Il karma del caffè

La gola gli si seccò all’istante quando sentì le dita fredde di lei a contatto con la sua pelle mentre iniziava a slacciargli i primi bottoni della camicia.

Rick abbassò lo sguardo alle sue mani, che agivano svelte e precise.

Sentì le guance andargli a fuoco. Una sensazione assolutamente estranea al proprio carattere, eppure, in quel momento, anche Richard Castle aveva in qualche modo ceduto.

Kate sorrise quando sentì lo scrittore irrigidirsi al suo tocco leggero.

«Sai, è meglio se te la togli in fretta...» gli soffiò all’orecchio sfiorandogli la spalla col mento.

A quell’affermazione, Rick strabuzzò gli occhi e tentò di voltarsi verso di lei per guardarla o, più semplicemente, per baciarla approfittando dell’occasione che si era presentata, ma qualcosa gli impediva di compiere quel semplice gesto.

«Castle», sentì chiamare dopo qualche istante. «Ehi, ti sei imbambolato?»

Richiamato bruscamente alla realtà, Rick scrollò il capo e si guardò intorno: Kate era al suo fianco e gli aveva messo una mano sulla spalla, dopo avergli aperto qualche bottone della camicia ormai inzuppata di caffè.

A un tratto si ricordò ogni cosa e, come in un film che riparte al rallentatore, davanti agli occhi rivide la scena di poco prima: la sua proposta di andare a fare un paio di caffè, visto che ormai erano le sei di mattina e non avevano chiuso occhio tutta la notte; il momento in cui stava per prendere le tazze colme del liquido nero e il portafiltro che aveva pensato bene di sganciarsi e tuffarsi impietoso in una delle due.

Abbassò il capo sconsolato, tentando di sfuggire all’imbarazzo.

«Sono cose che possono capitare», disse Kate in tono rassicurante. «Soprattutto se sono le sei di mattina e... se il karma aggiusta le cose», sghignazzò.

La detective prese la propria tazza e tornò alla scrivania, lasciandolo solo davanti alla macchina del caffè a meditare sulla propria sbadataggine... e a pulire.