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Autore: CriminalDanage    29/07/2011    4 recensioni
"Non più amanti, ma nemmeno sconosciuti.
Incapaci di diventare amici,non importa, io ti amo. Ora e per sempre."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Sometimes love, feels like pain,
 and sometimes I wonder if it's all the same, sometimes life, feels just like rain,
cause you never know,
 when it's gonna
fall down on you

 

Kokuyo era inaspettatamente silenziosa e buia, più di quanto ricordasse.

Il portone principale era ricoperto di ruggine e scricchiolò leggermente quando lo aprì, ma nonostante tutto sembrava stare ancora perfettamente in piedi, anche se a dire il vero era un mistero come l’intero edificio stesso fosse ancora in piedi.

Tsuna prima di entrare lanciò un’occhiata all’interno, e ciò che incontrò fu solo oscurità, minacciata dalla tenue luce che proveniva dall’esterno, attraverso il portone da lui stesso socchiuso. Silenziosamente se lo chiuse alle spalle, sforzando la vista per vedere al di là di quell’oscurità; il silenzio regnava sovrano.

In un angolo, proprio a destra dell’entrata, vi erano cartacce di snack e lattine di birra gettate a terra, mentre a sinistra erano presenti scatole vuote di una pizzeria take- away che Tsuna conosceva piuttosto bene.

Procedendo di alcuni passi si trovò di fronte a un enorme spiazzo completamente vuoto, finché non notò con lo sguardo un divano, che come il resto del magazzino abbandonato non era granché messo beno. Si avvicinò stringendo tra le mani una borsa di plastica, al suo interno c’erano un po’ di vestiti di ricambio, del cibo preparato da sua madre e alcuni fumetti.

Girò attorno al divano, scorgendo la figura addormentata di Mukuro; il Guardiano della Nebbia era stato liberato nemmeno cinque giorni fa dalla Prigione dei Vindice, tornando a vivere una vita normale dopo tutti gli anni passati senza poter vedere direttamente la luce del sole, a meno che non possedesse il corpo di qualcuno, come ad esempio Chrome.

Il giovane Boss dei Vongola sorrise in maniera appena impercettibile, posò senza far rumore la borsa sopra il tavolo di fronte al divano, chinandosi in avanti con l’intento di coprire l’altro ragazzo con la propria giacca; nemmeno il tempo di sfilarsela che si ritrovò a pochissima distanza dalla gola la punta del tridente di Mukuro. Deglutì e con una certa circospezione fissò gli occhi bicromi dell’altro, che lo fissò sorpreso e spaventato.

«Sawada Tsunayoshi?»

Nella voce di Mukuro era evidente la sorpresa, ma allo stesso tempo un leggero distacco che l’aveva sempre contraddistinto le rare volte in cui gli aveva rivolto la parola. Istintivamente Tsuna indietreggiò, un po’ per sfuggire alle pericolosissime punte del tridente, un po’ per riprende fiato, visto che in quella frangente di tempo l’aveva trattenuto.
«Non volevo spaventarti…» Ma non riuscì a terminare la frase, Mukuro poggiò i piedi a terra pur rimanendo seduto e si passò una mano sul viso, con l’espressione corrucciata di chi stava dormendo decisamente molto bene ed era stato disturbato.
«Non mi sono spaventato.» Ribatté posando lo sguardo sul castano, per poi rivolgerlo verso la borsa posata sul tavolo di fronte a lui; Tsuna intercettò immediatamente il suo sguardo e si spostò a lato.
«Ho pensato di portarti dei vestiti di ricambio, qualcosa cucinato in casa, sai mamma è un’ottima cuoca e - »
«Hai pensato male.» Lo zittì improvvisamente Mukuro, alzandosi in piedi, in direzione di un vecchio lavandino posizionato più a sinistra rispetto al divano, subito vicino c’era una tenda semi-distrutta e Tsuna immaginò che quello doveva essere lo spazio adibito a bagno.
Non si arrese alla risposta fredda e diretta del Guardiano della Nebbia e dopo alcuni attimi di silenzio, durante i quali Mukuro si sciacquò il viso, si rivolse nuovamente a lui.
«Se avete bisogno di un bagno potete usare il mio… Capisco che forse è un po’ lontano, ma è piuttosto - »
«Non voglio usare il tuo bagno. E non voglio nemmeno i tuoi vestiti, tanto meno del cibo. E in fine, non voglio che tu sia qui. Sparisci.»
Il castano trasalì, fissando incredulo la schiena che Mukuro gli aveva rivolto nuovamente dopo averlo liquidato con quelle parole. Forse aveva osato troppo e aveva sempre saputo di non andare particolarmente a genio a Mukuro, ma dall’altro punto di vista più volte il ragazzo gli aveva affidato compiti importanti, come proteggere Chrome. Tsuna si sentiva un po’ confuso e demoralizzato, ma sicuramente non voleva farsi trattare da Mukuro.
«Com’è essere di nuovo nel proprio corpo?»  Tentò di iniziare una conversazione, seppur l’altro lo avesse liquidato in quattro e quattr’otto. Mukuro gli rivolse l’ennesima occhiata glaciale, con tanto di espressione carica di disappunto.
«Se continui così potrei decidere di prendere il tuo corpo senza farmi alcun problema.» Lo minacciò, quelle parole non sorbirono particolari effetti su Tsuna, a parte dei lievi brividi che gli percorsero la schiena. Mukuro non aveva agito quando ne aveva avuto l’opportunità, figurarsi ora che aveva nuovamente il proprio corpo, che senso poteva avere?
«Sai Mukuro, sono felice che sia tornato tutto come prima… Che tu sia tornato nel tuo corpo e poi devo ringraziarti per l’aiuto che ci concesso contro Daemon Spade, se non fosse stato per te Chrome e Enma - »
«Basta, stai zitto.»
Tsuna sussultò per l’ennesima volta, in particolare quando avvertì Mukuro afferrarlo per la collottola della maglietta e spingerlo contro la parete più vicina con ben poca gentilezza. Quel ragazzo gli dava terribilmente sui nervi, o almeno è questa l’impressione che voleva darsi di lui, in realtà non era esattamente così.
Tsunayoshi Sawada era stato il suo nemico per diverso tempo, la stessa persona che gli aveva fatto comprendere la vera importanza verso i compagni, cosa che aveva compreso già tempo fa, ma che ora aveva assunto un significato ben più importante. Lui aveva sempre vissuto nel buio, non conosceva nemmeno il significato della parola “luce”, mentre a differenza sua Tsuna era sempre stato più fortunato, circondato da tantissimi amici, possedeva una stanza tutta sua, viveva come qualsiasi adolescente della sua età. Mukuro da un lato lo invidiava, avrebbe voluto essere così, ma dall’altro sentiva che la propria adolescenza era passata da troppo tempo e non avrebbe mai avuto il tempo necessario per riaverla indietro o perché no, riviverla.
«Mu…Mukuro. Non volevo essere invadente, mi dispiace.»
«Sai Vongola, quando ti metti, sai essere dannatamente irritante.» Asserì mordendosi il labbro inferiore, intravedendo il timore sul volto del più basso. Tsuna deviò lo sguardo, tenendolo fisso verso un punto indefinito del petto di Mukuro.
«Ero un po’… Preoccupato per te. Reborn ha detto che Hibari-san era venuto a Kokuyo per cercarti, per combattere. E’ un po’ che non vedo nessuno dei due nelle circolazioni… Volevo sapere se stavate bene.»
«Non ho visto Hibari Kyoya, ma sicuramente sarebbe una compagnia più gradita della tua… Almeno lui non trema come un cane bastonato quando gli parlo.» Solo in quel momento Tsuna si rese conto che stava davvero tremando e sollevò lo sguardo imbarazzato verso Mukuro, lui a differenza sua sorrideva con fare intimidatorio.
«Non sei obbligato a fingerti gentile nei miei confronti, Vongola. Solo perché ci siamo trovati sullo stesso campo di battaglia non dobbiamo per forza essere amici. Non m’interessa quel genere di legame con te, io non sono come Gokudera Hayato e il resto del tuo gruppetto, ma non sono nemmeno come Hibari Kyoya… Considerami come qualcuno che è rimasto impressionato a tal punto dalla tua forza da decidere di aiutarti, una volta, due… Ma non desidero che tu ti sforzi di essere gentile con me, sappi che il mio odio verso la Mafia non è diminuito.»
Tsuna sospirò più forte di quanto avesse pensato, e prima di rendersene veramente conto afferrò la mano di Mukuro, portandola verso il proprio petto. Mukuro non riuscì a capacitarsi di quel gesto, forse per quello che non assunse un’espressione riluttante, ma si stupì quando Tsuna lo tirò verso di sé, obbligandolo a far combaciare la sua fronte con la propria.
Improvvisamente quell’angolo del magazzino si riempì di una luce fortissima, calda ma che non bruciava, sembrava quasi di vedere una luce artificiale, ma in realtà si trattava della fiamma che ardeva sul capo del castano durante ogni battaglia. Mukuro aveva già avuto l’occasione di vederla ogni volta, ma mai da così vicino.
La fiamma bruciava, si dimenava come in preda a convulsioni, i colori caldi che la rappresentavano si mischiavano l’uno nell’altro… Ma lui non sentiva dolore, semplicemente un calore piacere e rassicurante; poi ricordò, quella luce era la stessa che più volte aveva sognato quando ancora risiedeva nella prigione Vindice.
In quel luogo, dallo scontro con Tsuna, più volte aveva sognato quella fiamma che sembrava donar speranza, vita e magari anche la morte, seppur al momento non riuscisse a vederci nient’altro che qualcosa di positivo.
Aprì gli occhi, rendendosi conto di averli chiusi, ed incontrò il viso di Tsuna, illuminato da quella luce. La sua pelle già normalmente chiara era evidenziata da giochi di luci e ombre create dai contrasti della frangia che gli ricadeva sul volto e dalla fiamma che continuava a muoversi in quel vorticare di colori.
«Sei così dannatamente testardo…»
Sussurrò il Guardiano con un’espressione imbronciata, accogliendo le labbra di Tsuna sulle proprie e impercettibilmente sorrise.
La fiamma di Tsuna sparì, rigettando nel buio il magazzino, e in quell’oscurità Mukuro afferrò il ragazzo tra le sue braccia, trascinandolo fino al divano dove a contatto così diretto con il suo corpo intuì che forse c’era qualcosa che aveva sempre voluto… Il suo corpo, ma in nel senso che aveva inteso fino ad allora, troppo accecato dall’odio e dai risentimenti, bensì qualcosa in più.
Era alla ricerca di qualcuno che lo rendesse una persona migliore, non buone azioni parlando; qualcuno che lo rendesse capace di esprimere i propri sentimenti e quella persona non poteva essere nessun altro che Tsunayoshi.
Ma quello sarebbe dovuto rimanere segreto; un segreto che nemmeno Tsuna stesso poteva conoscere.

Un brivido, caldo e freddo allo stesso tempo, lo riempì, solleticandogli la spina dorsale, gremendolo di quel calore che trasmetteva un misto di sensazioni piacevoli e dolorose assieme.
Scandì lentamente il suo nome, Mukuro leccò le sue labbra, ne succhiò lentamente il labbro inferiore, già gonfio per i troppi baci, assaporandolo lentamente.
Tsuna ridacchiò quando all’improvviso una mano di Mukuro raggiunse il suo fianco, accarezzandolo con un misto di desiderio e possessione. L’altra mano scorreva nell’incavo della gamba, appena sotto il ginocchio, andava ad accarezzare d’intanto in tanto il suo interno coscia fino a giungere al suo sesso già eretto tra le gambe, turgido e già bagnato dalle prime gocce pre orgasmiche.
Tsuna restò a bocca aperta quando le prime spinte iniziarono a riempirlo totalmente; gli occhi spalancati in un’espressione sorpresa, confusa allo stesso tempo, mentre dalle labbra gli sfuggirono gemiti decisamente troppo spinti per la sua bocca normalmente così pudica.
Lo sentì scivolare più di una volta al suo interno delle pareti del suo corpo – ormai bollente – sospirava in modo lascivo, talvolta sentiva le mani fredde di Mukuro esplorare il suo corpo con quelle carezze lente ed esperte.
Tutto ad un tratto si sentì sollevare per la schiena, trovandosi nuovamente vuoto, con entrambe le mani di Mukuro sui fianchi. A stento riuscì a trattenere un sorriso quando incontrò quello sul volto dell’altro, misto di malizia e una ben poco celata emozione.
Si domandò il perché del silenzio di Mukuro, non aveva mai aperto bocca, nemmeno una volta, soffermandosi ogni tanto per guardarlo in viso, nulla di più.
Dopo brevi attimi di esitazione, Tsuna reagì di propria iniziativa, facendosi leva sul divano in pelle all’interno del magazzino abbandonato, per poi immolarsi sulla carne testa e pulsante di Mukuro. La penetrazione da quella posizione fu lenta e dolorosa, ma allo stesso tempo più lo sentiva farsi strada in sé, più quel dolore si trasformava in quel calore quasi ustionante di cui portava ancora le tracce addosso e dentro di sé.
Ondeggiò appena i fianchi, cercando di abituarsi a quella sensazione non così diversa da quella precedente, ma comunque nuova per lui. Pensare di essere un tutt’uno con lui, Mukuro, gli faceva provare un misto di sensazioni confuse; piacere, ma comunque quel leggero velo di terrore al pensiero di esser posseduto dall’uomo che desiderava il suo corpo – e  in un certo senso lo stava prendendo davvero, prosciugandolo a ogni spinta.
La sua mente si alleggerì poco alla volta, lasciando spazio al desiderio,spiazzato allo stesso tempo quando una spinta lo colpì in un punto preciso del suo corpo, provocandogli dei piacevoli brividi, seguiti da alcuni giramenti di testa.
«Mu-Mukuro…»
Lo chiamò con voce spezzata, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Mukuro gli si rivolse con un’occhiata interrogativa, accarezzandogli con lentezza la fronte costellata di gocce di sudore, mordendosi il labbro inferiore quando la sensazione di completezza lo accolse, segno che stava per raggiungere il culmine del piacere.
«Mh, niente… »
In realtà qualcosa c’era, ma non sapeva nemmeno lui cosa; forse era la sensazione che tutto fosse così dannatamente sbagliato, a partire dai propri sentimenti, ma non riuscì a pensarci ulteriormente visto l’orgasmo che lo sorprese all’improvviso, seguito pochi minuti dopo da quello di Mukuro.

 «Soddisfatto, Vongola?»
Domandò subito dopo Mukuro, Tsuna arrossì, piuttosto disturbato da quella domanda fuori luogo, o almeno, non considerava normale sentirsi chiedere quanto fosse rimasto appagato dopo quel rapporto.
«Hai trovato la consolazione che cercavi? Perché dubito che sia stato per altro.»
Il castano spalancò le iridi scure, intercettando un sorriso piuttosto cinico sul volto ancora sudato del moro. Mukuro d’altro canto provò un dolore fuori da ogni misura quanto pronunciò quelle parole, con la netta intenzione di allontanare l’altro.
Alla fine era sempre così: per quanto cercasse un sentimento, era sempre in procinto di distruggerlo. In quel momento pensò ai sentimenti di Tsuna come a una fiammella tenue, mentre ai propri come una campana di vetro, che poggiata su quella fiammella, ne consumò l’ossigeno, estinguendola.
Tsuna fissò per attimo interminabili l’altro, con una rabbia crescente mista a paura, sperava di non aver capito ciò che Mukuro gli aveva lasciato intuire.
«Vai a casa Tsunayoshi… Sono stanco e da un momento all’altro potrei ricevere visite da Hibari Kyoya, non voglio che ti veda qui. Puoi riprenderti le cose che hai portato, me la caverò da solo, come ho sempre fatto. Inoltre. devo partire per l’Estero, quindi non ho tempo da perdere con te.»
Tsuna sentì qualcosa spezzarsi, non riuscì a capire se si trattava del suo cuore, o semplicemente di qualcosa di immaginario, ma faceva troppo male per essere così. Osservò Mukuro rivestirsi senza far piega e quasi automaticamente fece lo stesso, trattenendo l’irrefrenabile desiderio di versare le proprie lacrime.
«Puoi tenerle, io vado allora. A presto.»
Tsuna uscì in fretta e furia dal magazzino, si era persino messo al contrario la maglietta senza rendersene conto, tanto era sconvolto.
Mukuro fissò la piccola, fragile – così diversa da quando l’aveva visto combattere contro Daemon Spade – figura del castano abbandonare l’edificio e quasi come guidato da un rifletto incondizionato, sollevò il braccio nella sua direzione.
Portò lo sguardo impassibile sulla borsa che il ragazzo gli aveva lasciato e la svuotò sul tavolo. Ne uscirono un paio di magliette,  dei pantaloni , delle riviste e due fumetti, e infine delle torte fatte in casa in confezioni di alluminio, erano ancora calde.
Poi un foglio nascosto tra le magliette richiamò la sua attenzione, un normalissimo foglio strappato da un quaderno a righe, con sopra scritte delle frasi. Mukuro titubante lo aprì, lasciando scorrere lo sguardo sulla calligrafia piccola e confusa che sembrava appartenere a Tsuna.

 
“Ciao Mukuro!
Spero che la tua nuova vita sia iniziata alla grande, perché immagino che sia stato così per te, proprio come iniziare una nuova vita, vero?
Ti scrivo questa specie di lettera per ringraziarti. Di cosa ti starai chiedendo? E’ semplice: di tutto.
Tu non ha mai voluto far parte di questo mondo, quasi quanto me, ma tu ovviamente hai motivazioni molto più personali che comprendo a pieno eppure, nonostante tutto, hai sempre fatto così tanto per noi. All’inizio pensavo che lo facevi solo per Chrome, ma poi ho capito che non è esattamente così.
Inizialmente avevo tantissima paura di te, ma poi quando ho capito quanto avevi da proteggere ho intuito quanto fosse stata grande la tua sofferenza, non è un modo per compatirti, ma sforzandomi posso capirle anch’io queste cose.
In fine, volevo ancora chiedere scusa per i danni che ti ho provocato durante lo scontro con Daemon. Probabilmente se non ci fossi stato tu a incoraggiarmi, non avrei mai contrattaccato e chissà che sarebbe successo…
Ma è inutile pensarci ora, no? Sei sempre stato un osso duro, sono certo che ti riprenderai in fretta!
Spero di incontrarti ancora, magari non su un campo di battaglia, ma in un modo in cui potrebbero incontrarsi due amici. E’ questo che siamo, no?
A presto!,

Tsuna.”

 
Posò il foglio sul tavolino, passandosi una mano sul viso. Ebbene sì, si sentiva in colpa.
Si ritrovò a riflettere per i secondi necessari a prendere una decisione, o almeno così sembrò. Afferrò la giacca e uscì dal magazzino. Tsuna non poteva essere andato lontano, erano passati pochissimo minuti da quando si erano separati.
Di fatti lo trovò sulla strada che portava nei dintorni di casa sua, non c’era mai stato di persona, ma i ricordi di Chrome erano ancora impressi nella sua testa.

«Vongol – Tsunayoshi!»
L’espressione sorpresa di Tsuna portò un sorriso soddisfatto sulle labbra di Mukuro, il castano s’imbambolò in mezzo alla strada, aspettando che Mukuro lo raggiungesse.
Con un leggero fiatone Mukuro finalmente si trovò faccia a faccia con il ragazzo,  dopo attimi di esitazione attorniò le braccia le sue spalle, stringendolo a sé.
«Mi dispiace. E tienilo bene a mente, sarà la prima e ultima volta che mi sentirai parlare così. Non volevo ferirti e non so se considerarlo un errore o meno, ma non volevo nemmeno usarti in quel modo. Alla fine ero io quello che cercava consolazione, non tu.»
Quell’ammissione gli costò parecchio orgoglio messo da parte e Tsuna lo capì immediatamente, seppur in quel momento si trovasse nella confusione più totale.
«Io… Non so se provo veramente qualcosa per te, ma la luce che emani è qualcosa che non scorderò mai. E’ dal nostro primo incontro che non ho potuto farne a meno, forse è per questo che tutte le volte sentivo il bisogno di proteggere qualcuno, qualcosa… proteggere te.»
«No, Mukuro. Non ho bisogno di essere protetto, volevo solo essere tuo amico.»
La risposta arrivò dopo alcuni minuti di intenso silenzio, Mukuro spostò lo sguardo, apatico.
«Sai che è impossibile.»
«Lo so, per questo non voglio essere insistente… Arrivederci Mukuro, a presto.»
E ancora una volta osservò il castano porgergli le spalle. Non erano in grado di essere amici, ma nemmeno nemici… Che cos’erano loro due?
Aveva sempre cercato la sua luce, ma nonostante tutto, pur essendo libero, preferiva rimanere nelle tenebre.

   
 
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