Quello era un sogno. Anzi no, un incubo.
Poi una porta. Una porta bianca di fronte a lei, comparsa dal nulla, forse creata dalla sua stessa fantasia, perché voleva andarsene da lì ovunque fosse e quella porta l'avrebbe salvata.
L'angoscia aumentava, sembrava la strangolasse. E quelle gambe che andavano sempre più lente adesso parevano affondare nel vuoto. Riuscì ad aggrapparsi alla maniglia, e prima che potesse aprire, seppe già come sarebbe andata a finire. I suoi occhi avrebbero appena potuto guardare cosa c'era dall'altra parte, cosa nascondeva quella porta, perché si sarebbe svegliata, come succede sempre in sogni del genere. Perché quando arriva il momento che stavamo aspettando, quasi come se fosse scritto da qualche parte, ti svegli. Ti svegli e non puoi farci niente perché ormai quel sogno l'hai perso, non tornerà più. E' scappato via. E puoi solo sperare di non dimenticarlo.
Ma questo non fu quello che successe a Samantha. Successe tutt'altro. Quasi il contrario. Una volta aperta quella porta, vide una luce. Una luce troppo forte per essere reale, troppo forte per essere quella che vedeva tutte le mattine dalla finestra di camera sua e di Gabe. Troppo forte anche solo per guardarla. La accecava.
Adesso non capiva più, perché non poteva capire, non poteva pensare. La luce l'aveva divorata e se l'era portata via. L'unica cosa di cui era stata certa, un attimo prima che tutto svanisse fu che quello non era un sogno, non era un incubo, era peggio. Non si sarebbe svegliata. Era morta.
Nella camera 141 dell'ospedale Willings il grosso schermo aveva smesso di produrre quel suono fastidioso e regolare che ormai tormentava Gabe da almeno due settimane. Bip... Bip... Bip.
Senza preavviso aveva cominciato ad emettere un lungo suono, unito, ininterrotto, come se si fosse incantato: Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip. E ancora e ancora. Lo stato di coma era terminato.
Gabe con la testa appoggiata sul lato del letto, le sue mani strette a quella di Samantha, non alzò la testa, non chiamò l'infermiera, rimase immobile e sentendo il corpo di lei diventare in modo quasi impercepibile sempre più freddo, il suo viso cominciò a bagnarsi di lacrime. Lacrime cariche di tutta la rabbia e la tristezza che le parole non potevano esprimere.
La sua Sam era morta, se ne era andata via da lui, per sempre. La sua voce si era spenta, i suoi occhi non avrebbero più guardato, le sue mani non lo avrebbero più toccato.
E così abbandonato a se stesso, continuò a rimanere aggrappato a quel letto come se potesse servire, come se quel gesto potesse riportargli indietro la sua lei, senza accorgersi che qualcosa, dietro di lui, gli aveva appoggiato le mani sulle spalle e gli sorrideva. Brillava di luce propria, la sua amata Sam.