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Autore: PhoenixOfLight    30/07/2011    5 recensioni
«Non ti preoccupare: ha il suo mangime… l’acqua… e sembra che la gabbietta gli piaccia! Dagli un po’ di tempo, Kurt, canterà meglio di prima».
E in quel momento, mentre un suo sorriso mi faceva perdere un battito, ebbi l’impressione – anzi, ne fui certo – che non stesse più parlando di Pavarotti, ma… beh, di me.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Pavarotti? Pavarotti, che ti succede?».

C’era qualcosa che non andava.

Il canarino – regalatomi dagli “Warblers” il mio primo giorno di scuola alla Dalton Academy – non mi accompagnava più nella musica; fischiettavamo spesso insieme, e lui pareva gradire il mio repertorio – che consisteva più che altro in colonne sonore dei miei musical preferiti o brani di Patti LuPone. Non aveva neppure toccato il mangime e l’acqua che avevo amorevolmente messo nelle due bacinelle della gabbietta. Lo scrutai attentamente, soffermandomi sull’aria malaticcia, lo sguardo appannato e il piumaggio rado… aspetta, piumaggio rado?!

Con un sussulto mi accorsi delle piume sulla base della gabbia e sentii una morsa stringermi lo stomaco.

“Oh no… oh no... sta morendo! Sta morendo! Pavarotti sta morendo! Dopo nemmeno una settimana! Lo sapevo, sapevo che non sarei mai stato in grado di prendermene cura, ho sbagliato tutto! E per colpa mia questo povero uccellino sta scontando le pene dell’inferno! Che cosa ho combinato? Devo fare qualcosa… ma cosa? Ok, Kurt, calma! Calma! Hai bisogno di qualcuno che ti aiuti, che sappia come fare. Qualcuno esperto… Ma certo!» sorrisi involontariamente «Blaine! Come ho fatto a non pensarci prima?». Trassi il cellulare dalla tasca e composi velocemente un messaggio di testo.

Ho bisogno di aiuto con Pavarotti, si comporta in modo strano! Vieni nella sala riunioni il prima possibile! Kurt”.

Iniziai a picchiettare le mani sulle ginocchia, mentre sentivo l’ansia crescere. E se Blaine non avesse ricevuto il messaggio? A chi potevo rivolgermi? Non avevo il numero di nessuno degli “Usignoli” e avevo troppa vergogna di chiedere una mano a qualcun altro.

Non ero ancora riuscito a inserirmi del tutto nel gruppo, anche se nessuno di loro mi avesse mai discriminato in alcun modo; nelle riunioni non accettavano mai le mie idee – beh, in realtà quelle di nessuno – e io avevo smesso di proporle. Inoltre, proprio quella mattina la mia performance era stata scartata – dopo che tutti avevano applaudito, il che rendeva la situazione ancora peggiore – perché troppo individuale ed esibizionista. Ma non era il provino per il ruolo del solista? Bah.

Non so come funzionava alla tua vecchia scuola, ma… hai notato che siamo tutti in divisa, qui alla “Dalton”? Significa… far parte di un team. Non farai strada come “Usignolo”, se pensi a farti notare.

La verità era che volevo impressionarlo, ma avevo semplicemente fatto la figura dell’idiota.

Dovevo moderare la mia voce, o rischiavo di sovrastare gli altri del coro. Tutti dovevano stare sul medesimo piano, senza discriminazioni. Questa politica mi piaceva, anche perché ero finalmente libero dai bulli, ma applicarla anche al canto era un altro paio di maniche.

Per me la musica era espressione, emotività, creatività. Libera pensieri e sentimenti che non saremmo in grado di esprimere a parole. Ci siete solo tu e le note, nient’altro.

Alla “Dalton”, invece, le cose andavano diversamente, quello era un coro vero e proprio, come quello delle Chiese cristiane.

Mi sentivo diviso a metà.

Quella scuola mi piaceva, finalmente potevo camminare per i corridoi senza temere di essere assalito da qualcuno. D’altro canto, però, mi sentivo come se il mio talento fosse stato intrappolato e incatenato alla monotonia. Era come… come essere rinchiusi in una meravigliosa e spaventosa gabbia d’oro.

Alla stregua di Pavarotti, colui che simboleggiava la mia voce.

«Ho letto il tuo SMS, che c’è?».

Non mi dovetti nemmeno voltare per sapere chi mi avesse rivolto la parola. Blaine era arrivato. Gli spiegai la situazione in ogni dettaglio, mentre lui si avvicinava alla gabbietta, osservando attentamente l’uccello.

«Sta soltanto facendo la muta!». Sgranai gli occhi. I canarini facevano la muta? «Per cambiare piumaggio, il corpo cerca di conservare energia» mi spiegò. Sospirai dal sollievo. Le mie paure erano del tutto infondate: Pavarotti non stava morendo, bensì… cambiando. Avevo dato di matto per nulla e avevo fatto turbare Blaine senza motivo. Stavo giusto per chiedergli scusa, quando lui mi precedette: «Non ti preoccupare: ha il suo mangime… l’acqua… e sembra che la gabbietta gli piaccia! Dagli un po’ di tempo, Kurt, canterà meglio di prima».

E in quel momento, mentre un suo sorriso mi faceva perdere un battito, ebbi l’impressione – anzi, ne fui certo – che non stesse più parlando di Pavarotti, ma… beh, di me.

Discostai lo sguardo dal suo volto e contemplai la gabbia.

Canterà meglio di prima…

Avrei dovuto imparare a controllarmi, a moderare la mia voce.

In fondo, anche al “McKinley” non facevo diversamente. Tutte le volte che mi sono esibito come cantante solista, nessuno del coro mi ha accompagnato nella musica. Gli unici protagonisti eravamo io e le mie emozioni. Avrei voluto gridarle al mondo, ma non tutti ne erano entusiasti.

Beh, non si può avere tutto dalla vita, no?

Ero riuscito a sfuggire ai bulli, nessuno aveva attentato alla mia incolumità o giudicato la mia sessualità. Non c’era più bisogno di mettere in scena il mio dolore o la mia frustrazione. Sentivo che pian piano stavano svanendo e capii che anch’io ero nel bel mezzo di una muta. Non so quanto tempo avrei impiegato per attraversare quella fase, ma ce l’avrei fatta. E sarebbe stato possibile grazie – anche e soprattutto – al meraviglioso ragazzo seduto accanto a me, che nel frattempo aveva iniziato a parlare.

«Non dimenticare le prove con gli “Usignoli” alle 17!».

Mi voltai verso di lui e mi persi per l’ennesima volta nei suoi occhi.

«Regionali, stiamo arrivando!» esclamò, avvicinandosi pericolosamente a me.

Per un attimo credetti di morire – il suo viso era troppo vicino, troppo vicino – e mi scostai con un mezzo sorriso di scuse.

Blaine non parve accorgersi del mio conflitto interiore, perché mi diede una piccola pacca sul ginocchio destro e se ne andò.

Non riuscivo a vedere la mia espressione, ma immagino fosse quel fastidioso sorrisetto ebete e gli occhi languidi.

Beh, non potevo negarlo: Blaine mi piaceva. Era stato l’unico che mi aveva capito e il primo a darmi il benvenuto in quella scuola.

È stata la mia àncora di salvezza, la mia guida; sempre pronto a dispensare consigli e incoraggiamenti – courage!

Accanto a lui tutto mi sembrava più facile, perché sapevo di avere qualcuno su cui contare.

“Lo so… che ci metterai un po’ ad ambientarti, ma succederà presto. Te lo prometto”.

Guardai nuovamente la gabbietta e sorrisi.

Stavo per affrontare una nuova fase della mia vita, una strada che avrei dovuto percorrere con le mie forze, ma non sarei mai stato solo.

Perché lui mi avrebbe affiancato, sempre, e teso la mano.

E questo mi bastava.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

 

Oddio, che cicci!! *w*

*Klaine mode: on*

Sì, ehm… salve!=D

Questa è la mia prima FF su “Glee”, su Kurt e… cavoli, la mia prima Slash!! *O*

Ecco, sì, perciò… siate clementi nelle recensioni!!^^

Ho cercato di rendere Kurt quanto più IC possibile, non so se ci sono riuscita… aspetto con trepidazione le vostre opinioni!! =D

Un abbraccio a tutti voi!!

 

 

Miss_Prongs

   
 
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