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Autore: kymyit    04/08/2011    1 recensioni
Takenaka Hanbei vedeva la sua vita scorrere inesorabilmente via, più veloce di chiunque l’altro. Temeva di morire prima del grande giorno in cui una spada o una qualsiasi arma avrebbe trafitto quella sua carne malata. Non poteva farci nulla, ma si sentiva in dovere di non scomparire in quel modo così subdolo.
“Quest’Alice era una rosa, e un pazzo gli sparò. Egli divenne rosso acceso come la rosa cremisi in fiore.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Un Piccolo Sogno


C’era una volta, un minuscolo sogno. Talmente piccolo, che nessuno rammentava di averlo sognato. Il piccolo sogno allora iniziò a pensare.“Non voglio scomparire in questo modo. Come posso farmi sognare dalla gente?" Il minuscolo sogno pensò e pensò, e alla fine trovò la soluzione.

“Farò sì che gli umani si perdano in me, e lascerò che creino il mondo.”


Tossì diverse volte con violenza, finché un ben noto liquido scarlatto non imbrattò le sue mani disgustandolo. Takenaka Hanbei vedeva la sua vita scorrere inesorabilmente via, più veloce di chiunque l’altro. Temeva di morire prima del grande giorno in cui una spada o una qualsiasi arma avrebbe trafitto quella sua carne malata. Non poteva farci nulla, ma si sentiva in dovere di non scomparire in quel modo così subdolo. Così sottobanco. Come se mai fosse vissuto. E aveva un progetto.
Un ambizioso progetto che gli avrebbe concesso non solo di godere dell’unico e inebriante piacere della vittoria, ma anche quello di una morte d’onore.

“La prima Alice era valorosa: con una spada in mano, giunse nel Paese delle Meraviglie. Ella distrusse molte cose, e creò un sentiero con il suo colore, rosso brillante, per distinguersi. Ma quell'Alice era ora nel profondo del bosco, imprigionata lì come una peccatrice: perciò, in quel sentiero fra i boschi, non si sa cosa ne fu di lei.”

Quando entrò nella cella lo vide così fiero, così fermo nella sua decisione.
 In quel suo no.
Takenaka non poté fare a meno di rabbrividire allo sguardo tagliente di Katakura Kojuurou. Non poté fare a meno di provare un guizzo d’eccitazione. Perché è raro trovare un nemico che può permettersi quello sguardo. Non poté fare a meno di colpirlo. Lo voleva. Lo desiderava quasi carnalmente.
Quell’uomo era stato forse l’unico nella sua breve esistenza ad aver interferito in maniera così marcata.
Aveva organizzato minuziosamente l’attacco a Kawanakajima e bastò un solo colpo di genio dell’uomo che aveva innanzi, per mandare tutto a rotoli. Voleva tenerlo con sé.
Impedirgli di correre da quel suo Drago da un Occhio solo.
In un certo qual modo, lo considerava un suo erede a cui affidare le speranze e il sogno di Hideyoshi.
Perché lo sapeva, Takenaka Hanbei, che non sarebbe sopravvissuto a quella guerra.
Il suo corpo era disgustosamente debole.
Di lui non sarebbe rimasto che il sentiero tracciato per Hideyoshi e nulla di più. Allora perché non far tingere quel sentiero del suo sangue per mano dell’unico uomo che reputava alla sua altezza?

“La seconda Alice era un uomo nobile; egli cantò una canzone nel Paese delle Meraviglie.
Per riempirlo d’ogni sorta di suono, generò un mondo squilibrato. Quest’Alice era una rosa, e un pazzo gli sparò. Egli divenne rosso acceso come la rosa cremisi in fiore,
E quando morì, fu amato da tutti.”

Perché neppure Motonari lo era, sebbene si convincesse di essere una sorta di miracolo divino. Takenaka a volte si domandava se ci credesse sul serio a quel suo essere un Figlio del Sole, oppure se s’illudeva di esserlo e ci riusciva così bene da arrivare a crederci. Ad ogni modo, quel presunto Sole di cui tanto si vantava Motonari, era solo un mero spauracchio che non temeva affatto. Poteva essergli utile, ma Hanbei non aveva davvero bisogno di lui, doveva solo abbatterlo per liberare la strada di Toyotomi, una volta che se ne sarebbe andato.
Si guardò allo specchio.
Sputò sangue.
Un fiore rosso sbocciò sul suo palmo. Vista così la cosa era quasi romantica.
Si, doveva sbocciare come un fiore rosso, fra i rombi di cannone e la sinfonia di spade.

“La terza Alice era una ragazzina: giunse nel Paese delle Meraviglie facendo una bellissima figura.Sedusse molte persone e istituì uno strano paese.
Quest’Alice era la regina di quel regno: essa fu posseduta da un sogno distorto, e ora vede solo corpi in decomposizione. E regnò su quella terra corrotta.”

Perché lui era splendido, magnifico. Altro che il Sole che Motonari vantava di essere.  
Hideyoshi brillava di luce propria disintegrando ogni cosa osasse rivolgergli lo sguardo.
L’opposizione non era contemplata in un modo in cui contava solo la forza e la legge del più forte.
Lui era il più forte, il degno sovrano in cima a quel mondo rude di cui Hanbei non avrebbe fatto parte ancora per molto. Un mondo che Hideyoshi avrebbe governato dalla cima del mucchio di cadaveri dei poveri stolti deboli che s’opponevano a lui.
Un mondo distorto governato da un’unica legge.
La Forza.
Quella che a lui mancava.

“Se segui il sentiero nella foresta, là, nel roseto è giunta l’ora del tè. Con un invito dal castello, l’asso di cuori… La quarta Alice erano due gemelli: giunsero nel Paese delle meraviglie per mera curiosità. Appena arrivati attraversarono le porte per ogni stramberia. La sorella maggiore era tenace ed il fratello minore scaltro: essi, però, s’avvicinarono troppo alla prima Alice…

Non si ridestarono più dal loro sogno e ancora  vagano per il paese delle meraviglie.”



Non poteva opporsi al suo destino, come non potevano farlo le giovani leve che avevano abbracciato il cammino scarlatto di Hideyoshi. Non potevano perché anche loro ne erano ammaliati. La vittoria inebria gli animi, spinge a desiderare di provare ancora quella sensazione galvanizzante alla bocca dello stomaco. Per non parlare delle voci confuse di acclamazione che s’infrangono nelle menti, ritmicamente, come applausi vocali stupefacenti dall’effetto assuefante. Poteva comprenderli benissimo quei due uomini che, quasi per un’infantile curiosità, per sapere fin dove li avrebbe portati quell’inebriante successo, avrebbero seguito Hideyoshi fino alla fine. Li avrebbe vegliati dal regno dei morti, fiero di loro, piccoli pittori del disegno della sua tela. Confidando in essi era sicuro ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto. Ieyasu era tenace, Ishida scaltro, insieme potevano spingersi oltre i confini delle terre conosciute.

Se non avessero deciso di tracciare il proprio cammino scarlatto…






“Quest’Alice era una rosa, e un pazzo gli sparò. Egli divenne rosso acceso come la rosa cremisi in fiore.”


Alla fine Hanbei non vide il suo sogno andare in frantumi.
Lui era divenuto un fiore rosso deflagrato sui flutti del mare molto prima. Morto a causa di un folle che si rifiutava di raccogliere fra le mani il frutto della sua esistenza.
Morto felice, perché il sangue glorifica l’uomo.
Spirato fra le onde, con negli occhi riflessa un’ultima immagine.
Non il sangue.
Non Hideyoshi.

L’uomo che non era riuscito a irretire nei meandri del suo piccolo, distorto, grande sogno.







***





Alla fine è stato più difficile tradurre la canzone (Alice Human Sacrifice, dei Vocaloid) che non scrivere il resto... Sono pazza di Hanbei e Kojuuro, non si era capito vero? Considero, per Ieyasu, la storia del videogioco. Opponendosi ad Hideyoshi genera altre battaglie in un circolo vizioso di cadaveri e sangue...Ma in fondo ha più sale in zucca del suo capo...
Beh, la canzone alla fine ho guardato un po' tutte le traduzioni che ci sono in giro. Una diversa dall'altra... Non ce n'è una definitiva? O_O
Fra l'altro la parte sulla terza e quella sulla quarta Alice non mi convince proprio, prima o poi ci ritorno.
Arrivederciiii!!

   
 
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