Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: SilentWings    02/08/2011    3 recensioni
E se Undertaker fosse preso da un improvviso istinto paterno?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joker, Undertaker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno ^^ rieccomi con un'altra fanfiction delirante. L'idea è stata concepita alle tre e mezza del mattino, dopo aver letteralmente SOGNATO la storia. Un pairing particolare in effetti. Però... mi sarebbe da sempre piaciuto esplorare la personalità più nascosta e umana del nostro adorato becchino Undertaker e, almeno in una fanfiction, dare al mio adorato Joker un' infanzia migliore.
Buona lettura!



Una giovane  donna, con gli abiti stracciati ed il volto segnato dalle scie salate di lacrime ormai asciutte, stava gemendo agonizzante in una casetta diroccata dell'East End londinese. Accanto a lei, una vecchietta vestita con indumenti altrettanto dimessi, si stava affaccendando a far sembrare meno dolorosi a quella povera anima gli istanti finali di quella miserabile e breve vita.
Con gli ultimi sussulti di energia, la prostituta Karen Taylor, affidò alle braccia di quella povera levatrice un bambino.
Quei pochi respiri agonizzanti erano stati appena sufficienti per permetterle di dare alla luce la creatura che da sette, lunghi mesi teneva in grembo.
Con un rantolo soffocato, gli occhi della giovane si velarono per sempre.
L'altra donna, con espressione stranita, prese in braccio il neonato e si fece il segno della croce davanti al corpo senza vita della madre. Il piccolo non sembrava gradire la posizione goffa e scomoda in cui la vecchietta lo stava tenendo, e cominciò a gemere e a piangere con espressione corrucciata.
Sentendo il pianto del bambino, la levatrice sembrò riscuotersi  e prese ad avvolgerlo con dei panni di stoffa ruvida per proteggerlo dal freddo dell'alba.
Nonostante fosse già il mese di aprile, l'aria era ancora fresca e si portava dietro gli ultimi rimasugli dell'atmosfera invernale, mediante un vento ghiacciato che cercava di infilarsi in tutti gli spiragli presenti in quella casupola cadente in cui il piccolo aveva visto la luce.
Dieci minuti dopo, sistemato in una cesta scalcagnata e coperto di qualche misero scampolo di stoffa, il piccolo dormiva finalmente tranquillo, cullato dal calore confortante di un fuoco languente, alimentato da alcuni ramoscelli.
La levatrice lo osservava, pensierosa. Il visino, affondato tra le stoffe, aveva degli splendidi lineamenti. Il naso all'insù, la pelle chiara, e sulla sommità del capo già si vedeva qualche chiazza di capelli rossi. Rossi come quelli della madre, che ora giaceva sul materasso disfatto, coperta da un lenzuolo che una volta doveva essere stato bianco, ma che ora, impolverato e infangato, aveva assunto una tinta color caffelatte.
Facendo vagare lo sguardo attorno alla figura raggomitolata del bambino, la donna sospirò.
La vita di certo non sorrideva a quel piccolino.
La madre era deceduta. L'identità del padre non si sarebbe mai saputa. Come se non bastasse, evidentemente sette mesi di gestazione non erano stati sufficienti per la formazione completa del feto. La prima cosa che la levatrice notò infatti, quando finalmente quel minuscolo corpicino fu sgusciato completamente fuori dall'utero materno, fu che alla povera creatura mancava il braccio destro. O meglio, l'avambraccio. Qualcosa durante la gravidanza di quella povera donna doveva essere andato storto.
Qualche ora dopo, quando il sole era ormai sorto e il piccolo era ancora profondamente addormentato, la vecchietta si recò dal becchino per chiedergli di dare degna sepoltura a quella misera anima.
Il becchino in questione, un tale alto e vestito di nero,, conosciuto semplicemente come "Undertaker", con il sorrisino inquietante e misterioso che lo contraddistingueva, si recò personalmente a casa della defunta per  poter prendere le misure del corpo e costruire la bara.
Inizialmente, l'uomo dai lunghi capelli argentati non notò l'umile culla accanto alle braci languenti. Dopo alcuni minuti però, alcuni vagiti disperati cominciarono a rompere il silenzio macabro che regnava tra quelle quattro pareti. Undertaker si guardò intorno, cercando di individuare la fonte del rumore, fino a quando i suoi occhi, coperti da una foltissima frangia, si posarono sul fagotto urlante che si dimenava in quella cesta semidistrutta appoggiata al pavimento.
Carponi, il becchino si avvicinò ad essa. Sorrise.
-Ma chi abbiamo qui?- e così dicendo prese in braccio il piccolo, che, sgranando due grandi occhi viola davanti al viso pieno di cicatrici di Undertaker, cominciò a piangere ancora più forte, terrorizzato.
Perplesso, lo shinigami lo allontanò da sé, rifiutandosi però di rimetterlo giù. Con aria confusa, il becchino interrogò con lo sguardo la levatrice.
- E' il figlio che quella povera donna è riuscita a mettere al mondo prima di tirare le cuoia- rispose lei.
Rapito, l'uomo osservava il bambino. E qualcosa dentro di lui si mosse. Sorrise di nuovo.
-Mi prenderò io cura di lui.-
La levatrice, alzando un sopracciglio, fece spallucce.
-Lo sottrarreste da una vita di stenti in un orfanotrofio-
Con estrema cautela, nell'andarsene, il becchino prese in braccio il piccolo e gli sorrise.
-Non sarai più solo... Joker-
  
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