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Autore: Alexiel94    02/08/2011    2 recensioni
[Simelody]
One shot basata su un tema piuttosto delicato, che spero di essere riuscita ad affrontare decentemente.
-So che stai malissimo, ma la madre di Tefy è una psicologa, potrebbe aiutarti a superare la cosa-.
-Non ho bisogno di una psicologa- replicò lei con voce atona -sto bene. Sul serio-. Ma non era assolutamente vero.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Melody, Simòn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve, so che dovrei aggiornare, ma mi sono ritrovata davanti questa shot che ho iniziato qualche mese fa e ho pensato che fosse ora di finirla ^^
I fatti non sono reali (o almeno, spero), mi hanno ispirata una scena del film Baaria, da cui ho tratto una cosa quasi completamente diversa, e la filosofia (una materia che la vostra amatissima [???] autrice adora a tal punto che è già tanto se non si contorce e urla come se stesse subendo la Maledizione Cruciatus al solo sentirla nominare). Spero solo vi piaccia questa shot
P.S. Prima o poi (è molto più poi che prima) vedrete anche la mia prima shot Lucefy a cui sto lavorando ^^
Buona lettura ^^

AL TUO FIANCO



Aspettai impaziente davanti alla porta della camera continuando a camminare avanti e indietro a ritmo costante, l'attesa senza informazioni mi dava il nervoso. Improvvisamente la porta si aprì ed uscì la ragazza, alla quale chiesi subito dopo aver interrotto la mia marcia a vuoto -Cosa ti ha detto?-.
-Niente- rispose lei con sincero dispiacere -continua ad affermare di stare bene, ma si vede a miglia di distanza che non è vero-.
-Ah- borbottai deluso, avevo sperato che farle incontrare la sua migliore amica l'avrebbe aiutata a sbloccarsi.
-Posso lasciarti il numero di mia madre se vuoi, lei è una psicologa, saprà come aiutarla- disse lei, ed ad un mio cenno affermativo scrisse un numero telefonico su un foglietto che aveva appena tirato fuori dalla sua borsa.
-Grazie Tefy- le dissi sinceramente, avrei fattto qualsiasi cosa pur di aiutare la mia ragazza a superare quel periodo.
-Di nulla- mi liquidò lei con un gesto della mano, e fece per dirigersi verso la porta di casa, ma improvvisamente si voltò verso di me e mi abbracciò mormorando -Simon, mi dispiace molto-.
-Lo so- sussurrai ricambiando il suo abbraccio. Quando si congedò e se ne andò via entrai nella camera che condividevo con la mia ragazza, dove la trovai sdraiata a letto che mi dava le spalle. -Hey Melody- le sussurrai avvicinandomi a lei e scostandole una ciocca di capelli dal volto -ho appena parlato con Tefy-. Lei non diede segno di avermi prestato attenzione, restò in silenzio per qualche minuto, poi mormorò -Era con noi-.
-Già- confermai, ma cercai di non farmi assalire da dolorosi ricordi mentre le dicevo -so che stai malissimo, ma la madre di Tefy è una psicologa, potrebbe aiutarti a superare la cosa-.
-Non ho bisogno di una psicologa- replicò lei con voce atona -sto bene. Sul serio-. Ma non era assolutamente vero.

-Signora Rinaldi, sinceramente non so da dove cominciare a spiegare la situazione della mia ragazza...-
-Non preoccuparti- mi interruppe lei -Tefy mi ha già raccontato della vostra situazione-.
-Ah- mormorai sorpreso, e finsi di guardarmi attorno nello studio della donna, prima di dire -E' da tre mesi che Melody non è più la stessa, e io sinceramente non so più cosa fare...-
-Devi darle tempo- mi interruppe lei con pacatezza -perdere un bambino al quinto mese di gravidanza è un'esperienza traumatica per una donna, specie se molto giovane e in attesa del primo figlio, non puoi biasimarla se non sorride più come una volta-.
-Il fatto è che lei non piange nemmeno, non sfoga il suo dolore, ed è questa la cosa che mi preoccupa- replicai sfregandomi una mano sugli occhi -è diventata strana, come se fosse incapace di provare qualsiasi emozione, e ho paura che reprimere in questo modo il dolore possa portarla a improvvisi sfoghi, come...- mi interruppi, un groppo in gola mi impediva di andare avanti.
-Mmm- cominciò a rimuginare lei unendo i polpastrelli delle dita e fissando la scrivania -è possibile che Melody, non riuscendo ad affrontare lo strazio che porta un'esperienza del genere si stia rifugiando in una specie di apatia per non crollare davanti all'ondata di dolore che presto o tardi arriverà comunque-.
-Non si può fare nulla?- chiesi, e sperai che il mio tono non fosse davvero così disperato come sembrava a me.
-L'unica cosa che puoi fare è starle vicino per non farla crollare davanti al suo stesso dolore-.

Entrai in casa senza fare rumore per non svegliare Melody, ma scoprii che era già sveglia quando andai in cucina e la vidi seduta sulla veranda intenta a bere da una tazza di caffè. -Buongiorno amore- la salutai baciandola sulla guancia, ma lei non rispose.
-Ho sentito mia madre- disse invece quando mi sedetti su una sedia accanto a lei -voleva sapere cosa abbiamo intenzione di fare riguardo al matrimonio-.
-Non lo so- mormorai. Avevamo in programma di sposarci qualche mese prima, ma poi dopo aver scoperto della gravidanza avevamo deciso di rimandare il matrimonio a data ancora da destinarsi perchè avremmo voluto che al matrimonio ci fosse stato anche nostro figlio. O nostra figlia pensai mentre sentivo gli occhi bruciarmi.
-Avrei dovuto immaginare che dopo ciò che è successo non avresti più voluto sposarmi- disse lei in un sussurro.
-Ma come puoi anche solo pensare una cosa del genere?- le chiesi allibito, non mi sarei mai aspettaro una replica del genere -Io voglio ancora sposarti, ma non posso darti una data adesso-. Lei mi fissò con uno sguardo inespressivo, dopo qualche attimo di silenzio disse con voce atona -Scusami- e si alzò dalla sedia per poi andarsene in un'altra stanza. Io mi passai una mano fra i capelli sconsolato, e per quanto mi sforzassi non riuscii a non pensare al giorno in cui era cambiata, era già da qualche tempo che non si sentiva bene ma dai controlli risultava sempre che era tutto apposto, fino a quando non ebbe una crisi di dolori talmente forte da doverla portare con urgenza in ospedale, dove qualche ora dopo il medico ci disse che aveva perso il bambino. Da allora era diventata insensibile, non piangeva, nè rideva, niente. Solo fredda apatia. Mi venne in mente un vecchio appunto del mio libro di filosofia di quando ancora andavo al liceo, su cui era scritto che secondo lo stoicismo il raggiungimento della piena felicità consisteva in una sorta di apatia, secondo me una grandissima idiozia, come si poteva essere felici essendo indifferenti sia al dolore sia al piacere? Molti sapienti stoici scelserò però la via del suoicidio rendendosi conto che non si può vivere senza emozioni sussurrò una voce nella mia mente. Scacciai in fretta quel pensiero, non volevo neanche lontanamente considerare l'idea che la mia amata potesse ricorrere ad un gesto così estremo, anche se in fondo non era poi così impossibile. No, mi dissi, non lo avrebbe fatto, glie lo avrei impedito in qualsiasi modo. Sospirai e la raggiunsi in camera nostra, dove mi disse -Tefy ci ha invitato a casa sua oggi pomeriggio-.
-Vuoi andarci?- le chiesi, mi aveva annunciato la cosa col tono apatico di sempre, per cui non avevo capito se le andasse di farlo o no.
-Andiamo- disse lei alzando le spalle. Dopo qualche ora eravamo pronti per andare, partimmo da casa e ci avviammo in centro. Tefy abitava in un appartamento al quinto piano di un palazzo di otto con suo marito Luca e la figlia che aveva avuto da lui, Paloma, da quando si erano sposati l'anno prima. Quando arrivammo da loro ci accolsero con calore, e mentre Luca abbracciava la sua piccola di pochi mesi vidi Melody fissarlo con uno sguardo carico di disprezzo, ma fu solo una frazione di secondo, tanto che pensai di essermelo immaginato. -Cosa volete da bere?- chiese Tefy dopo i vari convenevoli.
-Niente- rispose Melody atona.
-Solo un po' d'acqua, grazie- risposi io. Lei mandò il marito a prendere l'acqua in cucina e prese in braccio la bambina, e mentre la cullava gettai uno sguardo alla mia ragazza, che per la prima volta dopo tre mesi mostrava un'emozione. Il suo volto era una maschera di odio puro e aveva uno sguardo folle, strinse lo schienale della sedia con talmente tanta forza che le si sbiancarono le nocche, e per qualche attimo temetti seriamente che avrebbe usato quella sedia per ammazzare la sua migliore amica e la neonata, ma lentamente cominciò a calmarsi, il suo sguardo tornò normale, la sua espressione indifferente e lasciò andare la sedia. -Devo andare in bagno- disse con il solito tono atono e uscì dalla stanza. Io per un istante fui tentato di seguirla, ma lasciai perdere quasi subito. Molti sapienti stoici scelsero la via del suicidio mi tornò in mente, e preso da un improvviso terrore borbottai un -Vado via un attimo- e mi precipitai fuori dalla stanza diretto al bagno. Spalancai la porta, ma non c'era nessuno, e tornai indietro ancora più terrorizzato di prima e notai una cosa a cui poco prima non avevo fatto caso: la porta d'ingresso era aperta, nonostante ricordavo perfettamente di averla chiusa appena entrato in casa. Possibile che...-Oh, cazzo!- gridai dopo l'improvvisa intuizione, uscii dall'appartamento e mi feci di corsa tre piani, dove trovai la porta che conduceva al terrazzo aperta. Mi feci un'altra rampa di scale e la trovai sull'orlo del terrazzo con le braccia aperte pronta a buttarsi di sotto. -MELODY!- la chiamai, e prima ancora di scoprire se mi aveva sentito o no la raggiunsi di corsa, le afferrai un braccio e la tirai verso di me, facendole perdere l'equilibrio e cadere a terra. Solo allora notai che il suo volto era rigato dalle lacrime, mi chinai al suo fianco e la strinsi a me, mentre lei gridava -SIMON, LASCIAMI!-.
-No, non ti lascerò suicidare- ribattei deciso mentre lei tentava di divincolarsi.
-Perchè?- mi chiese fra i singhiozzi qualche minuto dopo -Ora non c'è più niente per cui valga la pena vivere-.
-Sì che c'è- le dissi accarezzandole la testa -c'è tua madre, c'è Tefy, ci sono i Man che ti vogliono bene e io che ti amo-.
-Non è vero- replicò lei fra un singhizzo e l'altro -tu hai smesso di amarmi da quando ho perso il bambino-.
-Come...come puoi pensare una cosa del genere?- le domandai sconvolto, non avrei mai creduto che pensasse questo di me. -Io ti amo, e rimarrò al tuo fianco qualsiasi cosa accada-. Lei non rispose, ma si limitò a stringersi più stretta a me, e quel semplice gesto per me valse più di mille parole.
   
 
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