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Autore: emychan    06/08/2011    5 recensioni
3 classificata al contest 'Il minestrone della nonna' indetto su Efp!
Arthur trova Merlin una notte e, senza sapere perché, se lo porta a casa, scoprirà qualcosa sul passato del ragazzo? O non c'è modo di conquistarne la fiducia? Forse il nuovo fidanzato di Morgana potrebbe svelare qualcosa di inaspettato su Merlin... merthur ovviamente!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Scritta per il contest 'il minestrone della nonna' indetto su Efp da Lal_Rouche e arrivata terza!!

Ingredienti scelti:
Parti del corpo: Occhi (segnati una volta, ma tornano in tutta la storia)
Make-up: smalto, matita, cotone
Oggetto: Foglio strappato
Colore: Nero- morte
Fiori: Margherita (l'importanza di questo fiore non è chiara fino alla fine)
Questi elementi sono scritti in rosso nella storia!
Numero scelto: 8 –Uno dei personaggi deve fumare
Relazione tra i personaggi: Coinquilini       
Location: Concerto, Hotel

Grazie a MyPride per averci fatto da giudice e per i bellissimi banner!!!(Credo non smetterò mai di guardarlo!*__*)



Disclaimers: Come al solito, BBc e aventi diritto, blablabla, non sono miei o lo slash sarebbe molto più reale...:PP


Dedicata a Elfin Emrys, Harmony89,Aleinad e simplymyself per aver commentato la mia ultima storia!!Grazie mille!!Vi adoro!!!!xDD
E se volete finire in questo spazio(lo so che ci tenete:P) sapete cosa fare!!:P
Un bacio a tutti i lettori\lettrici!!!

Daisy



Cap.1: Gatto randagio.

Se c'era una cosa che Arthur non aveva mai amato erano gli animali.
Di nessun tipo.
Gatti, cani, pappagalli, erano tutti la stessa cosa: un colossale spreco di tempo ed energie.
Non facevano che mangiare, correre e fare baccano tutto il giorno.
Ti dormivano sul letto, ti sbavavano addosso e ti riempivano i vestiti di peli.
Davvero non capiva cosa ci trovasse la gente di così meraviglioso.
Per non parlare del costo. Le loro scatolette costavano più di una cena in un ristorante francese.
In tutta la sua vita non aveva mai desiderato né chiesto un animale domestico e certamente non ne aveva voluto uno quando era andato a vivere da solo.
Per precauzione, aveva cercato casa in un condominio che li proibisse esplicitamente. Almeno non sarebbe incorso in qualche cane fuggito di casa o in qualche gatto insolente.
I gatti riuscivano ad irritarlo in modo particolare.
Non ne sapeva il motivo. Forse perché erano molto più intelligenti di quanto sembrassero e falsi soprattutto. Dei veri opportunisti. Soprattutto quelli randagi.
Avrebbe fatto arrestare chiunque osasse lasciar loro da mangiare, a quelle piccole creature infami.
Se ne stavano rannicchiati sul ciglio della strada, a fissare i passanti coi loro piccoli occhietti lucidi e a miagolare solo per impietosire il passante di turno.
Tutto per ottenere cibo, magari un posto in cui dormire, per poi distruggerlo e sparire nel nulla il mattino dopo. Che razza di bestie.
Sempre pronti a farti pipì sul cofano della macchina e a sfidarti con le orecchie abbassate sulla testa.
Arthur non si faceva ingannare dai loro lamenti, né dai loro occhioni. Sapeva bene che, in realtà, erano dei piccoli mostri pronti a impadronirsi di casa sua.
Per questi motivi, la presenza di Merlin nel suo appartamento era ancora un mistero irrisolto.
Non che Merlin fosse biologicamente un animale o un gatto, ma visto il modo in cui teneva la sua stanza e il fatto che non faceva altro che dormire e mangiare tutto il giorno, non c'era motivo di non metterlo nella loro stessa categoria.
Esattamente come un qualsiasi gatto randagio, solo più grande e senza le disturbanti abitudini igieniche.
L’aveva trovato fuori dal palazzo in cui viveva una notte di sei mesi prima.
Tremante, bagnato fino all’osso, con solo una borsa in spalla e una misera felpa nera a proteggerlo dal freddo.
Arthur litigava con suo padre per telefono o, per meglio dire, ascoltava le grida dell'altro sperando che la finisse presto.
Teneva una sigaretta spenta tra le labbra e cercava invano un accendino nelle tasche, quando il ragazzo gli aveva offerto il suo, un accendino rettangolare con quella che sembrava una margherita incisa su un lato.
Arthur l'aveva guardato con diffidenza, chiedendosi cosa volesse in cambio, ma l'altro si era limitato ad attendere che accendesse prima di fargli cenno di ridarglielo e nasconderlo, quasi con gelosia, in una tasca.
Più tardi, durante una lunga serata di telefilm e pop-corn, glielo avrebbe imprestato di nuovo confidandogli di come, quell'accendino, fosse il suo più grande tesoro.
Un'altra delle infinite stranezze del suo coinquilino.
Dopo aver finalmente chiuso la conversazione, Arthur aveva aperto il portone e il ragazzo l'aveva guardato con due enormi occhi blu cielo.
Imploranti, brillanti e semplicemente... stupidi.
Aveva cercato di resistere, quello era un gatto, un gatto in forma umana. Opportunista. Falso. E se fosse stato un gatto vero probabilmente avrebbe vinto il suo buon senso, ma Merlin chiaramente era peggiore di qualsiasi palla di pelo.
Era riuscito a farlo crollare con un solo sguardo.
Ancora non si spiegava come o perché quegli occhi gli rendessero impossibile ogni resistenza, ma a quanto pareva era finito sotto qualche  tipo di incantesimo perché, sei mesi dopo, Merlin si era trasferito a tempo indeterminato a casa sua.
Senza nemmeno degnarsi di pagare l’affitto.
Non che l’avrebbe accettato, ma almeno chiedere se disturbava o se voleva un contributo spese sarebbe stato educato, no?
Ma chi prendeva in giro? Parlava di Merlin in fondo.
All'inizio si era ripetuto che l’unico motivo per cui l’aveva aiutato era che lasciare un ragazzino a morire di ipotermia poteva essere pericoloso, probabilmente era previsto l'arresto per una cosa simile. Vivendoci assieme aveva capito che rimandarlo fuori sarebbe stato comunque come ucciderlo, visto quanto era idiota.
Quando gli aveva chiesto cosa ci facesse solo sotto la pioggia in piena notte, Merlin aveva scosso le spalle sorridendo e da allora quella era stata la sua risposta per ogni domanda su da dove venisse… o perché non ci tornasse.
Per un po’aveva creduto seriamente di ospitare un fuggiasco, qualche tipo di criminale forse, conoscendolo aveva capito che era impossibile.
Probabilmente, idiota com’era, si era scordato dove abitava. Abbandonarlo a se stesso sarebbe stato un delitto. Con quello sguardo da babbeo e il sorriso ingenuo, era un miracolo che fosse sopravvissuto così a lungo nel mondo.
Ad ogni modo spiegargli che doveva andarsene sarebbe stata senza dubbio una seccatura peggiore di tenerlo in casa.
Almeno non faceva pipì sul tappeto.
Così, quel ragazzino spuntato dal nulla, aveva finito con l'imporsi nella sua vita senza nemmeno chiedergli il permesso.
Si era preso la stanza degli ospiti, riempiendola di poster di band dai vestiti strani e le facce più dipinte di un clown al circo a detta sua troppo forti.
Aveva comprato due tazze da caffè con le immagini di re Arthur e mago Merlin perché era troppo divertente e usava il nome di Arthur con la confidenza che non era concessa a nessuno salutandolo con un allegro bentornato ogni sera e un buon lavoro ogni mattina, neanche fosse sua moglie.
La cosa peggiore era che si stava pericolosamente abituando a quella... cosa.
Anche se ancora non sapeva cosa fosse esattamente.
Il peggio era pensare che, se Merlin fosse stato davvero un gatto randagio, forse l'avrebbe anche tenuto, forse gli avrebbe fatto passare il suo odio innato per tutte le creature pelose e rumorose del mondo, ma lui non era un gatto e qui sorgeva il dramma di Arthur.
Perché, da qualche parte in quella città, qualcuno probabilmente cercava il ragazzino, si chiedeva dove fosse finito, se stesse bene e magari si disperava per la sua scomparsa.
Prima o poi Merlin sarebbe dovuto tornare indietro. A casa sua.
E per quanto ne sapeva Arthur, quella casa poteva essere ovunque.
Così distante da togliergli gli occhi di Merlin per sempre.
Per quanto il ragazzino sostenesse il contrario, Arthur non era stupido, sarebbe stato ovvio a chiunque che era scappato di casa.
Non sapeva il perché ed era chiaro che l'altro non avesse intenzione di rivelarlo, ma almeno gli avrebbe fatto piacere sapere che non sarebbe finito in galera per rapimento o cose simili.
«Merlin» pronunciò colto da un improvviso dubbio.
Era stupido non averci pensato fino ad allora in effetti, ma tra tutti i dubbi e i pensieri, gli era passato di mente. E comunque non poteva essere più vecchio di un liceale, forse sedici o diciassette anni «Quanti anni hai esattamente?»
«Ventidue» rispose senza esitazione l'altro, ignaro dello choc che la sua dichiarazione provocò in Arthur.
«Mi prendi in giro?»
Non era possibile. Gliene avrebbe dati diciotto al massimo... e solo per via di certi pensieri che avevano preso a gironzolargli per la testa negli ultimi giorni.
Pensieri del tutto sconvenienti su cui preferiva non soffermarsi oltre.
«No, perché non si vede?» chiese l'altro intorno a un morso di pizza, mentre tenendo il joypad nell'altra mano, cercava di colpire uno zombie che continuava a rialzarsi sotto ai suoi attacchi.
In silenzio, Arthur passò lo sguardo dalla testa di capelli neri ricoperti di gel, al viso pallido e angoloso, agli zigomi pronunciati, per finire alle labbra rosa arricciate per la concentrazione.
Come al solito, gli occhi erano rigorosamente sottolineati da un tratto di matita nera e le unghie ricoperte da uno spesso strato di smalto dello stesso colore.
Merlin poteva dimenticare qualsiasi cosa, anche di svegliarsi per andare a lavoro o di mangiare, ma non scordava mai di dipingersi occhi e unghie di nero.
Era una delle sue infinite stranezze e Arthur pensava che fosse ridicolo, di certo nessuno sano di mente avrebbe trovato quel suo bizzarro modo di vestirsi o truccarsi sexy...
«Non sei un po' vecchio per lo stile emo?» lo punzecchiò finendo la sua fetta di pizza ai funghi. Ne aveva mangiata solo la metà, ma sapeva che non sarebbe avanzata.
Nonostante fosse piuttosto magro, Merlin era in grado si spazzolare via ogni cosa in pochi minuti.
«Questo non è emo, è punk, puro punk» gli rispose l'altro distogliendo gli occhi dal video giusto il tempo per lanciargli un'occhiata di sfida.
Arthur sorrise sardonico «Bene... non sei un po' vecchio per conciarti a quel modo?»
«Si nasce e si muore punk, non si può cambiare» dichiarò uccidendo due zombie che lo stavano accerchiando.
Arthur non rispose, ma se Merlin l'avesse guardato in quel momento, l'idiota gli sarebbe arrivato forte e chiaro.
«A lavoro saranno felici del tuo credo, immagino»
«Verso caffè in grosse tazze di plastica a gente che è troppo addormentata per notarmi o troppo maleducata e piena di sé per prestarmi attenzione. Che vuoi che gli importi di come mi vesto? Se ci andassi nudo sarebbe lo stesso» replicò con un'alzata di spalle.
Ci vollero diversi minuti perché Arthur riuscisse a cancellare quell'immagine dalla mente, sarebbe stato un ottimo modo per attirare clientela.
Lui di certo non si sarebbe più allontanato dallo starbuck in cui lavorava l'altro.
«Perciò hai ventidue anni» mormorò quasi sovrappensiero, mentre nella testa una vocina continuava a canticchiare allegramente èmaggiorenne, è maggiorenne.
Stava diventando una bruttissima persona.
Continuare a fissare le sue labbra poi, non era affatto consigliabile... e nemmeno le sue ridicole orecchie a sventola andavano bene. Soprattutto quando aveva voglia di mordicchiarle.
Per un attimo si chiese come avrebbe reagito il suo coinquilino se l'avesse fatto davvero.
Avrebbe potuto provare, chi gli diceva che sarebbe scappato? Forse avrebbe reciprocato.
Forse anche Merlin era pazzamente attratto da lui e non sapeva come rivelarlo.
Finiscila Arthur! Si rimproverò.
Non era da lui comportarsi così e comunque l'età biologica c'entrava ben poco, Merlin era un moccioso nell'anima. Sarebbe stato come circuire un bambino.
Lui non era quel genere di persona. Forse. Probabilmente.
«Hai fatto l'università?» la voce gli uscì più roca del necessario, Arthur si schiarì la gola un paio di volte.
«Non mi serviva la laurea per preparare caffè» mormorò l'altro, Arthur voltò gli occhi verso il soffitto.
A volte era davvero esasperante «Immagino che non lavorerai per sempre lì dentro».
«perché no? Lavoro solo al mattino, mi pagano bene e prendo un sacco di mance. E' un lavoro da sogno».
L'ultima fetta di pizza svanì tra le sue mani in un attimo.
«Ne dubito» mormorò Arthur chiedendosi perché l'altro sembrasse incapace di prendere sul serio ogni discorso sul futuro o sulla sua famiglia.
Avrebbe voluto saperne di più, ottenerne la fiducia, ma chiaramente per tutti i suoi sorrisi e gli scherzi, Merlin non lo riteneva un confidente adatto e Arthur si rifiutava di riconoscere quanto questo lo ferisse.
«Che c'è? Stasera sei strano» Merlin mise in pausa il gioco lasciando cadere il joypad sul tappeto rosso che occupava mezzo salotto.
I suoi occhi studiarono il viso di Arthur facendolo quasi arrossire.
Il suo sguardo sembrava saper leggere nel profondo dell'anima, lo faceva sentire impotente e vulnerabile e questo lo metteva a disagio.
«Non hai una famiglia? Degli amici?» gli sfuggì senza volerlo.
Subito il viso dell'altro si rabbuiò «Ne abbiamo già parlato» pronunciò secco.
Arthur sospirò, ormai aveva tirato fuori l'argomento in fondo «Sei qui da sei mesi e non hai mai chiamato o visto nessuno. Non ti importa?»
«Forse non c'è nessuno» ribatté freddamente Merlin fissando il pavimento.
«Merlin».
«Restane fuori» lo fermò il ragazzo e i suoi occhi si fecero improvvisamente così supplicanti e feriti che Arthur quasi cedette.
«Voglio solo...» provò ancora con poca convinzione.
«Lo so cosa vuoi e lo capisco, ma credimi, non c'è niente e nessuno da cui tornare».
Arthur sapeva che mentiva, nessuno scappava nel modo in cui aveva fatto lui se non c'era qualcosa da cui fuggire.
Avrebbe desiderato solo che Merlin si aprisse abbastanza da mostrargli le sue ferite e, forse, permettergli di aiutarlo a curarle.
Ma forse chiedeva troppo. Forse desiderava troppo.
«Merlin...» il campanello interruppe qualsiasi cosa stesse per dire.
Arthur rimase fermo diversi secondi, come incapace di decidere cosa fare, il campanello suonò ancora e Merlin alzò un sopracciglio come chiedendogli cosa avesse intenzione di fare.
Al terzo suono Arthur maledisse silenziosamente chiunque avesse scelto quel momento per fargli visita e andò ad aprire.
Dal salotto i terribili suoni di zombie e proiettili tornarono a farsi sentire.
«Ciao fratellino, spero di non disturbare».
Morgana si infilò nella porta come fosse a casa sua. Arthur la fissò con odio, pronto a manifestare il suo pensiero ben poco gentile, quando un ragazzo che non aveva mai visto prima, seguì la ragazza lanciandogli un sorriso amichevole e scanzonato.
Arthur lo detestò a vista.
Era una spalla più basso di lui, con lunghi capelli mossi e incolta barba castana sulle guance, un sorriso malizioso dipinto sulle sottili labbra ed occhi neri e luminosi.
Come se stesse pensando uno scherzo così divertente da non riuscire a non ridere.
Qualcosa gli diceva che probabilmente lo scherzo riguardava lui. Insopportabile.
«Gwaine» gli tese la mano lo sconosciuto, Arthur la strinse con un po' troppa forza.
«Arthur» sputò tra i denti prima di guardare Morgana con aria interrogativa.
La ragazza si sfilò la giacca rosso fuoco che indossava lasciandola cadere sull'attaccapanni all'ingresso «Gwaine è il mio ragazzo Arthur, ricordi? Oh no, aspetta... non puoi ricordarlo, perché negli ultimi due mesi sei stato terribilmente impegnato ad evitarmi» sorrise dolcemente la ragazza.
Arthur soppresse un lieve tremore, aveva sempre paragonato il sorriso della sorella a quello dello stregatto, più lo vedeva più si convinceva di avere ragione.
«Il tuo gattone è in casa?» continuò guardandosi attorno.
«Morgana!» sibilò lui gettando un'occhiata verso il salotto.
«Gattone?» chiese Gwaine incuriosito.
«Oh sì...» annuì la ragazza, i lunghi riccioli neri sciolti lungo le spalle «Arthur ha un bel gatto tutto nero, lo ha trovato per la strada e adesso è terribilmente affezionato a lui».
«Morgana!» sbottò Arthur arrossendo, era per questo che la evitava.
Morgana aveva solo due anni più di lui e aveva la lingua più affilata di un coltello.
«Che c'è? Non devi mica vergognartene, in realtà è un sollievo sapere che puoi provare qualcosa, temevo che fossi frigido».
La risata di Gwaine inghiottì il suono indignato di Arthur, il ragazzo li fissò entrambi inorridito.
Aveva trovato un ragazzo irritante quanto lei alla fine. Era terribile, l'apocalisse era vicina.
Sapeva che sarebbe accaduto prima o poi, ma aveva sempre sperato di essere in un altro continente per allora.
«E dov'è questo gatto allora?» chiese l'individuo irritante e Arthur quasi gli rispose di farsi gli affari suoi, ma la sorella lo guardò in modo talmente minaccioso che non potè fare altro che indicare il salotto.
In fondo era giusto che anche Merlin condividesse la gioia di avere ospiti.
Non voleva certo tenerli tutti per sé.
Come prevedeva la visione di Morgana in casa loro fece perdere al suo coinquilino tutta la voglia di giocare o sorridere.
Dopotutto il loro primo incontro era stato epico.
Cinque minuti di perfezione durante i quali Morgana aveva deliziosamente pensato di chiedergli cosa ne pensasse del suo petto tra tutte le cose. Era abbastanza grande o doveva rifarselo? Merlin era diventato così rosso da fargli temere un'esplosione.
L'evento l'aveva traumatizzato a vita, rendendolo una massa di gelatina balbettante ogni volta che restava solo con la ragazza.
Inutile dire che Morgana amava vederlo in quello stato.
«Ciao Merlin, come va? Mio fratello è gentile con te?» ammiccò la ragazza nel vederlo, naturalmente Merlin arrossì fino alle orecchie balbettando frasi sconnesse.
«Merlin?» tutti e tre si voltarono verso Gwaine che era rimasto sulla soglia con gli occhi sgranati, pallido come se avesse visto un fantasma «Non posso crederci, sei proprio tu».
Sotto gli occhi piuttosto incuriositi di Morgana e quelli quasi furenti di Arthur, il ragazzo decise di volare attraverso la stanza e appiccicarsi a Merlin.
Al suo Merlin
Non che fosse geloso, non aveva motivo di esserlo. Merlin poteva fare quello che voleva.
«G-Gwaine» bisbigliò l'interessato mentre con mani tremanti stringeva a sé il ragazzo.
Arthur immaginò di sbattere quell'irritante cumulo di capelli fuori da casa sua a calci. Chiaramente era uno squilibrato con pessime intenzioni e Merlin non sapeva come liberarsene. Era ovvio che lo infastidisse.
Altrimenti perché i suoi occhi erano lucidi come se stesse per piangere?
«Scusate» si schiarì la voce Morgana, incrociando le braccia sul petto «Qualcuno vorrebbe spiegarci cosa succede?»
«E' Merlin» se ne uscì Gwaine, come se questo spiegasse ogni cosa.
Arthur sbuffò contrariato, di certo Morgana non li sceglieva per l'intelligenza.
«Questo lo sappiamo» mormorò arricciando le labbra esasperato «Ma perché lo stai molestando
Gwaine ignorò la sua ovvia irritazione «Lui è... è scomparso sei mesi fa, senza lasciare traccia» spiegò invece, stringendo il suo abbraccio e fissando Merlin come se potesse svanire da un istante all'altro.
Nel frattempo, lo stomaco di Arthur sembrò rivoltarsi come un calzino.
«Scomparso?» ripeté come se non conoscesse il significato di quella parola.
Certo, aveva sempre saputo che Merlin doveva essere fuggito da qualcosa.
Che da qualche parte doveva avere una famiglia, degli amici che probabilmente erano preoccupati e lo cercavano ovunque, ma tra immaginarlo e sentirselo dire chiaro e tondo... era molto diverso.
Che fosse il momento in cui tutto sarebbe cambiato?
Questo Gwaine era infine giunto nelle loro vite per portare via Merlin?
Per riportarlo a casa, dove Arthur non lo avrebbe più rivisto, dove non avrebbe più rivisto i suoi occhi o sentito la sua voce? All'improvviso si sentì nauseato.
«Sarebbe meglio sederci con calma» mormorò Morgana passando lo sguardo da un ragazzo all'altro pensierosa, come riunendo le tessere di un puzzle che solo lei riusciva a vedere «Sembra una cosa lunga e questi tacchi iniziano a farmi male».

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