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Autore: epiclove_    07/08/2011    6 recensioni
Lily lo scrutò senza capire il reale senso di quella frase.
Poi vide una cosa che non si aspettava potesse mai accadere: Severus stava piangendo.
Era la prima volta che lo vedeva così scosso, così vulnerabile. Era abituata a un Piton austero e orgoglioso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Odi et Amo



"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris..."



La pioggia battente scrosciava lungo le grondaie, andandosi ad infrangere contro i vetri delle case.
I lampi lontani illuminavano i volti delle abitazioni, conferendo loro un aspetto quanto mai spettrale.
Era uno dei tanti temporali estivi che contraddistingueva la stagione inglese; ogni abitante del piccolo villaggio chiamato Godric’s Hollow era rinchiuso in casa. Le strade erano vuote, sia per il tempo che per l’ora tarda.
Di fronte ad un’elegante dimora stava ritto in piedi un uomo: alto, con lunghi capelli corvini, tutto vestito di nero. Sembrava che non gli importasse di essere completamente bagnato. Con lo sguardo fisso e i suoi occhietti neri e profondi stava fissando avidamente l’abitazione. Il viso era disteso, ma gli occhi lasciavano trasparire un forte stato d’apprensione e dolore.
Con passo sicuro l’uomo si avvicinò al cancelletto semiaperto, che a causa del vento continuava a cigolare sinistramente. Entrò seguendo la stradina ghiaiosa che portava direttamente alla porta dell’abitazione. Fissò l’elegante placca argentea incastonata sulla porta, poco sotto lo spioncino.
Essa recitava: Potter James, Evans Lilian.
Con un ghigno disgustato l’uomo bussò per tre volte alla porta.
Aspettandosi, come minimo, di doversi far riconoscere fu molto sorpreso quando la porta gli si aprì senza alcun preambolo.
Davanti a se aveva una bellissima donna sulla ventina che gli sorrideva.
Era alta, snella, con lunghi capelli rossi che le cadevano a ciocche ordinate sul viso e due occhi verdi smeraldo.
Aveva un sorriso dolce, materno, che si sposava perfettamente con i lineamenti delicati di quel viso pallido, macchiato solo da una spruzzata di lentiggini sul naso.
-Lily, quante volte ti ho detto che devi chiedere la parola d’ordine? Accertarti di chi hai di fronte!! Ma sei impazzita? Coi tempi che corrono potrei essere chiunque, un mangiamorte, un mago sotto effetto della maledizione imperius o peggio il signore oscuro in persona! – disse stizzito l’uomo.
La donna, nonostante fosse appena stata rimproverata non la smetteva di sorridere.
Sorrideva con la bocca, con lo sguardo, era bellissima.
-Severus, dai su non fare sempre il guastafeste! Piuttosto sei tutto bagnato – gli rispose lei guardandolo accigliata. L’uomo era completamente fradicio, il mantello e l’elegante completo neri grondavano d’acqua.
Dalla tasca dei pantaloni, Lily sfilò una flessuosa bacchetta marrone e agitandola riuscì a far asciugare in un baleno i vestiti e il mantello dell’uomo.
Lily poi chiuse dietro di se la porta e lo condusse in un elegante salottino facendolo accomodare su una comoda poltrona di shitzu.
Severus si guardò intorno. L’ultima volta che era stato in quel salottino le cose erano diverse, molto diverse.
-Vuoi del tè? – gli chiese lei dolcemente. L’uomo scosse la testa in segno di diniego.
Lily si sedette vicino a lui e gli prese la mano.
Severus non si aspettava questo gesto da parte della rossa, ed arrossì leggermente, tramutando il pallore lunare delle sue gote in un rosa accentuato.
-Ti conosco Sev, che cos’hai? Che cosa ti turba?- domandò lei con il suo fare materno.
L’uomo dai lunghi capelli corvini la fissò negli occhi, in quegli splendidi occhi smeraldo.
-Dov’è… ehm dov’è lui?- domandò l’uomo.
-Se parli di James- sottolineò lei seccata – è andato all’ordine con Peter. Lo faranno stasera, come stabilito da Silente stesso. –
Severus emise un sospiro strascicato.
– Minus? Volete proprio che sia lui il custode segreto? Volete affidare a quella sottospecie di omuncolo grassoccio senza spina dorsale la vostra protezione, la vostra vita?- affermò con disprezzo.
-Sev, ti prego. Peter è un nostro caro amico, ci fidiamo di lui. Dovresti farlo anche tu. – rispose lei.
Severus sbuffò sonoramente.
-Lily… sei ancora in tempo, se solo lo vuoi. – sussurrò lui guardando stavolta per terra, come se si vergognasse di quello che stava dicendo.
La donna , che fino a quel momento aveva assunto modi pacati e gentili, si alzò di scattò dalla poltrona e cominciò a urlare.
-Come ti permetti, Severus? Te l’ho detto un centinaio di volte. Io amo James, lo amo. La mia vita sono lui ed Harry. Non scapperò, ci nasconderemo insieme. Non chiedermi di abbandonarli, non farlo. –aggiunse poi supplicando.
-Tu, tu non capisci. – rispose l’uomo, alzatosi anch’egli dal divano.
-Sei tu che non capisci, Severus. Perché mi fai questo? Sei così egoista, pensavo fossimo amici io e te. – disse lei, e dai due bellissimi occhi smeraldo sgorgarono due grosse lacrime, come una cascata di diamanti.
-Amici, già. Io e te siamo amici. – sibilò l’uomo.
Lily lo scrutò senza capire il reale senso di quella frase.
Poi vide una cosa che non si aspettava potesse mai accadere: Severus stava piangendo.
Era la prima volta che lo vedeva così scosso, così vulnerabile. Era abituata a un Piton austero e orgoglioso.
Lente lacrime stavano sgorgando da quegli occhietti neri, segnando il volto scavato dell’uomo.
-Perchè non lo capisci Lily? Io ti amo. Ti ho sempre amato, da quando eravamo due ragazzini, da quando t'ho vista per la prima volta. - disse lui tornando a fissare i suoi occhi verdi.
Lei era pietrificata, basita. Non sapeva che dire, cosa fare.
-Severus io…- sibilò lei senza mai finire però la frase, interrotta da dei vagiti di neonato provenire dal piano superiore.
-Io, devo andare Lily. – disse con tono strascicato Severus e senza poter dare diritto di replica alla donna uscì, sbattendo dietro di sé la pesante porta.
Pioveva ancora. Quella pioggia fina come mille aghi, leggera ma fastidiosa al contempo.
Severus Piton si ritrovò a camminare zuppo per le vie Godric’s Hollow col cuore pieno di un amore che non avrebbe mai potuto dare alla persona che desiderava, e pieno di un odio per coloro e quelle circostanze che glielo impedivano.
Senza una speranza, senza un domani, senza un futuro per cui lottare.




One week later…



Un uomo sull’ottantina camminava con passo deciso per Spinner’s End.
Attirava molti sguardi curiosi dalle persone che vi passeggiavano, sia per il vestiario alquanto bizzarro e insolitamente ricco di colori, sia per la lunga barba argentea che arrivava fino alle ginocchia, sia per gli strani occhiali a mezzaluna dai quali facevano capolino due intensi occhi azzurro perlato.
Albus Silente arrivò di fronte un’abitazione molto piccola e dall’aspetto trasandato.
Trovo la porta padronale socchiusa ma per educazione bussò energicamente e dopo aver aspettato una manciata di minuti senza ottenere risposta alcuna entrò.
L’odore di cognac e whisky si spandeva in tutta la stanza, mischiandosi a quello forte e stantio causato dal mancato ricambio d’aria. Silente dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per ignorarlo, e per ignorare le numerose bottiglie sparse per terra, che però si ben intonavano all’ambiente sciatto e sporco.
-Severus… - disse l’uomo con un tono tra la compassione e il disappunto.
Severus Piton era disteso scompostamente su un consunto divano di pelle grigia.
Era irriconoscibile: quello che di solito era un austero ed elegante uomo, sempre in ordine e curato, era questa volta un’uomo distrutto.
Aveva una lunga barba incolta, i capelli unti e spettinati, i vestiti sporchi e la camicia mezza sbottonata.
-Ah, è lei. – disse lui, con la voce roca di chi non proferisce parola da giorni.
L’uomo di sedette e si passò una mano tra i capelli, prese poi una bottiglia di idromele e se la scolò in un sorso.
-Vuole anche lei? – disse lui visibilmente alticcio.
-Sono qui per darti una cosa Severus. – disse Silente, ignorando l’invito.
-An si? E di che cosa si tratta?- rispose l’uomo con finto interesse continuando a bere rumorosamente dalla bottiglia.
Silente frugò all’interno del suo mantello color senape e vi tirò fuori una busta.
Gliela porse delicatamente.
Severus Piton si sentì gelare il sangue nelle vene: aveva riconosciuto la grafia.
Con una scrittura armoniosa e ordinata, la busta recitava le parole “Al mio Severus”.
Gli occhietti neri di Piton furono velati dalle lacrime.
-Dove, dove l’ha presa? - domandò lui con un filo di voce.
Teneva stretta nelle mani quella busta, continuando a leggere l’intestazione.
-L’abbiamo trovata nella loro casa il giorno dopo quello che è accaduto. Nella stanza da letto di Lily. Ho ritenuto opportuno tu ce l’avessi, Severus. Ovviamente nessuno ne conosce il contenuto, non è stata aperta–
L’uomo non rispose. Per un secondo, un dolce secondo, gli sembrò come se Lily fosse li con lui.
-Bene. Io ora vado, Severus. Ti lascio ai tuoi pensieri. – disse Silente, scambiando un sorriso debole all’uomo.
-Aspetti! – disse Severus alzandosi dal divano, mentre Silente aveva già aperto la porta per andarsene.
-Il bambino, lui ecco… come sta? – domandò impacciato.
Silente sorrise dolcemente e gli rispose –Sta bene, è al sicuro. – e con un cenno di capo lasciò la dimora e l’uomo chiamato Severus.
Piton riprese a guardare quella busta; con un gesto involontario se la portò sotto il naso, e per un momento poté giurare di aver sentito di nuovo l’odore etereo di mandorle e miele della pelle biancastra di Lilian Evans.
Aprì delicatamente la busta, facendo attenzione a non sgualcirla. Dopotutto era tutto ciò che gli rimaneva di lei.
Vi estrasse una pergamena piegata in quattro e dopo averla srotolata vide nuovamente la maestosa grafia della donna.
Lesse la lettera che recitava:


Mio carissimo Severus,
è passata solo una mezzora da quando tu hai lasciato la mia casa e sono già qui a scriverti questa lettera, cercando di dirti ciò che non ho il coraggio di dire a voce.
Tu sei stata la prima persona del mondo magico che io ho conosciuto, la prima che mi ha accettato com’ero, senza chiamarmi strana, senza giudicarmi matta. Eri il primo che mi ha apprezzato come strega.
Con te ho vissuto momenti straordinari, la tua amicizia mi è sempre stata cara e questo tu lo sai.
Sai bene anche però che non amo quello che sei diventato.
Il mio Severus era un ragazzo dolce, che sapeva ascoltare, con una purezza d’animo senza eguali, e soffro, non sai quanto, nel vedere come quella purezza si sia trasformata in odio e disprezzo.
Credimi quando m’hai detto che mi amavi sono rimasta pietrificata, ero incredula ma dentro di me ero conscia di averlo sempre saputo.
Credimi avrei potuto amarti, se solo non avessi lasciato entrare nella tua vita quella gente, quell’odio.
Amo James ed Harry più della mia stessa vita, non li lascerò mai ma dentro di me so di amare anche te, profondamente.
Non so se mai ti consegnerò questa lettera, probabilmente no. Rimarrà per sempre una cosa mia, forse scritta solo per rendermi conto di qualcosa che c’è sempre stato ma è rimasto sopito per anni.

Sempre insieme, tua Lily





Le lacrime cadevano copiose, rigando il volto vuoto dell’uomo.
Era tutto ciò che gli era rimasto della sua amata Lily, non aveva altro.
Quello era il suo ricordo di lei per sempre, forse quello più bello.
Piegò la lettera e la rimise nella busta. Prese poi il mantello e si smaterializzò.






Severus Piton stava camminando lentamente tra una miriade di lapidi bianche.
Era pallido, visibilmente smagrito.
Si fermò poi in uno spiazzo al centro del cimitero.
Ed eccola lì, con una statua marmorea a forma d’angelo, la lapide della sua amata Lily.
Era più bianca delle altre, era nuova e le lettere dorate che componevano i nomi non erano ancora state cancellate dalle intemperie come quelle della lapidi circostanti.
Com’era dolce quel suono alla pronuncia: Lily Evans. Un suono paradisiaco, che inondava sempre il cuore e la mente dell’uomo di mille pensieri, di mille ricordi.
È li sotto, pensò Severus, lì sotto uno strato di terra e polvere c’è l’amore della mia vita.
L’uomo sfilò dal mantello la sua bacchetta e con un incantesimo pronunciato sommessamente fece comparire sulla lapide, sotto il nome della donna, una frase in corsivo:
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte”

Si inginocchiò poi di fronte alla pietra tombale e vi rimase li, col volto rigato di lacrime, per quelle che furono interminabili ore.



 

"...nescio, sed fieri sentio et excrucior."
   
 
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