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Autore: Dangiuvelli    06/08/2011    1 recensioni
Eric stava preparandosi, aveva messo tutto da parte per una fuga;
Già, una fuga, ma da chi? Dalla sua città, dal mondo o forse da se stesso.
Il suo orologio segnava le 18.25 del primo di gennaio del 2010, fuori l’atmosfera buia andava sempre più scurendosi, e dei forti boati in lontananza annunciavano l’arrivo di un’imminente tempesta.
Guardò dalla sua finestra, E adesso? Non c’è la faccio più a stare qua, dannato tempo, disse maledicendo le previsioni meteo; Così prese il fagotto, lo riaprì e prese una foto, vi era immortalato un bambino appena nato, Sono passati quindici anni, e dopo quindici anni sono ancora qua, non ho saputo oppormi, non ho fatto scelte, gli altri hanno sempre scelto per me, basta da domani sarò libero, da domani potrò finalmente essere padrone della mia vita.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eric stava preparandosi, aveva messo tutto da parte per una fuga;
Già, una fuga, ma da chi? Dalla sua città, dal mondo o forse da se stesso.
Il suo orologio segnava le 18.25 del primo di gennaio del 2010, fuori l’atmosfera buia andava sempre più scurendosi, e dei forti boati in lontananza annunciavano l’arrivo di un’imminente tempesta.
Guardò dalla sua finestra, E adesso? Non c’è la faccio più a stare qua, dannato tempo, disse maledicendo le previsioni meteo; Così prese il fagotto, lo riaprì e prese una foto, vi era immortalato un bambino appena nato, Sono passati quindici anni, e dopo quindici anni sono ancora qua, non ho saputo oppormi, non ho fatto scelte, gli altri hanno sempre scelto per me, basta da domani sarò libero, da domani potrò finalmente essere padrone della mia vita.
Sbuffò, e in quel preciso instante si sentì quasi impercettibile lo sbattere di nocche nella porta, fece appena in tempo a cacciare il fagotto con un calcio dietro il letto che entrò una donna anziana.
Era “Il capo” dell’intera struttura, un orfanatrofio tanto grande quanto brutto e crudele.
Eric, come il resto dei ragazzi condannati a vivere lì non sapeva nulla di democrazia, di libertà e di tutte queste cose che si studiano nei libri, perché lì ciò non esisteva, una vera e propria dittatura, con Mrs. Katherine a capo di tutto, e quella era il controllo pomeridiano, tutti ormai tenevano attenzione all’ ordine, meglio di quanto lo potesse fare un militare, infatti sin dalla tenera età si imparava che sporcizia è uguale a bastonate.
Sorrise,  L’avrebbe fatta pagare a quella vecchietta, per tutti gli insulti, per tutti i lividi che si era portato di notte in notte, per non aver fatto i compiti o non avere mangiato tutto a cena.
Quando i due sguardi si incrociarono, si sentì una forte tensione nell’aria, Eric era “L’ ultimo” come lo chiamava Mrs Katerine, l’ unico che non era ancora riuscito a fare adottare e che ormai era diventato una spina nel fianco di quell’ efficiente “fabbrica di educazione”, o meglio di quell’ inferno come tutti i ragazzi lo soprannominavano.
< Buongiorno, Mrs Katerine >, Su via ancora un altro sforzo e sono fuori ancora un altro giorno, < Sisi >  disse indicandolo con quell’ indice così ossuto e appuntito da far girare piccole leggende, in cui “La vecchia” torturasse i ragazzi più cattivi grazie a quell’ insolita “arma”.
< Tu, mi nascondi qualcosa >, < Assolutamente no > si limitò a dire guardandola negli occhi, e cercando di non farsi scoprire, o sennò avrebbe sicuramente scoperto da se quella leggenda fosse vera.
< Prima di tutto abbassa lo sguardo, maleducato >, quelle parole furono seguite da un rumore; lo aveva schiaffeggiato. Si sentì impazzire, era un ragazzo ma in qualunque momento avrebbe avuto la forza di saltargli addosso e fargliela pagare, e invece doveva subire, come sempre. Calmati, so che questa è la goccia che fa traboccare il vaso, ma ormai è quasi fatta, non rovinare tutto.
< Mi scusi > abbasso il capo, trattenendosi a stento da quell’ istinto animalesco che gli faceva pulsare sempre più forte le vene. < Così va meglio,  vatti a preparare per la cena che tra 20 minuti siamo a tavola > Si girò, fece ampi passi verso la porta, la aprì, uscì dalla stanza, ma fu proprio in quel momento che Eric pensò tra sé e sé, Ok c’è l’ ho fatta, c’è l’ho fatta, uno a zero per me, e spero che tu cada dalle scale, vecchia megera!
Di colpo qualcosa però andò storto. La donna parve sentire tutto, tanto che si fermò, L’ho solo pensato, non è possibile…
Non era stato il suo pensiero, ma un colpo di vento, che aveva fatto volare fuori dalla stanza la  sua foto.
< Aspetta, aspetta, guarda chi c’è ahahah > Strappò la foto con la freddezza che può avere un killer nell’ uccidere un innocente, < Ti ho detto che non si possono portare foto nell’ Istituto >, Fece cadere i minuscoli pezzi di carta per terra e subito prima di andarsene, si sentì un altro frastuono, gli aveva dato un secondo schiaffo, < Ah! E questa me la chiami pulizia ? Che ci fanno questi pezzi di carta nel pavimento!? Oggi non mangerai nulla! Non meriti tutto quello che l’ Istituto ti ha dato e ti continua a dare! >.
Sbattè la porta così forte da far volare tutti i frammenti della foto per aria, Eric provava un sentimento che conosceva bene, la rabbia che si univa al pianto. Si non merito di stare qua, non lo ho mai meritato, Tu mi hai strappato l’ unico ricordo della mia infanzia, ma non né ho bisogno, giuro, giuro che me la pagherai, quello che mi hai dato un giorno te lo restituirò il doppio, ricordati di me, ricordati di Eric Wessel.
Ad ogni modo, Eric non aveva fame, non più dopo la discussione con la signora Katerine.
Ma le fu “grato” in un certo senso quando gli permise di andare comunque in mensa e stare con i compagni.
Così si ritrovo con a mettere in un sacchetto più cibo possibile, Non so se viaggerò, e per quanto, ma di certo avrò fame; poteva fare affidamento solo su quel cibo, dato che non aveva mai posseduto un soldo, fino a quella sera.
La Cena era appena finita, e mentre piano piano andava verso la sua stanza, qualcosa lo chiamò, era quel misto tra paura avventura e coraggio che lo chiamava, era l’ ufficio della Preside.
Questo si che mi sarebbe veramente utile, potrei prendere qualche soldo e fargliela pagare alla vecchia, in un sol colpo… Due piccioni con una fava disse tra sé sorridendo e avvicinandosi sempre più alla porta socchiusa.
Da dentro entrava una flebile luce, controllò alla destra e alla sinistra del corridoio, prese un profondo respiro O la và o la spacca, ed entrò all’ interno.
D’avanti a se vide una gigantesca scrivania, piena di scartoffie sparse ovunque, i computer non si usavano, sapeva che esistevano solo per sentito dire, dato che la preside preferiva le cose “Alla vecchia maniera” e li considerava “Diavolerie che non fanno funzionare la mente”.
Stava per dirigersi verso i cassetti dietro la scrivania, quando fu attirato da qualcosa di più grande della semplice vendetta, dalla conoscenza. Alla sua destra c’era un archivio, chissà se, pensò tra se cercando una chiave di cui non avrebbe avuto bisogno, era aperto.
Si aprì così d’avanti a lui la risposta a tutte le sue domande riguardo la sua famiglia, riguardo il suo passato. Wessel, Wessel, Wessel, ripeteva tra se cercando la doppia vu nell’ infinito elenco.
Era troppo bello per essere vero, ma quando trovò la cartella, sentì improvvisamente passi di tacchi a poca distanza da lui, doveva scappare, stava quasi per uscire dalla porta quando pensò Che cosa sto facendo, lei  è qua fuori, voglio farmi uccidere ? Nascondermi, devo nascondermi e al più presto! Si fiondò sotto la scrivania, ma solo quando la porta stette per aprirsi capì il suo errore.
Sono morto, sono un idiota, pensò guardando il cassetto dell’ archivio aperto.
La preside entrò, Il cuore del ragazzo pulsava come non aveva mai fatto nella sua vita, si sentiva perso,Ti prego, non il cassetto, ti prego non andare vicino il cassetto; Però la preside notò il cassetto aperto e proprio quando tutto sembrò perduto si sentì una voce dall’ esterno, < Signora preside, che ci fa qua tra pochi minuti dovrebbe suonare l’ allarme per l’ esercitazione anti-incendio, venga, non vorrà finire schiacciata da un gruppo di ragazzini ? > disse, quasi disgustata dell’ ultimo particolare, la voce stridula.
< Si ha ragione vengo subitò > disse chiudendo il cassetto e andandosene via.
Ora era tutto buio, ma in quel buio Eric festeggiava, era riuscito in un impresa che aveva dell’ inimmaginabile siii, esultò sbattendo la testa contro la scrivania.
Ma l’ esultanza potè durare solo pochi istanti, infatti subito dopo si udì lo strillio acuto di una campana, Oh no, devo scappare, il più presto possibile, si alzò in fretta e furia e spiò dalla serratura della porta, Nulla,  così appoggiò la mano sopra la fredda maniglia, e spinse; ma non bastava, il ragazzo iniziò a sudare freddo, Che succede, che succede! Nel suo cervello era scoppiata l’ allarme, era nel panico più totale, le lacrime iniziarono a rigargli il viso, No, no non può essere, ne ho passate tante, oggi, oggi doveva essere la giornata perfetta. Singhiozzando si appoggiò ad una parete iniziando a pensare alle conseguenze di questa sua fallita fuga,Mi troveranno, si la preside mi troverà qui nel suo ufficio, con dei soldi in tasca e io non potrò discolparmi, stavolta è finita.
Era veramente finita, eppure, anche quando si  sprofonda nel dolore, nella tristezza e nello sconforto, non si deve mai abbandonare la speranza, per quanto le cose si possano mettere male.
 Sembrava veramente la fine, invece Eric, in lacrime, accovacciato su se stesso, con le ginocchia al petto, riuscì a distinguere altri suoni, Oh no! In quell’ attimo la sua mente si isolò totalmente dal rumore incessante della campana anti-incendio. Uno scricchiolio, e un Clack!
Qualcuno aveva aperto la porta.
  
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