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Autore: Flyme    01/08/2011    2 recensioni
Ezio sta per partire...per la Spagna,per uccidere il nostro Cesare. Cosa lo preoccupa? se morirà ,la gilda lo seguirà nel baratro o se la caverà comunque....ho cercato di immaginare la vita nel covo,quella di tutti i giorni...cercando di inserire quei personaggi che nel videogame sono più che marginali.e la dedico alle mie "colleghe", D. T. e M.,;)
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ezio Auditore
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ancora una volta si risvegliò col colore rosso impresso negli occhi.Mai una volta che fosse la luce del sole a destarlo;purtroppo lo facevano solo gli incubi,neri durante il sonno..rossi al risveglio.
Con un'ampio gesto del braccio lanciò le lenzuola verso i piedi del letto,con fare stizzito,alzandosi simultaneamente,senza regalare altro tempo a quel risveglio ,diventato per abitudine un'azione da eseguire frettolosamente,senza celebrazioni.
Non amava concedersi un minuto di più in  quel letto ,che paradossalmente lo sosteneva quando si abbandonava stanco e il più delle volte ferito,e al contempo lo schiacciava sotto il peso dei dubbi e dei rimorsi.Ormai non se lo negava neanche più: i rimorsi lo accompagnavano sempre,in attesa di una risposta a tutte le azioni che compiva,questa era l'unica cosa che si concedeva al mattino.Istanti impregnati di domande,e immagini di vita passata agonizzanti nel rimorso.
Solo l'acqua gelida con cui si bagnava il viso riusciva a destarlo da quel torpore più lacerante del sonno.
Cominciò a vestirsi quando bussarono alla porta.Che si aprì senza neanche dare lui il tempo di rispondere.
Continuò a vestirsi senza perdere altro tempo in convenevoli.
-Maestro,è arrivato.-Una voce femminile entrò nella stanza,mentre la donna rimase sul ciglio della porta,con la mano sulla maniglia.
-Arrivo-Rispose atono,allacciandosi la camicia.
La porta si richiuse silenziosamente,lasciando che lo sguardo del Maestro seguisse il movimento della maniglia che si rialzava.Si fermò un istante,poggiando lo sguardo allo specchio innanzi a lui,mostrandolo per quello che era: un uomo abbigliato in maniera sdrucita,coi capelli sciolti sulle spalle , arruffati e spettinati, gli occhi contornati da occhiaie...non era proprio il massimo.
Prese il solito nastro rosso,e legò i folti capelli castani in una coda,lasciando che i ciuffi più lunghi scivolassero sul volto,rendendolo quasi sbarazzino.Con una mano li ricacciò indietro,scivolando poi sulla barba cresciuta quella notte.Si carezzò il mento,alzandolo,come per controllarsi,per avere certezza di essere sempre lui,poi chiuse gli occhi un momento,cercando di fare mente locale sugli impegni della giornata.
Sospirando prese la giacca e l'indossò con noncuranza,lasciandola aperta,poi prese la spada inguainata nel fodero di pelle,allacciandoselo alla vita, e le immancabili compagne di sempre,assopite fino a quel momento sul comò di legno di noce.
Uscendo dalla stanza lasciò la porta aperta,occupato ad allacciare la polsiera della lama celata sinistra ,e lasciando che i suoi passi echeggiassero tra le mura del lungo corridoio vuoto,svegliando gli uomini e le donne ancore assopiti.Dopo il suo passaggio da dietro alcune porte si sentivano mormorii e rumori di vesti e di armi cadute,segno che qualc'uno era particolarmente in ritardo,da altre invece si affacciavano cappucci bianchi,che in officiosa riverenza si accodavano ad esso.
Sembrava una processione,invece era lo scenario abituale che si palesava alle donne e agli uomini di servizio che tutte le mattine si affaccendavano per mantenere le sale del Covo sempre pulite e ordinate.
Il Maestro camminava guardando dritto a sè,aspettando di giungere al piccolo salottino dove gli ospiti di solito attendevano il suo arrivo.Quando entrò nella stanza ,i mormorii appena percepiti da dietro la porta si zittirono,e la donna che poco prima lo aveva chiamato si voltò salutandolo ossequiosamente con un inchino del capo. -Messere vi lascio al vostro ospite. Maestro...-si inchinò di nuovo e sparì ,come se il suo ruolo fosse solo quello di comparire e sparire da una porta.Questo sciocco pensiero fece per un attimo divertire Ezio.Ma non abbastanza da farlo sorridere.Volse lo sguardo all'uomo che sorrideva,e si avvicinò per abbracciarlo. -Ezio...-rispose all'abbraccio con fare fraterno,dandogli una pacca sulla schiena- sembri uno straccio- ridacchiò e si sedette sul piccolo divano di tessuto damascato verde.
Ezio si limitò ad accennare un sorriso.- Devo partire Alberto. E come sai la cosa non mi entusiasma molto.-Si avvicinò al trepiede accanto alla finestra e prese una mela dalla ciotola d'argento,una delle poche supellettili sopravvissute alla caduta di Monteriggioni. 
L'uomo seduto si tolse il cappello,lasciando che i lunghi capelli ricci formassero un'aureola scura intorno alla sua testa,poi cominciò a parlare con voce rassicurante: -Non preoccuparti,qui sono tutti in buone mani. E se è per il denaro che ti preoccupi,sono lieto di informarti che le tue rendite stanno via via crescendo.L'unico problema è nascondere le motivazioni per cui i tuoi introiti si gonfiano come delle vele al vento.-sorrise di nuovo,adducendo al fatto che oramai la gilda era  avviata,e che paradassolamente le missioni eseguite dagli assassini rendevano più degli interessi che la banca guadagnava coi prestiti.Per fortuna Alberto Mariotti era un'assassino,impiegato presso uno dei tanti banchi della Città Eterna, e come fidato alleato contabilizzava tutte le entrate che la Gilda guadagnava senza permettere però che si venisse a scoprire la fonte di tali guadagni.
Ezio lo guardò addentando la mela.-Lo sai che non mi sono mai preoccupato di questo.- quella mattina era particolarmente silenzioso.Alberto si alzò,e si avvicinò a lui,sussurando al suo orecchio.- è in buone mani.-
Ezio continuò a mangiare la mela,e lo fissò negli occhi,lasciando che il chiarore dorato del suo sguardo brillasse sotto la luce di un raggio di sole filtrato dalla finestra dai vetri variopinti.Alberto non aveva ancora imparato a leggere quel silenzio,e il più delle volte lo intimoriva. Alzò le mani in segno di resa.-Cosa vuoi?- tagliò corto.
-Dammi la certezza che se non dovessi tornare non finirà tutto in cenere-Ezio parlava senza guardarlo,nella sua testa si susseguivano scenari di morte e distruzione, dettati dal timore di morire senza aver adempiuto al suo dovere,rendendo il suo sguardo vacuo.
-Smettila di parlare così.Non dovresti.Pensalo se vuoi,ma non esprimerti.Sei il Maestro Assassino,e se tu parli così, potresti cacciare i tuoi giovani adepti nel panico.Dio solo sa se pendono dalle tue labbra.-Alberto nel pronunciare quelle parole pensò a suo figlio,giovane recluta sotto l'ala protettrice di Ezio Auditore. A volte non capiva se Ezio si rendeva conto di quanto apparisse debole.Ma comunque,per quanto debole ,avrebbe sempre potuto ucciderlo velocemente...a quel pensiero scrollò la testa.-Cosa pretendi che faccia?-
-Voglio che il Covo venga sigillato in mia assenza.Voglio che i miei assassini si disperdano per l'Italia,che diventino irrintracciabili.Almeno fino al mio ritorno.-Stavolta lo guardò con decisione.Una lama nel collo non sarebbe stata più palpabile.-Che dici Ezio? -Si alzò di scatto,lasciando che il cappello rotolasse fino ai piedi del Maestro.
-Dico solo quello che voglio.E di solito ho voluto sempre il meglio. -Raccolse il cappello e lo spolverò.Lo porse,ricatturando l'attenzione del banchiere.- Mi servono i fondi per dare a tutti un luogo dove vivere,lontano da qui,e per dare loro una piccola rendita che li permetta di non mettersi nei guai ,durante il mio soggiorno in Spagna.- 
-Fandonie.Ti stai raccontando delle storie Ezio.Tu temi che non siano in grado di sostenere l'impegno che la Gilda impone loro. Chi sei tu per impedire loro di adempiere al loro dovere?-
Ezio con un gesto lo invitò ad avvicinarsi alla finestra,e con un dito indicò qualcuno che si muoveva ,oltre i rombi colorati. Alberto cambiò sguardo.Era suo figlio.Si stava allenando con altri assassini,cercando di colpire con precisione un fantoccio di paglia,già devastato dai colpi precedentemente andati a segno.Capì cosa Ezio intendeva. Lo aveva colpito nel suo punto debole.Anche senza ucciderlo era come se avesse il suo cuore tra le mani. Annuì silenziosamente.- Ti aspetto domani,vieni dopo mezzogiorno.- sibilò velenoso,prese con gesto infastidito il cappello di velluto che Ezio aveva raccolto, ed uscì sbattendo la porta,lasciandolo solo con i suoi demoni inquisitori,al sottofondo degli affondi di lame contro scudi,e urla incitanti.

Ancora una volta si risvegliò col colore rosso impresso negli occhi.Mai una volta che fosse la luce del sole a destarlo;purtroppo lo facevano solo gli incubi,neri durante il sonno..rossi al risveglio.

Con un'ampio gesto del braccio lanciò le lenzuola verso i piedi del letto,con fare stizzito,alzandosi simultaneamente,senza regalare altro tempo a quel risveglio ,diventato per abitudine un'azione da eseguire frettolosamente,senza celebrazioni.

Non amava concedersi un minuto di più in  quel letto ,che paradossalmente lo sosteneva quando si abbandonava stanco e il più delle volte ferito,e al contempo lo schiacciava sotto il peso dei dubbi e dei rimorsi.Ormai non se lo negava neanche più: i rimorsi lo accompagnavano sempre,in attesa di una risposta a tutte le azioni che compiva,questa era l'unica cosa che si concedeva al mattino.Istanti impregnati di domande,e immagini di vita passata agonizzanti nel rimorso.Solo l'acqua gelida con cui si bagnava il viso riusciva a destarlo da quel torpore più lacerante del sonno.

Cominciò a vestirsi quando bussarono alla porta.Che si aprì senza neanche dare lui il tempo di rispondere.Continuò a vestirsi senza perdere altro tempo in convenevoli.

-Maestro,è arrivato.-Una voce femminile entrò nella stanza,mentre la donna rimase sul ciglio della porta,con la mano sulla maniglia.

-Arrivo-Rispose atono,allacciandosi la camicia.La porta si richiuse silenziosamente,lasciando che lo sguardo del Maestro seguisse il movimento della maniglia che si rialzava.

Si fermò un istante,poggiando lo sguardo allo specchio innanzi a lui,mostrandolo per quello che era: un uomo abbigliato in maniera sdrucita,coi capelli sciolti sulle spalle , arruffati e spettinati, gli occhi contornati da occhiaie...non era proprio il massimo.Prese il solito nastro rosso,e legò i folti capelli castani in una coda,lasciando che i ciuffi più lunghi scivolassero sul volto,rendendolo quasi sbarazzino.Con una mano li ricacciò indietro,scivolando poi sulla barba cresciuta quella notte.Si carezzò il mento,alzandolo,come per controllarsi,per avere certezza di essere sempre lui,poi chiuse gli occhi un momento,cercando di fare mente locale sugli impegni della giornata.Sospirando prese la giacca e l'indossò con noncuranza,lasciandola aperta,poi prese la spada inguainata nel fodero di pelle,allacciandoselo alla vita, e le immancabili compagne di sempre,assopite fino a quel momento sul comò di legno di noce.

Uscendo dalla stanza lasciò la porta aperta,occupato ad allacciare la polsiera della lama celata sinistra ,e lasciando che i suoi passi echeggiassero tra le mura del lungo corridoio vuoto,svegliando gli uomini e le donne ancore assopiti.Dopo il suo passaggio da dietro alcune porte si sentivano mormorii e rumori di vesti e di armi cadute,segno che qualc'uno era particolarmente in ritardo,da altre invece si affacciavano cappucci bianchi,che in officiosa riverenza si accodavano ad esso.

Sembrava una processione,invece era lo scenario abituale che si palesava alle donne e agli uomini di servizio che tutte le mattine si affaccendavano per mantenere le sale del Covo sempre pulite e ordinate.Il Maestro camminava guardando dritto a sè,aspettando di giungere al piccolo salottino dove gli ospiti di solito attendevano il suo arrivo.

Quando entrò nella stanza ,i mormorii appena percepiti da dietro la porta si zittirono,e la donna che poco prima lo aveva chiamato si voltò salutandolo ossequiosamente con un inchino del capo. -Messere vi lascio al vostro ospite. Maestro...-si inchinò di nuovo e sparì ,come se il suo ruolo fosse solo quello di comparire e sparire da una porta.Questo sciocco pensiero fece per un attimo divertire Ezio.Ma non abbastanza da farlo sorridere.

Volse lo sguardo all'uomo che sorrideva,e si avvicinò per abbracciarlo. -Ezio...-rispose all'abbraccio con fare fraterno,dandogli una pacca sulla schiena- sembri uno straccio- ridacchiò e si sedette sul piccolo divano di tessuto damascato verde.Ezio si limitò ad accennare un sorriso.

- Devo partire Alberto. E come sai la cosa non mi entusiasma molto.-Si avvicinò al trepiede accanto alla finestra e prese una mela dalla ciotola d'argento,una delle poche supellettili sopravvissute alla caduta di Monteriggioni. 

L'uomo seduto si tolse il cappello,lasciando che i lunghi capelli ricci formassero un'aureola scura intorno alla sua testa,poi cominciò a parlare con voce rassicurante: -Non preoccuparti,qui sono tutti in buone mani. E se è per il denaro che ti preoccupi,sono lieto di informarti che le tue rendite stanno via via crescendo.L'unico problema è nascondere le motivazioni per cui i tuoi introiti si gonfiano come delle vele al vento.-sorrise di nuovo,adducendo al fatto che oramai la gilda era  avviata,e che paradassolamente le missioni eseguite dagli assassini rendevano più degli interessi che la banca guadagnava coi prestiti.Per fortuna Alberto Mariotti era un'assassino,impiegato presso uno dei tanti banchi della Città Eterna, e come fidato alleato contabilizzava tutte le entrate che la Gilda guadagnava senza permettere però che si venisse a scoprire la fonte di tali guadagni.

Ezio lo guardò addentando la mela.-Lo sai che non mi sono mai preoccupato di questo.- quella mattina era particolarmente silenzioso.Alberto si alzò,e si avvicinò a lui,sussurando al suo orecchio.- è in buone mani.-Ezio continuò a mangiare la mela,e lo fissò negli occhi,lasciando che il chiarore dorato del suo sguardo brillasse sotto la luce di un raggio di sole filtrato dalla finestra dai vetri variopinti.Alberto non aveva ancora imparato a leggere quel silenzio,e il più delle volte lo intimoriva. Alzò le mani in segno di resa.-Cosa vuoi?- tagliò corto.

-Dammi la certezza che se non dovessi tornare non finirà tutto in cenere-Ezio parlava senza guardarlo,nella sua testa si susseguivano scenari di morte e distruzione, dettati dal timore di morire senza aver adempiuto al suo dovere,rendendo il suo sguardo vacuo.-Smettila di parlare così.Non dovresti.Pensalo se vuoi,ma non esprimerti.Sei il Maestro Assassino,e se tu parli così, potresti cacciare i tuoi giovani adepti nel panico.Dio solo sa se pendono dalle tue labbra.-Alberto nel pronunciare quelle parole pensò a suo figlio,giovane recluta sotto l'ala protettrice di Ezio Auditore.

A volte non capiva se Ezio si rendeva conto di quanto apparisse debole.Ma comunque,per quanto debole ,avrebbe sempre potuto ucciderlo velocemente...a quel pensiero scrollò la testa.-Cosa pretendi che faccia?--Voglio che il Covo venga sigillato in mia assenza.Voglio che i miei assassini si disperdano per l'Italia,che diventino irrintracciabili.Almeno fino al mio ritorno.-Stavolta lo guardò con decisione.Una lama nel collo non sarebbe stata più palpabile.-Cosa dici Ezio? -Si alzò di scatto,lasciando che il cappello rotolasse fino ai piedi del Maestro.

-Dico solo quello che voglio.E di solito ho voluto sempre il meglio. -Raccolse il cappello e lo spolverò.Lo porse,ricatturando l'attenzione del banchiere.- Mi servono i fondi per dare a tutti un luogo dove vivere,lontano da qui,e per dare loro una piccola rendita che li permetta di non mettersi nei guai ,durante il mio soggiorno in Spagna.- -Fandonie.Ti stai raccontando delle storie Ezio.Tu temi che non siano in grado di sostenere l'impegno che la Gilda impone loro. Chi sei tu per impedire loro di adempiere al loro dovere?-

Ezio con un gesto lo invitò ad avvicinarsi alla finestra,e con un dito indicò qualcuno che si muoveva ,oltre i rombi colorati. Alberto cambiò sguardo.Era suo figlio.Si stava allenando con altri assassini,cercando di colpire con precisione un fantoccio di paglia,già devastato dai colpi precedentemente andati a segno.Capì cosa Ezio intendeva. Lo aveva colpito nel suo punto debole.Anche senza ucciderlo era come se avesse il suo cuore tra le mani. Annuì silenziosamente.- Ti aspetto domani,vieni dopo mezzogiorno.- sibilò velenoso,prese con gesto infastidito il cappello di velluto che Ezio aveva raccolto, ed uscì sbattendo la porta,lasciandolo solo con i suoi demoni inquisitori,al sottofondo degli affondi di lame contro scudi,e urla incitanti.

  
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