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Autore: _Mary    01/08/2011    10 recensioni
Aspettando l'autobus che l'avrebbe portato lontano di lì, Tobias arrischiò un'ultima occhiata a Spinner's End.
E non poté trattenersi dall'augurare buona fortuna a chi stava lasciando.
Prima classificata al 'City Contest' indetto da Alchimista e Bellis sul forum di EFP.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Puzzle' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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• NdA: Non so esattamente perché le cose tra Tobias ed Eileen siano andate male. Ho immaginato che il primo abbia provato una sorta di repulsione all'idea di essere sposato con una donna 'magica', che fosse troppo per lui, e anche che si sentisse ingannato. Ad un certo punto ho scritto che Severus era il ragazzo più bravo del suo anno in pozioni. Non ho mai capito se fosse lui o Lily, in effetti, ma ho preferito segnalarlo.

 

DISCLAIMER: Severus e Tobias Piton sono di proprietà di JK Rowling. La fic non ha scopo di lucro.

Le strofe riportate vengono dalla canzone 'Singhiozzo', dei Negramaro.

La citazione La pazzia, signore, se ne va a spasso per il mondo come il sole e non c’è luogo in cui non risplenda appartiene e Shakespeare.

Il titolo, infine, fa riferimento all’omonima canzone di Adele, che ho trovato appropriata ad una fanfiction come questa.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

Rolling in the Deep

 

La signora Bailey aveva sempre avuto tre punti fermi nella vita, come amava ripetere a chiunque fosse disposto ad ascoltarla: era sufficientemente certa di essere un'ottima osservatrice, una persona dall'intelligenza perlomeno brillante, ed era convinta che l'essere curiosi riguardo gli altri fosse un dovere, oltre che un istinto naturale assolutamente indomabile. E questi tre punti erano esattamente il motivo per cui la signora Bailey era la persona più informata di Spinner's End circa qualsiasi avvenimento riguardante i suoi abitanti.
Non che fosse una donna pettegola, assolutamente. Diceva soltanto che le piaceva sentirsi la 'Sherlock Holmes' della situazione – perché sì, la signora Bailey era donna di ampie letture. E se poi occasionalmente si lasciava sfuggire qualcuna delle informazioni che aveva collezionato lungo la settimana durante un tè con le amiche... beh, quella era una cosa che riportava al terzo punto del suo personalissimo vangelo. Chi era lei, per impedire ad anime meno smaliziate di lei di godere del pettegolezzo?
Si preparava già alla seduta di quel giovedì, che sarebbe cominciata alle quattro e mezza in punto, ora in cui la signorina Scott, adorabile zitella con un gusto terribile in fatto di cappellini, avrebbe bussato alla sua porta. Poi sarebbero venute la signora Kelly, la signorina Richardson, ed infine la cara Emma Harvey, ovviamente in ritardo.
Esaminò la stanza con sguardo critico: la teiera era già pronta, le poltrone posizionate... niente avrebbe potuto distrarla da quella serata di piacevoli pettegolezzi.
Niente, tranne vedere il suo vicino più interessante passarle davanti agli occhi, oltre la finestra della cucina, seminascosto dalla coltre di nebbia che era calata quella mattina.
Attraversò con agilità insospettabile il salotto e si tuffò contro le tendine in pizzo della finestra, per vedere il giovane Piton – che si chiamava Septimus, Secundus, o qualcosa di simile – arrivare davanti alla porta della propria casa. Arricciò il naso alla vista degli abiti del ragazzo: quel lungo mantello nero sarebbe stato più appropriato in un film del... del... non sapeva neanche di quale epoca, piuttosto che alla Spinner's End di quegli anni. Si sentì vecchia al pensiero di non capire più la moda dei giovani.
Ad ogni modo, quel Septimus – sì, si chiamava proprio Septimus – era sempre stato un mistero, che lei fosse giovane o no. Ricordava perfettamente i suoi genitori e l'aveva praticamente visto nascere, ed era arrivata ad un'importante conclusione: quel bambino non era normale. E non c'entrava nulla il fatto che indossasse sempre vestiti troppo grandi – che erano sicuramente stati consumati dal padre, prima che di essere passati a lui –, o che avesse quel ridicolo taglio di capelli. La signora Bailey le fiutava, le cose, ed aveva capito da tempo che quel ragazzo nascondeva qualcosa.
Per non parlare dei genitori, poi. Tutti insieme davano l'idea di tre persone incontratesi per caso, magari su un autobus affollatissimo – se non altro, questo avrebbe giustificato le loro espressioni omicide. E dire che avrebbero dovuto essere una famiglia.
L’anziana signora scosse pazientemente la testa. Forse erano semplicemente pazzi.
'La pazzia, signore, se ne va a spasso per il mondo come il sole e non c’è luogo in cui non risplenda', recitò tra sé.
Dopo avere raggiunto questa importante conclusione coronata da citazione letteraria, complimentandosi con se stessa per la propria sterminata cultura che non la faceva mai sfigurare davanti alle amiche, tornò in salotto a controllare che anche la più insignificante delle notevoli miniature appese alle pareti fosse perfettamente lucida.
Avrebbe dovuto ricordare e riferire quella frase. Calzava proprio come un guanto a quegli strampalati dei Piton.
E se anche il sole risplendeva assai di rado su Spinner's End, la signora Bailey non aveva dubbi che la pazzia l'avesse sempre illuminata più di quanto facesse in ogni altro luogo, vagando per le strade sulle gambe di un bambino che indossava vestiti smessi.
Fu così che, quel pomeriggio, il tè cominciò con il suo annuncio:
« Penso che non siate ancora state informate riguardo i Piton. Oh, ve lo devo proprio raccontare, e devo partire da qualche mese fa... ».

Un vuoto d'aria nella gola
non riesco a dir non riesco a dire
se quel che manca è la parola ormai
aiutami a capi- aiutami a capire
e un singhiozzo di pensieri
che non mi fa parlare
che non mi fa parlare...



La nebbia non piaceva a Severus. Non era molto diversa dai fumi delle pozioni che aveva distillato fino a poco tempo prima, da studente, e come tale portava con sé ricordi che avrebbe voluto non avere.
Non avrebbe saputo dire se rimpiangesse i tempi di Hogwarts o no: di sicuro quella era stata la sua vera casa, un posto che, nel bene e nel male, l'aveva sempre accolto e protetto. Immaginava che fosse così per tutti i maghi inglesi, o almeno per quelli che avevano passato l'adolescenza tra quelle mura, eppure...
Eppure non poteva nascondere che evitare certi incontri fosse stato un cambiamento in meglio.
Era irritato quando entrò in casa. Il Marchio Nero continuava a pulsare, anche se l'Oscuro non lo stava chiamando, ed il braccio sinistro gli doleva. La vista di suo padre abbandonato su una poltrona col capo basso, i capelli troppo lunghi che gli ricadevano davanti alla faccia, non migliorò la situazione.
Sentì risalirgli in gola un fiotto di bile a vederlo in quel modo, e strinse le labbra al pensiero che, meno di un mese prima, sua madre gli avrebbe fatto cenno di lasciarlo in pace.
Sua madre, che nell'ultimo periodo non aveva neanche più parlato, mentre Tobias continuava a fingere che non esistesse.
Tobias rimaneva lì, in quella posizione, per intere giornate. Severus all'inizio si era chiesto vagamente per quale motivo, prima di realizzare che forse, adesso che non aveva più nessuno da incolpare delle proprie disgrazie, si sentiva sperduto. Contrasse la mascella al pensiero di tutte le volte in cui lo aveva sentito mormorare contro la magia, contro Eileen, contro tutti.
Da piccolo si era chiesto perché sua madre lo avesse sposato. Perché avesse deciso di farsi del male, perché avesse lasciato la sua famiglia per dividere la propria vita con una persona del genere. Poi, con gli anni, si era detto che non doveva essere stato sempre così, ma aveva continuato a non capire.
Fino a due settimane prima, quando aveva visto sua madre spegnersi lentamente, e lui continuare ad ignorarla. Allora aveva capito che non c'era nulla da capire.
Severus fece per salire le scale, diretto verso la propria camera. Aveva fame, era infreddolito e voleva togliersi di dosso quel mantello.
Ma suo padre lo fermò.
« Ragazzo... ».
Un sussurro tanto fioco che poteva essere stato solamente immaginato. Ecco cosa sentì Severus, prima di decidere di ignorarlo.
Non voleva parlargli.
« Severus ».
Si fermò di riflesso, a quel punto, bloccato sul posto dal nome che aveva sentito pronunciare da quelle labbra forse solo un'altra decina di volte.
Non ha mai accettato neanche il mio nome, dato che l'aveva scelto lei.
Si voltò lentamente, contraendo la mascella e serrando i pugni. Suo padre lo osservava da dietro una frangia di capelli striati di grigio. Severus non represse un ghigno, al pensiero che Tobias, in quel momento, non sapesse cosa fare.
Lui ovviamente non l'avrebbe aiutato. Era tardi per fingersi un padre premuroso ed un figlio devoto.
Tobias sembrava pentito del gesto appena compiuto, ed era evidentemente in imbarazzo. Si passò una mano tra i capelli e si schiarì la voce, e forse pensò di lasciar perdere.
Severus l'avrebbe preferito. Tutto, così, sarebbe tornato alla normalità, a come era stato per diciannove anni, ed entrambi avrebbero potuto fingere che quegli attimi non fossero mai esistiti. Era l'unica cosa che rimaneva da fare.
« Sei bagnato » mormorò Tobias tuttavia, senza guardare Severus negli occhi.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, senza nessuna intenzione di nasconderlo. Sei bagnato, gli aveva detto.
Aveva aspettato diciannove anni per mostrare il minimo interesse per la sua condizione. E l'aveva fatto esclusivamente per una sorta di tardivo senso di colpa, per ripulirsi la coscienza. Forse avrebbe dovuto fargli pena, quella carcassa di uomo, ma Severus non gli avrebbe permesso di cancellare tutto quello che c'era stato con un colpo di bacchetta – Tobias avrebbe detto 'con un colpo di spugna', probabilmente, ed avrebbe rimproverato sua madre per essersi lasciata sfuggire un'espressione 'anormale' –, di sentirsi in pace con se stesso.
Non lo meritava.
« Curioso... Pensavo di stare per ricevere delle patetiche scuse ed invece mi trovo a parlare del tempo. Con te » rispose quindi lentamente, soppesando le parole.
Severus non era tipo da lasciarsi sopraffare dalla rabbia. Piuttosto la incanalava in qualcosa, per sfruttarla al meglio.
E di rabbia nei confronti di suo padre ne aveva tanta.
« Scuse? » ripeté Tobias.
Severus lo osservò: l'espressione confusa, stupida, quasi gli fece perdere il controllo.
Non era mai entrato tanto in confidenza con sua madre da chiederle perché quella situazione esistesse. La sua infanzia in effetti era piena di silenzio. Non aveva mai avuto modo di parlare davvero con qualcuno fino a quando non aveva incontrato Lily. Sapeva solo che, da quando aveva memoria, Eileen lo vestiva, zitta, lo faceva mangiare e poi lo mandava a giocare fuori. Oppure gli diceva di non uscire, perché stava piovendo, e quindi lo faceva rimanere in casa. Oppure gli chiedeva di aiutarla e tagliuzzare e dosare erbe, e lo guardava con una scintilla di orgoglio mentre le obbediva. Non si scambiavano mai molte parole – tranne che per Hogwarts. Era stata lei a parlargliene, a fargli sognare quel mondo in cui sarebbe scappato non appena ne avesse avuta l'opportunità. Quando Tobias non c'era, Eileen raccontava, e Severus non osava interromperla, felice di sentire riempito il proprio silenzio.
Quando alla conclusione del primo anno era tornato da Hogwarts, le aveva detto soltanto una cosa, senza presunzione: che era il più bravo del suo anno in pozioni. Gli era sembrato che l'epressione di sua madre, per un attimo, si fosse illuminata.
« Evidentemente... » sibilò Severus, serrando i pugni; suo padre abbassò lo sguardo. « Mi sbagliavo. Evidentemente non ti senti in colpa per la malattia di mia madre. Forse non te la ricordi neanche, tutto preso com'eri a fingere che non esistesse. Evidentemente non ti sei accorto che stava morendo e che, forse, ti avrebbe voluto accanto a lei almeno prima di morire, dopo una vita a punirla per... »
Per cosa?
Severus si interruppe, sentendo che la rabbia stava crescendo. Sarebbe bastato un attimo per far esplodere qualcosa involontariamente, e non voleva dare a Tobias la soddisfazione di vederlo in quel modo.
« Ma, altrettanto evidentemente, mi sbagliavo. E nonostante la tua preoccupazione per il mio stato di salute mi commuova, immagino che sia meglio lasciarti solo ».
Scese le scale in fretta, calandosi di nuovo il cappuccio umido sulla testa. Fu sicuro di aver sentito suo padre richiamarlo.
Fuori, la nebbia avvolgeva ogni cosa. Forse non era vero che lo infastidiva, dopotutto. Forse, perdercisi in mezzo era quello di cui aveva bisogno al momento, per dimenticare che sua madre era morta da due settimane e che, ne era sicuro, a farla ammalare era stato suo padre.

Dimmi pure « Amore, prova almeno a respirare,
piano piano amore,
non c'è niente da temere,
solo freddo, amore ».
E tu lasciami scaldare
mentre il mondo cade
come cade cado anche io
senza le parole
che vorrei poterti dire...
Sì, vorrei poterti dire dire dire
che son stanco da morire.


Severus non si riteneva un eroe romantico. Aveva letto qualcosa su quegli idioti che riempivano pagine di lettere d'amore e si lanciavano in dichiarazioni melense sotto il balcone delle proprie innamorate – che, ovviamente, dopo un'iniziale reticenza si scioglievano alle loro parole come tutti si sarebbero aspettati da un’eroina di carta – ed aveva deciso di averne avuto abbastanza.
Eppure si trovava anche lui sotto un balcone, in quel momento; con la nebbia che gli si infilava anche tra le ossa, lo sguardo verso la sua finestra ed una remota speranza che lei scegliesse proprio quel momento per affacciarsi. Perché anche solo vedendola di sfuggita si sarebbe calmato, lo sapeva.
Sapeva altrettanto chiaramente di essere patetico, e che sicuramente sembrava anche più stupido di quegli illusi di cui lei gli aveva raccontato, sognante. Scoprì che non gli importava poi molto, considerato che era additato come lo strano del quartiere fin da quando era nato.
Avrebbe voluto parlarle di nuovo. Ci aveva anche provato. Ma sapeva che da quando aveva preso il Marchio – che ancora pulsava sotto il mantello, doloroso – non c'era stato più niente da fare.
Una notte, durante uno scontro, l'aveva anche vista. Ad attrarre l'attenzione erano stati i suoi capelli, rossi, che sembravano prendere tutta la luce della notte. Aveva sperato che nessun incantesimo la colpisse.
Mentre guardava in alto un'ultima volta, si chiese se avrebbe preso la stessa decisione, nel caso in cui alla fine della scuola fossero stati ancora amici. Forse no. Forse in quel momento il suo braccio sinistro sarebbe stato ancora pulito.
Prima di voltare le spalle alla casa, gli parve per un momento di vedere un guizzo tra le tende della sua stanza. Non si voltò di nuovo, non ne aveva il diritto.
Non aveva neanche quello di sperare che lei lo riconoscesse. Eppure, mentre si avviava solo tra le villette a schiera, cercando di far passare il tempo, non poté impedirsi di farlo.
Sapeva che era ora di tornare indietro, a casa. La luna illuminava lattiginosa la strada, un'infinità di spazio oltre la nebbia. La sentiva tutto intorno a sé, ed i suoi quasi venti anni gli pesavano sulle spalle come non mai.
Sapere che non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo gli faceva male. Sua madre non gli aveva mai chiesto nulla, si era sempre limitata a scoccargli un'occhiata sollevata al momento del rientro a casa. Intuiva quello che stava succedendo, pur avendo troppa paura per chiedere di più. Del resto, nel loro rapporto i messaggi si trasmettevano in silenzio, e Severus sapeva che lei aveva capito molto più di quanto desse a vedere.
Da quando lei era morta aveva sempre trovato suo padre a casa. Sempre nella stessa posizione, quasi un tutt'uno con la sua poltrona. E lui, a differenza di sua madre, faceva domande, diventava invadente, a volte sembrava quasi preoccuparsi per lui.
Severus decelerò il passo. Era semplicemente stanco. E, come un bambino, voleva tornare a casa, anche se avrebbe significato salire nuovamente le scale, sentire il respiro pesante di suo padre in camera, addormentarsi per poi svegliarsi, ancora, con la nebbia.
Aprì la porta, attraverdò l’ingresso e si chiuse il prima possibile nella propria stanza. Scivolò in un sonno agitato prima che potesse rendersi conto che, di sotto, non aveva sentito il padre respirare.

Non ti accorgi che sono io a farlo scivolare,
ciò che chiedi è sotto il sole tutto il resto muore
senza neanche avere il tempo il tempo di provare
a far tornare indietro il sole, senza più rancore.
Mi ripeti « È freddo ». A- amore ho perso le parole
che vorrei poterti dire e vorrei poterti dire dire dire dire?
Che son stanco da morire.

Di Tobias Piton si sarebbero potute dire tante cose. Che avesse sprecato una vita, ad esempio. Che fosse strano. Che fosse un pazzo.
Ma che fosse un illuso non l'aveva mai detto nessuno.
Era stato con quella convinzione che, quella sera, aveva fatto le valigie. Fatto le valigie era una parola grossa, dal momento che non aveva quasi nulla, ma aveva preso le sue cose, le aveva messe alla rinfusa in un borsone scucito e se ne era andato.
Gli rimbombavano nelle orecchie le parole dette dal figlio. Una parte, rabbiosa, della sua coscienza urlava che lui non sapeva niente. Niente. Che neanche immaginava la repulsione che aveva provato per quella donna, dal momento in cui aveva scoperto che era una strega – dettaglio che gli era stato tenuto nascosto fino all'ultimo, ovviamente. Avrebbe potuto manipolarlo a proprio piacimento, allora, e chissà che quel bambino che era nato non fosse il frutto di qualche strano intruglio magico.
Non aveva mai degnato Severus – neanche il nome gli apparteneva, lo aveva scelto lei dal suo mondo – di uno sguardo perché per lui semplicemente non era mai stato suo figlio. Non aveva lasciato prima quella casa perché era un fallito e non avrebbe avuto dove andare.
Ed anche perché, in fondo, gli occhi neri di quel bambino lo incuriosivano. E la notte, a volte, preso da un immotivato bisogno di legami, sentiva il desiderio di andare a vedere se stesse dormendo bene.
Avrebbe potuto mentirsi fino alla tomba, ma quel ragazzino era suo figlio.
Si chiuse alle spalle la porta. Se fosse stato un nostalgico, si sarebbe voltato a guardare un'ultima volta la casa in cui aveva passato tanti anni. Se fosse stato un nostalgico si sarebbe commosso scrivendo un'ultima lettera a Severus. Se fosse stato un nostalgico, lo avrebbe abbracciato un'ultima volta.
Ma Tobias Piton non avrebbe fatto niente del genere. E non lo avrebbe fatto perché non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere perdono al figlio.
Si incamminò per la strada silenziosa, sentendo il rumore dei propri passi sull'asfalto bagnato.
Avrebbe dovuto, rifletté. Un vero uomo avrebbe almeno dovuto cercare di farsi perdonare. Glielo doveva, almeno quel tentativo, anche perché sentirsi dire quelle cose l'aveva impressionato.
Lui in fondo non c'entrava nulla. Eileen gli aveva mentito e lo aveva ingannato, ma il ragazzo...
Scosse la testa. Ormai era tardi. Ed anche se una parte di lui sarebbe voluta tornare indietro a cercare di capire un po' di più il figlio che aveva sempre rifiutato di conoscere, in cuor suo sapeva di star facendo la cosa giusta lasciandolo.
Sarebbe stato tutto normale. Severus se la sarebbe cavata da solo, nel suo strambo mondo. E lui sarebbe semplicemente sparito, lasciando nient'altro che una camera da letto vuota.
Aspettando l'autobus che l'avrebbe portato lontano di lì, Tobias arrischiò un'ultima occhiata a Spinner's End.
E non poté trattenersi dall'augurare buona fortuna a chi stava lasciando.

E non voglio più restare,
almeno lasciami il perdono
di un singhiozzo e non di un pianto
io non so gridare....



« E così se ne è andato? ».
La signora Scott aveva sgranato i grandi occhi color nocciola.
« Sparito? All'improvviso? »
La signora Bailey sorrise tra sé.
« Proprio così. Del resto, lo sapevano tutti che era strano, quel Piton... » rispose, portando alle labbra la sua tazza di tè.
« Strano davvero, per lasciare solo quel povero ragazzo... ».
« Mia cara, ma era solo questione di tempo: non ho mai visto persone più sole di loro, pur vivendo tutte insieme. Tu non hai visto crescere quel povero bambino, ogni volta che poteva andava a giocare con la bambina degli Evans di Privet Drive, quella che ora è una bella ragazza con i capelli rossi. Non stava mai in casa, non lo vedevo mai con il padre... Come avresti pensato che si potesse concludere una tale storia di solitudine? »
La signora Bailey vide con orgoglio di avere impressionato le altre. Si offrì di preparare dell'altro tè, lasciando loro il piacevole compito di assicurarsi vicendevolmente che l'avevano sempre saputo che per quel povero Severus – Severus, non Septimus! – sarebbe finita male.
Ma quando arrivò in cucina, la signora Bailey dovette trattenersi dall'aggrottare la fronte al pensiero di quello che era successo. Perché sì, era una follia che un padre avesse lasciato casa a quel modo; che non se ne fosse più saputo niente per mesi; che ad un certo punto, davanti quella casa, fossero arrivate quasi per magia le sue cose, ma di lui nessuna traccia.
Ma non era ancora più folle che suo figlio non le avesse volute con sé? Che le avesse lasciate lì per una settimana, prima che si decidesse a farle sparire?
E soprattutto, non era folle che non le avesse semplicemente gettate via, a quel punto, ma probabilmente alla fine le avesse prese in casa – la signora Bailey aveva controllato nel bidone dell'immondizia, e non ce ne era traccia-?
La pazzia se ne va a spasso per il mondo come il sole e non c’è luogo in cui non risplenda.
La signora Bailey, dall'alto della sua esperienza, scosse il capo. Sperava solo che in quel momento la follia, stanca, riposasse in pace con il vecchio Piton, e potesse lasciar finalmente riposare Spinner's End.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima classificata al City Contest indetto da Alchimista e Bellis sul forum di EFP.
Pacchetto scelto: Praga -> Severus Piton, solitudine, nebbia.
Ringrazio di nuovo le giudici e faccio un po’ di pubblicità alle altre partecipanti che hanno pubblicato – prima o poi recensirò anche io:

Il gioco di Dio, di Lalani;

Un'altra occasione, di HarryJo

 

1° CLASSIFICATA
̴ Rolling in the Deep - _Mary

Giudizio di _Alchimista_@

• Grammatica e sintassi 9.5/10
• Caratterizzazione dei personaggi 10/10
• Uso del pacchetto 10/10
• Uso della citazione 5/5
• Originalità 10/10
• Stile 9.5/10
• Gradimento personale 15/15
• Canzone 1/1
Per un totale di 70/71

*-* Questa storia mi ha conquistata. Letteralmente! Ma andiamo per ordine.. la grammatica, come al solito, piange l’abuso delle virgole, stanche di lavorare per altri o addirittura inutilmente, ma a parte questo, il resto è davvero ok! Tanto Severus, quanto il padre sono perfetti: ottima, ottima caratterizzazione – ho amato anche il circolo di vecchiette con i loro pettegolezzi! La citazione è perfetta! Perfetta per la storia ed originalmente utilizzata, mi hai stupito e l’ho molto apprezzato. Anche l’originalità ha il massimo: beh, un momento del genere non l’avevo mai visto. Lo stile è molto piacevole, non pesante, ma neanche sciacquo. Davvero ben fatto! Il momento della nebbia – ottimo uso del pacchetto – è il mio preferito: quello in cui va da Lily, per intenderci! Davvero – ti ripeto – un ottimo lavoro! I miei complimenti!

Giudizio di Bellis
• Grammatica e sintassi 9/10
• Caratterizzazione dei personaggi 10/10
• Uso del pacchetto 10/10
• Uso della citazione 5/5
• Originalità 10/10
• Stile 9/10
• Gradimento personale 15/15
• Punto bonus 1/1
TOTALE 69/71

Primo appunto: la signora Bailey è un personaggio di una simpatia incalcolabile e di una flemma tipicamente inglese.
Secondo appunto: i suoi ragionamenti sono di una logica impeccabile :-P
Lasciamo perdere l'assurdo e passiamo al vero commento.
Il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo. Trovo innanzitutto eccellente la differenza tra la terza persona incentrata sulla Bailey (sottilmente ironica e pervasa di tutto il garbo dovuto ad una signora britannica durante il suo passatempo preferito: il gossip) e quella incentrata, invece, sui reali avvenimenti che hanno coinvolto la famiglia Piton.
Quella che racconti è una storia commovente, uno squarcio d'introspezione profondo ed assai credibile su Severus Piton e sulla sua giovinezza, sul padre, questo personaggio oscuro che emerge, poche volte, dai flashback dell'ultimo libro.
Il tutto immerso nell'atmosfera di assoluta normalità di questo villaggio inglese, Spinner's End. Quella che hai voluto rendere è una sensazione di rovesciamento quasi Pirandelliana, sbaglio? I Piton sono ritenuti "anormali", mentre i rapporti che legano padre e figlio sono - purtroppo - giustificati dal sentimento dovuto alla loro situazione familiare ed ai drammatici trascorsi. La britannica indifferenza della signora Bailey, invece, è ritenuta "normale" - benché si avvicini più ad un inumano cinismo.
Non posso esimermi dal farti un piccolissimo appunto: inserisci sempre la punteggiatura alla fine del parlato, all'interno del discorso diretto. A parte questa pignoleria, ottimo lavoro: complimenti!

TOTALE COMPLESSIVO 139/142

 

 

   
 
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