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Autore: coshicoshi    27/07/2011    4 recensioni
Tonks indaga su dove abiti Remus e lo raggiunge. Vuole parlargli e possibilmente distrarlo un po' dai suoi pensieri. E' esattamente il giorno seguente alla morte di Silente.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ecco qua un esperimento. Inizialmente doveva essere solo una one shot, ma considerato che la sintesi non è una mia qualità –tendo ad affezionarmi a parti inutili che potrebbero essere tranquillamente tagliate- ho deciso di dividere il tutto in due capitoli per facilitare la lettura.
  







Era ormai una buona mezz’ora che Tonks stava impalata davanti allo squallido edificio di una sperduta periferia babbana di cui non ricordava assolutamente il nome.
Non che avesse importanza.
Non si sarebbe certo trovata lì se non fosse stato per un buon motivo, ma ora che era effettivamente sul posto iniziò a chiedersi se Kingsley non l’avesse presa in giro, quando le aveva scritto su un foglietto l’indirizzo esatto.
Un vicolo buio delineato da muri gialli e scrostati senza alcuna finestra o porta, ecco dove si trovava Tonks in quel momento.
A essere del tutto sinceri una porta c’era, se così poteva essere chiamata.
Una semplice persiana annerita. Bastava sollevarla appena per raggiungere l’ingresso dell’invitante condominio di St.James Street, cosa che la ragazza aveva da poco provato a fare, per poi pentirsene subito dopo.
Si era infatti ritrovata in una stanza spoglia sovraffollata: una donna magra e sfinita stava recuperando la posta dalle cassette vicino alle scale, mentre cinque o sei figli le cicalavano intorno in una lingua sconosciuta e uno dei più grandi era rintanato in un angolo a fumare quello che aveva tutta l’aria di essere uno spinello.
Doveva al massimo avere dodici anni.
Tonks era rimasta a guardarlo sconvolta per almeno un minuto, finché un energumeno con diversi piccoli lividi sugli avambracci l’aveva rudemente spinta da parte per entrare nel bagno sul retro, al cui interno aveva intravisto, come se non bastasse, un paio di donne  decisamente appariscenti intente a mostrare che donne non lo erano poi così tanto.
Tutto questo l’aveva decisamente persuasa a lasciare l’edificio.
Era impossibile, si disse, che Remus abitasse in quel postaccio.
 
Qualche tempo dopo, quando ormai si era ripresa dallo shock (insomma, Tonks, sei un Auror! Hai visto cose ben peggiori), Tonks rifletté che la cosa era comunque plausibile.
Quante volte aveva visto Remus in difficoltà all’avvicinarsi delle festività come compleanni o Natale? Per non parlare poi di tutte le volte che l’aveva beccato a rammendarsi gli abiti.
Sapeva benissimo delle sue difficoltà economiche, considerate le innumerevoli volte in cui lui stesso gliele aveva ricordate, ma non gliene era mai importato nulla.
Cos’era il denaro davanti al sentimento infinito che la legava a Remus? Nulla.
Ma ora che si trovava in quella stradina sudicia, doveva ammettere che iniziava a capire cosa aveva cercato di dirle Remus in tutto quel tempo, quando aveva cercato di tenerla lontana dalla sua vita, dalla sua desolazione.
E lei ne era rimasta sconvolta.
Non che questo l’avesse scoraggiata, anzi, se possibile, l’aveva spinta ad amarlo ancora di più, ma non poteva capacitarsi di come un uomo straordinario come lui potesse vivere in una simile decadenza.
 
Non seppe quanto tempo fosse rimasta lì impalata a rimuginare, ma gli sguardi truci di un gruppo di uomini lì vicino attirò la sua attenzione.
Erano tutti chini e sussurravano a bassa voce cercando di non farsi vedere mentre si scambiavano misteriosi pacchetti chiusi, cosa che spiegava in effetti tutti i vari lividi sulle braccia dell’uomo che aveva urtato Tonks poco prima.
A un certo punto uno di loro tirò una gomitata a un vicino, indicandola, e Tonks pensò che era decisamente ora di cambiare aria.
Ma all’improvviso, proprio mentre si incamminava verso l’uscita del vicolo, una mano le afferrò il polso.
Tonks si voltò, pronta a scagliare una maledizione contro chiunque, babbano o meno, tentasse di minacciarla, ma si bloccò alla vista della ragazza che le sorrideva con gentilezza.
“Hai bisogno di qualcosa, per caso?” le chiese.
L’Auror si soffermò a osservarla: la ragazza era decisamente più alta di lei, ma dimostrava al massimo vent’anni e ostentava una scollatura che non lasciava molto spazio all’immaginazione.
“Perché me lo chiedi?” domandò Tonks, guardinga.
“Perché stai qui in piedi da almeno un quarto d’ora e le mie amiche laggiù dicono di averti intravisto poco fa nell’atrio.. ed eri sembrata loro un pelino confusa.”
Tonks guardò le figure che la ragazza indicava e individuò all’istante la coppia in gonnella che si trovava in bagno poco prima.
Questo, unito ai capelli biondo ossigenati, al trucco pesante e alla minigonna ascellare, lasciavano pochi dubbi su che mestiere facesse la ragazza, ma considerato che Andromeda e Ted non l’avevano certo educata ai pregiudizi, le rispose con sincerità.
“Io.. in realtà.. sto cercando una persona. Mi hanno detto che abita qui, ma non ne sono proprio certa.”
“Perché non mi dici come si chiama questa persona?” chiese lei affabile “Se abita qui di certo la conosco almeno di vista.”
“Remus Lupin.” Rispose Tonks, ancora scettica.
“Remus?” esclamò lei “Ma io lo conosco bene! Seguimi, ti accompagno da lui!”
Dopo un istante di esitazione Tonks si decise, e seguì la ragazza all’interno dell’edificio e su per le scale, dove mise quasi immediatamente un piede in fallo.
La ragazza era già qualche gradino più su e rise all’imprecazione di Tonks.
“Risparmiate sull’elettricità qua dentro?” Borbottò dopo essersi rialzata. “Ho visto lucciole morte illuminare di più.”
“Beh, questa è una gran topaia. Certi lussi non ce li possiamo permettere.” sorrise quella in risposta.
“Avresti dovuto dire subito di essere un’amica di Remus, comunque.” disse dopo un po’, come se niente fosse  “Qui ci conosciamo tutti, ormai.”
“Tu e lui compresi, giusto?” Chiese Tonks curiosa di sapere dettagli sul quel lato di Remus che lei non conosceva.
“Oh, sì. Io e lui soprattutto. Passiamo un sacco di tempo insieme.”
A Tonks non piacque la luce maliziosa negli occhi della ragazza e le sorse un sospetto.
Possibile che Remus possa davvero.. con questa biondina?
“Molto tempo insieme in che senso?” chiese subito, odiando però l’apprensione che era trasparita dalle sue parole. Avrebbe preferito mostrare un po’ più di disinteresse.
La ragazza, al contrario, sorrise raggiante, come se la reazione di Tonks fosse proprio quella che si fosse aspettata.
“Beh, lui è davvero un mago nei giochi di carte e mi insegna qualche trucchetto. Poker, in particolare. Non mi lascia vincere una sola mano, sai.”
E con una strizzata d’occhio s’incamminò di nuovo, lasciando Tonks sola con il suo senso di colpa per aver pensato male di Remus.
Poker, eh? E chi l’avrebbe mai detto? A quanto pare il lupo gioca d’azzardo..
“Eccoci arrivati.” Annunciò quella, dopo l’ennesima rampa di scale. “Interno 23a, quinto piano.”
Si trovavano in un corridoio squallido quasi quanto l’atrio sottostante, senza alcuna finestra e con porte di vernice blu scrostata.
“Remus!” urlò poi la ragazza, bussando con insistenza a una delle porte. “Sveglia, Bello Addormentato! Qua sei richiesto!”
Un tramestio, un rumore attutito di passi e la porta si aprì quel tanto da lasciar passare una testa di scarmigliati capelli castani.
“Per Merlino, Natasha!” sbadigliò Remus, gli occhi ancora semichiusi. “Ti ho già detto che non ho nessuna intenzione di ospitare una bisca clandestina nel mio appartamento!”
“Oh, andiamo! Amanda e Lucrezia hanno già comprato le patatine e i premi da mettere in palio.
Il fortunato vincitore avrà una rifornitura a vita di preservativi! Sarà eccitante!”
“Per quanto l’evento m’intrighi..” rispose l’uomo, che aveva l’aria di pensare tutto il contrario “Non sono affatto dell’umore giusto, quindi credo proprio che rifiuterò.”
“Tu non sei mai dell’umore giusto. Poi a volte hai degli sbalzi d’umore peggio di quelli di una donna.” replicò Natasha “ Per fortuna che ho io la soluzione per te!”
E  trascinò Tonks ben in vista davanti a sé.
“Tonks?” esclamò Remus, spalancando gli occhi per lo stupore. Per un attimo parve senza parole.
 “T-tu.. che ci fai qui? Come facevi a sapere dove..?”
“Kingsley.” Rispose lei semplicemente “Avevo bisogno di parlarti.”
“Capisco. Tu stai bene?” chiese poi, con tono preoccupato, dopo averla squadrata.
E non si riferiva solamente al lato fisico.
“Veramente sono io che dovrei chiederlo a te.” replicò Tonks secca.
Lei era in stato pietoso da così tanto tempo da averci fatto l’abitudine, ma Remus, se possibile, le sembrava ancora più magro  e stanco del solito.
Ma non era quello a farle impressione: erano i suoi occhi.
In sole poche ore sembravano aver perso quell’energia che Tonks amava; erano diventati piatti, inespressivi.
“Ok, mi pare che voi due abbiate molto di cui parlare.” intervenne Natasha “ Vi lascio soli e vi saluto. Remus, pensaci per quella cosa della bisca, d’accordo?”
E s’incamminò per il corridoio. Poco prima di scendere le scale, parve però ricordarsi di una cosa e si rivolse a Remus.
“In ogni caso, Lupin, avresti dovuto dire alla tua ragazza di tutto il tempo di qualità che trascorriamo insieme. Mi è sembrata un pochino gelosa quando gliene ho accennato poco fa.”
E con un’ultima strizzata d’occhio, se ne andò.
“Le hai detto tu di essere la mia ragazza?” chiese lui stupito.
“No. Ha tratto questa conclusione da sola. Forse perché ha capito quanto diavolo tenga a te per venirti a scovare quaggiù.”
Lui le lanciò un’occhiata molto intensa prima di rispondere.
“Quaggiù è dove vivo io, Tonks. Avrei preferito che non lo vedessi, ma ora puoi capire. Questo è il massimo che uno come me possa offrire.”
Tonks era troppo abituata ai suoi tentativi di tagliarla fuori dalla sua vita per abboccare e così rispose a tono.
“Beh, da come non lo descrivevi sembrava molto peggio. Una volta che ci si è abituati alle stranezze del vicinato diventa un posto molto interessante dove vivere.”
Remus sospirò e borbottò qualcosa che suonava come un ‘sei incredibile’.
“Hai detto che dovevi parlarmi.” disse alla fine “Che cosa c’è?”
“TI volevo parlare di ieri, Remus. Di quello che è successo.”
Era esattamente il giorno seguente alla morte di Silente.
“Preferirei rimandare, Tonks. Io non.. non mi va di parlarne.”
E si appoggiò allo stipite della porta, come se non avesse la forza di reggersi sulle sue gambe.
Tonks pensò che appariva più provato che mai. Poteva solo immaginare cosa significasse per lui perdere il sostegno di Silente; in tempi più felici, quando Remus riusciva ad aprirsi con lei, le raccontava spesso episodi del suo passato.
Era così venuta a sapere che Remus aveva frequentato Hogwarts solamente grazie al vecchio Preside e che diversi anni più tardi sempre lui gli aveva concesso così tanta fiducia da offrirgli un ruolo da professore, grazie al quale aveva potuto incontrare il figlio del suo vecchio amico James e provare le tante soddisfazioni che l’insegnamento ai ragazzi poteva dare.
Sapeva inoltre che Silente gli era stato di grande conforto alla morte di James e Lily, e l’aveva sostenuto nei vari interrogatori seguiti alla cattura di Sirius, quando tutti lo sospettavano di complicità in quanto Lupo Mannaro e vecchio amico di Black.
E, cosa più importante, sapeva anche che Remus era sempre stato così grato e fedele ad Albus Silente che avrebbe potuto fare qualunque cosa per lui.
Come umiliarsi e sottostare agli ordini di un mostro che gli aveva rovinato la vita.
“Dannazione, Remus!” esclamò Tonks con trasporto “Perché credi sia venuta fin qui? Non ho intenzione di lasciarti chiudere in isolamento, quindi non cominciare con le tue storie.”
Alle parole ‘le tue storie’, lui le lanciò un’occhiataccia, ma quando parlò la sua voce rimase piatta.
“Ti ringrazio per il pensiero, ma io non ho chiesto l’aiuto di nessuno.” disse stancamente, provocando un moto di stizza in Tonks.
 Possibile che anche in questo momento sia così dannatamente orgoglioso? Tipico Grifondoro.
La ragazza scosse la testa. Non riusciva più a sopportare quella quieta disperazione che gli si leggeva nello sguardo. Doveva fare qualcosa.
“Ma io ti voglio aiutare.” mormorò, appoggiando la testa alla porta socchiusa. Voleva essergli utile, voleva fare parte della sua vita.
“Lasciamelo fare. Una volta soltanto. Ti prego.”
Ci fu un completo silenzio per qualche istante, poi Remus sospirò.
“Avanti, entra.”
Tonks, che si aspettava più resistenza da parte sua, sorrise grata e si affrettò ad entrare all’interno, curiosa come non le accadeva da tempo.
Si ritrovò in un economico bilocale; la porta d’ingresso si affacciava direttamente sull’angolo cottura, tra i quali si frapponevano un tavolino in legno grezzo e un divano di stoffa verde un po’ sgualcito.
Su un lato della stanza si trovavano due porte chiuse (Tonks suppose camera da letto e bagno) e dall’altro erano ammucchiate diverse sedie scompagnate.
Non sapeva cosa aspettarsi, ma fu piacevolmente colpita dal fatto che rispetto al resto dell’edificio, l’appartamento di Remus fosse piuttosto dignitoso e pulito.
Fu una vera sorpresa per lei, però scoprire che Remus non era ordinato e preciso come lei se l’era aspettata.
Semmai tutto il contrario.
Gran parte delle superfici erano infatti ricoperte da oggetti di varia natura, compresi spioscopi tascabili, consunte enciclopedie e diversi capi di abbigliamento, che davano l’impressione di non essere stati spostati da tempo.
Tuttavia, nell’acquaio non era presente nemmeno una tazzina di caffè usata e tra gli indumenti gettati alla rinfusa non ve n’era uno che fosse sporco.
Con un sorriso,Tonks intuì che Remus faceva solamente il minimo indispensabile per mantenere il bilocale abitabile e apprezzò particolarmente quel tratto che li accomunava.
“Qui dentro sembra un campo di battaglia. Hai ricevuto la visita di un Mangiamorte incazzato, di recente?” chiese infine, annusando un bagnoschiuma abbandonato sul divano.
“Dello stesso che ha fatto visita a te poco tempo fa, se la memoria non m’inganna.” rispose Remus senza sorridere.
Tonks sbuffò per l’allusione poco velata alla sua casa in subbuglio.
Quell’uomo riusciva sempre ad averla vinta.
“Non sono venuta qui per questo, comunque.” disse per cambiare argomento.
Lui attese paziente che continuasse.
“In parte ti volevo dire che mi dispiace per la scenata in infermeria.”
Arrossì al ricordo dei vari testimoni che avevano assistito al suo sfogo contro Remus, ma non ne era pentita.
Lui la respingeva da troppi mesi per meritarsi un minimo di privacy, e dopo aver assistito alla scenetta tra Molly Weasley e Fleur era stato veramente impossibile per lei tacere.
“Lo immaginavo.”
“Ma non ne sono minimamente pentita.”
“Immaginavo pure questo.” disse lui, per la prima volta con l’ombra di un sorriso. “Vai avanti.”
“E d’altra parte volevo solamente stare un po’ con te.” sussurrò. “Sono convinta che tu abbia bisogno di distrazioni.”
Lui la guardò con un’espressione un po’ compassionevole che non le piacque affatto.
“Tonks, per l’ultima volta. Non ti devi preoccupare per me, sul serio.”
“Io credo di sì, invece. Vuoi stare da solo. E quando tu vuoi stare da solo, so già che farai qualcosa di autolesionistico.”
“Ma non capisci?” le chiese lui con un sospiro “Io sono solo, Tonks.”
“Non cominciare con i tuoi vittimismi, Remus.”.
Era irritata dal fatto che lui la liquidasse ogni volta con frasi simili. Come se fosse una ragazzina qualsiasi.
“Vittimismi?” le domandò lui, irritato.
“Sai anche tu che lo sono!” esclamò Tonks “Non vorrai farmi credere di non aver mai avuto qualcuno che a te ci tenesse sul serio! Perché non lo vai a dire a Sirius, eh? O ai genitori di Harry? E di Silente che accidenti mi dici? Credi sul serio che non gliene fregasse niente di te?”
Si rese conto di essersi messa ad urlare, ma non poteva evitarlo. Perché doveva sempre sminuirsi in quel modo? Non si rendeva conto di che persona straordinaria fosse?
“Credi sul serio che io mi diverta a parlare in questo modo?” eruppe Remus, ormai decisamente alterato.
“Credi che non lo sappia quanto queste persone hanno fatto per me? Hai idea di quanto fossi affezionato a loro? Di quanto significasse per me la loro vicinanza?”
Preso dalla stizza sbatté un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare Tonks, che però non si mosse.
Non aveva mai visto Remus perdere il controllo così.
Prese un paio di respiri profondi per calmarsi e poi la fissò dritto negli occhi.
“Ora nessuno di loro è qui, Tonks.” mormorò con maggiore dolcezza  “Se ne sono andati tutti.. e adesso sono solo per davvero.”
Tonks sentì un’improvvisa, infinita voglia di corrergli incontro e abbracciarlo, ma si impose di non muoversi.
“Avresti me, se solo non fossi così testardo, lo sai.” mormorò.
Remus distolse immediatamente lo sguardo, ma Tonks si accorse che aveva stretto le mani a pugno, come a impedirsi di fare qualcosa.
“Io non ti posso avere, Tonks.”
Il tono della frase con tono risoluto, ma i suoi gesti lo tradivano. Sembrava più tormentato che mai. “Dobbiamo accettarlo.”
“No, invece.” sussurrò Tonks e ,cedendo alla propria tentazione, attraversò la stanza per buttargli le braccia al collo.
E per la prima volta lui non la respinse, ma ricambiò l’abbraccio con forza, quasi a cercare una qualche consolazione nel calore della ragazza, che istintivamente lo attirò ancora più vicino a sé.
“Sai, Remus..” disse dopo un po’ Tonks, prendendo ad accarezzargli i capelli “Credo che dovresti farci un pensierino su quella cosa delle distrazioni..”
“D’accordo. Hai vinto.” mormorò lui contro il suo collo “Puoi portarmi dove vuoi.”
Tonks, che in realtà si riferiva a un altro genere di distrazione,  rimase un po’ delusa, ma si riprese velocemente e gli afferrò la mano.
“In questo caso ho già in mente qualcosina..” gli sussurrò all’orecchio.
E cogliendo perfino sé stessa di sorpresa, smaterializzò entrambi fuori dall’appartamento.







Nda:   Ok. Fine. Ammetto di avere un po’ esagerato nel descrivere le condizioni in cui vive Remus, ma considerato che nella storia non ha lavoro da più di un anno, di certo non si può permettere un attico superlusso, no? J
Un commentino per dirmi cosa pensate me lo lasciate? Anche solo per dire che è una schifezza.Grazieee.  


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

   
 
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