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Autore: SweetTaiga    01/08/2011    8 recensioni
STORIA PARTECIPANTE AL CONTEST "GUERRE DRAMIONESCHE".
« Quando avrete vissuto a lungo come me, non sottovaluterete la potenza di un amore ossessivo. », esclamò Lumacorno con tono grave, intercettando il suo sguardo.
Draco non poté fare a meno di pensare che quell’uomo fosse un vecchio pazzo quasi quanto Silente.
Vi erano problemi ben più gravi di quello che lui definiva un amore ossessivo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Storia partecipante al contest “GUERRE DRAMIONESCHE”
SQUADRA IC



 
You’re not alone



« Doppia ora di Pozioni », borbottò annoiato Draco Malfoy.
Per la prima volta nella sua carriera scolastica, avrebbe preferito affrontare qualsiasi altra lezione.
Scosse la testa, rassegnato, e si diresse verso le segrete del castello.
Il professor Lumacorno, l’insegnante che aveva preso il posto di Piton, sorrise benevolo a tutti gli studenti.
Si accorse con orrore di dover trascorrere la lezione con quattro Corvonero, un Tassorosso e ben quattro Grifondoro.
E, con orrore ancora maggiore, notò che il magnifico Trio era in prima fila, a pochi passi da uno strano calderone dorato.
« Lenticchia, lo Sfregiato e la Mezzosangue. Compagnia adorabile, non trovi? », sibilò, rivolgendosi a Theodore Nott, che sghignazzò senza prendersi la briga di nascondersi.
Conquistarono così uno sguardo duro da parte della Granger, ma né lui né l’amico parvero accorgersene.
Il professore Lumacorno iniziò a mostrare una serie di pozioni, domandando alla classe se riuscissero a riconoscerle.
Draco Malfoy alzò gli occhi al cielo quando, come era prevedibile, Hermione Granger saltellò sul posto in attesa di rispondere alle domande, come se ne dipendesse la propria vita.
Lumacorno fu piacevolmente sorpreso e, sotto gli sguardi rassegnati dei Corvonero, quello comprensivo del Tassorosso e quelli infuriati dei Serpeverde, assegnò una buona dose di punti ai Grifondoro.
Quando indicò la seconda pozione, la vocetta stridula di Hermione sentenziò: « E’ Amortentia! ».
Con la soddisfazione che le si leggeva negli occhi, iniziò ad illustrarne le caratteristiche gesticolando animatamente, continuando le frasi lasciate a metà dal professore.
« E dal vapore che sale in caratteristiche spirali e dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae, e io sento aroma di erba appena tagliata e pergamena nuova e… ».
La ragazza arrossì violentemente, e Draco non poté fare a meno di esibire uno dei suoi ghigni più agghiaccianti: vedere la Mezzosangue in difficoltà era il suo hobby preferito.
Eppure non disse nulla e, dopo aver incrociato per un attimo lo sguardo imbarazzato della Granger, tornò ad osservare le pozioni al centro della stanza.
Lumacorno, tuttavia, sembrava più interessato alla Granger che alla lezione, e la tartassò di domande sulle sue possibili origini magiche e sul suo albero genealogico.
« No, non credo, signore. Sono Babbana di nascita », ammise la ragazza, dopo l’ennesima supposizione di Lumacorno.
« E si vede », aggiunse Draco. « Solo una sudicia Mezzosangue non si vergognerebbe diquei capelli », sussurrò Malfoy in direzione di Nott, soffocando a stento una risata.
Eppure Lumacorno continuò a tesserne le lodi. « Oho! ‘Una delle mie migliori amiche è Babbana, ed è la più brava del nostro anno!’. Suppongo che sia questa l’amica di cui parlavi, Harry », esclamò infatti, riferendosi ad una ignota conversazione.
Hermione Granger arrossì, mostrando tuttavia tutto l’orgoglio che provava per quell’affermazione. Scambiò qualche parola con Harry Potter che le sorrise, incoraggiante.
Draco Malfoy fece appena un passo avanti per cercare di afferrare quel silenzioso scambio di battute, ma fece appena in tempo a vedere Ron Weasley tentare di attirare l’attenzione di Hermione e venire soavemente azzittito.
Una sorta di cieca gioia gli riempì il petto. Anche i battibecchi tra Lenticchia e la Mezzosangue erano sulla lista delle cose che adorava.
Tornò a concentrarsi su Lumacorno, che continuava a citare le importanti proprietà dell’Amortentia.
Totalmente indifferente agli effetti che quella pozione potesse provocare, Draco Malfoy non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo e di esibire uno sguardo scettico quando il professore affermò che quel misero filtro d’amore era una pozione potentissima.
« Quando avrete vissuto a lungo come me, non sottovaluterete la potenza di un amore ossessivo. »
, esclamò Lumacorno con tono grave, intercettando il suo sguardo.
Draco non poté fare a meno di pensare che quell’uomo fosse un vecchio pazzo quasi quanto Silente.
Vi erano problemi ben più gravi di quello che lui definiva un amore ossessivo.
E lui, di pericoli, ne avrebbe visti molti durante quell’anno scolastico.
Di colpo quella lieve allegria che gli avevano fornito le disgrazie della Mezzosangue e di Lenticchia furono messe a tacere dal dolore sordo che da mesi opprimeva il suo petto.
Avrebbe dovuto assolvere al suo dovere, lo sapeva.
Fingere indifferenza e ostentare una cieca fiducia in se stesso non lo avrebbero di certo aiutato a superare quella prova.
Non poteva fare nulla contro il volere del Signore Oscuro, eppure sperava ancora di essere salvato, di scorgere un barlume di speranza, di ricevere un lieve aiuto, di afferrare una mano tesa…
« E’ fortuna liquida! », esclamò Hermione, a pochi passi da lui.
Draco alzò lo sguardo, fissando in maniera ostinata il minuscolo paiolo sulla scrivania di Lumacorno.
« Sì, è una pozioncina bizzarra la Felix Felicis.  Assurdamente difficile da preparare, e disastrosa se si sbaglia. Tuttavia, se viene lavorata correttamente, come questa, scoprirete che tutti i vostri sforzi tendono ad avere successo… almeno finché l’effetto dura », spiegò quest’ultimo.
Tutte belle parole, pensò Draco. Ma come poteva ottenere quella pozione?
La risposta gli venne servita su un piatto d’argento: una piccola dose di Felix Felicis era il premio che avrebbe ottenuto il primo che fosse riuscito a preparare un perfetto Distillato della Morte Vivente.
Sfogliò febbrilmente Pozioni Avanzate, raggiungendo pagina dieci e fissandovi lo sguardo, come se sperasse che la pozione uscisse magicamente dal libro.
Dopo un primo momento di smarrimento, si concentrò.
Iniziò a tagliuzzare febbrilmente le radici di valeriana, mentre lo Sfregiato gli passava accanto puntando al suo calderone.
Devo farcela, si ripeteva Malfoy. Devo. Salvare. L’onore. Della. Famiglia, pensò, scandendo lentamente le parole ad ogni nuovo ingrediente.
Eppure ogni suo sforzo fu vano. Quando il professore annunciò che il tempo era scaduto, la sua pozione era ancora allo stadio intermedio descritto dal libro come ‘liquido omogeneo color ribes nero’.
Si voltò stancamente verso Hermione, convinto che sarebbe stata lei la vincitrice della Felix Felicis.
Vide il professore sbirciare nel calderone della ragazza con sguardo compiaciuto, ma il suo volto s’illuminò quando scorse la sostanza violetta che giaceva minacciosa nel calderone di Harry.
« No, chiunque, ma Potter no! », borbottò, ed i Serpeverde accanto a lui annuirono con decisione, lanciando sguardi d’odio al ragazzo dai capelli neri.
Lo sentì dire ad alta voce « Fortuna, immagino », mentre una sempre più agitata ed offesa Hermione lo guardava di sottecchi, chiedendosi, probabilmente, come avesse fatto un tale somaro in pozioni a superarla.
Draco provò quasi un moto di comprensione verso la Mezzosangue.
Quasi.
Poi il suo sguardo si vece di nuovo vacuo, al ricordo del destino che lo attendeva.
La Felix Felicis gli aveva fornito un barlume di speranza, ma ora comprendeva appieno la gravità della situazione. Nessuno poteva salvarlo.
Hermione gli scoccò uno sguardo curioso, notando distintamente l’assenza del suo ghigno e dei suoi sguardi pieni di disgusto.
« Avete sentito Malfoy? », chiese sottovoce a Ron ed Harry.
I due scossero il capo. « Nemmeno una parola. Perché, ha detto qualcosa? », esclamò Harry, troppo allegro per preoccuparsene.
« No… E’ questo il problema », sussurrò Hermione, ma nessuno la sentì.


I giorni ad Hogwarts scorrevano via con fin troppa velocità, senza che Draco riuscisse a goderne appieno.
Sentiva che la sua fine era vicina, che il suo destino stava per compiersi.
Lo vedeva negli sguardi degli studenti, che lo guardavano di sottecchi, indicandolo e borbottando della cattura di suo padre.
Lo vedeva nell’atteggiamento dei professori che, pur cercando di comportarsi come di consuetudine, gli scoccavano occhiate ansiose, preoccupate.
Tutti aspettavano la sua caduta.
Tutti, nessuno escluso, speravano o temevano di vederlo accasciarsi a terra da un momento all’altro, di implorare pietà e chiedere perdono.
Tutti, nessuno escluso, speravano o temevano di scorgere una nuova luce nei suoi occhi e un nuovo segno sul suo braccio, di sentirlo reclamare vendetta.
Nessuno, invece, sembrava notare il suo silenzio, la sua completa assenza.
Il suo corpo vagava per i corridoi affollati, ma la sua mente era altrove.
Nulla riusciva a distrarlo, non ora che aveva finalmente compreso il piano del Signore Oscuro.
Quel compito non era un premio, non era una possibilità per ottenere gloria e fama agli occhi del suo padrone, come affermava sua zia Bellatrix, entusiasta di ciò che definiva una grande opportunità.
Era una trappola, era una punizione.
I figli dei Purosangue pagano con la loro vita gli errori dei genitori, e Draco si trovava intrappolato da quello stesso sangue che per anni aveva esaltato e venerato.
La rabbia lo assaliva spesso, rabbia verso suo padre che l’aveva lasciato solo a scontare peccati che non gli appartenevano, rabbia verso sua madre che piangeva silenziosamente ogni notte, rabbia verso sua zia che continuava a ripete quanto dovesse essere onorato di andare a morire per il Signore Oscuro.
Rabbia verso se stesso, perché non poteva opporsi ad un destino più grande di lui, che non poteva essere compreso o affrontato, ma solo accettato a testa bassa.
I sorrisi degli altri studenti gli davano il voltastomaco.
Persino i fantastici Tre, gli Eroi del Mondo Magico, sembravano immuni al terrore che gli attanagliava il petto ogni notte.
Si accorse di invidiarli.
Dopo tutto ciò che avevano passato, dopo i pericoli in cui si erano imbattuti, dopo aver rischiato più e più volte di morire, loro erano ancora capaci di ridere, di parlare, di studiare.
Ma loro sono in tre, si disse Draco.
Io sono solo.
Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra.
I cattivi non hanno un braccio destro, devono cavarsela da soli.
La gloria, la fama e l’amore sono per gli Eroi.
Nessuno l’avrebbe aiutato.
Alzò lo sguardo, intercettando gli occhi attenti di Hermione Granger.
Non ebbe nemmeno la forza di offenderla.
Le lanciò quello che sparava fosse uno sguardo carico d’odio, e lasciò a grandi passi la Sala Grande.
« ‘osa guaddi, ‘mione? », domandò Ron, rischiando quasi di affogarsi con il filetto.
Hermione scosse la testa e sorrise ai suoi migliori amici, che la guardavano con uno strano timore dipinto sul volto.
Non poteva certo svelargli di aver scorto un lampo di umanità negli occhi di Draco Malfoy.


Per Hermione Granger i giorni passavano fin troppo lentamente.
Le sembrava di vivere a rallentatore.
Forse era per quello strano dolore nel petto, per quell’agitazione che provava nell’osservare le ragazzine mentre salutavano Ron con voce acuta e decisamente sgradevole.
Eppure il suo rosso amico non sembrava accorgersene, e parte dei suoi timori, col passare dei giorni, si acquietarono.
Fu durante le selezioni per il Portiere dei Grifondoro che una nuova scarica di dolore le colpì il petto.
Lavanda Brown, seduta a pochi passi da lei, urlava forte il nome di Ron, e sospirava di sollievo ogni volta che parava.
L’avversario di Ron, McLaggen, d’altra parte, non la smetteva di ammiccare verso di lei, ed Hermione, un po’ per dispetto, e un po’ di più per dare una mano al suo amico, gli lanciò un incantesimo Confundus, impedendogli di parare l’ultimo e decisivo lancio.
Non fu difficile fingere allegria, perché la sua gioia era vera ed incondizionata: Ron era il nuovo portiere dei Grifondoro, ed il sorriso che le regalò le bastò per convincere la ragazza più leale e corretta di Hogwarts che un piccolo incantesimo, in fondo, non faceva male a nessuno.
La partita contro i Serpeverde si avvicinava e, giorno dopo giorno, la ragazza si sentiva sempre più inquieta ed irritabile.
Sempre più studentesse pronunciavano il nome di Ron – The King – Weasley con un preoccupante accento sognante.


« Non posso », ripeté ancora Draco Malfoy.
Era circondato dalla squadra di Quidditch al completo. « Ma è la partita contro Grifondoro! Non puoi non giocare, Draco! Devi fare a pezzi Potter! », esclamò uno dei suoi tarchiati compagni di Casa.
Malfoy respirò profondamente, prima di guardare uno ad uno i ragazzi che, con gli sguardi ansiosi, tentavano di convincerlo a fare qualcosa che lui, diamine, voleva fare.
Ma non poteva.
La sua attenzione era scarsa, il Quidditch era ben poca cosa in confronto alla sua missione, e lui doveva pensare, doveva trovare un modo per sconfiggere la paura.
Non poteva mischiasi a quelle grida, non poteva più provare l’ebbrezza del volo.
Quando tutto sarà finito volerò ancora, si ripeteva. Ma in fondo temeva che la fine avrebbe coinciso con la morte.
Inseguire uno stupido boccino non era più la sua meta.
Draco Malfoy, che un tempo aveva come unico obiettivo quello di rendere ridicolo Potter e di dimostrare di essere il migliore una volta per tutte, comprese di avere un destino ben più infausto e di dover combattere una guerre ben più grave di una lite tra adolescenti.
« Ho detto che non posso », sibilò, scandendo le parole una ad una.
Nei suoi occhi, il vuoto.
Nessuno osò fiatare, né domandargli per quale motivo la sua mano stesse tremando lievemente.
O, più probabilmente, quel gesto non fu nemmeno notato dai suoi compagni di casa che, afflitti e terrorizzati, lo lasciarono solo.
Finalmente, pensò Draco.
Di nuovo, mormorò affranta una voce remota nascosta dentro di lui.
Scosse la testa per liberarsi da quell’assurdo senso di malinconia.
Non era più un bambino. Doveva imparare il valore della rinuncia.
Quando la sera della partita arrivò, Draco s’incamminò a passo lento verso le sponde del Lago Nero, ben attento a non seguire la tentazione che portava i suoi piedi a dirigersi verso il campo di Quidditch.
Il buio stava calando lentamente su Hogwarts, ed il freddo della sera iniziava a farsi sentire; Draco si strinse nel mantello.
La luce di una bacchetta attirò la sua attenzione, in quell’immobile oscurità.
Avvicinandosi lentamente, scorse il volto di una ragazza intenta a sfogliare un grosso libro.
« Ci mancava solo lei », sibilò, rendendosi improvvisamente conto che una sola studentessa poteva ostinarsi a leggere con quel gelo e con quella scarsa luce.
Eppure, senza una spiegazione razionale, le si avvicinò.
« Così ti ammalerai, Mezzosangue », sibilò, esibendo il suo solito ghigno.
« Malfoy… Allora ti è tornata la voce. Mi stavo quasi preoccupando », rispose la ragazza, impassibile.
Punto sul vivo, Draco tentò subito di attaccare per difendersi.
« Lenticchia ti ha lasciata di nuovo sola, Mezzosangue? E dov’è lo Sfregiato, sta tentando di salvare il mondo? », la canzonò, fingendo di guardarsi intorno, come se i migliori amici della ragazza potessero essere nascosti da qualche parte nell’ombra.
« Ricomincia a tacere, furetto rimbalzante. Almeno lasci qualche barlume di speranza sulla tua presunta intelligenza. E, se vuoi saperlo, i miei amici stanno sconfiggendo i tuoi compagni di casa a Quidditch », replicò lei, sperando di attutire il dolore giocando d’astuzia.
Eppure Malfoy, pur udendo la sua voce decisa, avrebbe giurato di averla vista tremare. Ignorò l’allusione al Quidditch, cercando un modo per ferirla, per farle male.
« A che gioco stai giocando, Granger? Dato che i tuoi amichetti ti evitano hai iniziato a spiarmi per passare il tempo? », ringhiò quasi, mentre la bacchetta di Hermione creava sul suo volto pallido sinistri giochi d’ombra.
Draco notò che la ragazza aveva nere occhiaie, e sembrava molto più stanca del solito. I suoi occhi erano quasi spenti.
Tremò di rabbia al pensiero che solo due persone avessero quel potere su di lei: lui, per quanto la offendesse o la criticasse, non riusciva quasi mai a graffiare la sua barriera di forza e d’orgoglio.
« Ho cose molto più interessanti da fare, non mi interessa la tua crisi adolescenziale. Ma sai, dopo che ho passato metà della mia vita a sentire le tue accuse e a scorgere il tuo ghigno insopportabile, un po’ mi dispiace vederti silenzioso e imbronciato », rispose Hermione, iniziando a raccogliere le sue cose. « Anzi, pensandoci bene, non mi dispiace affatto. Ho solo il sospetto che tu stia tramando qualcosa. Ma, in fondo, non me ne frega niente di quello che fai tu », concluse con tono soddisfatto, allontanandosi lentamente.
Dopo che ebbe compiuto solo pochi passi, grida trionfanti li raggiunsero.
Grifondoro aveva vinto.
Hermione sorrise, Draco calciò con rabbia il terreno.
Si allontanarono senza guardarsi indietro, dirigendosi ognuno per la propria strada.


Era ormai buio quando Hermione decise di tornare nel dormitorio per complimentarsi con Ron e, finalmente, ricominciare a sorridergli.
I continui battibecchi l’avevano ormai stancata, e non desiderava altro che arruffargli i capelli e fargli sapere che andava tutto bene, che era tornata.
Si fece largo tra la folla, spingendo qua e là per scoprire il motivo di tanto clamore.
Al centro della sala, avvinghiati in un abbraccio serrato, un ragazzo dai capelli rossi ed una biondina sembravano incollati da un potente incantesimo.
Quando il ragazzo si allontanò appena per riprendere fiato, il cuore di Hermione perse un battito.
« Ron », sussurrò, prima di correre via, lontano da ciò che in cuor suo sperava fosse solo un brutto, terribile incubo.
Sbatté la porta alle sue spalle, infilandosi frettolosamente nella prima aula libera.
Passarono ore, o forse minuti, ma il tempo continuava a non esistere. La coscienza di sé era lontana, ed Hermione non avrebbe saputo dire se fosse sveglia o se, in preda alla stanchezza, si fosse addormentata in qualche angolo dei corridoi.
« Cosa c’è, Mezzosangue, Lenticchia non ha ancora capito che la sua migliore amica mira a ruoli ben più elevati? », sibilò una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto, incontrando gli occhi tempestosi di Draco Malfoy, che stava chiudendo lentamente la porta alle sue spalle.
« Taci », tentò di urlare, ma dalle sue labbra uscì poco più di un sussurro.
« Che maleducata », borbottò Malfoy, fingendosi offeso.
Hermione gli diede le spalle, ma non riuscì ad evitare un sospiro strozzato mentre inghiottiva le sue stesse lacrime.
« Cosa vuoi, Malfoy? », domandò, controllando la voce.
« Non ho intenzione di consolarti, se è questo che ti stai chiedendo », sibilò lui.
Dopo una giornata tremenda, farsi gioco della Mezzosangue era un’attività decisamente rilassante. Era arrabbiato con lei senza sapere perché. Forse solo perché esiste, si disse. O forse voleva solo vendicarsi per la conversazione avuta qualche ora prima.
« Né io ho bisogno della tua pietà. Quindi lasciami in pace », esclamò lei, e questa volta nessun tremito nel respiro tradì il suo dolore.
« Ci sono cose peggiori », sussurrò Malfoy, dopo aver osservato a lungo la schiena della ragazza scossa dai singhiozzi. « Ci sono disgrazie peggiori, e tu piangi per quel topo di fogna. Ti credevo più intelligente, Granger. Mi hai deluso », continuò il ragazzo.
Eppure, si accorse con disappunto, nessuna di quelle parole mirava a ferire o a deridere.
Erano parole sincere.
Draco Malfoy fece per andarsene, terrorizzato da ciò che aveva appena pronunciato, temendo di aver tentato di consolarla, ma la voce della Grifondoro lo fermò.
« Tu hai mai amato, Malfoy? », domandò, questa volta senza fingersi forte, senza nascondere il tremore della sua voce, senza camuffare le lacrime. Si voltò e lo affrontò, attendendo che si voltasse anche lui.
Lentamente, Draco tornò a guardarla, fissando gli occhi nei suoi.
« Hai mai amato qualcuno, Malfoy? Hai mai amato qualcuno più di quanto ami te stesso? Perché se è così, Malfoy, dovresti capire », sibilò la ragazza, con una rabbia che non le apparteneva.
Stava cercando di ferirlo?
Voleva che ammettesse di essere solo?
Eppure niente, in quegli occhi, riconduceva ad un fine così vile.
« Se invece non hai mai amato così forte, allora, sono io che provo pena per te. Perché queste lacrime che tu consideri disgustose sono la prova che qualcosa, dentro me, batte ancora. Cosa c’è invece oltre il tuo bel faccino, Malfoy? Sei un involucro vuoto, o dietro tutta quella vigliaccheria nascondi un cuore? », continuò.
Draco Malfoy non rispose. Rimase immobile, osservando gli occhi della ragazza che si riempivano di lacrime.
Sono anni che non piango, pensò, invidiando quasi quegli occhi umidi.
Ci aveva provato molte volte, davanti allo specchio, tentando invano di dire addio a se stesso.
Forse, se piangessi, potrei stare meglio, rifletté tra sé.
Poi scosse la testa. Lui era un uomo, lui era un Malfoy, lui era un Serpeverde, lui era un Mangiamorte. Aveva il dovere di tenere alto l’onore della famiglia, o di conquistare almeno un briciolo di dignità, morendo per una giusta causa.
Una risata amara gli sfociò dalle labbra pallide.
« Se un giorno io dovessi amare, Mezzosangue, o se qualcuna mi amerà mai, il dolore sarebbe ben più grande del tuo. L’unico epilogo sarebbe la morte. L’amore rende vulnerabili, Granger. Ed io voglio rimanere lucido, voglio poter guardare in faccia la fine senza rimpianti », sibilò tra i denti.
Hermione si alzò, con le lacrime che le scorrevano sul viso, quasi vantandosi del suo dolore. « L’amore rende vivi, Draco. Se la fine che temi è la morte, non temere: se non hai mai amato, non perderai nulla che abbia un valore », disse, passandogli accanto.
Poi chiuse la porta alle sue spalle, lasciando Draco Malfoy solo con i suoi pensieri.
Draco Malfoy ed Hermione Granger si evitavano accuratamente.
Nessuna battuta, nessuno sguardo truce, nessun accidentale tocco.
Sembravano due fantasmi rinchiusi nel loro dolore, troppo accecati dalla tristezza per avere la forza di credere ancora in qualcosa.
Se per Malfoy non credere era normale, per Hermione quel pozzo di agonia era una tortura.
Mai nella sua vita avrebbe pensato di sentirsi così sola.
Benché Harry fosse quasi sempre al suo fianco, sentiva di dover combattere una guerra contro se stessa, una guerre in cui nemmeno il suo migliore amico sarebbe potuto intervenire.
Il primo livello da superare, era evitare le lacrime nello scorgere Lavanda Brown e Ron Weasley avvinghiati nei corridoi.
Dopo molto tentativi, finiti con forsennate corse in bagno e molte lacrime amare, Hermione aveva acquisito un rigido autocontrollo.
Guardava altrove, osservava i muri, seguiva il volo dei gufi al di là delle finestre spesse. Cercava un libro in borsa, si chinava a raccogliere oggetti inesistenti, rideva forzatamente a battute che Harry non pronunciava.
Si sentiva sola, tremendamente sola.
Forse Malfoy ha ragione. L’amore rende troppo vulnerabili, pensò un giorno, dopo aver sbagliato per ben due volte la quantità di erbe nella sua pozione.
A pochi calderoni di distanza dal suo, Draco Malfoy fissava come ipnotizzato il libro di Pozioni. Si svegliò solo quando una Corvonero notevolmente imbranata gli diede una gomitata nella schiena.
Alzò lo sguardo sulla lavagna, imponendosi di concentrarsi.
Sentiva una strana sensazione, come se qualcuno gli stesse stuzzicando il cuore con qualcosa di molto appuntito.
Si sentiva solo, solo come non era mai stato.
Forse la Granger aveva ragione, pensò. Forse non ho mai vissuto.
Forse fu per effetto dei vapori, o per l’assordante silenzio, o ancora per il forte odore di pino incantato che Draco si voltò ed Hermione alzò lo sguardo.
Sicuramente fu un caso, eppure i loro sguardi si cercarono inconsciamente, trovandosi senza alcuno sforzo.
Hermione sbuffò, Draco ghignò.
Entrambi finsero di non sentire che il peso sul loro cuore sembrava un po’ più leggero.
Tutti e due sapevano di essere soli, ma sapere che erano soli in due li consolava un po’.


I momenti in cui i loro sguardi s’incontravano fugacemente per poi allontanarsi con decisione divennero sempre più frequenti, e ben presto il caso iniziò ad avere ben poca influenza su quella silenziosa ricerca.
Hermione Granger temette di aver perso il senno.
Devo essere stanca. Forse dovrei diminuire leggermente le ore di studio, si disse, mentre a passo svelto si dirigeva in Biblioteca.
A contatto con le pagine sbiadite, le parve di trovare un barlume di serenità.
Calma, Hermione, continuava a ripetersi.
Mentre i suoi occhi venivano attratti da una sfuggente chioma bionda, non si accorse nemmeno che, a pochi passi da lei, Lavanda Brown stava letteralmente molestando quello che ormai considerava il suo ex migliore amico.
Draco Malfoy, d’altra parte, aveva tutto sotto controllo. O almeno così pensava.
Quella piccola, sudicia, sporca, ignobile strega, ripeteva da ormai due giorni, vagando senza sosta per i corridoi del castello, senza ammettere nemmeno a se stesso di volerla incontrare.
Io so cosa sta succedendo, ne sono sicuro, me lo sento, io non sbaglio mai, si disse mentre usciva frettolosamente dalla Biblioteca. Non si accorse che, mentre tentava in tutti i modi di costringersi a non guardare verso quella arruffata chioma castana, il suo destino era diventato un pensiero un po’ meno ossessivo.
Vide chiaramente, però, un ragazzo dai capelli rossi assalito da una biondina che riconobbe come Lavanda Brown. Una strana rabbia lo invase, e si affrettò a lasciare la Biblioteca prima di compiere azioni di cui si sarebbe sicuramente pentito.

« Signorina Granger, è tardi. Vada a riposare », sussurrò con dolcezza Madama Price, posando una mano sulla spalla della studentessa più diligente che avesse mai conosciuto.
Non poteva immaginare che, per la prima volta nella sua vita, Hermione non aveva dedicato tutto il suo tempo allo studio.
Per ben dieci minuti aveva riflettuto su quegli occhi grigi che ultimamente incontrava così spesso, rinunciando al terzo ripasso di ben due unità di Aritmanzia.
Mentre lasciava la Biblioteca, venne letteralmente assalita dai sensi di colpa, e si ripromise di ricominciare a studiare non appena fosse arrivata in Sala Comune.
Col naso a pochi centimetri dal libro, non si disturbò ad alzare lo sguardo quando una sedia accanto a lei fu smossa.
« Ciao, Harry. Parliamo dopo, sto studiando », sussurrò, voltando pagina.
« Ehm… », borbottò una voce che certamente non apparteneva ad Harry.
Hermione alzò per un attimo lo sguardo dal suo libro, sorpresa.
« Oh, ciao Ron. Tutto bene? », esclamò, prima di immergersi di nuovo nella lettura.
Non si rese conto di quanto fosse stato facile parlare con Ron, lo stesso Ron che le aveva spezzato il cuore gettandosi tra le braccia della prima asina giuliva che era capitata.
Anche Ron parve abbastanza sorpreso e, con sguardo confuso, si voltò verso Harry. « Mi ha parlato! », disse, trattenendo a stento la gioia.
Anche Harry gli sorrise, alzando i pollici in segno di vittoria.
Poco dopo, Lavanda Brown si tuffò letteralmente su Ron, pronta a rimarcare la sua proprietà. Harry alzò gli occhi al cielo, e ad Hermione scappò persino uno sbuffo che somigliava molto ad una risata.
Ron si allontanò di malavoglia, accorgendosi solo allora di quanto le era mancato quel sorriso privo di malizia.

Draco Malfoy aveva passato una notte tremenda, davvero tremenda.
Aveva camminato per tutta la stanza fino a che Zabini e Nott non lo avevano letteralmente costretto a starsene buono con un paio di incantesimi decisamente poco cavallereschi.
Erano solo le sei e trenta quando uscì dal dormitorio, deciso a sfogare tutta la sua rabbia repressa.
Passò in fretta davanti alla Biblioteca che, con sua grande sorpresa, era già aperta.
Sbirciò all’interno, evitando accuratamente di ammettere a se stesso che sapeva già di chi era la testa bruna che spuntava leggermente al di sopra di una pila di libri.
« Ma sei una maledizione, Mezzosangue? Sei sempre tra i piedi », esclamò, avvicinandosi.
Hermione alzò appena lo sguardo. « Vorrei ricordarti, Malfoy, che io sono arrivata prima di te. Tra i Babbani saresti denominato stalker, sai? »
Draco non si prese nemmeno la briga di chiedere cosa diavolo significasse, perché era abbastanza sicuro che non fosse nemmeno lontanamente un complimento.
Guardò la piuma di Hermione scorrere veloce sulla pergamena.
« Quel Ron Weasley è peggio di una piovra gigante », disse, sperando di offendere la ragazza, o di ferirla, o di attirare la sua attenzione.
« E’ un assoluto idiota, un Troll è sicuramente più sveglio. Per non parlare della Brown. Ma appartiene ad una specie particolare, o è solo una strega senza cervello? », continuò, cercando di cogliere un barlume di dolore in quegli occhi scuri.
Con sua grande sorpresa, Hermione sorrise e alzò un sopracciglio con aria curiosa. 
« E’ la mia impressione, Malfoy, o stai cercando di consolarmi? », domandò la ragazza, guardandolo finalmente negli occhi.
« Perché, se è questo ciò che stai cercando di fare, penso sia giusto avvisarti che.. Bè, penso di essere riuscita a superare quel… piccolo problema », aggiunse, misurando attentamente le parole.
« Piccolo problema? I bagni di Mirtilla Malcontenta perdono meno acqua dei tuoi occhi, Granger », sbottò lui, sforzandosi di ghignare anziché sorridere.
La risata di Hermione riempì la Biblioteca e Draco, suo malgrado, ne fu affascinato.
Non aveva mai rivolto quella risata a lui, ma solo, a volte, contro di lui.
Il suo sorriso era riservato ai suoi migliori amici, eppure sembrava che, nella penombra di quel luogo di culto, una barriera invisibile si stesse infrangendo.
« Sai, Malfoy, penso che tu mi abbia salvata », sussurrò Hermione dopo lunghi istanti di silenzio.
Aveva abbassato lo sguardo, e le sue guance erano lievemente tinte di rosso.
« Lo sapevo che prima o poi lo studio ti avrebbe portato alla pazzia, Mezzosangue », replicò lui, mostrando apertamente il suo divertimento.
« No, dico sul serio. Ero così concentrata a capire te che ho rimosso i miei vecchi problemi », esclamò lei, con quella sincerità e schiettezza così schifosamente Grifondoro.
Draco Malfoy, da buon dissimulatore, rise.
« Sapevo di essere irresistibile, ma non pensavo che anche le sfigate con il sangue sporco come te subissero il mio fascino », replicò.
Eppure il suo ghigno non era malvagio come al solito.
Non era un’arma per ferire, ma uno scudo per non essere feriti.
« L’amore rende vulnerabili », sibilò Draco con rabbia, rivolgendosi a se stesso più che alla ragazza che aveva di fronte.
Hermione lo guardò negli occhi, scosse la testa e sorrise.
« L’assenza d’amore rende vuoti », sussurrò lei.
Ancora silenzio, un silenzio assordante, carico di domande e sgombro di risposte.
« Potrei riempirti », disse Draco sottovoce, concentrandosi sulle rilegature scarlatte di spessi tomi neri.
« Forse.. potrei proteggerti », sussurrò Hermione, continuando a fissare quegli occhi che fuggivano al suo sguardo indagatore.
Draco alzò velocemente lo sguardo, ed iniziò ad indietreggiare.
I tratti del volto si contrassero in una smorfia di dolore.
« Proteggermi da cosa, sporca Mezzosangue? », domandò, infuriato.
Come poteva quella sciocca strega insinuare che lui avesse bisogno di protezione?
« Da te stesso », sussurrò, e avvicinandosi lentamente a lui gli sfiorò la guancia gelida con la mano.

« Malfoy… », disse.
Uno sbuffo sommesso alla sua destra la invogliò a continuare.
« Perché eri arrabbiato quella sera, in Biblioteca? », domandò.
« Ti ho appena detto che il Signore Oscuro mi ha ordinato di uccidere Silente, e tu ti preoccupi di una cosa così insignificante? », sbottò, inarcando le sopracciglia.
La ragazza non rispose, chiudendosi in un ostinato silenzio.
« Pensavo che mi avessi dato l’Amortentia. Quel filtro d’amore potentissimo che… »
Una risata cristallina interruppe le sue parole.
« Sì, anche io avevo pensato che tu l’avessi fatto », ammise Hermione. « Ma era davvero improbabile che tu volessi che io mi innamorassi di te », continuò, come se stesse illustrando un ovvio teorema di Aritmanzia.
Draco annuì, pensieroso. « Né tu avresti desiderato che io mi innamorassi di te », aggiunse.
Un gufo volò a pochi passi da loro. Guardarono il cielo: dalla Guferia potevano vedere l’intere foresta, immaginare di essere liberi, lontani da quelle mura.
« Già. Nessuno di noi lo voleva. Eppure è successo », sussurrò Hermione.
Draco annuì ancora, ma non rispose.
« Per quanto riguarda il tuo compito... Troveremo una soluzione », aggiunse, scegliendo attentamente le parole da usare.
« Due ragazzini contro il Signore Oscuro. Non vedo l’ora », sbuffò Draco, con una malinconica ironia.
Hermione gli posò una mano sul braccio, proprio sul punto in cui il Marchio Nero pulsava incessantemente.
« Ti proteggerò », disse solamente e, senza interrompere il contatto con il braccio del ragazzo, tornò a guardare il cielo.
Lumacorno aveva ragione, pensò Draco.
Avrebbe dovuto ascoltarlo e prendere provvedimenti prima che fosse troppo tardi.
Quell’amore ossessivo, quell’amore dannoso, quel semplice amore era puro veleno.
Eppure, da quando quell’amore sbagliato occupava i suoi pensieri, il tempo aveva ripreso a scorrere normalmente.
E Draco Malfoy si accorse di non avere più tanta paura, perché finalmente non era solo.
Anche i cattivi potevano avere un alleato.

 


NOTE:
Le frasi in grassetto sono citazioni tratte da Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
Solo la prima parte della storia coincide con il corso degli eventi. Dalla seconda parte in poi, invece, cambiano alcuni dettagli. Ad esempio, Hermione nel libro segue la partita di Quidditch, mentre nella mia storia ascolta solo i rumori provenienti dal campo.




   
 
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