Avrebbe voluto urlare, gridare di dolore, squarciare l’apparente calma di quel mondo orrendo. Invece stava in silenzio, accasciata su una panchina, senza versare neanche una lacrima. Più ci pensava più avrebbe voluto scivolare giù, nelle viscere della terra, nell’Averno terribile.

Lui non c’era. Non ci sarebbe più stato, non sarebbe venuto a cercarla, a consolarla.

Era morto. Ma cos’è in realtà la morte? E cosa possiamo noi contro di essa?

Estrasse un pacchetto di Marlboro, ne tirò fuori una sigaretta e cominciò a romperla in mille pezzi. La distruggeva con ira, foga, con una strana collera isterica.

Lui odiava il fumo.

Quasi a dispetto estrasse un’altra sigaretta dal pacchetto che recava la scritta: “Il fumo danneggia gravemente la tua salute e conduce alla morte”. Si soffermò un attimo a leggere.

Allora lei voleva morire, tanto prima o poi sarebbe successo, no?

Tirò fuori un accendino dal colore rosa pallido e si accese la sigaretta.

Iniziò a fumare.

Perché se n’era voluto andare? Apparentemente viveva bene. Solo qualche litigio con lei, ma erano rari.

Ma allora perché sparire? Perché toglierle il suo bene più prezioso?

Ripensò alla mattina in cui l’aveva visto, freddo e immobile, privo di vita.

Si era sentita gelare l’anima, sempre che ne avesse una.

Finì la sigaretta.

La gettò per terra.

Estrasse il pachetto di Marlboro e lo accartocciò violentemente.

Le sigarette all’interno fecero un rumore sordo. Si alzò dalla panchina e buttò il pacchetto, ormai ridotto ad una scatola senza forma, nel cestino. In fin dei conti ci teneva a non inquinare l’ambiente.