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Autore: UnintendedChoice    05/08/2011    3 recensioni
Questa piccola shot è dedicata a coloro che mi hanno regalato deliziosi momenti con una loro recensione, in particolare a __exogenesis.
Non m'importa se è corta, brutta, insensata o fuori contesto, ve la dedico. Spero di rimanere sempre all'altezza delle vostre aspettative.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prometto che è l'ultima fanfic triste che scrivo su di loro. Perdonatemi >.<













Liberi,

 
Andrà tutto bene, Dom. So che in fondo sei d’accordo con me. Andrà tutto bene, staremo meglio…


ci sembrerà di essere più liberi, se dalle nostre mani non cadranno più parole per noi due.

 
Le nostre vite saranno finalmente felici, non avremo più bisogno di mentire, di mentirci.
 

E sarà più semplice sorridere alla gente, senza chiederle se sia per sempre o duri un solo istante.

 

È vero, sì, ce lo siamo già detti, ce lo siamo ripromessi fin troppe volte e ti capisco se dici che ormai sembra inutile, che tanto non ci riusciremo…
 

e poi che ce ne importa a noi? Tanto basta così…

 
Ma a che pro continuare? Come possiamo pretendere che tutto ciò vada avanti ancora? Anche ora?
 

scendiamo qui… che senza di noi c’è la libertà.

 
Sarebbe stato bello, Matt. Poteva essere. Hai visto tu stesso come un qualche piccolo sforzo ha potuto valerne la pena, in passato. Erano i più bei momenti per me; immagino anche per te. Pensa a come sarebbe bello…
 

Ridere, sarò sorpreso poi a vederti ridere, senza bisogno di dover decidere per chi, se non per me.
E allora sarà facile tagliare l’aria se non lo si farà in due, e ti vedranno correre su cieli di ciniglia e di popcorn…

 
Dom cercò di evitare quelle fantasticherie. Si passò una mano tra le chiome di miele, i gomiti poggiati sulle ginocchia, i piedi nudi sulle fredde mattonelle bianche della camera d’albergo.
Il letto sfatto, le lenzuola aggrovigliate come lo erano stati loro poco prima. Il letto, ancora caldo e odoroso dei loro corpi. Del loro gesto, del loro ennesimo sbaglio
 

Sì ma, basta così…  scendiamo qui… che senza di noi c’è la libertà…

 
Ma quel desiderio era incontrollabile, e anche stavolta avevano ceduto.
«È l’ultima volta, okay Dom?»
«S-sì» rispose lui riluttante.
«È l’ultima, l’ultima…» mormorava baciando il volto di Dom, ripentendo in continuazione quella frase più per convincere se stesso che l’altro. «Non accadrà ancora… Ormai non può più essere…»
Dom, esasperato, gli prese il volto tra le mani e disse: «Sì, va bene, è l’ultima volta» e lo baciò con durezza «Se ti fa così schifo, è l’ultima…».
Era stanco di tutte quelle parole, di quelle vane chiacchiere. Lui sapeva che ci sarebbero ricaduti e allo stesso modo sperava con quasi tutto se stesso che non accadesse, che non ci fossero altre occasioni per farsi spezzare il cuore, per farsi lasciare da solo in un letto sfatto.
Nel dubbio però volle evitare di perdere tempo e attimi preziosi.
 

Sì ma, basta così… così… e tu baciami qui!… qui… che l’ultimo sia, e poi che senso avrà?

 
Matt camminava per quei corridoi a grandi passi, coi pugni stretti e la mascella serrata, diretto alla sua camera. Non si permetteva di guardarsi attorno, di guardare dietro di sé, tanto a che serviva? Tanto era la cosa migliore da fare…
 

Tanto basta così… così…  fermiamoci qui…

 
Quando riaprì gli occhi aveva fatto dietrofront senza accorgersene. Percorreva i corridoi al contrario, verso il suo crollo
 

Liberi,

 
Era davanti a quella porta. Quei dieci centimetri di legno e ferro che li divideva.
 

 ci sembrerà di essere più liberi…

 
Quando riaprì gli occhi si accorse che lacrimavano, lacrime che sempre più copiose scendevano giù, per le guance e per il collo e che toccavano terra, tanto che ebbe paura che qualcuna potesse fluire sotto la porta.
La porta.
 

e intanto farò a pugni contro il muro per

 
 
La mano lambì quella porta, la premette, la grattò con le unghie e le nocche bianche.
 

averti ancora qui.

 
Singulti, inevitabili singulti; inevitabili domande, disperate risposte:
Sì, anche l’altro, dentro, quasi come se potesse vedere oltre quella porta, piangeva.
 
 

Portami altrove.
Portami dove non c’è nessuno che sappia di noi.

 
 
In spasmodici gemiti si chiamarono senza sentirsi. La porta rimase lì, ferma, spettatore insensibile al loro male.
 
 
 

Fammi vedere come si muore senza nessuno che viva di noi.









 













Grazie, UC

   
 
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