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Autore: Sandra Voirol    30/07/2011    6 recensioni
Buon Sabato !!!!!!!!
Emozioni...è la parte che va dal momento in cui Edward sta per portare Bella alla radura...fino alla proposta della partita di Baseball!!!
In molte mi hanno chiesto frammenti di questo periodo di tempo...quindi ho deciso di riunirli tutti in una raccolta di capitoli!!!!
Spero di accontentare tutte!!!
Ovviamente è PROV. EDWARD!!! Ma con una sorpresa!!!!
Buona lettura!!!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Esme Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Buon Sabato !!!!!!!!!!!!!!!!!

Lo so...non è il sabato giusto!!!!

Infatti non vi sto postando un nuovo capitolo!!!

Quello arriverà sabato prossimo!!!!

Ma...visto che ho deciso di accontentare varie richieste in una sola raccolta...parto da qui...che mi sembra il punto naturale da dove iniziare!!!!

Questa l'ho già scritta...era postata...ma ho deciso di darle un'aggiustatina...niente di che in effetti...ma un sistemata ci voleva!!!!

L'ho divisa in due parti...perchè è bella lunga...ma siccome vi adoro le posto entrambi oggi !!!!!!!!!!!!

Se vi va di leggerle o ri-leggerle ...sono qui!!!!

Sabato prossimo arriva l'inedita...almeno per me!!! Ahahahahah!!!

Buona lettura!!!!!!!!!!!!!!!!!




















NELLA RADURA (prima parte)
 
 
 



Ero terrorizzato.
E’ il termine giusto, anzi, forse era poco.
Incoscientemente, le avevo proposto di venire con me. Ma che avevo in testa, ero impazzito per caso?
Soprattutto dopo la visione di Alice, avrei dovuto lasciar perdere tutto, e starmene a debita distanza da Bella. Prima di combinare un guaio.
Invece – imperterrito - ero andato avanti con il mio folle desiderio di farle conoscere tutto di me.
La sua calma e la sua fiducia mi conquistavano, e mi facevano credere che tutto era possibile. Ma lo sapevo. Sarebbe scappata via da me. E forse. Forse era meglio così. Avevo paura di stare da solo con lei.  E se il vampiro avesse avuto la meglio su di me?
Avevo preso tutte le precauzioni possibili. Ero andato a caccia con Alice. Avevo abbattuto parecchie prede. Mi ero saziato. Ubriacato di sangue. Ma lo sapevo, niente poteva annullare il potere che il sangue di Bella aveva su di me.
Avevo passato la maggior parte della notte in camera sua. Il suo sonno era profondo, diverso dal solito. Avevo cercato di assuefarmi il più possibile al suo odore. All’inizio, ero stato buono buono sulla sedia a dondolo - ma poi - mi ero avvicinato, tanto da annusarle il collo. La sua fragranza era talmente potente da farmi girare la testa. Accovacciato vicino al bordo del suo letto, avevo appoggiato la testa al cuscino, tanto vicino al suo viso da respirare il suo respiro. Ero concentrato, in pieno possesso delle mie capacità mentali, in modo da tenere a bada il vampiro. Da tenere a bada il fuoco che mi bruciava in gola - sempre più forte - a mano a mano che diminuivo la distanza tra me e lei. Mi ero costretto a prendere respiri profondi, per imparare a gestire la reazione del mostro a quel profumo assurdamente delizioso. Senza contare che le mie labbra fremevano, come attirate da una calamita, dal desiderio di posarsi sulle sue. Chissà che sensazione avrei provato, baciandola. La logica però, ebbe il sopravvento sull’emozione, e rimisi al suo posto - il sognatore. Non avrei mai potuto baciarla. Avrebbe significato la sua morte. Non sarei stato capace di trattenere dentro di me il vampiro assetato di sangue. Del suo sangue. Alle prime luci dell’alba ero sgattaiolato fuori della finestra e mi ero precipitato verso casa. Avevo visto i vestiti preparati per il giorno dopo. Avevo le stesse cose nell’armadio, le avrei indossate - stessa divisa, sorrisi fra me.
Per ammazzare l’attesa, mi ero messo al pianoforte, sembrava l’unica cosa in grado di calmarmi. L’attesa mi faceva impazzire. Dovevo stare solo un paio d’ore senza di lei, ma mi sembrava un'eternità. Non resistetti molto. Corsi di nuovo verso casa sua, sarei stato in ascolto, nel folto del sottobosco. Almeno potevo sentirla spostarsi per casa.
La sentii lavarsi i denti, e scendere le scale quasi di corsa. Allora andai alla porta, e dopo un respiro profondo - bussai.
Vederla mi causava sempre un tonfo al cuore, eppure era fermo da quasi cent’anni. Incontrare il suo sguardo mi faceva sempre l’elettroshock, e mi sembrava quasi di sentire battere il cuore nel mio petto morto.
Nel pick-up il suo profumo era più intenso, e le sole due ore di lontananza, mi avevano ripulito dal suo odore. Per questo facevo respiri profondi e regolari, per riassuefarmi per l’ennesima volta. Mi distrasse facendomi presente - che nessuno a parte Alice - sapeva dove e con chi fosse.
Perfetto.
Io avevo sperato che il pensiero di Charlie, pronto a perseguitarmi per sempre - se Bella non fosse tornata a casa - mi desse un motivo in più per controllarmi. Invece, il mio cervello di vampiro aveva già constatato che se l’avessi uccisa, nessuno avrebbe saputo niente.
Il mostro dentro di me, esultò.
Ero arrabbiato.
Possibile che non capisse il pericolo che correva. Stare con me in un posto isolato, era paragonabile ad un suicidio. Almeno avrebbe potuto aiutarmi, darmi un motivo in più per non farle del male. Invece, sembrava che mi desse carta bianca: fai di me ciò che vuoi.
Possibile che non si rendesse conto del pericolo che correva. Eppure aveva perfettamente capito chi ero. Dovevo a tutti i costi, farle comprendere la gravità del rischio che correva, standomi vicino.
Nell’abitacolo del pick-up c’era un silenzio pesante, l’aria era piena di tensione, neanche Bella parlava. Per l’ennesima volta mi concentrai su di lei, volevo sapere cosa frullava nella sua mente assurda. Ma niente ovviamente - tutto taceva - odiavo questa mia debolezza. Mi faceva impazzire non sapere cosa pensava, sarebbe stato tutto molto più semplice; invece niente.
Mentre camminavamo nella foresta della Penisola Olimpica, le scostavo ogni arbusto, ogni felce, che potesse farla cadere. Sapevo bene dei suoi problemi di equilibrio, ma volevo dimostrarle, che con me poteva andare ovunque - che con me sarebbe stata al sicuro.
Ma non avevo deciso di farle capire quanto fossi pericoloso? Altro che al sicuro.
Pensai di distrarla dalla camminata, facendole un altro po’ di domande, ne avevo ancora tante, senza risposta. Almeno avrei usato il tempo in modo proficuo. Sarebbe stato tanto più semplice, prenderla in braccio e correre. Ma non potevo prenderla in braccio. Solo il pensiero mi sconvolse i sensi. Lei profumata, appoggiata al mio petto. Ora, era decisamente l’uomo ad essere sconvolto dall’idea. Il vampiro era sopito, in fondo alla classifica dei pericoli. Questo poteva essere importante. Forse sarebbe stato così, se mi fossi avvicinato di più. Se avessi toccato con le mie labbra, le sue.
No, non potevo rischiare.
Infine arrivammo alla radura.
La lasciai proseguire da sola. Era piena di meraviglia – indubbiamente - era un luogo fantastico, magico.
Ero terrorizzato.
Mi fermai sotto il folto degli alberi, sul bordo della radura. Il momento della verità era arrivato. Tra cinque secondi sarebbe fuggita via da me urlando.
Tremavo.
Lei si girò, e mi fece un segno d’incoraggiamento, con gli occhi pronti a cogliere il mistero.
Feci un respiro profondo ed un passo avanti.
A testa bassa, mentre sbottonavo la camicia fino all’ombelico, entrai sotto la luce del sole a picco.
Volevo che vedesse bene, ma non avevo il coraggio di guardarla. Certo della sua espressione terrorizzata. Sentii un singulto di meraviglia provenire da lei - e colto di sorpresa - alzai la testa e la guardai negli occhi. Aveva gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse, in un'espressione che proprio non mi aspettavo. Tratteneva il respiro, ma dopo qualche attimo si riprese e tutto di un fiato disse: “Sei bellissimo!”.
Il mio cervello rimase paralizzato - non mi capacitavo - come bellissimo?
Aveva detto che ero bellissimo.
Niente urla.
Niente fuga.
Niente espressione terrorizzata.
Oltretutto stava avanzando verso di me, per niente spaventata. I nostri occhi s’incontrarono e rimasero incatenati gli uni negli altri, mentre ci venivamo incontro. Io scintillavo sotto il sole, mentre mi avvicinavo sempre di più a lei, e per una volta non ne ero dispiaciuto. Una sensazione strana, visto che mi odiavo per questo. La diversità tra noi, era ancora più evidente sotto quella luce accecante. Ci fermammo a non più di mezzo metro l’una dall’altro, se avesse allungato la mano, avrebbe potuto toccarmi. “Bella…” mi uscì fuori come una preghiera.
Non parlava.
Mi guardava.
Mi scrutava.
Come se volesse scoprire il segreto del mio luccichio. Ora, avrei voluto più che mai sapere cosa stesse pensando. Io invece, quasi non riuscivo, a pensare. Sconvolto dalla sensazione di terrore e sollievo che provavo. Mi vedeva e non scappava.
Che ragazza meravigliosa.
E incosciente.
E coraggiosa.
E pazza.
E stupenda.
E …
Accennò quasi a toccarmi, ma ritrasse la mano. “Bella…” Non riuscivo ad articolare altro. “Bella…”
Lei alzò il viso e m'inchiodò con il suo sguardo determinato, di chi ha deciso. “Edward…”
Poi mi sorrise rassicurante, lei rassicurava me.
Disteso fra l’erba soffice della radura, mi godevo il calore del sole sulla pelle marmorea. Era bello sentire il calore. Lei stava rannicchiata a pochi centimetri da me, gli occhi fissi sul mio volto, sulla mia pelle esposta. Ad un tratto alzò la mano, e lentamente, sfiorò la mia. Era la prima volta che mi toccava. Certo, se si esclude la lezione di biologia, ma quello era stato un attimo, una frazione di secondo. E quando mi aveva sfiorato il dorso della mano, nel ristorante a Port Angeles. Ora mi sfiorava lieve - ma costante - in una carezza continua, che mi travolse.
Un milione di scariche elettriche trapassarono il mio corpo, sconvolgendo tutte le mie terminazioni nervose. Non avevo mai provato niente di simile. Nessun contatto mi aveva mai provocato una sensazione del genere.
Fremevo.
L’istinto dell’uomo era rafforzato per mille dal vampiro che lo abitava. Avrei voluto alzarmi e baciarla - come minimo. Il mio cervello catalogava tutti i modi in cui avrei potuto toccarla ed amplificare la sensazione che provavo. Mi costrinsi a rimanere immobile. Vibravo sotto la sua carezza delicata, come un violino suonato magistralmente. Ad occhi chiusi, mi godevo fino in fondo quello che provavo. Lasciando l’istinto - di diventare attivo - chiuso in un angolo della mia mente vampiresca. Prese la mia mano, e io con un gesto troppo veloce per lei, strinsi delicatamente la sua. Dovevo tenere a mente, che lei era come cristallo per me. Con un gesto tanto semplice, avrei potuto spezzarle la mano.
“Mi viene naturale agire senza nascondermi, con te”. Era una sensazione meravigliosa. Nuova.
“Cosa ti passa per la testa?” mi sfuggi dalle labbra. Ora – dovevo sapere cosa stava rimuginando - non resistevo senza una risposta. Da quello che pensava, dipendeva tutto il mio futuro. Nella mia testa si scontravano speranza e disperazione, in un miscuglio impossibile.
Mentre osservava da vicino la mia pelle luminosa: “Non riesco ancora a credere che tu sia vero. E spero di non provare mai paura, insieme a te”.
“Farò tutto il possibile perché tu non la provi”. Ma dentro di me sapevo che doveva averne.
Io ne avevo.
Tanta.
Non ero per niente certo che il mio autocontrollo fosse sufficiente. Lo volevo. Intensamente. Ma fino a che punto il vampiro sarebbe rimasto dominato dall’uomo innamorato.
“Veramente, non mi riferivo a quel tipo di paura. Anche se potei provare anche quella, in effetti”.
In un lampo mi sollevai da terra, e avvicinai il mio volto al suo. Pensavo che si sarebbe allontanata, ma non lo fece. Il suo odore mi stordiva, ma rimasi concentrato su di lei. “Cosa ti spaventa allora?” Non capivo, cosa potesse impensierirla più di morire dissanguata. Quella visione, fece scattare di desiderio il vampiro tenuto a bada dentro di me. In quel momento - mentre già subivo l’attacco dall’interno - lei si avvicinò ancora di più. Mi annusava. Sentii il ruggito del cacciatore salirmi lungo la gola. E prima che uscisse fuori, ero già scappato lontano da lei - senza riflettere - in una reazione spontanea, guidata dall’uomo. Stavo sul bordo della radura, all’ombra. Il mio cervello si rese conto - che io, Edward Masen - avevo soffocato Edward Cullen.
L’avevo ignorato.
L’avevo mandato nelle retrovie del mio essere.
L’avevo smontato e reso innocuo.
E questo senza pensare. Senza il controllo che tenevo di solito in ogni istante. Non ci avrei fatto affidamento, comunque. Ma ciò mi faceva rendere conto, che non le avrei fatto del male. Che ero molto più forte di quel che pensavo. Che potevo provare a fare cose che non pensavo possibili. Mi faceva sentire più forte, più sicuro.
Ero fuggito.
Ma questo non voleva dire, che i miei occhi non fossero di un vampiro, ed il veleno non scorresse abbondante in bocca. Sentivo il suo odore sulle papille gustative, e il desiderio era presente, anche se lo ignoravo in modo sorprendente. Feci un respiro profondo e mi avviai più lentamente del solito, verso di lei. Le si leggeva in faccia il dispiacere - la perdita - che la mia fuga aveva provocato. Mi fermai a pochi metri da lei. Ancora un po’ timoroso, che la reazione che avevo appena avuto - fosse solo un caso.
“Scusami. Ma la tentazione è stata troppo forte”.
  

   
 
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