenne opportuno
disturbare la sacerdotessa presentandoci a lei. Per tre lunghi
mesi non la vidi per nulla, sino a che non fui chiamato alla sua
presenza.
Se devo essere sincero non mi fece nessun'impressione; Lady Yui
aveva circa la mia età, era molto bella e diversa dalle
ragazze che avevo conosciuto sino ad ora. Intuii inoltre che
dietro il tono arrogante con il quale apostrofava Nagako doveva
in realtà esserci una personalità ben diversa.
In quel momento però la mia mente correva
a mio fratello, che si trovava in missione come spia tra le stelle
di Suzaku, per conto di Nakago. Il compito di Amiboshi era di
fingersi uno dei guerrieri della fenice e sabotare l'evocazione
del dio.
Non lo vedevo da settimane ma ci tenevamo sempre in contatto utilizzando
i nostri poteri. Sapevo che stava bene, e ciò bastava a
tranquillizzarmi.
Non sapevo che di lì a poco l'avrei perso per sempre….
Invece accadde. All'improvviso non sentii più
la sua presenza. Il suo chi* era scomparso…e ciò significava
una sola cosa: Amiboshi era morto.
Non mi era mai accaduto di sentirmi così disperato. Sicuramente
quei maledetti di Konan lo avevano ammazzato senza pietà,
continuavo a ripetermi, mentre nella mia mente si affacciava l'immagine
del suo corpo sanguinante, deriso dai nemici.
Li avrei fatti a pezzi, per sfogare la mia rabbia furibonda…e
intanto me ne stavo fermo, in ginocchio, al centro di quell'enorme
sala, incapace di muovermi. Non avevo neppure la forza di piangere;
le lacrime non riuscivano ad uscire, tanto era il dolore che sentivo.
Per un istante desiderai anche d'essere morto. A che mi serviva
rimanere in vita se il mio unico fratello mi aveva lasciato per
sempre?
Pietrificato per l'angoscia rimasi per ore
in quella stanza, sino a che non s'aprì la porta.
Lady Yui entrò, mormorando parole gentili nel tentativo
di consolarmi, mentre io le urlavo di lasciarmi in pace.
Lei non si lasciò intimorire e, mentre si avvicinava mi
accorsi di quanto i suoi splendidi occhi fossero pieni di tristezza.
Lady Yui soffriva per me….
Come un bambino, mi lasciai abbracciare e consolare da quella
voce dolce come il miele, che mi esortava a piangere liberamente.
E come un bambino piansi tra le sue braccia, mentre mi cullava
piano piano, sussurrandomi di stare tranquillo.
Fu in quel momento, quando la più nera
disperazione si era impadronita di me, che lei, con la sua dolcezza,
portò sollievo al mio animo martoriato.
E quando se n'andò, augurandomi una serena notte, e la
vidi scomparire dietro la porta, allora compresi. Mi ero perdutamente
innamorato di lei. Dei suoi occhi azzurri che avevano versato
lacrime per me, per un estraneo.
Durante quella notte capii che forse esisteva
ancora una possibilità per me. Anche dopo la morte di Amiboshi
la vita poteva continuare, grazie a colei che mi aveva dato una
nuova speranza di vita.
Ora era Lady Yui il centro della mia esistenza.
Proteggerla, stare sempre al suo fianco. Quella era la mia missione
e avrei adempiuto il mio dovere anche a costo della vita.
Anche solo divenire la sua ombra fedele mi sarebbe bastato…solo
per lei …
FINE