ANTINOO
Eager and impassionated
tenderness, sullen effeminacy.
Percy B. Shelley
La barca disegna il fiume, pensavo, osservando incantato l'aprirsi dell'acqua al nostro passaggio, fremere al bacio del cielo, al tocco delle mie dita.
Sentivo le sue mani accarezzarmi
i capelli, il collo, la schiena, sfiorare la mia pelle con sensuale
distrazione; parlava, nel frattempo, di Roma, della sua vita.
Io tacevo e assaporavo il suo
tocco, il silenzio strano che regnava tra noi, che mi impediva di intervenire,
di porre domande su una parte della sua esistenza che non condividevo, che non
capivo, e che non mi aveva mai incuriosito.
La voce di Lucio si levava
leggera, incontrandosi con la sua: la loro complicità era solida di anni
trascorsi insieme, di quella stagione in una reggia lontana, mesi assorti di
cui lui non mi aveva mai parlato, ma che io sapevo esistere, nella sua mente.
Non ero propriamente geloso del giovane aristocratico, non del passato che li
legava: piuttosto, gli invidiavo il futuro.
Tuttavia quei pensieri non erano
ancora definiti, mi lasciavo trasportare dall'incantesimo della sua voce pacata
per volare lontano, tornare indietro, in quel tempio, da quella strega che
leggeva il volo dell'avvenire, nel corpo ormai freddo del falchetto che avevo
sacrificato.
Un'oscura magia permeava la mia
serenità: mi sentivo incerto, sull'orlo della notte.
Mentre lui dormiva, tornai da
lei.
E le sue rivelazioni mi
convinsero che il momento era giunto, era impossibile aspettare ancora,
visitare per un tempo più lungo questo mondo.
Lo amo, certo, e abbandonarlo è
difficile.
Questa notte ho pianto, tra le
sue braccia, e lui se n'è accorto, ha indagato la mia tristezza.
Gli ho mentito: ho finto
stanchezza.
Gli ho mentito, come avrei
potuto dirgli che piangevo nel lasciarlo?
Lui stava leggendo le sue carte,
quando me ne sono andato.
Non gli ho detto addio: non mi
avrebbe lasciato allontanare, altrimenti.
In verità, sono stato fortunato
che fosse impegnato nell'ordinare gli affari del regno: sarebbe stato
impossibile nascondere le mie intenzioni ai suoi occhi penetranti.
Neanche mi ha guardato, invece,
e so che sarà questo a tormentarlo maggiormente, nei giorni a venire.
Questo: il non avermi compreso,
indovinato, non aver saputo leggere nel palmo della mia mano la mia fine, lui,
abile chiromante conoscitore dei cieli.
Eppure non è responsabilità sua,
io ho impiegato tutto me stesso per serbare i miei segreti. Non avrei
sopportato un'intimità più reale ancora di quella che già condividevamo.
Sono cresciuto con lui, e non
saprei immaginare la mia vita senza la sua presenza.
Perciò preferisco questo: che il
fiume culli il mio corpo, levighi le mie forme e offuschi i miei occhi, che
altri non possano leggervi i misteri che confidai a lui solo.
È dolce la morte quando viene
data per salvare un'esistenza preziosa, e io sono lieto di sacrificarmi
affinché egli, e l'impero da lui guidato, continuino il cammino.
Inoltre non posso tacere il
fascino arcano che suscitano in me queste grandi statue di granito, monumenti a
qualcosa di perduto, e ancora di più queste grotte nascoste, umide di buio,
nelle quali il fiume ritrova il suo corso originario, la sua freschezza senza
tempo.
È una strana emozione percorrere
scalzo l'argilla scivolosa che ricopre il terreno, percepire i capelli sudati
incollarsi alle tempie in riccioli scomposti, sentirsi più che mai simile a un
bambino, di fronte a quest'acqua scura, alla paura di doverla amare.
Sentirsi un bambino a soli
vent'anni, e non desiderare crescere, né invecchiare, né cambiare, mai.
Non sono curioso verso il
futuro: so che lui saprà organizzarne uno migliore, per quanto questo poco mi
tocchi. Del resto, non ho mai creduto che avrei veduto l'alba del domani.
Il domani. Un po’ mi si stringe
la gola al pensiero di lui riverso sul mio corpo, le sue labbra a baciarmi, il
suo dolore nel sentirmi ghiacciato, il suo dolore, così poco imperiale, come
l'amore.
Esito immaginando le sue lacrime
salate, e le sue bestemmie verso il cielo, verso quegli dei nei quali mai
confidò realmente. Diceva spesso che io ero il suo dio, e me ne compiacevo,
senza ignorare che, in realtà, l'unica figura divina che realmente venerasse
era se stesso. Nel fondo del mio cuore, condividevo questa certezza.
Adesso soffrirà, come soffrirono
gli dei quando i mortali da loro amati caddero, come soffrì Achille per la
morte di Patroclo. Soffrirà ma si riprenderà, perché la sua luce brilla con
troppa energia, per essere offuscata da un singolo dolore.
Ho ormai perso il conto dei
minuti che mi hanno visto qui, immobile, a contemplare il mio viso specchiarsi
nell'acqua, perso nell'immaginare una sua reazione a questo gesto tanto
definitivo.
Potrebbero essere trascorse ore come pochi istanti, non so quanto tempo impieghi la mente per ripercorrere un'intera vita. La luce non mi aiuta a stabilire un orario, la penombra che regna nella grotta rende questo luogo appartato una diversa dimensione.
Passo le dita tra i capelli, una
carezza lunga, incerta.
Mi volto a guardare
l'imboccatura della caverna, dove ho abbandonato tunica e sandali.
Sono nudo. Percorro con gli
occhi il profilo del corpo, questa carne mielata che mi è stata compagna per
venti anni, che ho visto crescere e mutare al pari di me, soffrire e godere per
le mie stesse ragioni. La amo, anche ora che sto per abbandonarla.
Sorrido per la mia ironica
somiglianza con Narciso: come lui morirò nel tentavo di raggiungere il mio
riflesso. Eppure io sono stato legato al mondo, ho amato e odiato persone
reali, e a queste persone rimetto la mia vita.
Non ho mai ignorato la mia
grazia: non ho avuto bisogno di sentire le parole incurvarsi sul suo sorriso,
per sapere di essere bello. Tuttavia, sentii di essere realmente me stesso
solamente sotto le sue mani dolci ed esperte.
L'ho amato per quello che è
stato: l'imperatore e il filosofo, il letterato e il padre, l'amante e l'amico.
Per tutte queste persone morirò; per permettere ad esse di continuare a vivere.
È questa l'oscura profezia della
maga egizia: occorre un sacrificio per salvarlo dalla morte.
Fisso gli occhi nel buio delle
iridi del mio riflesso: lo specchio d'acqua sarà il mio assassino, e la mia
tomba. Questi cieli tersi e stanchi, questo sole crudele che regala solo
carezze brucianti faranno da sfondo per i miei sogni.
Il mondo continuerà a scivolare,
leggero, come una barca sul fiume. Disegnandone il corso.
E io risalirò il tempo fino alla
sorgente, per mettermi seduto ad aspettare.
Cosa, non lo voglio sapere.