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Autore: SimplyMe514    30/07/2011    5 recensioni
Una sera qualunque, al numero 4 di Privet Drive, a Dudley sfugge una certa parola con la M. E non preoccupatevi, non è una parolaccia. O forse per i Dursley lo è...
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Dursley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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 «Ti sei divertito alla festa, caro?» cinguettò zia Petunia quella sera a cena, cercando di cavare dalla bocca del suo mastodontico angioletto un resoconto più lungo di quattro o cinque parole del meraviglioso pomeriggio che doveva aver trascorso a casa di Piers Polkiss in occasione del compleanno di quest'ultimo. Pomeriggio che Harry aveva invece trascorso tra la casa e il giardino a sbrigare le faccende, perché santo cielo, non sia mai che uno della cricca inviti quello strano alla festa.

«Abbastanza» grugnì Dudley. «C'erano tante cose buone da mangiare».

«Non ti sarai rovinato l'appetito, vero, Diddy?»

«Nah...» Ovvio, pensò amaramente Harry, fissando con astio prima la razione del cugino, che da sola sarebbe bastata per un esercito, e poi la propria, che se la vista non lo ingannava sembrava decisamente più piccola: per lui le parole “cibo” e “troppo” non potevano coesistere nella stessa frase.

«Piers ha ricevuto una macchinina telecomandata fantastica» annunciò con la stessa serietà che avrebbe usato per comunicare il nome del neo-eletto Primo Ministro, incrociando le braccia grosse come prosciutti sul tavolo con aria imbronciata. Tutti i presenti avrebbero praticamente potuto anticipare la sua frase successiva parola per parola: «Adesso ne voglio una anch'io, così potremo farle scontrare». Tipico di Dudley.

«Ma sicuro» si affrettò a promettergli zio Vernon, il sorriso che gli si allargava sotto i baffoni, probabilmente prevedendo un capriccio in arrivo. «Bravo il mio ragazzo, sa quello che vuole. Oggi sono piccole così», e indicò con le mani quanto potesse essere grande all'incirca la macchinina di Piers, «e domani saranno così!» E allargò teatralmente le braccia, copie più adulte di quelle altrettanto grasse del figlio. «Non vedo l'ora di vederti a diciott'anni, alla guida di una bella macchina nuova di quelle vere». Dudley s'illuminò tutto al pensiero, e a Harry chissà come venne in mente il genere di faccione felice che si poteva trovare sui cartelloni pubblicitari.

Qualunque altra coppia di genitori avrebbe almeno aspettato un'occasione che desse loro una valida ragione per fargli un regalo prima di esaudire quel suo desiderio nuovo di zecca con cui li avrebbe quasi certamente tormentati senza sosta finché non avessero ceduto, ma non i Dursley. Loro probabilmente non gli avrebbero fatto attendere più di una settimana. Ogni scusa era buona per assicurarsi a suon di doni e aumenti di paghetta che non si mettesse a urlare e a prenderli a pugni e calci: Harry sarebbe stato pronto a scommettere che se un giorno fosse tornato da scuola raccontando di aver picchiato un ragazzino infinitamente più piccolo di lui, e per di più con l'aiuto della sua gang al completo (e Dudley era stupido, ma non abbastanza da spiattellare loro tutti i dettagli dei suoi atti di bullismo), invece di punirlo zio Vernon l'avrebbe ricoperto di premi per l'eccelsa qualità del suo “vecchio uno-due”.

«E c'era anche un mago, a quella festa» aggiunse poi, come se quella che avrebbe dovuto essere in teoria l'attrazione principale avesse quasi rischiato di sfuggirgli di mente rispetto alla nettamente superiore importanza dei regali e soprattutto del cibo spazzatura.

CLINK! TING! CLINK!

Un gran tintinnio di posate lasciate cadere sui rispettivi piatti accolse quell'affermazione. Harry aggrottò la fronte e archiviò il dettaglio per dopo, sapendo che avrebbe dovuto rimuginarci sopra nella soffocante solitudine del suo ripostiglio, con la sola compagnia di qualche ragno che, doveva ammetterlo, non era un granché come aiuto, dato che quelle creaturine dovevano avere dei cervelli piccolissimi.

«Un che cosa?» scattò zio Vernon, quasi coprendo il sospiro altamente melodrammatico della moglie con la voce possente che si stava alzando pericolosamente. Non stava esattamente urlando – quello lo riservava solo a Harry, che non l'aveva mai sentito gridare contro Dudley in tutta la sua vita – ma il tono preannunciava l'esplosione, un po' come le nubi minacciose in lontananza avvertivano dell'arrivo imminente di un temporale. E non era nemmeno viola, come diventava solo e soltanto quando in presenza di Harry capitava qualcosa di assurdo, ma quelle guance già rubizze e la vena che gli pulsava sulla tempia non potevano significare nulla di buono.

«Un mago» rincarò la dose Dudley, in apparenza perfettamente ignaro della tempesta che stava per abbattersi sulla cucina del numero 4 di Privet Drive, come se fosse stato convinto che il suo amato paparino semplicemente non avesse sentito bene e volesse farselo ripetere. «Con la bacchetta e tutto. Faceva apparire e sparire le cose e ha perfino tirato fuori un coniglio dal cappello».

«E ti è piaciuto?» indagò zio Vernon, mettendo una strana enfasi sull'ultima parola che sembrava significare che se la risposta fosse stata affermativa si sarebbe arrabbiato sul serio con suo figlio per la prima volta da quando il suddetto angelico porcellino umano era nato.

«Be', sì. Ci sapeva fare» replicò lui con un'alzata delle enormi spalle.

«Sono contenta che tu abbia passato una bella giornata, Diddy caro» commentò zia Petunia a denti stretti, con una vocina più acuta del solito che rasentava l'attacco isterico. «Oh, ma dovrò dire due parole alla signora Polkiss... spettacoli così diseducativi per dei bambini...»

«Io non penso che fosse dis... dised... quello che è». Harry si morse un labbro fin quasi a farlo sanguinare per non ridere: “diseducativo” era una di quelle parole lunghe che usavano solo gli adulti, e doveva confessare che neanche lui la adoperava esattamente a tutte le ore del giorno e della notte, ma che Dudley non riuscisse nemmeno a ripeterla correttamente dopo averla sentita mandava in frantumi tutti i suoi precedenti record di stupidità. «Era abbastanza divertente».

«Dudley, ragazzo mio. Dobbiamo fare un bel discorso da uomo a uomo, quindi ascoltami molto attentamente» esordì zio Vernon pesando accuratamente le parole a una a una. Lui sgranò gli occhi, sorpreso dalla virata improvvisa del suo tono di voce, e per una volta annuì piano, senza protestare, e tese le orecchie.

Cosa che non avrebbe minimamente avuto bisogno di fare, dato che le quattro parole seguenti furono probabilmente udite forte e chiaro in tutta Little Whinging: «I MAGHI NON ESISTONO!». Aveva gridato così forte da aver bisogno di riprendere fiato per parecchi interminabili secondi prima di proseguire imperterrito la sua tirata piena di punti esclamativi: «È tutto un enorme cumulo di sciocchezze! Sono stato chiaro? Spazzatura! Idiozie! Un mucchio di insensatezze! È ridicolo, il genere di divertimento che piace alla gente... andare a farsi ingannare apposta da un bellimbusto svelto di mano...»

«Papà...» tentò Dudley, dopo che lo spavento gli ebbe strappato un sobbalzo che fece tremare il tavolo. Ma era inutile, zio Vernon stava ancora borbottando tra sé qualcosa che includeva le parole “pazzi” e “perdigiorno” e non ascoltava nulla e nessuno.

«Papà! Lo so anch'io che i maghi non esistono. Non sono mica scemo». Su quest'ultimo punto Harry avrebbe avuto parecchio da discutere, ma rimase prudentemente in silenzio ad osservare gli sviluppi: alla sua rassicurazione, entrambi si erano visibilmente rilassati. Altro dettaglio da afferrare e tenersi stretto come un tesoro: che i Dursley disapprovassero qualunque cosa fosse anche solo un pochino fuori dall'ordinario era ormai assodato, ma ogni tanto, quando non era troppo occupato con le pulizie di casa, la cura del giardino o il bacon per la colazione, gli capitava di interrogarsi sul perché, naturalmente senza mai arrivare a una conclusione decente. Non era noiosa, la vita sempre uguale e completamente priva della benché minima traccia di immaginazione che si costringevano a vivere? «Ho solo detto che vedere uno che tira fuori un coniglio da un cilindro è divertente. Che c'è di così brutto? È piaciuto a tutti. Lo so che è impossibile. Non è mica magia vera. Il coniglio era già lì, da qualche parte, solo che non so dove». Era uno dei discorsi più lunghi che Harry avesse mai sentito fare a Dudley: evidentemente lo spettacolo l'aveva entusiasmato più di quanto non volesse ammettere davanti ai suoi serissimi, rispettabili e assolutamente ordinari genitori che non si sarebbero fatti ingannare da un prestigiatore nemmeno per tutto l'oro del mondo.

Un punto per lui, pensò Harry con uno dei suoi rari sorrisi, chiedendosi senza una ragione particolare cosa ne avrebbe pensato il “mago” di quella volta in cui Dudley lo stava prendendo di mira con il fucile ad aria compressa e quello era semplicemente scomparso per non rispuntare più fino al giorno successivo, proprio sulla poltrona dove il suo proprietario si era poi seduto di lì a un secondo, rendendolo inutilizzabile.

 

Note dell'Autrice: ho paura che Dudley verso la fine sia un filo OOC, dato che di solito anche lui si comporta tale e quale ai suoi genitori, ma sono convinta che dei tre lui sia quello con più possibilità di redimersi, e poi andiamo, è un bambino. A quale bambino non piacerebbe veder spuntare “dal nulla” un coniglietto? A proposito, il fucile ad aria compressa non me lo sono completamente inventato: “c'era una grossa gabbia per uccelli, che un tempo era servita per un pappagallo che Dudley aveva barattato a scuola per un fucile vero ad aria compressa, ora poggiato su una mensola con un'estremità tutta contorta perché lui ci si era seduto sopra.” (Harry Potter e la Pietra Filosofale, cap. 3, pag. 40). Di mio ci ho messo solo come ci si è seduto sopra.

  
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