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Autore: Flaqui    01/08/2011    4 recensioni
L'inferno è vuoto, i diavoli sono qui... William Shakespeare
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Resistenza

  L’inferno è vuoto, i diavoli sono qui… William Shakespeare


La luna piena navigava alta nel cielo. Nubi trasparenti stracciate dal vento correvano, nascondendosi tra l’ombra della foresta e le colline. Inondati dal chiarore lunare prati e cespugli lasciavano posto ad una strada che biancheggiava fino al lago.
Camminava rapida lungo quella strada e si guardava intorno. Nell’immenso silenzio della notte sentiva solo il rumore dei propri passi. Non si vedevano villaggi e neppure capanne. Non una luce.
Solo quella maledetta luna piena.
Sapeva che in quelle foreste c’erano lupi e orsi. E anche linci e gatti selvatici. Con sé aveva solo il coltellino che era stato di sua sorella, bhe insomma che aveva preso in prestito, ecco; ma la leggenda diceva che quando la luna passava sotto la prima stella della costellazione di Orione le belve delle foreste non ti aggrediscono ma stanno a guardarti dal folto della foresta con i loro terribili occhi gialli. Forse era solo una stupidaggine, ma dopo tutto, cosa era lei, la sua famiglia, quello da cui scappava e quello a cui andava in  contro, e soprattutto quello che cercava disperatamente nel fitto della foresta in una notte di luna piena in cui avrebbe fatto meglio a starsene al riparo, se non una legenda?
Una civetta con il suo volo soffice e silenzioso passò davanti a lei e le lanciò un breve grido di avvertimento prima di sparire dall’altra parte della strada e tra gli alberi. Dopo poco ripassò di nuovo, lanciò un grido acuto e poi si rifugiò sulla chioma di un albero, di nuovo.
La ragazza si bloccò di colpo, un rumore indistinto diventava mano a mano sempre più vicino, mentre la terra quasi tremava sotto il ritmo veloce del cavallo che la inseguiva.
Prese a correre, pensava di averli seminati ormai, loro e i loro stupidi cavalli neri, stupidi mercanti di schiavi con il loro stupido carico.
Corse, corse, corse, corse. Non sapeva dove, non sapeva quanto avrebbe potuto continuare prima di stramazzare al suolo, e quanto ancora avrebbe dovuto trattenere il fiato prima di ritenersi al sicuro.
Sapeva che ormai era inutile nascondersi fra i cespugli, o stringersi il cappuccio del mantello.
Ormai l’avevano vista.
Doveva solo continuare a correre.
Appena mosse un passo per infilarsi fra i cespugli i passi del cavallo si fecero più affrettati,anzi, con una rapida occhiata potè constatare che la figura semi nascosta dall’oscurità era a solo pochi metri da lei.
Riprese a correre ancora più veloce, e sembrava quasi avercela fatta quando si sentii afferrare a una spalla da una mano potente che la strappò dal suolo. Incurante della civetta che gli sbatteva le ali in faccia, l’uomo sistemò la ragazza di traverso davanti a sé sulla groppa del cavallo che fece un brusco giro su se stesso, tornando indietro.
La ragazza si dimenò, cercò di aggredire il suo assalitore, ma fu tutto vano. L’uomo rise dei suoi vani tentativi di liberarsi e strinse ancora di più la presa con cui la imprigionava. Rimase allora a penzoloni, inchiodata alla groppa del cavallo da quella mano d’acciaio.
Il cavallo correva, correva.
Chiuse gli occhi.
 
La ragazza si lasciò scivolare accanto a lui.
Fissava l’acqua scorrere, in un moto infinito, inarrestabile, libera, senza restrizioni.
Le piaceva pensare di essere anche lei libera, impetuosa e inarrestabile come l’acqua.
Il ragazzo che aveva alzato lo sguardo allarmato dal crepitio delle foglie secche, sorrise, tranquillo, poi continuò alla sua precedente occupazione.
Rimise la mano nell’acqua del fiume e annuì assorto, come se stesse dialogando con qualcuno, poi all’improvviso aggrottò la fronte, e chinò il capo come ad invogliare il suo invisibile interlocutore a ripetere ciò che aveva detto.
Il fiume ribollì, le acque si ingrossarono, quasi si stessero inalberando, furibonde, trascinando uno stuolo di foglie verso sud.
La ragazza, incuriosita suo malgrado, imitò il fratello, immergendo anche lei la mano nell’acqua.
“Sono tanti, sono veloci fra poco saranno qui” sussurrò la voce roca del fiume.
“Fra quanto?” chiese sommessamente il ragazzo.
“Chi? Chi sta arrivando?”si intromise lei, odiava essere esclusa da qualcosa, odiava essere messa da parte. Anche da piccola, quando suo padre le diceva che era meglio che restasse a casa, per lasciare agli uomini il dominio, lei si era sempre rifiutata di ascoltarlo, tanto e vero che ormai riusciva a padroneggiarlo meglio di suo fratello, il così detto “uomo di casa”.
“Mercanti, mercanti di schiavi, con già un grosso carico” la informò il fiume“Saranno qui fra una mezzora scarsa.”
“Dobbiamo muoverci”
Il ragazzo ringraziò brevemente il fiume e si alzò velocemente, raccolse la sacca di cuoio nero e se la sistemò per bene a tracolla.
La ragazza rimase immobile, assorta nei suoi pensieri. Mercanti di schiavi. Con un grosso carico. Rabbrividii, poveri ragazzi, chiunque fossero i loro prigionieri li compativa, i mercanti di schiavi non scherzavano, e lei lo sapeva bene. Avevano preso Hope la sua migliore amica l’anno prima insieme alla maggior parte dei ragazzi del suo villaggio.
Chiuse gli occhi al ricordo, l’odore del fuoco ancora nelle narici, quel maledetto fuoco che aveva bruciato tutto il raccolto, e il legno delle loro case. Le urla delle donne, dei bambini, delle persone con cui era vissuta, cresciuta, tutto distrutto.
-Ehi- la voce di suo fratello la riportò alla luce –Dobbiamo muoverci, ora. Vai a svegliare gli altri, io vedo di trovare del cibo per il viaggio-
-E dove intendi trovarlo?- chiese in un rantolo preoccupato lei, ben sapendo dove stava per andare a parare.
-Qui vicino c’è un villaggio. Vedrò cosa posso fare. Voi andate avanti, prendete la strada che passa oltre la foresta, seguite il fiume e non vi perderete-
-Non puoi farlo, è troppo pericoloso. Non hai sentito, ci sono i mercanti di schiavi, non posso lasciarti andare!-
-Smettila di fare la paranoica, non mi succederà niente- le si avvicinò scoccandole un bacio sulla fronte e inspirando con forza.
Poi corse via.
-Stai attento!- gli urlò dietro lei, sorridendo appena quando lui si voltò sempre correndo, per mostrarle il pollice in su. Poi, sospirando con forza, accarezzò l’acqua e andò a svegliare il terzo componente del gruppo.
 
Due persone, una donna sulla trentina, bruna, e una ragazza avvolta in un mantello rosso che le copriva il volto, camminavano veloci, cercando di sfuggire all’inevitabile temporale che stava per colpire la regione, annunciato dalle nuvole nere incombenti dal buio.
La donna lanciò un occhiata perplessa verso il cancello di ferro che segnava l’inizio della città di Terza, capitale della Regione della Terra, che continuava a cigolare producendo un suono di circa diecimila decibel.
-Maledetto cancello- sussurrò adirata.
Le strade buie si diramavano verso il centro della città, e anche se il cielo tetro e scuro non lasciava intravedere neanche il più piccolo raggio di luna, si potevano ben distinguere le torri del palazzo di Terrabit.
-Sua signoria è davvero certa di ciò che sta per fare?- chiese la bionda, per la centesima volta.
-Si te l’ho già detto Malvina- la ragazza sbuffò assumendo un atteggiamento molto poco signorile –Non ho altra scelta. Non potrò mai arrivare fino a lì da sola, ho bisogno del loro aiuto-
-Non capisco perché non ha potuto chiedere aiuto a suo padre, altezza-
La ragazza, si lisciò con cura il vestito di broccato rosso acceso e lanciò un occhiata stanca alla sua accompagnatrice, avevano già affrontato quel discorso un sacco di volte lungo il viaggio.
-Bhe ecco… senti è un onore che mio padre abbia affidato a me questa missione, d’accordo? E non voglio deluderlo. Quindi…-
-Ma non sarà pericoloso?-
-La smetti di dire sciocchezze Malvina?-
La donna tacque e aiutò la sua padroncina ad attraversare la strada, evitando con cura le grandi pozze di acqua.
Butti tempi, sono questipensò fra sé e sé. Davvero brutti. Ricordava ancora quando, nel tempo di splendore del Regno del Fuoco, la regina fosse accompagnata in visita da altri reali da uno stuolo di servi, valletti, damigelle e dame da compagnia. Ora invece, dopo la morte della regina, di cui era stata tutrice, si ritrovava ad accompagnare la principessa, nonché futura erede al trono a piedi, senza carrozza e senza alcun tipo di protezione.
Erano ormai arrivati al cancello del palazzo.
Malvina si apprestò a proseguire, quando la mano della ragazza sulla spalla la bloccò facendola girare su se stessa, e quasi urlare terrorizzata. La donna guardò la sua protetta con spavento e curiosità.
-Torna a casa Malvina -
-Che cosa?-
-Torna a casa, Malvina. Questo non è posto per te. Da ora vado da sola-
Malvina, rimase scioccata per un secondo, poi però il sangue prese a scorrere, dandole la forza della rabbia per protestare.
-Assolutamente no!-
La ragazza la guardò perplessa, sorpresa da tale improvvisa imposizione.
-Non vi lascerò andare da sola! Io vi ho permesso molte cose, signorina, vi ho accompagnato fino a qui a piedi, senza una scorta e di nascosto, ho lasciato la mia casa per seguirvi, perché voi siete come una figlia per me, ma questo non posso permetterlo. Io non vi lascerò qui! Da sola! Al buio!-
La bruna alzò gli occhi al cielo.
- Malvina, torna a casa su-
-No-
-Vai, ora!-
-No!-
- Malvina, te lo ordino-
La donna si morse il labbro.
Non poteva più ribattere. Era la legge. Una tutrice reale poteva imporsi sulla sua protetta, ma se riceveva l’ordine preciso di fare una cosa doveva obbedire. Non capitava spesso che succedesse.
Di solito i capricci degli infanti reali venivano risolti senza arrivare a questo punto.
- Malvina, ti ordino di tornare a casa- la voce della ragazza era quasi supplichevole –Per favore-
-Vuole che io la lasci qui?-
La brunetta annuì, trattenendosi dallo scoppiare a piangere. Lo stava facendo per proteggerla, era per Lola che lo faceva.
-Si-
-Bene, allora io devo andare- sussurrò Malvina.
-Si-
La donna abbassò il capo. Guardò la sua piccola per l’ultima volta e sembrò volesse quasi imparare a memoria il suo viso, per quando non avrebbe più potuto guardarlo.
Poi si voltò e sussurrò –Addio bambina mia-
Corse via.
La ragazza la guardò con un groppo in gola, mentre una parte di lei si complimentava per la sua fermezza, e l’altra gridava, gridava perché voleva che Malvina tornasse da lei.
Era stata la sua mamma per molto tempo, da quando la sua era morta. Ed era davvero orribile doversi separare così da lei.
Ma era solo per il bene di Malvina e di tutti quelli che amava che stava facendo questo.
Si asciugò le lacrime e scosse la testa.
Poi si voltò e aprì il cancello del palazzo.



Hola ragazzeeee!
Come state?
So che alcune di voi mi vorrebbero uccidermi perchè di questa parte sto pubblicando solo one shoot... ma  mi mancava l'ispirazione... comunque vediamo quante di voi riescono ad indovinare chi sono i protagonisti della storia...comunque.. piccola domanda... quale storia volete che aggiorni prima?
Ho pronto il capitolo sia di ?Cause I love the way you lie, sia di I'm just right here... ditemi voi... Bacio!
Vi adoro tutte e spero che sarete clementi... non sarà facile per me confrontarmi con le altre opere d'arte presenti  ma questa storia mi ispira... fatemi saper che cosa ne pensate!
Fra



 



 

   
 
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