Un
continuo tintinnio di pentole e
ferri proveniva dalla cucina di una villa. Dall’esterno
poteva sembrare vuota e
solitaria, ma non era così.
Al
suo interno ci vivevano una coppia
di giovani ninja e adesso la ragazza era intenta a preparare una cena
coi fiocchi,
tutto per il suo compagno. I sacchetti della spesa erano ancora sul
tavolo e la
ragazza faceva avanti e indietro, correndo, perché il cibo
non si bruciasse. La
fronte era imperlata di sudore, il grembiule aderiva alle sue forme,
leggermente arrotondate. In quegli ultimi tempi mangiava troppo e si
vedevano i
chili di troppo, tutto a causa del nervosismo che provava. Anche mentre
preparava la cena si ritrovava a sgranocchiare un pezzo di cioccolato.
Ai
fornelli era un genio, poteva
vantarsene, e voleva fare una sorpresa al suo fidanzato. Sorrise,
felice, ed
arrossendo all’idea che dopo tanto tempo era riuscita a
conquistare il ragazzo
dei suoi sogni e adesso ci conviveva pure. Se
qualcuno l’avesse vista in quel momento, le
avrebbe detto sicuramente che era rossa come un pomodoro, il suo cibo
preferito, e gli occhi a forma di cuoricino; tutto quello che faceva
gli
ricordava lui. Nel formulare quel pensiero divenne ancora
più rossa e mise una
tale forza nell’affettare un pomodoro che non si rese conto
di quello che stava
facendo. Accidentalmente si era ferita un dito.
“Ahi!”
esclamò, ritornando bruscamente
alla realtà. Il sangue usciva dalla ferita,
guardò il coltello anch’esso
leggermente sporco del suo sangue. Si portò il dito alla
bocca e succhiò, provando
un leggero dolore al dito; riprese a fissare la ferita, che riprese a
sanguinare. Assorta nel contemplare la ferita non si accorse del
ragazzo alle
sue spalle. La maschera da ANBU gli copriva il volto e avanzava sempre
di più
verso la ragazza che gli dava le spalle,
l’abbracciò poggiando il mento sulla
sua spalla. Ghignò sotto la maschera nel vedere come potesse
essere così
impacciata.
“Come
al solito ti sei fatta male, eh?”
scherzò il ragazzo, soffiando fra i soffici capelli rosa
della compagna. La ragazza
fu pervasa da brividi lungo tutta la schiena fino ad arrivare al
cervello. Gli
occhi verdi della ragazza cercarono un contatto visivo, dietro quella
maschera,
cercava quei occhi neri come la pece che sapevano incantarla,
ammaliarla. Il
sorriso di lei si allargò sempre di più; con la
mano, “sana”, gli tolse la
maschera per poi baciarlo. Il sorriso contagiò anche il
ragazzo.
“Sei
in ritardo” lo riprese; Sakura.
Come al solito sul volto del ragazzo non c’era nessuna
emozione, semplicemente
si guardò attorno e alzò un sopracciglio nel
vedere quanta roba stava
preparando, ma pensandoci bene negli ultimi tempi preparava una
quantità di
cibo che bastava per quattro persone e non avanzava mai nulla. Non ci
faceva
molto caso, però; attribuiva quel suo abbuffarsi come
conseguenza delle
missioni.
“Per
caso oggi verrà a mangiare un
intero esercito?” domandò il ragazzo, ispezionando
il contenuto di ogni pentola
e contenitore. Sakura sorrise, soddisfatta del suo operato, mentre si
curava.
Sasuke, annusando tutti quegli odori, non resistette ed immerse un dito
nella
crema e subito dopo se lo mise in bocca.
“Ehi!
Si mangia a tavola! Vatti a
cambiare prima” lo rimproverò dandogli uno
scappellotto sul collo. Sasuke
ubbidì, anche perché temeva la sua forza.
Cenarono
come al solito: Sakura che
tentava di far conversare il ragazzo, ma invano, poiché lui
rispondeva sempre a
monosillabi. Alla fine della serata, entrambi andarono a letto.
Stava
correndo
per i corridoi dell’ospedale, agitato e affannato. I corridoi
grigi e freddi di
quella struttura lo innervosivano ancora di più. Proprio
durante una missione
doveva accadere? Represse qualsiasi istinto omicida, visto che ormai
era fatta,
e continuò a correre più forte che
poté e quando vide l’unica porta presente
nel corridoio, l’aprì di slancio e si
catapultò verso il letto, in cui giaceva
una donna con in braccio un fagottino azzurro. Quando a porta si
spalancò con
tutto quel baccano, rischiando di far svegliare il piccolo, la donna lo
fulminò
con i suoi occhi verdi brillanti.
“E’
nata!”
esclamò il ragazzo, emozionato all’idea di esser
diventato padre. Gli occhi gli
brillavano, commossi ed entusiasti di far conoscenza con quella piccola
creatura, un dono del cielo.
“E’
nato,
vorrai dire” lo corresse la donna sorridendogli
amorevolmente. Il ragazzo a
quella notizia fu ancora più contento e gli parve di
scoppiare di gioia. Sakura
poteva ben vedere le lacrime di gioia che quel momento portava con
sé.
“Stai
piangendo, Sasuke?” domandò sorpresa e commossa, a
sua volta. Sasuke non piangeva
mai in pubblico e men che meno di fronte a lei, e vederlo piangere per
loro
figlio la rendeva orgogliosa di far parte di quella fantastica famiglia.
“Non
sto
pianendo… E’ la stanchezza della missione che si
fa sentire” borbottò, cercando
di cancellare qualsiasi traccia di quelle che potevano essere delle
lacrime.
Orgoglioso
fino alla fine, pensò Sakura. Scosse la testa, abituata a
quel suo
comportamento da duro.
“Non
vuoi
conoscere tuo figlio, papà?” chiese ridacchiando
la donna. Gli pose il fagotto e
in risposta Sasuke andò nel panico. Prese il bambino fra le
braccia e lo teneva
il più lontano possibile da sé e cercava di non
sballottarlo da tutte le parti,
per fargli male. Sakura ridacchiò divertita.
“Sasuke
sta
tranquillo, non ti mangia mica” disse.
“Ho
paura di
fargli male” ammise, arrossendo. Sakura si mise a sedere e
gli fece cenno di
avvicinarsi a lui, che ubbidì. Con delicatezza
sistemò il bambino fra le
braccia del padre e non poté non sorridere a quel quadretto
familiare così
tenero.
“Visto?
Non è
semplice?” chiese, osservandolo. Il ragazzo annuì
e contemplò quella creatura,
era bellissimo. I capelli neri,proprio come i suoi, e gli occhi di
sicuro
saranno quella della madre. Gli piaceva l’idea di quei occhi
verde smeraldo
contornato da quella nuvoletta nera. Sasuke poté solamente
sorridere. Stava
ancora dormendo dopotutto quel baccano.
“Ehi,
piccolino! Sono il tuo papà” mormorò,
chinandosi verso il faccino del piccolo
per sfiorare la sua fronte con le proprie labbra.
Proprio
in
quel momento il piccolo riaprì gli occhi, mostrandoli per la
prima volta al
mondo. Sasuke li guardò, pronto ad elogiarli, ma si
bloccò. Sakura notò questo
suo cambiamento, ma non perse il suo sorriso.
“Cosa
c’è,
Sasuke?” gli chiese; il ragazzo deglutì, incapace
di rispondere,e non riuscì
nemmeno ad aprir bocca.
Quegli
occhi
rosso intenso non erano i suoi, né quelli di Sakura,
piuttosto sembravano
quelli di… il piccolo Asuma.
“Non
è
adorabile?” domandò Sakura.
Sasuke
continuava a guardarlo negli occhi, nero nel rosso. Il bambino sembrava
fissarlo con ostilità, sfidandolo. Non poteva credere ai
suoi occhi, era un
incubo. Il bambino prese a piangere e a dimenarsi fra le sue braccia,
fino a
quando no fu fra quelle della madre. Smise di piangere, coccolato, e
guardò il
“padre” con uno sguardo di soddisfazione. Sasuke
non voleva crederci, non
poteva essere suo figlio quel… quel…
“Amore!
Che
papà cattivo, vero? Ma di chi sei l’amore? Di chi
sei l’amore?” canticchiò, con
quella sua vocetta stridula e facendo delle pernacchie per far ridere
il
bambino; sembrò funzionare, perché con quelle
manine si agitava
per arrivare al viso della madre,
ridendo. Sasuke era rimasto ancora sconcertato, ma come poteva esser
accaduto?
“Sasuke,
così
tratti tuo figlio?” domandò Sakura, sgridandolo
per il suo comportamento. A
quel punto scoppiò: cadde in ginocchio e stringendo i pugni
li batté contro il
pavimento.
“Nooooooooooooooooo”
urlò più forte che poté. Voleva uscire
da quell’incubo, ma sembrava proprio la
realtà.
“Nooo”
urlò, alzandosi dal letto trascinandosi
dietro tutte le coperte. Era sudato ed ansante, quel sogno gli era
sembrato
così vivido. Una mano, calda e rassicurante, si
posò sul suo braccio e attirò
la sua attenzione. Il ragazzo si voltò verso la donna, che
dormiva accanto a
lui. Sorrise nel vederla lì, che dormiva, con i capelli
rossa sparsi sul
cuscino.
“Tutto
bene, Sasuke? Ti sei preso tutte
le coperte ed io ho freddo.” Mormorò,
circondandosi con le sue braccia, in modo
da riscaldarsi. Sasuke sorrise e, con mani tremanti ancora a causa del
sogno,
la coprì con le coperte, stendendosi affianco a lei.
L’abbracciò e lei si
strusciò contro il suo petto, sospirando. Cercò
di riprendere sonno ma dopo
quell’incubo, non ci riuscì.
“Allora
Sakura glielo ha detto?”
domandò la sua amica, premurosa e timida come sempre. Sakura
sospirò e fece
cenno di no. La sera precedente sperava di iniziare la discussione ma
lui
sembrava più annoiato del solito e non voleva fargli
prendere un colpo, visto
con non aveva molto gradito la visita di Naruto con il piccolo Asuma.
Cercò di
non pensarci più di molto e si concentrò sulla
missione. Tsunade era al
corrente delle sue condizioni e gli affidava compiti semplici, come
quella che
stava svolgendo: intermediario fra Konoha e Suna. Anche se la missione
era
semplice, Tsunade non voleva rischiare e la faceva accompagnare da
qualcuno,
Hinata.
“No
alla fine non c’è l’ho fatta. E poi
stamattina era più strano del solito, aveva fatto un incubo
e credo che non
abbia più dormito. Prima di andarsene mi sembra che abbia
borbottato ‘odio quel
bambino’ ” riferì, diventando triste. La
compagna la raggiunse, mentre
correvano nel deserto, ormai mancava poco a Suna. La ragazza
comprendeva la sua
tristezza, d’altra parte anche a lei le sarebbe piaciuto
avere un bambino ma
non era il momento giusto né per lei né per
Naruto e su questo erano d’accordo.
“Non
fare quella faccia, vedrai che
quando lo scoprirà sarà felice di diventare
padre” cercò di consolarla e Sakura
le sorrise, grata.
“Si
forse hai ragione. Dovrebbe
renderlo felice l’idea di ricostruire il suo clan,
no?” domandò, speranzosa di
avere ragione.
Stavano
saltando da un ramo all’altro,
inseguiti da dei ninja avversari. Correvano sempre più
forte, in modo da farli
stancare e poi colpirli. Era semplice come piano, in un attimo
avrebbero
portato a termine la missione, peccato, però, che quel baka
di Naruto non era
dello stesso avviso. Assecondando il suo carattere da stupido irruento,
aveva
attaccato frontalmente il suo avversario. Così avevano
incominciato a
combattere e Sasuke non poté che fermarsi ed affrontare il
suo avversario. Al
contrario del compagno biondo, lui voleva finire al più
presto quella missione
per cui si sbarazzò al più presto di quel ninja
da quattro soldi per poi andare
ad aiutare anche il cretino, che dovrebbe essere il suo migliore amico.
Colpì
alle spalle il ninja che cadde
senza vita al suolo, e guardò in malo modo il suo compagno.
Naruto si tolse la
maschera da ANBU e mostrò il suo solito sorriso da eterno
bambino.
“Oggi
siamo più scorbutici del solito?”
domandò, ridacchiando, e incamminandosi verso il villaggio.
Sasuke guardò per
l’ultima volta il ninja ormai morto e raggiunse il ragazzo.
Erano avvolti dal
più completo silenzio e continuavano a camminare.
“Sasuke
si può sapere cosa ti prende?
Il tuo silenzio mi da ancora più fastidio del
solito” esordì il biondo
sorpassandolo e camminando all’indietro davanti a lui. Sasuke
non proferì
parola e continuò a camminare, guardando davanti a
sé, ignorandolo
deliberatamente. Naruto gonfiò le guancie contrariato.
“Cos’è
ti sei alzato con la luna
storta? Ha certe occhiaie” notò il biondino.
Sasuke si limitò a sbuffare.
“Non
ho proprio dormito, Teme” esclamò
irritato. Voleva essere lasciato in pace.
“E
come mai?” domandò fra il curioso e
il malizioso.
“Di
sicuro non per quello che pensi tu!
Ho fatto un incubo” rivelò, capendo che sarebbe
stato impossibile arrivare al
villaggio senza scoppiare per le troppe domande che Naruto gli avrebbe
rivolto.
Per cui si arrese davanti alle domande, già pronte del
compagno, e sperò di non
impazzire prima di arrivare a Konoha.
“E
che incubo?” domandò Naruto. Sasuke
alzò lo sguardo al cielo e sbuffò.
“Ho
sognato quel maledetto bambino!”
esclamò irritandosi ancora di più; già
sopportare le continue domande
assillanti di Naruto lo innervosiva, ma ripensare anche a quel bambino,
che lo
tormentava anche nei suoi sogni,lo faceva arrabbiare anche di
più. Naruto non
poté che guardarlo in modo confuso, non riusciva a capire di
quale bambino
stesse parlando; ma ci pensò, continuò a
rimuginarci sopra fino a quando non
realizzò di quale bambino stesse parlando. Sasuke non aveva
mai avuto a che
fare con i bambini se non per quell’unica volta in cui il
piccolo Asuma era fra
le braccia della sua fidanzata, battendolo su ogni fronte,non proprio
tutti. La
sua faccia prese ad illuminarsi sempre di più e Sasuke
comprese che finalmente
aveva capito di quale bambino stesse parlando, vista
l’espressione che si stava
formando sul suo viso. Il sorriso del biondo continuava ad allargarsi
fino a
scoppiare in una sonora risata, infastidendo ancora di più
le orecchie del
moro.
“Non
ci posso credere! Sei ancora
scocciato per quello che il bambino ti ha fatto?”
domandò il biondo,
continuando a ridere e tenendosi la pancia in modo teatrale. Sasuke
socchiuse
gli occhi guardandolo, sibilò qualche imprecazione contro la
sensibilità del
compagno, cercando un modo di sbarazzarsi di lui, in modo che nessuno
del
Villaggio collegasse la sua sparizione con lui, ma sarebbe stato
impossibile
visto che lui era l’unica altra persona in missione con quel
cretino. Sospirò,
lasciando da parte i suoi propositi d’omicidio, e prese a
camminare il più
veloce possibile e mettere più distanza fra loro. Naruto con
un gesto veloce si
asciugò le lacrime, che si erano formate per il troppo
ridere, e lo raggiunse
con un semplice salto.
“Ancora
ti senti minacciato da lui? E
come mai lo hai sognato?” domandò, curioso di
sapere. Sasuke lo guardò, per la
prima volta, incerto. Non si era mai confidato con nessuno, non voleva
spifferare i suoi “segreti” in giro e di solito non
voleva nemmeno ascoltare
quelli degli altri, troppo preso a pensare a se stesso. Tuttavia,
quella volta
non riguardava solamente lui, ma anche Sakura. Nel sogno appariva anche
lei ed
un motivo c’era e forse proprio quel sogno glielo sapeva
dire. Scosse la testa,
ma che andava a pensare? Non aveva nessun collegamento con Sakura, se
non per
il fatto che era stata lei a portare a casa quella
“cosa”, mentre il bambino
serviva solamente per risvegliare il suo nervosismo. Colpa delle ultime
missione che gli assegnavano, colpa dello stress senza alcun dubbio.
Però,
Naruto continuava a guardarlo in
attesa di una sua risposta. Aveva la tentazione di rimanere in
silenzio, ma,
per esperienza personale, sapeva molto bene che le sue domande si
sarebbero
fatte più insistenti e lui come sempre ne sarebbe uscito
distrutto. In certe
cose non poteva battere Naruto e la parlantina di sicuro non era il suo
forte.
Sospirando, sconsolato, si apprestò a rispondergli prima che
scoppiasse con il
suo fiume di domande.
“Non
so perché lo sogno. Di sicuro sarà
lo stress e poi il sogno è senza senso, visto che
è presente anche Sakura. Che
collegamento ci sarebbe fra i due?” l’ultima
domanda era rivolto più a se
stesso che al compagno, che lo aveva ascoltato. Naruto si
fermò, interdetto.
Quindi Sakura non gli aveva detto, ancora, nulla? Quando glielo avrebbe
detto?
Prima o poi, Sasuke, si sarebbe accorto dei suoi cambiamenti. Il moro
si
accorse del cambiamento di Naruto e si fermò a sua volta.
“Tutto
bene, Dobe? “ domandò Sasuke.
Naruto lo guardò, stava sudando freddo, non poteva dirgli
nulla altrimenti
sarebbe andato contro le furie di
Sakura, in quel momento rappresentante delle donne incinta e in preda a
cambiamenti ormonali, e non voleva dire addio a quel modo tanto presto.
Deglutendo, cercò di essere il più convincente
possibile.
“Ehm…
Magari… Magari è il fatto che non
ti è andata giù il fatto che hai perso contro un
bambino in fasce” cercò di
rabbonirlo. Sasuke lo guardò, aveva percepito quella nota
d’incertezza nella
sua voce, e non si fidava. Forse, per una volta, poteva concedergli il
beneficio del dubbio, visto che per una volta la pensavano allo stesso
modo.
In
quella giornata si ritrovò a
sbuffare anche fin
troppo, aveva
stabilito un nuovo record. Sasuke si ritrovava a percorrere quei
corridoi vuoti
e grigi, Naruto si era volatilizzato prima che potesse rifilargli il resoconto della
missione. Avrebbe piaciuto
molto andare a casa e ritrovare quella tranquillità, che era
solito a provare
fra le mura domestiche. Invece, quel baka del suo compagno lo aveva
mollato e
lui si era trovato costretto ad allungare il suo percorso.
Bussò
alla porta dell’ufficio
dell’Hokage e senza attendere risposta, vi entrò.
Si sarebbe aspettato di tutto
da parte di quella donna egocentrica, ma non quella di vederla in
ginocchio
sulla scrivania, in intimo, con delle carte in mano. A farle compagnia
c’era
quel maniaco del suo vecchio maestro, Kakashi. Era stata
l’influenza dei libri
che leggeva ad averlo reso così. Li guardò, a
bocca aperta e la richiuse subito
dopo aver realizzato quello che stava accadendo.
“ehi,
Sasuke! Corri c’è un’emergenza
con… “ la voce squillante di Naruto gli pervase i
timpani, ma anche lui fu
costretto a bloccarsi alla vista raccapricciante di quello che si stava
svolgendo in quell’ufficio. L’aria si fece pesante
ed elettrica, Tsunade aveva
gli occhi sbarrati dalla sorpresa e dallo spavento, mentre il loro
maestro
mostrava un’espressione di completo stupore ma non sembrava
preoccupato dalle
conseguenze che avrebbero potuto ricevere. I due ragazzi continuavano a
guardali, come se li avessero sorpresi a fare sesso. Il primo a
riprendersi fu
Naruto, che scuotendo la testa si ricordò di quello che era
venuto a fare.
“Non
è questo il momento di perdere
tempo- esordì, rubando il rapporto dalle mani del moro e
lanciandolo versi i
due vicino alla scrivania- Nonna noi andiamo a Suna”
urlò Naruto, trascinando
un Sasuke un po’ frastornato. Era appena ritornato da una
missione esasperante,
aveva appena assistito al lato peggiore delle persone che
più considerava dei
geni della lotta (visto e considerando il loro livello durante le
battaglie) e
adesso era sballottato per le strade di Konoha da un uragano senza
esaurimento
d’energie.
Dio
mi serve proprio una pausa!,
esclamò.
Sasuke avrebbe tanto voluto mandare al tappeto quel chiassoso ragazzo,
che lo
stava trascinando in chissà quale parte di quella parte
dell’emisfero, e
andarsene a casa a riposare.
“Teme
si può sapere cosa stai facendo?”
ringhiò il moro, al limite della pazienza. Naruto continuava
a correre per le
strade, portandolo quasi in spalla per far prima e ignorandolo sia lui
che le
sue lamentele. Uscirono dal villaggio a tutta velocità e
corsero per tutto il
tempo. Non si fermarono nemmeno la sera a riposare e Sasuke non ne fu
molto
contento, anche perché non conosceva il motivo di tanta
fretta.
“Teme
mi vuoi dire perché stiamo
correndo come dei forsennati? E per di più non mi fai
nemmeno dormire!” si
lamentò, non era nella sua natura lamentarsi ma ormai aveva
raggiunto il
limite. Naruto invece di fermarsi accelerò la sua corsa. Il
moro, senza
lamentarsi nuovamente, lo seguì.
“Stiamo
andando a Suna, Sakura si è
sentita poco bene” spiegò Naruto. E da quel
momento non si rivolsero più la
parola. Si concentrarono sulla corsa, per arrivare il più
presto possibile alla
loro meta.
“Dai
Sakura, muoviti!” continuò a
spronarla Hinata, continuava a tirarla per un braccio perché
si sbrigasse ad
andare alle porte dell’ingresso del Villaggio della Sabbia.
Sakura si domandò
come mai stava correndo per quelle strade sconosciute e di mattina
presto.
“Hinata
ma dove mi stai portando? Perché
poi proprio a quest’ora?” si lamentò,
nella sua voce si udiva la sua
sonnolenza. Infatti, sembrava dormire in piedi.
Dopo
essere riuscita a trascinare l’amica
fino alle porte di Suna, finalmente, si fermarono per il sollievo della
rosa.
Dopo
la sveglia brusca da parte dell’amica,
la sua pancia era subbuglio. Aveva la nausea e si sentiva
più stanca del
solito.
“Non
mi sento molto bene…” mormorò,
tenendosi la pancia con una mano. Cercò di resistere, per
scoprire il motivo
per cui Hinata l’aveva trascinata in quel modo per tutta la
città. Le porte si
aprirono in quel momento, mostrando due figure che correvano verso di
loro. Sakura
rimase sorpresa nel vedere che proprio Naruto e Sasuke avevano appena
varcato
la soglia di quelle grandi porte. I due ragazzi, vedendole, corsero da
loro.
Quando Sasuke appurò le condizioni della compagna, chiuse
gli occhi e si voltò
verso il biondo, che prontamente si era nascosto dietro la corvina.
“Naruto” disse solamente. Le
ragazze si voltarono a
guardare il diretto interessato. Il biondo da parte sua, prese a
deglutire per
il nervosismo.
“D-dimmi”
osò dire. Quando il compagno
riaprì gli occhi mostrò il suo Sharingan
Ipnotico. Naruto si ricordava molto
bene i tentativi, di Sasuke, per eliminarlo e sapeva, anche altrettanto
bene,
che non aveva mai fatto sul serio altrimenti sarebbe già
all’altro mondo.
Quella volta, però, temeva che lo avrebbe spedito
nell’alto nei cieli il prima
possibile.
Il
moro restò semplicemente in silenzio,
non voleva più sprecare fiato con quel ragazzo, che si
rifiutava di riconoscere
ancora come migliore amico.
“Naruto,
non dirmi che lo hai fatto
venire di corsa” disse la sua fidanzata. Gli occhi color
cielo, del ragazzo, si
scontrarono con quelli lilla, della ragazza. Ogni volta che li guardava
provava
l’impulso di stare a fissarla per tutta la sua vita e di
assecondare ogni suo
volere. Sembrava proprio patetico e se ne rendeva conto. Assecondo,
tuttavia,
il suo voler sapere la verità, per cui annuì.
“E
come mai lo hai fatto venire, proprio qui,
così di fretta?”
domandò la rosa. Il suo umore
era cambiato un’altra volta e tutti se ne erano resi conto.
Sasuke alzò un
sopracciglio, irritato da quella domanda.
“Il
dobe mi ha detto che ti era
successo qualcosa ed io sono corso
qui. Ma non ti preoccupare, me ne vado subito” disse
indifferente il ragazzo.
Prese a muovere alcuni passi verso le porte, per ritornare indietro.
Quella
volta il viaggio sarebbe durato più dei tre giorni, si
sarebbe preso una lunga
pausa, ne aveva proprio bisogno.
“Lo
avevo fatto venire di corsa perché
volevamo, io e Hinata, che parlasse. Sakura lo sai cosa devi dirgli,
vero?” l’incoraggiò
il biondo, prendendo per mano Hinata e trascinandola in direzione
dell’ufficio
del Kazekage. Sasuke si bloccò, girandosi lentamente verso
la compagna. Ritornò
indietro e l’osservò dall’alto,
aspettando una sua risposta alla muta domanda
che gli aveva posto. Che cosa intendeva Naruto? Sakura
abbassò lo sguardo,
aprendo e chiudendo la bocca, impreparata a quell’evenienza.
Insomma, sperava
di dirglielo in un momento migliore. Il dolore alla pancia
aumentò, come il suo
senso di nausea. Non sapeva come iniziare il discorso, ma doveva farlo.
“S-Sasuke,
ecco… io…
Devodirtiunacosaimportante” disse tutto d’un fiato.
Il ragazzo rimase ancora in
silenzio. Sapeva che Sakura aveva bisogno dei suoi tempi per esprimere
quello
che aveva dentro, a volte ci voleva solo un secondo e altre volte
doveva
attendere anche qualche settimana (il record era di due settimane, di
solito
era arrabbiata con lui e si
rifiutava di
rivolgergli la parola anche durate le missioni, finendo così
in guai ancora più
grossi di quelli che creava Naruto).
“Va
bene” rispose solamente, per
incitarla a continuare il discorso. Sakura lo guardò da
sotto quelle sue ciglia
così lunghe, timorosa delle sue stesse parole. Prese un
grande respiro e decise
di buttarsi.
“Beh,
ti ricordi del piccolo Asuma?”
domandò Sakura.
“Si”
rispose non capendo dove volesse
andare a parare. Che avesse parlato nel sonno e lei se n’era
accorta?
“Non
ti piacerebbe avere un bel
bambino, la tua copia magari, che gattona per le camere di casa
nostra?” un’altra
domanda. Perché quell’interesse, rinnovato, per i
neonati? Pensava di aver
chiarito la discussione, che aveva avuto con lei quel giorno,
riguardante al
fatto che avrebbero aspettato, e anche molto, prima di avere un
marmocchio che
li avrebbe visti indaffarati a corrergli dietro, per fare in modo che
non si
facesse male.
“Mi
sembrava di aver chiarito questo
punto. I bambini dovranno aspettare, siamo ancora giovani e poi
l’ultimo
incontro con quella “cosa” , il mio desiderio di
avere subito un figlio non è
molto alto” ammise, guardandola direttamente negli occhi,
quei stessi occhi che
presto si velarono di lacrime. Sasuke non ne capiva il motivo,
perché doveva
mettersi a piangere?
“Sakura…”
la chiamò. La rosa si piegò
su se stessa e prese a vomitare. Sasuke gli fu accanto, posando una
mano sulla
schiena e accarezzandola.
“Tutto
bene?” domandò, una nota di
agitazione traspariva dalla sua voce.
“No!”
esclamò, scostandosi dalle
carezze del fidanzato. Alzò lo sguardo verso di lui e lo
fissò con rabbia.
“Sono
incinta, Sasuke” esclamò. Al
ragazzo parve di sentire il mondo cadere da sotto i suoi piedi, non era
possibile. Erano stati attenti.
“Come
può essere?” domandò incredulo.
“Di
solito certe cose si fanno in due e
stai pur certo che non ti ho tradito!” esclamò e
mettendo in chiaro le cose,
prima che potesse farsi venire in mente strane idee. Sakura
cercò di rimettersi
in piedi, doveva ritornare a casa, ne aveva proprio bisogno. Le gambe
le
cedettero appena si mise in posizione eretta, chiuse gli occhi e
aspettò di
sentire il contatto del terreno e poi il dolore, ma ciò non
avvenne. Riaprì
lentamente gli occhi, accorgendosi di trovarsi fra le braccia del
ragazzo.
“Sakura!”
esclamò Hinata entrando,
seguita a ruota da Naruto, nella stanza dell’ospedale. Sasuke
contro il volere
della rosa, l’aveva portata all’ospedale per dei
controlli. Non avevano parlato
per tutto il tempo, non sapendo cosa dire. Tutti e due aspettavano che
l’altro
parlasse per primo ma ciò non avveniva.
“Come
stai? Il bambino? Sta bene anche
lui, vero?” domandò a raffica il biondino. Sasuke
lo guardò male, lui lo
sapeva, anzi, tutti lo sapevano ma non gli avevano detto nulla.
“Si,
Naruto. Puoi stare tranquillo,
sarai il suo padrino” lo rassicurò Sakura. Sasuke
li guardò scettico.
“Scusate?
Naruto farà da padrino al
bambino? Non se ne parla nemmeno! Non voglio che mio figlio subisca
un’influenza
così negativa” esclamò, mettendo ben in
chiaro la sua posizione. Sakura lo
guardò sorpresa, non si sarebbe aspettata una reazione del
genere da parte sua.
Naruto lo guardò, sfoggiando il suo sguardo da cucciolo
migliore.
“Non
funziona con me, dobe. Ancora te la
devo far pagare per avermi fatto arrivare a Suna in un giorno e mezzo
senza
nemmeno dormire. E poi se mio figlio seguirà il tuo esempio
sono sicuro che
diventerò pazzo” disse.
“Ma…
Ma Sasuke! Io ci tengo sia a te
che a Sakura e voglio essere il padrino di mio nipote”
protestò, buttandosi ai
suoi piedi e appiccicandosi ad una sua gamba. Le ragazze risero di
quella
scenetta così commovente.
“Mai.
Preferirei morire!” esclamò Sasuke.
E così i due ragazzi passarono il resto della giornata a
litigare per il ruolo
da padrino.
Okay, non ho idea da dove sia spuntata. Oh, si lo so da dove mi è spuntata fuori quest'assurda idea da Una giornata assolata.
Sasuke, dopo l'incontro ravvicinato con il piccolo e adorabile Asuma Jr, aveva affermato di non volere dei figli, ma a quanto pare il suo piano di rimanere "libero" è andato in fumo. Dovrebbe essere felice, visto che in questo modo ricostruirà il suo clan, no? Quel ragazzo è davvero incontentabile, certe volte. E Sakura sa essere anche una ragazza un po' paurosa, nonostante il carattere che si ritrova.
Bene spero che questa "cavolata" vi sia piaciuta e nella speranza che le fan della coppia SasuSaku non mi lincino per aver scritto questa 'roba' ^^
Spero che vi sia piaciuta lo stesso!!!
Bacioni
Ciao Ciao
_ilaria_94