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Autore: aaarg    01/08/2011    4 recensioni
una piccola storia, potrebbe rimanere una one shot, ma mi piacerebbe continuarla: fatemi sapere che ne pensate!
La trama è semplice: e se Oscar avesse sognato tutto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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cinque
 
Per la prima volta era senza André.
 
Proprio come aveva voluto lei, in fondo. Ma la sensazione che provava non aveva niente a che fare con la sua ritrovata volontà di vivere come un uomo. Ma in fondo chi voleva ingannare? Quella decisione era durata giusto il tempo di lasciare il comando della Guardia Reale, di trattar male André e di perderlo per sempre. Quel tentativo di violenza, per quanto non giustificabile, per quanto contrario alla sua natura lei lo aveva da tempo compreso e perdonato. Non era stato facile, certo. Non lo era stato perché in quel momento lei si era resa conto non solo della sua condizione di donna (ma con  quella, in fondo stava ormai imparando a convivere e ad accettarla), ma della sua enorme fragilità. Non sarebbe bastata tutta la sua esperienza, tutta la sua preparazione da soldato: se Andrè avesse deciso di andare avanti lei non avrebbe potuto resistergli. Era questo che quella sera l’aveva spaventata, paralizzandola. Era questo che l’aveva tanto spaventata da costringerla ad andar via, in Normandia. Non era voluta andare ad Arras: quel posto le ricordava troppo le belle giornate passate in libertà con André, mentre lei aveva bisogno di pensare. Doveva capire cosa aveva nel cuore. Aveva capito di amare André, che il suo sentimento non era semplice amicizia. E lo aveva capito grazie ad un sogno. Ma nella sua assoluta impreparazione ad affrontare i problemi legati ai sentimenti, mentre meditava di fare una cosa, appena si trovava con lui faceva l’esatto opposto, esasperandolo. Arrivando persino, lei che aveva scoperto sentimenti femminili, reazioni femminili ad una presenza maschile, a rifiutare la sua femminilità e a dire di voler vivere come un uomo. Perché? Ancora non lo capiva. La visita di Fersen l’aveva stravolta per le sensazioni fortissime che le aveva dato, per la certezza che il conte non le comunicava più alcun sentimento che non fosse di amicizia, ma con il ricordo ancora molto vivido dello struggimento che egli per la prima volta le aveva causato.
Forse per fuggire a quella confusione di sentimenti aveva deciso impulsivamente di rifiutare la sua natura femminile. Troppo dolore provoca l’amore, troppa agonia, lenta e triste agonia.
Ma non c’era riuscita, nemmeno per quindici giorni, a illudersi. Lì in Normandia aveva infine capito che non si può sfuggire a quello che si è e a quello che si prova. Era tornata a casa per dirlo ad André, per fargli capire che davvero non ce l’aveva con lui, che gli voleva bene. No, che lo amava.  Ma lui si era stancato di aspettare, forse, o chissà magari per cercare di raccogliere i cocci della sua vita ed andare avanti senza di lei, e se ne era andato. Licenziato da attendente, era sparito.
E ora il suo, il loro cuore era spezzato.
 
Era lì, seduta sul suo letto, che pensava tutte queste cose, con le lacrime che le scendevano silenziose dagli occhi, e ricordava i vent’anni passati insieme, sempre insieme, le battaglie fatte da piccoli, le corse, i giochi. Tutto in quella casa, in quella stanza, le parlava di lui. Quel letto dove era stato consumato l’ultimo atto di quella storia urlava, chiedeva vendetta. Ma una vendetta dolce, la vendetta dei sentimenti troppo a lungo repressi e alla fine ribellatisi alla repressione.
 
Non sentì aprire la porta. Non vide la figura familiare che si avvicinava, che si siedeva sul letto, che la abbracciava. Ma appena fu avvolta da quell’abbraccio il suo odore la riportò indietro di vent’anni, no di trenta, trentatré anni e la lacrime silenziose diventarono singhiozzi. Pianse, Oscar. Pianse per tutto quello che le si agitava dentro e per quella confusione che era dentro di lei, per quel sentimento nuovo, vigoroso e terribile che provava per il suo amico di sempre, per averlo perso proprio quando avrebbe voluto averlo per sempre con sé, ricambiando ciò che da sempre lui provava per lei. E Nanny pianse con lei, perché lei sapeva, oh se sapeva! E aveva sofferto, vedendo il suo adorato nipote struggersi d’amore per la sua bambina, che non vedeva, non voleva capire. E aveva sofferto vedendo Oscar che piangeva nel sonno gridando “NOOO ANDREE’! NON E’ GIUSTO!” ogni notte, tutte le notti. E aveva sofferto vedendo quella camicia strappata, che Oscar le aveva portato dicendole di essersela strappata mentre si allenava di scherma, mentre lei sapeva che non era così, perché André le aveva confessato cosa aveva fatto, quando infine se ne era andato chissà dove. E aveva sofferto quando aveva visto Oscar tornare a casa con un’espressione nuova di serenità e convinzione che non aveva più da tanto tempo e poi aveva dovuto vedere quell’espressione scomparire per fare posto ad un’aria smarrita, nascosta subito da quell’atteggiamento indifferente che ormai da troppo tempo era la sua maschera. E aveva sofferto vedendole salire le scale per andare a salutare suo padre e sua madre, e fare ogni gradino con sempre maggiore fatica, curva, lei che era sempre stata dritta come un soldatino. E aveva sofferto nel vederla lì, seduta sul letto con quelle lacrime silenziose che le rigavano il viso, e non aveva resistito. La sua bambina aveva bisogno di conforto ora, e lei era lì per quello. E stava soffrendo nel sentirne i singhiozzi disperati, nel vederla piangere come non aveva mai pianto nemmeno da bambina, nemmeno quando il padre la picchiava rudemente, frustrato perché quella bimba bellissima non sarebbe mai stata un uomo.
E ora piangeva, la sua piccola Oscar. Ma non era più una bambina, era una donna fatta e piangeva per amore. E non sarebbero bastati i suoi biscotti a tirarle su il morale, come succedeva venti anni prima…
 
Alla fine Oscar si calmò, ma rimase ad assaporare l’odore di Nanny, quell’odore di lavanda che le piaceva tanto e che sempre, annusandolo a piene narici, aveva avuto il dono di calmarla. Non erano i biscotti a tranquillizzarla, no. Era il suo odore. Così diverso da quello di Andrè. Lui sapeva di sapone di marsiglia e cavalli.
 
Basta piangere Oscar. Ora devi sapere qual è la tua destinazione e poi, se la tua posizione te lo consentirà, la sfrutterai per cercare informazioni su André. E se non lo consentirà, troverai il modo di averle lo stesso, quelle informazioni. In fondo c’è un certo giornalista che ti deve qualcosa…” Così si disse, riscuotendosi dal torpore che l’aveva presa dopo quel pianto. Guardò Nanny, in quei vecchi occhi stanchi inondati di lacrime e tristezza e le disse semplicemente: “Lo troverò”. La vecchia governante le fece un cenno con il capo, si alzò e le dette un bacio sulla fronte, come faceva quando era bambina, e se ne andò.
 
****
 
“Comandante dei Soldati della Guardia Metropolitana”. Le si gelò il sangue nelle vene quando le comunicarono la sua nuova destinazione. Era il grado che ricopriva nel sogno e André era soldato in quel reggimento.
Ma André non si è arruolato, no, è solo andato via… Dove sei finito André???” si domandò Oscar, con una punta di panico.
 
****
 
Il giorno dopo prese servizio, un giorno prima del previsto, e nel vistare gli alloggi dei suoi nuovi soldati, lo vide. La gioia di vederlo si trasformò nel tempo di un solo respiro in puro panico. L’abitudine a celare i suoi sentimenti fece trasparire questa tempesta con una semplice alzata di sopracciglia, ma nel cuore di Oscar c’era l’inferno. “Lui è qui, è soldato della Guardia! Il sogno è realtà, allora? Oddio, devo fare qualcosa, non posso permettere che al mio André accada qualcosa di male!
 
Lo mandò a chiamare. Gli chiese perché si trovava lì, voleva convincerlo ad andarsene ma lui gli rispose che non era lì per lei, ma perché un suo amico, un tale Alain, lo aveva fatto entrare nelle Guardie Metropolitane, che nemmeno sapeva che lei sarebbe stata destinata lì. Le disse che lei ormai aveva rinunciato ai suoi servigi e che quindi lui era libero di fare ciò che voleva.
 
Ecco, di nuovo una discussione che finisce in litigio! Oh André ma che ci sta succedendo?”, si domandò Oscar. Se ne stava andando. No, non doveva andare via, non di nuovo, non in quel modo, non con quella rabbia in corpo. Doveva fare qualcosa. Lo fermò, prendendolo per la mano.
 
André aspetta. Ti devo dire un’altra cosa. Ero tornata a casa prima per dirtelo, ma non ti ho trovato
Beh mi avevi detto di non aver più bisogno…
Sì certo, - lo interruppe brusca, non aveva bisogno di ricominciare con le polemiche - ricordo quel che ti ho detto. Erano tutte sciocchezze.”
 
 
André la guardò stupefatto. Cosa voleva intendere? Voleva che lui tornasse a fare il suo attendente? Mai!
 
Ma lei continuò, dicendo delle parole che alle sue orecchie suonarono come musica: “Vedi André, io ho sbagliato tutto. Non credevo che tu mi amassi, io mi ero convinta che tu avessi una donna qui a Parigi. Poi la situazione mi è sfuggita di mano, ho detto e fatto cose di cui non vado fiera, ti ho ferito e rifiutato proprio quando più avrei voluto averti accanto. Mi potrai mai perdonare per non aver capito subito i tuoi sentimenti, per ….” Ma non riuscì mai a finire la frase. André si stava avvicinando, pericolosamente. Sentiva il suo odore, sapeva di fumo alcol e cavalli – dov’era l’odore di sapone di marsiglia? – sentiva il suo alito su di lei. Il suo stomaco era in subbuglio, il suo cuore batteva all’impazzata. Lo vide alzare le braccia, cingerle la vita. Le sue mani sulla schiena, un brivido. I loro corpi ormai stretti, fuoco. Le loro labbra unite, oblio.
Fu un bacio casto che durò un’eternità, o forse solo un secondo. Poi non fu più casto, fu amore e odio, pace e vendetta, desiderio e lussuria. Poi fu solo amore, candido amore, innocente amore. E mentre le loro lingue si esploravano e si parlavano, lei volava, stretta tra le sue braccia era in paradiso. E André non credeva a quel che stava accadendo, non lo avrebbe mai creduto possibile dopo quella notte. Credeva che lei lo odiasse e invece gli aveva appena detto, nel suo linguaggio che lo amava. E quel bacio ne era il suggello. E anche Andrè ora volava nel paradiso degli amanti, delle anime belle e libere. E non voleva che finisse.
Ma finì.
Quando si staccarono, a fatica, l’uno dall’altro non ci furono parole, non furono necessarie. Tutto era chiarito, per le parole ci sarebbe stato tempo.
“Ora vado” disse André, guardandola con infinito amore, “non vorrei che i miei compagni pensassero male. Già non apprezzano di essere comandati da una donna, se sapessero i nostri rapporti mi massacrerebbero.”e nei suoi occhi si accese un filo di ironia che lo rese ancor più bello.
“Va bene”, disse lei, semplicemente, ricambiando il sorriso. Ma il suo cuore batteva in un modo che sembravano campane a festa.
 
  
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