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Autore: gioTRAUMER    04/08/2011    1 recensioni
“Milano, settimana maschile. In carne ed ossa, Francisco Lachowski”
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Good life
“Hi, my name is Francisco Lachowski”




“Sprepara la tavola, veloce signorina”
“Aspetta mamma, rispondo al telefono e poi ci sono”
Percorsi velocemente le scale, rabbrividendo. Faceva particolarmente freddo quel giorno, era il 13 settembre. Il mese odiato da tutti gli studenti, ed io non riuscivo ancora a credere di aver finalmente finito quel dannato liceo classico. Ora non rimaneva che andare a New York, ma i soldi non erano d'accordo con me.
“Pronto?!” chiesi con voce rauca, poggiando la cornetta fra la spalla e l'orecchio destro, sistemandomi lo smalto. Avevo un compleanno la sera. O almeno, teoricamente.
“Siediti. Fallo, te lo ordino” Elena, una delle mie migliori amiche. Conosciuta sette anni fa, quando avevo 12 anni. Insieme all'altra Elena, e ad Alessia. Hanno tutte e tre un anno in più di me. Per distinguere le due Elene, le chiamo Lach e Craw. Lach sta per Lachowski, amore proibito di una Elena, e Craw sta per Crawford, amore proibito dell'altra Elena. Modello e attore. Sognamo, compresa me. Loro mi chiamano Som, che sta per Somerhalder. Un uomo impossibile.
“Dai scema, sono seduta, sputa il rospo” canzonai, facendo una mezza risatina nervosa.
“Non andare a letto tardi, questa sera. Domani mattina abbiamo il treno alle sette e mezza, quindi vedi di non tardare” decisa, convinta. La sua voce non esprimeva alcuna emozione. O meglio, era come se la trattenesse.
“Che diavolo stai dicendo?” presi in mano la cornetta, corrugando la fronte, e continuai “Sei andata a casa della Ale stasera per caso? Avete bevuto?”
Dall'altra parte del telefono, il silenzio. Solo il respiro di Elena che comincia ad accellerare. Faceva tanto, 'Chiamata da uno sconosciuto'.
Finalmente, segni di vita dopo quasi un minuto.
“Milano, settimana maschile. In carne ed ossa, Francisco Lachowski” la voce di Elena si smorzò, quando la ragazza cominciò ad urlare, ed io insieme a lei. Gridolini strani uscivano dalla mia bocca, mentre saltavo per la camera.
“Mora, attacco, ho una valigia da preparare” cercai di dire con gli ultimi respiri permessi.
“A domani Som”
Cominciai a prendere vestiti a caso, e a buttarli dentro la valigia. Finalmente, finalmente qualcosa di diverso. Avevamo aspettato questo momento da circa cinque anni, e finalmente eccolo. Lachowski a Milano, per la sua ennesima sfilata di moda. Corsi velocemente giù per le scale, saltando le ultime due, arrivando in cucina. Raccontai tutto a mia madre, la quale era contenta di vedermi così felice. Non c'erano problemi per lei. Noi due avevamo fatto un patto, da quando cominciai la mia carriera scolastica: tu mi soddisfi a scuola, io ti soddisfo in qualsiasi altra cosa.
E il patto è stato mantenuto. L'indomani sarei partita per Milano, e nessuno si sarebbe messo contro di me.

“Giorgia, come al solito. Hai intenzione di svegliarti o ti mando a Milano a calci in culo?!”
Aprii gli occhi, e subito balzai giù dal letto. La sveglia probabilmente suonava da mezz'ora. Erano le 7:20. Dopo qualche imprecazione, presi la valigia al volo, mi misi un cardigan per coprire pantalonici e maglietta enorme, che usavo come pigiama, e corsi giù, prendendo la brioche con la bocca, baciando mia madre, e dicendole che ci saremmo viste fra tre giorni.
Sistemai la valigia in bagagliaio, e accesi la macchina. Misi l'ultimo cd dei One Republic, e cantando 'Good life', mangiando la brioche, mi diressi direttamente alla stazione.
“Eccola!” urlai, correndo in contro alla Lach, che mi fulminò con gli occhi. “Come al solito hai il culo marcio. Il treno è in ritardo”
Le presi il viso e le stampai un bacio sulla guancia. Dopo qualche minuto arrivò il treno. L'autista scese, e ci fece sistemare i bagagli. Salimmo, e parlammo per circa qualche minuto. Dopo di che, cuffie alle orecchie, e addio mondo. Prendemmo subito sonno entrambe.

“Hey, ragazza...”
Aprii piano gli occhi, ritrovandomi con la fronte appoggiata al finestrino, e un uomo in giacca e cravatta che mi toccava la spalla. L'autista. Non ci potevo credere. Avevamo dormito per tutto il viaggio.
“Oh, mi scusi. Ma io e la mia amica siamo davvero stanche. Scendiamo subito” accennai un sorriso, per poi svegliare bruscamente la Lach, con qualche strattone.
Di corsa scendemmo, ancora intontite, prendemmo le valigie, e ci dirigemmo all'uscita della stazione.
Milano era davvero bellissima. Negozi ovunque, gente in continuo movimento, e non sapevi mai dove guardare, con tutte le cose belle che c'erano.
Fermammo un taxi, che ci portò dritte all'Hotel. Tre stelle, non male.
“Speriamo che la camera si b...” la Lach non riuscì a finire la frase. Aprì la porta, e si ritrovò davanti ad una camera stupenda. Letto a tre piazze, mai visto, lampadario da un casino di soldi, e vista in piazza Milano.
“No way...” ormai il vizio di entrambe di parlare in americano era comune, e mi scappò qualche parola.
“Bene, sistemeremo poi le cose. Abbiamo esattamente tre ore per prepararci, il che non va bene” la Lach mi guarda, serrando gli occhi, e sorridendo. Dovevamo essere impeccabili, dato che si era presa il compito di comprare i biglietti in prima fila. Avremmo avuto i modelli ad un metro di distanza. Ma che modelli. Francisco Lachowski.
Ci facemmo una veloce donna insieme, uscite, ci asciugammo i capelli con i due fon presenti nel bagno. Era enorme anche quello. Io mi feci i capelli lisci, tirando le ciocche davanti all'indietro, mentre feci ad Elena uno splendido chignon, con dei boccoli finissimi che le ricadevano sulle spalle. Un'incanto.
Dopo di che, toccava agli abiti. Era lei quella delle marche, e dei perfetti abbinamenti. Io ero quella del trucco e delle pettinature. Difatti, Elena tirò fuori dalla borsa due abiti. Entrambi Chanel, uno per ciascuno. Il mio era tutto nero, con dei fiori neri ricamati, che si notavano solo alla luce, senza spalline, che arrivava appena sotto le coscie. Mentre il suo aveva la forma di un'abito dell'antica grecia, completamente bianco, che con quella pettinatura, la faceva sembrare divina. Per entrambe poi, un paio di tacchi abbinati al vestito.
Truccai velocemente Elena, con dei colori leggeri. Mentre sui mei occhi, misi un pò di ombretto chiaro, e una forte linea di eyeliner. Perfette.
Si erano fatte le nove, e la sfilata aveva inizio alle nove e mezza.
Come due principesse, scendemmo con l'ascensore, e sotto già un taxi che c'aspettava. Sembrava un sogno. Anche se Milano era Milano, e non quel sogno di New York.
Arrivate, l'ingresso era pieno. Ragazzine urlanti, mezze nude.
“Come diavolo facciamo ad entrare Giorgia?!” Elena mi guardò preoccupata, portando una mano al petto. Le stava già per venire qualcosa.
“Semplice” dissi io, sorridendo divertita. Portai i due indici in bocca, sotto la lingua, mollando un fischio fortissimo. Piombò il silenzio, e due omoni enormi della security si fecero spazio fra la folla. Elena tirò un sospiro di sollievo, mostrò i pass, e ci fecero entrare. Percorremmo un corridoio lunghissimo, con un tappeto rosso.
Aprimmo poi la porta che ci trovammo davanti, ed aperta, ci ritrovammo esattamente sotto la passerella. Elena stava per piangere, ma appena le ricordai che le si sarebbe sbavato il trucco, si ricompose.
Dopo qualche minuto, calò il buio, fuorchè le luci puntante sulla passerelle. Una donna sulla mezza età indrodusse le marche presenti nella sfilata, elencando tutti i nomi dei modelli. Elena sentì un tuffo al cuore, nel sentire pronunciare il nome 'Francisco Lachowski', ma poi si riprese.
Parte la musica. Canzoni commerciali, come Lady Gaga, Don Omar, Britney Spears e Christina Aguilera. E la sfilata ha inizio. Primo modello. Marlon Teixiera, meglio conosciuto come miglior amico di Francisco.
Elena applaudì più di tutti, cercando poi di contenersi.
Secondo modello: Francisco. Elena prese in una frazione di secondo il mio braccio, ficcandomi le unghie, che fortunatamente per me non aveva, nella carne. Le scese una lacrima, che raccolsi subito. Quando il modello si girò per ritornare dietro le quinte, buttò gli occhi su di lei, le sorride, e alzò il sopracciglio. Elena si sentì mancare. Le feci aria in qualsiasi modo possibile, dopo di che riuscii a rianimarla.
“Elena, devi abituarti. Farà circa venti uscite entro la fine della serata. E' un semplice modello, va bene?” la guardai negli occhi, cercando di tranquillizzarla.
“Va bene. Hai ragione Giò, è solo un modello” annuì lei, cercando di autoconvincersi.
“Bene, cerca di non morire mentre vado fuori a fumare, okay?” le sorrisi, e mi alzai, muovendomi velocemente verso l'uscita di sicurezza.
Accesi la sigaretta, e cominciai a fare qualche tiro. Mi guardai intorno, ammirando le luci che mi circondavano. Sentivo nelle orecchie risuonare le canzoni dei OneRepublic, ormai mia colonna sonora perenne. Sorrisi fra me, mentre riuscivo a sentire il mio stesso cuore battere.
Interruppe il tutto un ticchettare alla mia spalla. Allora mi girai, ritrovandomi davanti la persona sbagliata.
“Scusa, hai un accendino?” mi chiese il ragazzo in modo sbrigativo. Era Francisco, che teoricamente in qualche modo era scappato dalle quinte.
Fissandolo come una stupida, presi velocemente l'accendino dalla borsa, passandoglielo. Il ragazzo accese la sigaretta, e cominciò quasi a divorarla, facendo un tiro ogni frazione di secondo. Continuavo a fissarlo come se avessi davanti un ufo. Poi cercai di riprendermi, sapendo qual'era la cosa giusta da fare. “Lachowski, se non erro” dissi, tornando finalmente in me.
“In carne ed ossa, bellezza. Ci conosciamo?”
“Non proprio” sorrisi maliziosa, poi continuai “ma presto saremmo grandi amici”
Gettai l'occhio nelle tasche, e in quella destra notai una forma rettangolare. Misi la mano all'interno, ed estrassi l'iPhone. Lo sbloccai, e velocemente salvai il numero della Elena.
“E' sotto 'Lach', il numero della ragazza a cui hai fatto la smorfietta prima. Buon proseguimento, Chico” gli diedi un colpettino alla spalla, e rientrai.
“Allora, ancora viva?” bisbigliai ad Elena, non appena tornai a sedermi vicino a lei.
“Certo, anche se non so per quanto. La mia forma acuta di perversità ha un limite cortissimo d'innanzi a Lachowski, e tu lo sai meglio di chiunque altro”
Le sorrisi, in risposta. Dopo qualche minuto, sentii un bip bip provenire dalla borsa di Elena. La mia bocca si spalancò, non credendoci che l'avesse fatto davvero.
Elena, con la fronte corrugata, estrasse l'iPhone dalla borsa. Numero sconosciuto.
“Per fortuna che hai amiche con il vizio di fumare. Ringrazia la moretta, se non mi avesse prestato l'accendino, ora non avrei il tuo numero, meraviglia”
Non appena finii di leggere, fissai Elena negli occhi. Lei non capiva, ma era felice.
Era felice di non capire, perchè sapeva che io capivo. Una cosa così, insomma.
Non sapevo da dove cominciare. Dovevo usare tatto, o sarebbe svenuta lì, al momento. Così, aprii solo la bocca, gettando due parole a caso.
“Francisco Lachowski”
  
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