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Autore: L_Fy    03/04/2006    7 recensioni
Quando un poliziotto del Wyomig ha…come dire…un problema atipico… perché lo mandano fino nell’afosa e caotica New Orleans? E perché qui, tra sudore e zanzare, viene sbattuto nel quartiere più malfamato della città? Di cosa si occupa la squadra qui stanziata che di “speciale” ha soprattutto l’originalità dei suoi componenti? John Vance, poliziotto tutto d’un pezzo di Fulton, Wyoming, in mezzo a tutte queste domande ne trascura una che forse è la risposta di tutte: che diavolo significa SREC?
Genere: Commedia, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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New - Selena

1: SREC

 

“Vada al commissariato di Storyville e cerchi Mac e la sua squadra di fusi di testa. Loro sapranno sicuramente qualcosa di questa storia.”

Certo! Stronzate.

Come se in tutta la maledetta New Orleans ci fosse davvero qualcuno in grado di dare una risposta alle sue domande. Avrebbe fatto molto prima a consultare una cartomante, la quale, a quel punto, gli sarebbe sembrata persino più credibile di tutti i poliziotti che aveva  interpellato in quel giorno senza fine. John Vance aprì la portiera, scese dalla Camaro asmatica e rugginosa che gli avevano dato in prestito alla Centrale e si guardò intorno.

Gesù, che cesso di posto.

Storyville era un quartiere famoso in ogni angolo del mondo per la sua cattiva fama:  in quella sera di caldo umido e insopportabile, sotto un cielo ormai buio gravido di vapore paludoso e indigesto, raggiungeva l’apoteosi della miseria e dell’abbandono. E che rumore! Una cacofonia di suoni e rumori incredibile, come se ogni maledetta persona di quel maledetto quartiere si fosse messa in testa di suonare una propria maledettissima melodia. Sfido io che in questa città siano tutti pazzi, pensò Vance infilandosi la mano in tasca per prendere il fazzoletto stazzonato con cui si asciugò il viso e un foglietto su cui era scritto un indirizzo. Lo consultò cogitabondo, alzando dubbioso lo sguardo sull’edificio di fronte  lui. L’indirizzo era esatto, anche se risultava improbabile che un organo di polizia si trovasse nel bel mezzo del quartiere più malfamato della città dentro ad un palazzo decrepito che sembrava voler crollare da un momento all’altro, possibilmente provocando morti e feriti. La porta d’ingresso verde sbatacchiava esausta contro l’intelaiatura consunta mossa da chissà quale impalpabile brezza serale. Già, a proposito: ormai erano le nove passate, figurarsi se c’era ancora qualcuno al lavoro in quel buco dimenticato da Dio! Se andava bene, pensò Vance con cupo autolesionismo, si era fatto tutti quei chilometri affogato in quella sauna ambulante della Camaro per poi trovarsi da solo in compagnia di qualche delinquente creolo pronto ad ammazzarlo come un gambero del Mississipi. Con rinnovato ed entusiastico pessimismo, dopo essersi di nuovo guardato intorno, Vance si decise a salire le scale, imbronciando la faccia sudata in una smorfia indomita. Oltre la porta verde, su un pianerottolo disgustosamente umido e sporco, facevano bella mostra di sé due porte marroni scrostate quasi quanto la porta d’ingresso verde: sulla prima a sinistra, opportunamente chiusa, penzolava un foglio di carta attaccato con due puntine gialle su cui era scritto

 

Arwin McKinney, responsabile SREC

 

Di fianco, come a titolo esplicativo, era appeso il diagramma di flusso della sezione “Criminal Investigation” della polizia di New Orleans. Scritti a computer e diligentemente divisi per sezione, c’erano i nomi dei responsabili delle varie divisioni riguardanti i reati sulla persona: Omicidi, Furto, Crimini Sessuali, Sequestri, TVOP…in mezzo a loro, scritto con una biro con l’inchiostro sbavezzante, era stato infilato a forza anche “SREC”. Magnifico, pensò Vance, ringhioso. Tranquillizzante. Come dire, dopo un giorno intero passato tra commissariati e reparti investigativi, si ritrovava ad essere stato sbattuto a calci verso questo fantomatico SREC che persino il computer non riconosceva. E ‘fanculo a chiunque sapesse cosa diavolo volesse dire quella sigla.

Sulla porta di destra, leggermente socchiusa, il foglio di carta attaccato con le puntine era leggermente più prolisso.

 

T.J. Jones – Area 1

B. Brancousie – Supporto Area 1

S. Thorpe – Area 2

R. Mendez – Area 3

M. Mancuso – Supporto Area 2/ 3

 

Alcuni di quei nomi non gli erano nuovi: per esempio, aveva parlato al telefono con Samuel Thorpe, il tizio che gli aveva detto come raggiungere il distretto SREC. Un genio del computer, gli avevano detto in Centrale. Che altro gli avevano riferito?

Chieda direttamente di Mac, il capo. Ignori gli altri: tutti piantagrane.

Aveva davvero bisogno di piantagrane, a quell’ora di sera? Vance stava quasi pensando di no quando, dalla porta socchiusa, arrivò della musica in sordina, accompagnata da alcune voci. Magnifico, pensò Vance, depresso. Magnifico!!

“Ma dico, l’hai sentito?” stava dicendo una voce maschile con un inconfondibile accento ispanico “Quel tizio suona la tromba come se ce l’avesse infilata su per il culo! Che razza di musica sta suonando?”

“Quello è Louis Armstrong!” rimbeccò una voce femminile, doverosamente scandalizzata.

“Armstrong? Quel tizio che è andato sulla Luna?”

Silenzio attonito.

“Già, proprio lui” rispose alla fine la voce femminile, rassegnata “Credo tra l’altro che l’abbia trovata là, quella tromba.”

“Adesso si spiega quel suono fesso.” borbottò divertita la voce dall’accento spagnolo. Silenzio assoluto da parte della voce femminile.

“Eddai, Marria” proseguì sghignazzando la prima “Con te non si può nemmeno scherzare!”

“Mendez, guai a te se mi chiami ancora Marria. Per quanto riguarda i tuoi scherzi del cavolo, vista la tua abissale ignoranza, non si capisce mai quando scherzi o quando fai sul serio.”

“Uffa, querida, quanto sei noiosa! Con te tutto diventa una questione di stato, anche i lamenti di un tizio con la tromba che suona il blues!” 

“Sta suonando del jazz, troglodita” rispose un’altra voce maschile, bassa come un tuono in lontananza ed altrettanto inquietante “Lo sai o no che ci sono cose su cui uno straniero a New Orleans non può permettersi di scherzare?”

“Certo che lo so, hermano” rispose la prima voce, evidentemente incurante delle critiche testé ricevute “Jazz, gamberi, zanzare e Mardì Gras. Che barba. Preferivo quasi il tizio sulla Luna. E poi, sono qui da dieci anni, ormai, non sono più uno straniero.”

“Sì che lo sei, finché ti ostini a parlare con quel merdoso accento di Miami.” ribatté piccata la voce femminile “E poi, continui a confondere il jazz con il selz, il che la dice lunga sul tuo stato mentale.”

“Io so benissimo che cosa è il jazz” rispose la prima voce, divertita “Quello che non so è a che cosa serve una musica che non si può ballare, se non agitando la testa ad occhi chiusi come un deficiente in trance. E senza nessuna donna tra le braccia.”

“Che assurdità, eh?” lo canzonò la voce femminile, sarcastica “Eppure, esistono davvero cose a questo mondo che non riguardano i metodi di abbordaggio per psicopatici allupati…”

“E tu le conosci tutte este cose, vero Marria?” rispose la voce maschile, maliziosa.

“Piantala di chiamarmi Marria” ringhiò la voce femminile, decisamente arrabbiata “Sai che non lo sopporto.”

“Marria…Marria Marria Marria…” canticchiò la voce maschile sulla falsariga di West Side Story, stonando ignominiosamente.

“Che stronzo.” decretò la voce femminile, piena di sacro livore.

“Piantala, Rafe” sentenziò una nuova voce autorevole “Chiudi quella fogna.”

Rafe la piantò, senza smettere di mugugnare la canzone a bocca chiusa.

“Uno di questi giorni pagherò Mama Dubois per farmi un Ouangas come si deve” sibilò la voce femminile, minacciosa “Te lo aizzerò contro finché non rimarrà un solo brandello delle tue stupide, inutili membra.”

“Purchè rimanga il brandello che dico io, si può anche fare.” sentenziò la voce ispanica, per niente scalfita.

“Se tanto mi dà tanto, con un Ouangas Rafe ci ballerebbe la samba.” teorizzò la voce più bassa, scatenando un involontario rivolo di risatine nascoste.

Vance sarebbe stato ad ascoltare ancora i placidi insulti che provenivano dalla stanza, sempre chiedendosi che diavolo poteva essere un Ouangas,  se non si fosse accorto, in quel momento, di avere qualcuno alle spalle. Per poco non gli prese un colpo quando, voltandosi, vide un tizio di colore dall’aria davvero poco raccomandabile che lo stava fissando con vivo interesse.

“Buonasera” disse il tizio sorridendo magnanimamente quando capì che Vance stava quasi per farsela sotto dallo spavento per averlo visto “Sono l’agente T.J. Jones, della squadra SREC. Posso aiutarla?”

Vance riprese a respirare, quasi sprizzando sudore di sollievo dai pori della pelle congestionata. Si concesse un attimo di smarrimento, mentre osservava il nuovo venuto con sincero dubbio.

“Agente?” chiese, sottovoce.

L’agente Jones si lasciò guardare rassegnato: effettivamente, sembrava tutto fuorché un agente di polizia. I suoi capelli erano acconciati in una allegra massa di treccine rasta lunghe fino alle scapole mollemente trattenute sulla nuca da un laccetto di cuoio, aveva un piercing ad anello ad una narice e un pizzetto incolto e mefistofelico che quasi non si notava contro il bruno uniforme e levigato della sua pelle. I suoi occhi nerissimi erano curiosamente dolci e benché masticasse con indolenza una gomma e fra le dita piene di anelli agitasse una sigaretta, la sua faccia irradiava solo innocua e solare curiosità. Gli sorrise, facendo scintillare maliziosamente un brillantino incastonato in un incisivo laterale e la cosa, per qualche assurdo motivo, fece ritrovare la favella a Vance.

“Sì” rispose infatti immediatamente “Cercavo il capitano McKinney. Mi hanno mandato qui dalla Centrale.”

“Oh.” commentò Jones, per niente impressionato “Mac sarà qui di sicuro. Prego, si accomodi.”

Gli fece educatamente cenno di entrare e Vance spinse la porta da cui stava beatamente origliando, fingendo indifferenza e dignità. Nella stanza il brusio si era quietato e la musica era cessata: cinque paia di occhi si posarono su di lui, assolutamente consapevoli della sua presenza già da qualche minuto e Vance si decise ad arrossire. La stanza illuminata da due neon ballerini, era larga e bassa: dalle finestre aperte entrava una leggero alito di vento che non si permetteva di asciugare il sudore dalla pelle ma che faceva muovere con bisbigli da cospiratore i mucchi di scartoffie appoggiati sui ripiani. Tutte le pareti erano ingombre di fotografie, poster, carte di varie forme e misure, in una cacofonia di colori simile al carnevale; una radio dall’aria depressa dondolava lentamente da un ripiano ingombro di documenti. Cinque scrivanie, piazzate alla rinfusa in mezzo alla stanza, erano più o meno occupate da una colorita serie di personaggi pittoreschi. Vance si permise di dare un’occhiata alla gente nella stanza ed individuò subito McKinney: il capo, ovviamente. Aveva il suo ruolo scolpito nella ruga orizzontale sulla fronte, nei radi capelli rossi che si arruffavano sulle tempie e che si confondevano con la pelle lentigginosa del collo, nei pungenti occhi azzurri che sembravano sapere tutto prima ancora di posarsi sul suo interlocutore. Non doveva avere più di cinquant’anni, ma la sua era una di quelle facce senza tempo, scolpite nel marmo duro e indomito della rettitudine morale. In mezzo alla sua squadra, sembrava una persona quasi normale: era l’unico ad essere vestito con una semplice camicia bianca con le maniche arrotolate sui gomiti e normalissimi pantaloni marroni. Eppure, era su di lui che cadeva lo sguardo, quasi senza volere, come se la sua forza invisibile attirasse l’inconscio prima ancora dell’occhio.

“Buonasera” disse con voce gradevolmente ferma andando incontro a Vance per stringergli la mano “Lei deve essere il signor Vance. Ha parlato con Thorpe al telefono; la stavamo aspettando.”

Mentre parlava, gli indicò un tizio che salutò con un fiacco movimento della mano, senza accennare ad alzarsi in piedi. Chissà perché, Vance si era immaginato Samuel Thorpe come un tizio ebreo dalla barbetta caprina, la schiena curva e gli occhi stupefatti e assenti dei veri geni del computer. Thorpe, invece, era un armadio di colore con le dita grosse come salsicce, il naso schiacciato tipico dei pugili  e lo sguardo più infido che si potesse trovare a New Orleans. Sedeva davanti al computer e strimpellava sui tasti con difficoltà, la faccia così concentrata che sembrava addirittura lucida di sudore dallo sforzo. Vance pensò fuggevolmente che l’avrebbe visto più a suo agio con la tuta arancione dei detenuti piuttosto che con quel completo giacca e cravatta che sembrava voler cedere nelle giunture da un momento all’altro. Sorridendo del suo evidente stupore, Mac presentò anche gli altri collaboratori presenti.

“Jones l’ha già conosciuto; loro sono gli altri agenti della SREC. Ragazzi, salutate il signor Vance, per favore.”

“Buonasera, signor Vance.” belarono in gruppo i tre interpellati, senza scomporsi.

Vance, leggermente offeso, alzò il mento indispettito.

“L’agente Brigitte Brancousie.” presentò Mac con accademica noia e Vance si girò per salutare.

La ragazza era una sventola di un metro e ottanta, con due gambe chilometriche e un formidabile seno su cui era impossibile non ancorare lo sguardo, fosse anche solo per pura ammirazione. I capelli autenticamente biondi e gli occhi di porcellana azzurra sembravano il marchio di fabbrica del prototipo della modella svedese che regnava sui giornali di moda. Eppure, c’era una nota gelida nel suo sguardo e una certa insolita rigidezza nella postura che la rendevano scostante anche se ancora non aveva mosso un muscolo. Non rispose al suo saluto: si limitò a fissarlo ben bene con quegli occhi azzurri e calcolatori e Vance sentì la fastidiosa sensazione di essere etichettato e archiviato in un posto non troppo privilegiato ai bordi della percezione di quella formidabile ragazzona bionda.

“Lui, invece, è il tenente Mendez.” proseguì Mac sorvolando sulla evidente freddezza dell’agente Brancousie.

“Ola, amigo.” mormorò indolente un tizio seduto sul davanzale della finestra e Vance lo squadrò per bene.

Rafael Mendez era un autentico chico messicano, non c’erano dubbi in proposito. A prima vista, sembrava un ragazzino dai capelli incolti, il corpo flessuoso di un ballerino di salsa e gli occhi un po’ troppo latini per non capire immediatamente che il loro padrone era un autentico guaio ambulante. Lo salutò sventolando le dita e sorridendo con un sacco di sfacciati denti bianchi, guardandolo dritto negli occhi con arrogante sicurezza. A Vance non piacque: la sua faccia da teppistello, per qualche curiosa alchimia, glielo rese immediatamente antipatico. C’era qualcosa di indisponente in quel suo sorrisetto storto e nel modo che aveva di guardarlo, come se sapesse esattamente il colore delle mutande che portava quel giorno.

“Buonasera.” rispose sostenuto, distogliendo immediatamente lo sguardo da lui.

“E questa è l’agente Mancuso.” terminò Mac con evidente sollievo.

Maria Mancuso fu una autentica sorpresa: Vance si aspettava di vedere uno di quei poliziotti italo americani dal naso spaccato e dalle braccia enormi, una specie di Toro Scatenato a colori con l’accento del Bronx e la puzza d’aglio nell’alito. E invece, Mac gli indicò una ragazzetta seduta sul bordo della scrivania non più alta di un metro e sessantacinque con due enormi occhioni bruni, capelli neri arruffati e l’espressione diffidente di un animale selvatico. Un improbabile giubbotto da motociclista copriva un corpicino esile da adolescente, ma non riusciva a nascondere del tutto la protuberanza della pistola sotto l’ascella e la rotondità di un seno che Vance giudicò a prima vista quanto meno dignitoso. Ancora sbalestrato, Vance fece un fiacco saluto con la mano, ricambiato da un saputo sopracciglio alzato e da un sorrisetto curioso che girò tutti gli angoli del viso della donna all’insù, facendola somigliare ad un improbabile elfo dispettoso.

“Benvenuto alla SREC.” gli disse con voce leggermente roca ma opportunamente neutra e Vance capì che, volendo, si sarebbe anche potuto istantaneamente prendere una cotta per lei, in un frangente opportuno.

“Bene, ora che ci conosciamo tutti ci racconti perché l’hanno mandata qui.” decise Mac, ficcandosi ben bene le mani in tasca.

Vance si guardò intorno in cerca di una sedia, che non trovò. In mancanza di meglio si accoccolò con precauzione sull’angolo della scrivania come Mancuso e inspirò a fondo per cominciare a parlare.

*          *          *

“Sono il tenente Vance, della polizia di Fulton, Wyoming” dichiarò Vance, piuttosto pomposamente “Nella mia giurisdizione siamo solo in tre e devo ammettere  che non abbiamo un gran che da fare….”

“Wyoming, la favolosa terra delle praterie, delle vacche e del tasso di criminalità più basso di tutti gli Stati Uniti d’America.” enumerò Jones, non senza una punta di sarcasmo.

“Noi del SREC abbiamo ventilato l’ipotesi che negli escrementi di vacca sia presente un sedativo naturale.” informò Mancuso con piatta professionalità.

“Magari è proprio così” confermò Vance, indispettito “A Fulton la cosa più grave accaduta, fino alla settimana scorsa, è stato il furto della statua equestre di George Washington, davanti alla scuola…”

“Statua equestre?” lo interruppe Mancuso, sinceramente sorpresa “Ce ne sono anche in America?”

“Ce ne sono solo con cavalli femmine” rispose compunto Jones “Così non viene offesa la sensibilità delle signore americane.”

Mendez fece una seriosa faccia sospetta.

“Dici sul serio? Caramba! E io che credevo che i cavalli americani fossero tutti poco dotati!”

“Ragazzi” berciò Mac con uno sguardo circolare di riprovazione “Fate parlare Vance, per favore.”

Tutti gli occhi si puntarono su Vance, pazienti.

“E’ successa una cosa strana” scattò questi in fretta, per paura di nuove allucinanti interruzioni “Qualcuno ha violato una tomba del nostro cimitero; non una, ma per ben due volte. E non si tratta di semplice vandalismo in stile Halloween…qui abbiamo una tomba profanata in maniera molto grave.”

“Interessante.” disse Mendez, trattenendo a stento uno sbadiglio.

“Nessuno ha visto niente?” domandò Thorpe, schiodando finalmente gli occhi dal computer “In genere nei paesi piccoli ci si guarda le spalle l’un l’altro ed è molto difficile commettere un reato senza essere visti.”

“No, nessuno ha visto niente” rispose Vance, stizzito “Il cimitero è fuori dal paese e non è che tutti gli abitanti abbiano la mania di visitare ogni giorno le dimore a vita dei loro defunti.”

“Dimore a vita” ripeté Mancuso, assaporando quasi le parole “Senti che lessico, Mendez, e impara.”

“Ci spieghi le dinamiche dei due atti di vandalismo.” disse Mac, ignorando i suoi subalterni. 

“La prima volta, si è trattato di una cosa da niente” rispose Vance, imperterrito “Come polizia, non abbiamo ritenuto necessario piantonare il cimitero per così poco. Ma la seconda volta….è stata ben più grave.”

“Il cadavere violato era un morto fresco o uno scheletro?” domandò Brancousie parlando per la prima volta con una voce sorprendentemente bassa e gradevole.

“Un…ehm….morto fresco.” rispose Vance rabbrividendo per quel lessico così poco professionale.

“Maschio? Giovane? Sposato?” domandò Jones prendendo appunti su un consunto taccuino.

“Maschio, sì. Era il signor Raymonds, proprietario della locale fabbrica di supporti metallici per l’edilizia. Aveva 52 anni, vedovo, senza figli. Viveva solo nella sua casa con un paio di domestici.”

“La sua era stata una morte sospetta?” chiese Mac, interessato.

“No. Era morto in ospedale in seguito alle complicanze di un intervento al cuore. Aveva avuto un infarto e i medici tentavano di salvarlo. Assolutamente tutto nella norma, insomma.”

“Allora, che è successo la prima volta?” chiese Thorpe, appoggiando la poderosa schiena allo schienale della sedia, rischiando di sbriciolarla in mille pezzi.

“A segnalarci la profanazione è stata la signora Tyler, la ex domestica di Raymonds” proseguì Vance, più spedito “Era molto agitata, poveretta. E’ stata la governante dell’uomo per oltre vent’anni ed era molto affezionata al suo padrone.”

Gli scappò un’occhiata veloce verso Jones, poi si affretto a correggersi “Al suo datore di lavoro.”

“Cosa era successo al cadavere?” chiese Mac, spiccio.

“Assolutamente niente” si imbronciò Vance, sulla difensiva “Qualcuno aveva aperto la bara e ci aveva buttato qualche seme di sesamo dentro.”

La sua dichiarazione cadde in un’atmosfera di blando interesse.

“Sesamo, ha detto?” domandò Brancousie, cogitabonda.

“Sì. La signora Tyler era sconvolta: è venuta al commissariato ed ha tentato di convincerci che il povero signor Raymonds stava per essere rapito da uno stregone. Da non crederci quanto sembrasse convinta di quello che diceva.”

“Infatti lo era” si intromise a sorpresa Mancuso con tranquilla professionalità “Dunque, dopo la prima profanazione non avete fatto nulla. Di conseguenza, si è arrivati alla seconda profanazione. Che tipo di lesioni aveva il cadavere violato, questa volta?”

Vance spalancò la bocca, sospettoso.

“Io non ho detto che il corpo aveva delle lesioni” mormorò dopo un attimo di smarrimento “Come fate a sapere…?”

“Deformazione professionale” rispose Mendez con una smorfia buffa “Se non ci sono lesioni in giro, Mancuso non si diverte.”

“Rafe, insomma” sospirò Mac, esausto “Lo scusi, lo ributteremo al più presto in clinica psichiatrica, se riapre bocca. La prego, prosegua.”

Vance tentennò: si grattò la sommità del capo, incerto, ricordando il raccapriccio provato nel vedere il cadavere del signor Raymonds ridotto in quello stato.

“Vediamo se indovino” mormorò infine Brancousie con voce neutra incrociando le braccia sul petto “Il cadavere aveva un coltello ficcato nel cuore e la testa decapitata. Dico bene?”

Vance lasciò che la mandibola della sua bocca andasse in caduta libera a schiantarsi contro il suo petto dalla sorpresa.

“Come…?” ansimò esterrefatto “Come fate a saperlo…?”

Mendez e Jones si scambiarono uno sguardo d’intesa mentre Brancousie quasi sbuffava, irriverente. La descrizione dell’efferato crimine non sembrava aver scosso particolarmente nessuno dei presenti. Ognuno di loro sembrava tranquillamente immerso nei propri pensieri, a parte Jones che scribacchiava sul taccuino e Thorpe che aveva ripreso il suo doloroso lavoro al computer.

“Non avrebbe dovuto scomodarsi tanto nel venire fin qui” suggerì Mac con un sorriso gentile a Vance “Avremmo potuto benissimo risolvere il problema per telefono.” 

“Come?” domandò Vance, spiazzato “Che problema?”

“Il problema della profanazione” rispose pazientemente Mendez “E’ tutto talmente tipico! Per caso il signor Raynolds…”

“…Raymonds” rettificò Mancuso con aria di rimprovero.

“Giusto” sorrise Mendez a denti stretti “Come la mia eminentissima collega dice, dunque, il signor Raymonds aveva anche ciocche di capelli e le unghie tagliate?”

“Ehm….sì…” rispose sempre più meravigliato Vance, girando lo sguardo dall’uno all’altro poliziotto “Ma voi come fate a sapere queste cose?”

Mancuso si alzò in piedi, sorridendogli in maniera quasi sfacciata.

“Cose del genere sono il nostro pane quotidiano, signor Vance” disse con leggerezza “Avreste dovuto dare ascolto alla signora Tyler la prima volta. Era logico che, essendo lei affezionata al signor Raymonds, sarebbe successo quello che poi è successo.”

“Come?” balbettò Vance, incredulo “Come fate a dirlo? Non….non sapete ancora niente! Perché dite questo?”

“Esperienza.” rispose telegrafica Brancousie, sollevando un indolente sopracciglio.

“Scommetto che la signora Tyler è una donna di colore, anziana ma arzilla.” dichiarò Thorpe con estrema sicurezza.

“S-Sì” mormorò Vance, sbalestrato “Era venuta nel Wyoming a lavorare per la moglie di Raymonds, che era originaria del sud. Ma non nutro nessun sospetto sulla signora Tyler e il figlio Isaiah: erano davvero profondamente affezionati al loro pa…. Al signor Raymonds.”

“Naturalmente.” sorrise Jones, molto dolcemente “E’ proprio per questo che lo hanno decapitato. Gli volevano bene: lo hanno voluto proteggere.”

Vance si alzò bruscamente in piedi, d’un tratto serio e anche leggermente arrabbiato.

“State dicendo che è stata la signora Tyler a fare quel macello?” rombò a voce alta, incredulo.

“Ma certo” rispose Mac, con un gran sorriso sicuro “Cioè, probabilmente l’ha fatto fare a suo figlio, anche se l’idea è partita sicuramente da lei. Ma l’ha fatto in buona fede, mi creda. Voleva solo proteggere il ti-bon-ange del signor Raymonds.”

“Il…cosa?” mormorò Vance, di nuovo incerto.

I sei della SREC si scambiarono uno sguardo indagatore.

“A chi tocca stavolta?” domandò Thorpe con piglio molto severo.

“Io l’ho fatto l’ultima volta.” replicò immediatamente Jones, sulla difensiva.

“Io quella prima.” aggiunse Brancousie con convinzione.

“Io quella prima ancora.” esultò Mancuso, di buonumore e Mendez cominciò a rannuvolarsi in viso.

“Io posso andare in bagno?” domandò lamentoso, ma Mac scosse il capo, e indicò con convinzione Vance.

“Vai e colpisci, Zorro.” ridacchiò Jones, esilarato.

“Uffa, que flojera. Non gli sono nemmeno simpatico.” borbottò Mendez, depresso.

“Non lo sei a nessuno, tappo” lo rimbeccò Thorpe “Adesso sbrigati, non possiamo stare qui fino a domattina.”

Mendez si esibì in un sospiro esagerato e si staccò dal suo amato davanzale per piazzarsi davanti a Vance, che rimaneva in attesa di una qualsiasi spiegazione.

“Vede, signor Vance, quello che è successo nel suo cimitero…”

“…non è il suo cimitero, deficiente” lo interruppe Mancuso, petulante “E’ un poliziotto, non un becchino.”

Mendez sospirò, esasperato, prima di riprendere a parlare con molta pazienza.

“Quello che è successo nel cimitero della sua città, signor Vance….”

“…non è nemmeno la sua città!” lo interruppe di nuovo Mancuso “Il signor Vance non è mica il sindaco di Fulton.”

Brancousie sbuffò platealmente e Thorpe nascose una risata dietro alla mano grossa come un prosciutto.

“La vuoi piantare di interrompere sempre come se fossi una delle mie maledette ex mogli?” ringhiò Mendez, furioso.

“Se tu imparassi ad infilare un vocabolo giusto ogni trenta, non avresti bisogno del mio supporto linguistico, caro Mendez.” rispose Mancuso, indifferente.

Vete a la Chingada, Marria.” ringhiò Mendez, con profonda convinzione.

Callate el hocico, ritardato mentale.” rispose Mancuso con scioltezza.

“Che stanno dicendo?” domandò Vance, sempre più immerso in una sensazione di estemporanea irrealtà.

“Oh, qualche aulica frase d’amore, niente di che” sogghignò Jones ridanciano “Fanno sempre così, quei due.”

“Mancuso” si intromise Mac prima che Mendez si girasse verso la collega e la accoltellasse senza rimpianti davanti a testimoni “Piantala di fare la so-tutto-io. Sei insopportabile. Rafael, tu prova tagliare corto, per favore: Vance deve ritornare in Wyoming prima della prossima glaciazione e non ha tempo per le vostre guerriglie verbali.”

“Va bene, capo” si arrese Mendez girando le spalle a Mancuso “Ma se quella apre bocca di nuovo, troverò un modo per me molto piacevole di chiudergliela. Magari per sempre.”

“Aggiudicato.” concesse Mac con un sorriso mentre Mancuso si imbronciava, tornando a sedersi sul suo angolo di scrivania.

Mac si girò verso Vance, con la faccia tornata seria e quasi dolcemente comprensiva. Inspirò leggermente prima di parla re e dare la buona notizia al collega.

“Quello che stiamo tentando di dirle, signor Vance, è lei si è trovato nel bel mezzo di un rito voodoo.”

*          *          *

Vance girò lo sguardo sui presenti, cercando di capire se qualcuno lo stesse prendendo bellamente per i fondelli, ma le facce della squadra SREC erano sinceramente serie e sincere.

“Voodoo?” domandò quindi educatamente, pensando al modo migliore di fuggire da quel covo di matti senza dare nell’occhio.

“Sì” rispose Mendez, di buonumore “Vede, secondo la credenza voodoo, quando una persona muore la sua anima, detta anche il ti-bon-ange, si distacca ma rimane accanto al corpo per un breve lasso di tempo. Durante questo tempo, è possibile che uno stregone voodoo, detto anche bokor, si impossessi del ti-bon-ange del defunto e lo utilizzi per scopi malvagi, trasformandolo in uno zombie-astral. Tutto chiaro fin qui?”

Vance lasciò scivolare lo sguardo sulla faccia ansiosa di Mendez: stregone? Zombie? Per chi l’avevano preso quei sei mentecatti? Per uno che si poteva bere quell’ammasso informe di guano senza protestare?

“Certo” disse con voce gioviale “Prosegua pure.”

“Dunque, uno dei modi che ha il bokor di impossessarsi del ti-bon-ange, è quello di cospargere semi di sesamo dentro la bara, oppure di utilizzare le unghie e i capelli del defunto. Evidentemente, la signora Tyler sa di questa cosa e quando ha visto i semi di sesamo dentro la tomba del signor Raymonds, ha capito che c’era qualcuno che voleva impossessarsi del suo ti-bon-ange. E’ venuta da voi per spiegarvi il problema, ma siccome non le avete creduto, ha fatto quello che qualsiasi devoto voodoo avrebbe fatto: ha tentato di proteggere il ti-bon-ange di Raymonds. E per farlo, ha dovuto decapitarlo e trapassargli il cuore con una lama. Semplice, no?”

Mendez gli sorrise, sfacciato e Vance provò brevemente l’impulso di mollargli uno schiaffo su quella faccia impertinente.

“Semplice?” disse, trattenendosi a stento “Mi faccio tutti quei chilometri dal Wyoming fino a qui, passo l’intero giorno sballottato da un ente all’altro della polizia di New Orleans, vengo sbattuto alla fine nel bel mezzo del quartiere più malfamato di tutta la Louisiana…. Tutto per cosa? Per farmi raccontare da sei mentecatti qualsiasi una storia di Zombie e stregoni?”

Incredibilmente, i sei della SREC non sembrarono prendersela più di tanto: Brancousie sorrise e allungò una mano verso Thorpe, il quale schiaffò con rabbia una banconota da dieci dollari sul suo palmo.

“Dovevo capirlo che non se la beveva” mugugnò l’uomo “E poi, che speranze avevo con Mendez come Cicerone?”

“Io sono stato bravissimo” si difese Mendez, compunto “E’ che si vedeva subito che questo era un osso duro. E poi, mi ha deconcentrato Mancuso.”

“Povero, piccolo Mendez” lo canzonò Mancuso con ferocia “Un piccolo cochino messicano tutto solo contro il mondo: sembri tanto Babe, maialino coraggioso.”

“Attenta a come parli, Marria” sibilò Mendez, imbronciato “O questo cochino ti farà vedere come si chiude la bocca alle donne, dalle mie parti.”

“Non vedo l’ora: avrei finalmente la scusa per frantumarti i denti con una pallottola.”

“Ragazzi, basta!” si intromise Mac, esasperato “Signor Vance, capisco i suoi dubbi e la sua titubanza, ma le assicuro che quello che le abbiamo raccontato è tutto vero.”

“Vero!” proruppe Vance, allibito “Volete dire che credete davvero che esistano stregoni e Zombie tanto da autorizzare la gente a decapitare tutti i cadaveri che gli aggrada?”

I sei si scambiarono uno sguardo sorpreso.

“Bè, certo che no” sorrise Mac, alla fine “Ma non è importante quello che crediamo noi, quanto quello che crede la gente. Le cose che noi riteniamo più aberranti possono risultare normali se non addirittura necessarie, dal punto di vista di una fede o religione a noi sconosciuta. E’ per questo che, qui in Louisiana, è stata creata la SREC: qui da noi sappiamo bene cosa può sviluppare la potenza di una credenza e quanto sia importante conoscerne i risvolti. La SREC è nata perché si occupi appunto di tutti quei casi a sfondo religioso, con preponderanza voodoo. Il suo era un caso tipico, per noi: come il suo, ne risolviamo a centinaia, durante l’anno. Se non vuole crederci, chieda in giro. Dopotutto è lei che è venuto qui. Lei sa cosa significa, SREC, vero?”

Vance, preso in contropiede, non rispose subito: vergognoso, lasciò che sulla faccia di Jones si dipingesse un largo sorriso canzonatorio prima di scuotere il capo in segno di dissenso.

“SREC significa Section Religious and Ethnic Crimes: ci occupiamo di crimini a sfondo etnico e religioso e fungiamo anche da consulenti su questi argomenti per gli altri organi di polizia.”

“In poche parole, siamo dei moderni esorcisti” di intromise Mendez, sorridendo “La religione applicata al crimine! Lei non ha idea di quanto si lavori in questo campo, soprattutto qui a New Orleans.”

“Vodoo, vodun, cattolicesimo, santeria...” elencò Mancuso “Brancousie si è addirittura sparata un corso di aggiornamento sul Wycca, il mese scorso. Che maledetta, sfacciata fortuna.”

“Perché, l’ultimo meeting Yaruba chi se l’è fatto?” protestò la bionda, con calma “Comunque, non credo che il signor Vance voglia essere convinto della nostra credibilità professionale, quanto piuttosto della nostra e sua sanità mentale.”

“A me sembra ancora sconvolto.” borbottò Thorpe, dubbioso “Vuole una birra?”

Vance decise che ne aveva avuto abbastanza: si erse in tutta la sua notevole altezza e si concesse un lungo sguardo ammonitore a quei personaggi che stavano tentando in tutti i modi di farlo passare per scemo.

“Ho capito” disse con voce incolore “Quindi, secondo voi è stata la signora Tyler a decapitare Raymonds. Dico bene?”

“Giustissimo!” approvò Thorpe con un sorriso bianchissimo sulla faccia nera come l’inchiostro.

“Certo, non è stata una bella cosa” tentò di giustificarla Brancousie “Ma se posso darle un consiglio…ci vada piano, con lei. Era sicuramente convinta di fare del bene.”

“Piuttosto, c’è in giro qualcuno che si crede un bokor, dalle sue parti, ed è questo tizio che dovrebbe cercare al più presto” si intromise Thorpe, serio “Che sia reale o no il rito che ha compiuto, l’intento era sicuramente criminale.”

“Volete dire che devo compatire una vecchia che taglia la testa a un defunto e devo invece sbattere in galera un  tizio che ha buttato qualche seme di sesamo dentro ad una bara?” berciò Vance, decisamente oltraggiato “Ma che avete fumato tutti quanti? Incenso avariato?”

“Le sembriamo tipi da incenso avariato?” protestò Brancousie, col naso altezzosamente alzato.

“Non lo abbiamo mai provato, gente: è un’idea.” propose Jones, interessato.

“Scherzi a parte, io ho ancora un dubbio” mormorò Mendez, solare “Lì a Fulton, avete poi scoperto chi l’aveva rubata? La statua equestre, voglio dire.”

“Voi siete pazzi.” decretò Vance, con profonda convinzione, dopo un lungo e attonito silenzio.

“Naturalmente” approvò Mac, serissimo “D’altra parte, solo dei pazzi potevano accettare questo lavoro e farlo bene come lo facciamo noi. Dico bene, squadra?”

“Hoy!” risposero in coro i cinque rimanenti.

Vance non attese oltre: girò loro le spalle e, senza una parola di commiato, col respiro che quasi gli mancava nei polmoni, si buttò fuori dalla stanza, poi in strada ed infine dentro la Camaro arrugginita. Pochi secondi dopo, l’auto era sparita nei meandri di viuzze di Storyville e i sei della SREC si scambiarono uno sguardo di incoraggiamento.

“Bè, insomma, non è andata poi così male.” provò a dire Thorpe, poco convinto.

“Se almeno quelli della Centrale si decidessero a spiegare chi siamo, prima di mandarci qui della gente.” si infervorò Brancousie “Non è piacevole passare sempre per una mezza medium fuori di testa. Sono laureata in teologia e scienze storico-religiose, io.”

“E prendi lo stesso stipendio di me, che non ho nemmeno finito il liceo” ghignò Jones, mefistofelico “Che vita grama, povera BiBi!”

“E, visto che stasera hai vinto ben dieci dollari, sei obbligata ad offrirci da bere, ahora!” esclamò Mendez, trascinandola con decisione verso la porta d’uscita.

“Dieci dollari non basteranno nemmeno per pagare il primo giro” protestò Brancousie, riottosa “E poi devo andare a casa ad accudire i miei gatti.”

“Sciocchezze” decretò Jones, sbrigativo “Ho mandato il mio cane a farli fuori tutti, stamattina, così non dovrai più preoccuparti di croccantini, lettiere e robaccia affine. Dovrai solo ripulire dal sangue dalle pareti: Skip è un pastore tedesco piuttosto sanguinario…”

“Quanto sei scemo.” decretò Brancousie, cupamente.

“Benvenuto nel club, amigo!” sorrise Mendez, abbracciando le spalle di Jones.

“Non sperare che Jones riesca ad eguagliare il tuo abisso di ignoranza cosmica, Mendez.” lo avvisò Mancuso, col naso per aria.

“Tu continua pure a provocare, Marria: lo so che non aspetti altro che ti salti addosso per davvero…”

“Esatto. Per ucciderti meglio, bambino mio.”

“Andiamo, Mancuso” rise Thorpe, incamminandosi a sua volta verso la porta “Tu e Mendez fareste una così bella coppia…”

“Come la Strega di Biancaneve e Jack lo Squartatore.” constatò Mac placidamente.

“Fidanzarmi con Mancuso?” valutò Mendez squadrando ben bene la donna “Perché no. Ci starei solo dopo averle tagliato le corde vocali, però.”

“Io invece ci starei solo dopo averti tagliato la gola.” ribatté Mancuso, inviperita.

“E con questa, tu paghi il secondo giro, Marria.” decise Mendez, già fuori dalla porta.

“Chiamami ancora Marria e ti spappolo i bulbi oculari come se fossero tortillas, maledetto puto!” strillò Mancuso, offesa.

“Ragazzi!” sospirò Mac, rassegnato.

*          *          *

Uno dopo l’altro, chiassosamente, i sei componenti della SREC uscirono dall’ufficio. Per ultimo, Mac spense le luci e chiuse la porta.

La stanza rimase al buio, ancora piena degli umori e degli odori dei suoi occupanti. La radiolina dondolava mollemente, appesa al suo ripiano. Qualche foglio, ogni tanto, si agitava debolmente, investito da un invisibile alito di vento. Sarebbe sembrata una stanza qualunque, un po’ disordinata e caotica e umida….

non fosse stato per la striscia compatta di polvere di mattoni rossi che contornava la porta d’ingresso e la finestra aperta.

 

 

FINE

 

Note dell’autrice:

Questa è una piccolissima storia che è nata in maniera molto “atipica”: prima ho immaginato i personaggi, poi ho immaginato come sei ceffi del genere potessero interagire tra di loro. Spero che il risultato non abbia provocato a voi, cari e amatissimi lettori, fastidiosi attacchi di bile.

Un grazie di cuore a chiunque passi di qui e conceda un piccolo commento: mi farebbe oltremodo felice.

 

Ed ora, qualche dettaglio tecnico:

 

1) La polvere di mattoni rossi serve per tenere lontano gli spiriti maligni (tratto dal film “The skeleton Key”)

2) Il rito voodoo qui descritto non è frutto della fantasia dell’autrice: è stato ripreso da “Urban Voodoo. Introduzione alla magia afro-caraibica” di Black e Hyatt

3) Storyville è davvero il quartiere “a luci rosse” di New Orleans, Louisiana

 

Piccolo glossario Ispanico (messicano, per la precisione):

querida: dolcezza                                 hermano: fratello

caramba: accidenti                               que flojera : che noia

vete a la chingada : vaffan…                callate el hocico: chiudi il becco

cochino: maiale                        ahora: adesso

puto: omosessuale (in termini più dispregiativi…)

 

Tutti i personaggi menzionati sono di proprietà della creatrice, L_Fy. Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite è assolutamente casuale (ma se qualcuno conosce Mendez, mi mandi l’indirizzo, grazie.)

 

  
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