Serie TV > The Vampire Diaries
Ricorda la storia  |      
Autore: d r e e m    31/07/2011    2 recensioni
Fanfiction vincitrice del contest "What if? E se Elena avesse conosciuto prima Damon" Si coprì il volto mentre la porta continuava a sussultare, un po’ per i suoi singhiozzi un po’ per la furia di Damon che continuava a battere alla porta tentando di spiegare, quando, in fondo, tutto era chiaro come il sole.
“Elena apri la porta, ti prego!” urlò nuovamente il vampiro rimasto solo in quella veranda, questa volta con un tono più che supplichevole: le avrebbe spiegato, perché nonostante tutto lui la conosceva da molto più tempo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Premessa: Questa fanfiction è vincitrice di un contest a cui ho partecipato What if? E se Elena avesse conosciuto prima Damon indetto dal FF Italia. L'introduzione, scritta in corsivo, è stata realizzata dalla giuria e prendendo come vero gli avvenimenti dell'introduzione i partecipanti hanno realizzato le varie one shot. La mia ho pensato di ambientarla durante il finale della puntata 1x06.

I think I might’ve inhaled you;

http://i53.tinypic.com/20qnha0.png

Erano passati quattro mesi dalla morte dei suoi genitori. La vita delle persone era andata avanti e ormai quasi nessuno ricordava quell’avvenimento ma lei non era andata avanti. Lei, Elena Gilbert ricordava tutto e non era disposta a dimenticare. Continuava a scrivere sul suo diario ogni ricordo, ogni espressione e ogni giornata passata con la sua famiglia. Appuntava tutti quei pensieri affinché non fossero dimenticati, affinché non sbiadissero nella sua memoria. Lei era sempre stata così dannatamente razionale e odiava questa parte di se stessa. Continuava a rimuginare su cosa avrebbe potuto cambiare di quel giorno, era colpa sua se i suoi genitori si trovavano in quel ponte. Era solo colpa sua perché erano usciti per lei, erano usciti per comprare il vestito per il suo compleanno. Il suo super-io era davvero un bastardo a tormentarla con quei sensi di colpa, sensi di colpa che non l’avrebbero mai aiutata ad uscire da quel tunnel. Quelli erano i pensieri che tormentavano, continuamente, Elena Gilbert. D’un tratto sentì il campanello di casa suonare. Si precipitò ad aprire e accolse in casa sua Caroline.
Caroline, in quei mesi, si era sempre preoccupata per lei. Era sempre andata a svegliarla ogni mattina, spesso buttandola giù dal letto, e le aveva sempre passato la scatola di kleenex non appena lei iniziava a piangere. Non credeva che lei, Caroline Forbes, potesse tenere a qualcuno eccetto se stessa. Elena sorrise, chiudendo la porta dietro le sue spalle e accompagnò Caroline in cucina. Non si era per niente accorta che lei teneva in mano degli abiti da sera.
“Stasera c’è la festa di inizio scuola al Grill. Noi dobbiamo assolutamente andarci”- disse Caroline, entusiasta- “non accetto un no. Anche perché ho comprato un vestito da sera per te. Quindi ho speso dei soldi e come sai, io odio spendere soldi inutilmente”. Prese l’abito e lo porse all’amica.
“Dovrebbe starti bene. Si abbina alla tua pelle olivastra.” La ragazza dalla chioma bionda prese la sua trousse di trucchi, il vestito che avrebbe indossato quella sera e posò la mano di Elena sulla sua. Caroline guidò l’amica su per le scale, arrivando in camera.
“Sapevo che non ne saresti stata entusiasta ma stasera devi venire con me e ti assicuro che ti divertirai.”
Elena guardò Caroline, ancora una volta, e sorrise. Poteva anche concedersi di divertirsi. Non pretendeva di essere felice ma voleva ridere a pieni polmoni. Per quella volta voleva sorridere alla vita, quella volta avrebbe lasciato la sua razionalità in un angolino del suo cervello, quella volta avrebbe seguito il consiglio dell’amica. “Va bene, Caroline.” La ragazza dalla pelle chiara corse ad abbracciare Elena.
“So essere convincente quando voglio.”- disse all’amica stringendola ancora più forte a se. Elena non ricordava di aver percepito le ore passare quel pomeriggio, tutto era stato così veloce e così bello che aveva persino perso la cognizione del tempo. Caroline aveva la mania di arrivare agli eventi nel momento in cui erano al massimo dello splendore e così fece anche quella volta. Entrarono dalla porta principale del Grill e tutti si voltarono al loro ingresso. Caroline prese per mano Elena e le offrì da bere. Rimase al bancone fin quando non finì di sorseggiare il suo Martini bianco, dopotutto lei adorava quel superalcolico. Non appena si girò dovette salutare molte persone. Tutti erano così intenti a chiedere come stava, come aveva passato l’estate e alcuni perfino l’abbracciarono per essere solidali. Lei rispondeva educatamente e con uno di quei sorrisi malinconici stampati in faccia che ormai erano diventati un modo di fare costante in quegli ultimi mesi. Erano sorrisi con un duplice scopo: lei fingeva di stare bene e nel frattempo le persone non chiedevano più niente riguardo al suo umore e riguardo al suo cuore.
Era alquanto conveniente per lei e per gli altri, poirché spesso gli altri non erano per niente interessati a quella risposta.
All’ennesimo saluto decise di uscire fuori a prendere un po’ d’aria, perché era ciò che mancava all’interno di quel locale. Sospirò e si guardò intorno, all’improvviso un ragazzo le si avvicinò. Elena si voltò e incrociò il proprio sguardo con quello del giovane.
Nonostante il buio riuscì a distinguere due occhi color ghiaccio e capelli scuri come la pece, abbinati ad una carnagione così chiara da pensare che fosse malato. Si fissarono per quelli che furono attimi ma che vennero percepiti come lunghe ore, prima che lui parlasse.
“Un faccino così triste in una festa così bella? Alla tua età dovresti divertirti.”. Il ragazzo alzò un angolo della sua bocca sfoderando un sorriso sghembo. Elena continuò a fissarlo, senza parole, la persona che aveva davanti era troppo perfetta per essere vera.
“Piacere io sono Damon”.
Troppo perfetta per essere umana.

 

 

Il sole bruciava gli occhi, più di quanto l’oscurità aveva fatto per tanti mesi.

Così si era sentita Elena la prima volta che aveva respirato dopo quei mesi intrisi di laceranti sensi di colpa per la morte dei suoi genitori.

Ricordava ancora lo sforzo a cui erano stati sottoposti i suoi poveri polmoni, costretti ad accogliere aria malsana e pesante come macigni. Gli occhi erano rimasti inariditi come il disteso deserto del Sahara, così privi di vita e secchi di alcuna lacrima, tanto era stato violento l’acquazzone che l’aveva disidratata. Le labbra erano diventate un ammasso di pelle screpolata, taglienti come carta vetrata, da cui non era uscita alcuna parola per settimane intere.

Molti erano stati coloro che avevano tentato di aiutarla, troppi coloro che non ci erano riusciti.

Eppure lui, chissà come e con quale stratagemma, era riuscito a farle aprire gli occhi per farli scontrare violentemente con i suoi, fatti di nastri di ghiaccio e scaglie di cielo.

Ed Elena era rimasta scottata, bruciata, ustionata dal suo tocco leggero - un tocco non umano.

 

Wake up

Look me in the eyes again

I need to feel your hand upon my face

 

 

A distanza di tre mesi, si trovava in quella stessa situazione: di nuovo gli occhi bruciavano e i polmoni agognavano quell’aria che non sarebbe mai riuscita a catturare, non senza di lui.

Le dite affusolate strisciavano sulla superficie lignea della porta di casa alla quale era appoggiata la schiena di Elena.

Il suo corpo era scosso da singulti, simili a piccole scosse elettriche che le pervadevano tutti i muscoli, facendola sprofondare, agonizzante, sul freddo pavimento.

Le parole rimbombavano ancora nella sua testa, ancora una volta pronunciate da quella bocca rosea che aveva quasi fatto propria.

Ma il ricordo degli occhi rossi, dei canini sporgenti, del sangue, le fecero mancare l’aria più di quanto potesse essere possibile.

Elena si coprì le orecchie con le mani, tappandole, artigliando i capelli così da porre fine a quel ronzio continuo, alle parole appena pronunciate da Damon e da Stefan e che avevano radicato nei terreni più impervi della sua mente.

Non era possibile, non avrebbe creduto che il Damon incontrato a quella festa, solo due mesi prima, fosse il Damon vampiro, l’uomo che aveva trasformato Vicky Donovan in un essere mostruoso.

Si coprì il volto mentre la porta continuava a sussultare, un po’ per i suoi singhiozzi un po’ per la furia di Damon che continuava a battere alla porta tentando di spiegare, quando, in fondo, tutto era chiaro come il sole.

“Elena apri la porta, ti prego!” urlò nuovamente il vampiro rimasto solo in quella veranda, questa volta con un tono più che supplichevole: le avrebbe spiegato, perché nonostante tutto lui la conosceva da molto più tempo.

Elena tremò al suono della sua voce e si sentii attraversare da una sfilza di coltelli che le squarciavano il petto. Deglutii a fatica nonostante la morsa che le chiudeva l’esofago e trattenne il respiro quanto bastava per poter sfiatare emettendo un suono indecifrabile che neanche lei udii.

Provò di nuovo e, portandosi una mano in grembo, lo disse.

“Vai via Damon”.

Pronunciò quelle parole, ma sapeva bene che il suo cuore voleva dire ben altro.

Altre lacrime le solcarono il viso quando non sentii più alcun rumore provenire al di fuori della sottilissima porta.

Il silenzio non era stato mai così lacerante – per entrambi.

 

Words can be like knives
They can cut you open
And then the silence surrounds you and haunts you

 

 

“Non me ne vado, così come non me ne sono andato quella notte”.

Il silenzio fu spezzato da quella voce cristallina ed Elena perse un battito al ricordo di quella notte.

Il sapore aspro del Martini si fece vivo tra le papille gustative della sua lingua così come il forte odore di menta che proveniva da quel ragazzo che le si era avvicinato quando le era mancata l’aria per i troppi sorrisi che aveva dovuto inscenare.

A pensarci bene si sentiva proprio come quella volta: consumata da un’immensa voragine proprio in mezzo ai suoi polmoni, che le incrinava le costole e le soffocava il cuore.

Ma adesso il motivo era ben diverso: era stata immersa in un nuovo mondo, un mondo crudele e irreale in cui mostri come i vampiri vivevano liberamente, in cui tutti sarebbero diventati vittime e carnefici allo stesso tempo.

E fu come se le stesse crollando addosso il mondo, colpita da quella nuova consapevolezza.

I suoi polmoni richiedevano ossigeno, la sola cosa che forse avrebbe lenito la sua ferita ma anche l’aria non riusciva a soddisfare il suo bisogno.

Soffocava, così come quella notte.

Eppure lui era rimasto a consolarla nonostante i suoi continui rifiuti, seduto sul marciapiede accanto a lei, sorreggendole la testa e forse, già quella volta, anche il cuore.

Allungò la mano afferrando la maniglia lucida della porta che si piegò sotto il suo peso.

Fece leva sulle sue gambe ancora perse da qualche parte sotto di lei e si aggrappò alla porta riuscendo così ad alzarsi.

Le mani le tremavano e sentiva le gambe spesse come tronchi e il cuore aggrovigliato più di una matassa.

La serratura scattò e quel rumore la fece sussultare mentre la porta scricchiolante si apriva leggera.

E una sferzata di aria fresca le colpì il viso, ma non fu quella a rigenerarla.

Damon stava ritto di fronte a lei, negli occhi un temporale di emozioni si susseguiva.

“Elena”.

Le sue labbra si mossero senza volerlo, ma fu bloccato dalla testa di lei che premeva contro il suo torace, ansimante e grondante di lacrime.

E la inghiottiva quell’aria, soffice e fresca, la strappava all’atmosfera per farla sua, la masticava fino a sentirne saturi i polmoni.

Era lui la sua aria e in quel momento ne aveva incredibilmente bisogno più del lecito.

Si ricordò ancora di quella sera e di quanto fosse stata sciocca a non cedere alla tentazione di rannicchiarsi contro di lui per trovare un po’ di conforto.

Ma niente era più rimasto come quella sera, tutto si era capovolto stringendosi ed ingarbugliandosi sempre di più finché l’unica soluzione era stata quella di tagliare il filo.

Pensò semplicemente che avrebbe dovuto respirarlo, farlo entrare nei suoi polmoni e asfissiarsi di lui: sarebbe stato molto più semplice poter vivere di lui, con lui, in lui.

Damon le accarezzò la nuca e per un milionesimo di secondo ebbe come l’impressione che provasse qualcosa per Elena, un sentimento che andasse oltre la semplice somiglianza con Katherine, un sentimento che forse era sbocciato veloce, quasi con prepotenza e che aveva attecchito nel suo animo di vampiro.

“Elena so che questa situazione è più grande di te, e ti capisco se non vuoi più vedere né me né Stefan ma sappi che sei dentro questa storia molto più di quanto tu creda”.

Le iridi blu dei suoi occhi erano inchiodate a quelle umide di Elena, i loro respiri intrecciati.

“Quella sera alla festa avevo voglia di rinchiudermi nuovamente in casa, mi mancava l’aria, non riuscivo a respirare. Mi sentivo come se appartenessi ad una realtà diversa dalla mia.”

Gli occhi di Elena si velarono di altre lacrime che tentò di ricacciare indietro mentre la stretta ferrea di Damon aumentava alle sue spalle.

“E’ così che mi sento, Damon. Ora che so cosa siete tu e tuo fratello e quello che hai fatto a Vicky, vorrei solamente svegliarmi e ripartire nuovamente da zero.”

A quelle parole Damon si irrigidì e trattenne un gemito.

“Ma come hai detto tu, sono dentro questa storia molto più di quanto io creda, per il semplice fatto che ho costantemente bisogno di te per ricominciare.”

Elena artigliò quasi con ingordigia la giacca di pelle di Damon e i suoi occhi non furono mai così brillanti sotto la fioca luce a neon della veranda.

“Non avrei dovuto coinvolgerti, fin dal primo istante” disse Damon con un misto d’ira, abbassando lo sguardo cristallino e afferrando i polsi di Elena, tentando di staccarsi da lei, tentando di soffocare, reprimere la bramosia irrefrenabile di averla tutta per se, ma la storia non poteva ripetersi, non di nuovo.

Eppure ogni sua opposizione sembrava effimera perché fin dal primo istante in cui l’aveva vista a quella festa gli era sembrato che ne fosse valsa la pena di aspettare centoquarantacinque anni solo per incontrarla. E forse già quella notte stessa quando l’aveva riaccompagnata a casa aveva ceduto all’idea di poterla amare per il semplice fatto che lei non era Katherine, ma era dentro di lui da molto più tempo.

Si è sempre in due: quando si soffre e quando si ama! L’importante è scegliere la persona giusta con cui farlo. Ricordi? Era questo che mi dicesti prima di lasciarmi qui quella notte”

Le pupille di Damon si dilatarono leggermente a quel ricordo e le labbra si piegarono in un sorriso, facendo nascere alcune fossette lungo tutta la guancia destra.

Le sfiorò la gote ancora umida e, con ancora stampato in viso quel suo sorriso, si avvicinò a lei, alle sue labbra. Le dischiuse invadendola di un odore buono che la inebriò da capo a piedi come lieve pioggia. Elena chiuse gli occhi, non aveva bisogno di tenerli aperti perché la sua mente ricordava ogni dettaglio di lui. Le mancava ossigeno, ma poco importava.

“Ricordati di respirare” sussurrò e avvolse le sue labbra a quelle di Elena.

Fu come vedere un’eclissi, tanto bella quanto angosciante, il mescolarsi di frammenti di ghiaccio e sabbia rovente sembrava manifestarsi dall’unione delle loro lingue e dei loro gemiti.

Tutto di lui le scorreva dentro, tra le fibre del suo essere! Era satura di Damon fino alle punte dei capelli. E poco importava che fosse un mostro, non riusciva a non comprendere l’inizio di una nuova vita senza lui.

Era più che aria per lei, era vita.

In qualche modo riuscì a ritrovare i propri pensieri e mentre le labbra di Damon si modellavano sempre di più sulle sue come avrebbero dovuto fare quella notte, Elena pensò che in fondo avrebbe seguito il suo consiglio: lo avrebbe respirato, così sarebbe stato più facile vivere di lui, per lui, in lui – per sempre.

 

I can feel you behind my eyes

You’ve gotten into my bloodstream

I can feel you flowing in me

***

Salve carissimi,

Sono lieta di postarvi una fanfiction che si è stata proclamata vincitrice ad un contest a cui ho partecipato! Ancora non posso crederci *_* La canzone l'avete sicuramente riconosciuta: è "Bloodstream" degli Stateless. Da alcuni giudizi è sembrato che i personaggi siano un po' OOC perciò l'ho inserito tra gli avvertimenti. Ringrazio ancora il FF Italia per aver indetto questo contest e spero che in futuro se ne faranno altri *O*

Grazie mille per aver letto

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: d r e e m