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Autore: chaska    08/08/2011    0 recensioni
Stava ritornando indietro come forse avrebbe dovuto fare tempo fa. Eppure qualcosa la interruppe.
No, niente di pericoloso, semplicemente inciampò.
Mancò poco che cadesse, ma la fanciulla seppe darsi un contegno ed un equilibrio stabile, così poté guardare ai suoi piedi.
Si sarebbe aspettata un masso. Si sarebbe anche aspettata qualche strano animale, ma non quello. O almeno, una persona poteva anche andare bene, anche se sarebbe stato strano trovare un adulto isolato in quel deserto. Ma un bambino tutto solo non se lo sarebbe mai sognata.
[Personaggi: Mamma Grecia - Magna Grecia]
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{When I Found You

 

 

Il sole splendeva alto nel cielo quel giorno. Ad essere sinceri forse splendeva un po’ troppo quel giorno.

Il caldo era tangibile come il melodioso suono creato dalle onde del mare, ma con tutta probabilità era meno piacevole.

Lontana pochi passi dalla costa e dalle suddette onde si trovava una ragazza. Ella camminava verso l’interno della terra in cui si trovava, decisa ad arrivare il più lontano possibile. In quel momento  calpestava un terreno ancora sabbioso, anche se molto più compatto della spiaggia che si era lasciata alle spalle, e da esso crescevano fili d’erba del color della paglia, i quali svettavano minacciosi verso il cielo come aghi.

Nonostante le minacce che volevano impartire a chiunque osasse avvicinarsi a loro, la ragazza li ignorò ed il loro fato fu semplicemente quello di piegarsi sotto i suoi sandali, com’era giusto che fosse.

Continuò a camminare la fanciulla, volutamente incurante del calore del sole e delle fastidiose piante dotate di accenni di spine che ostinatamente s’infilavano nei suoi calzari.

Poi successe all’improvviso e senza alcun apparente motivo. Semplicemente si fermò e si sedette.

La giovane sbuffò e liberò i calzari dagli spinosi ospiti. E poi nulla.

Rimase così ferma per qualche tempo, ad osservare il luogo che la circondava. Il mare era ancora ben visibile, così come le navi che erano lì ancorate. Se guardava indietro vedeva colline e vette poco più alte di esse che cercavano di fare bella figura svettando solitarie contro il cielo, non essendoci neanche una singola montagna degna di quel nome. Per il resto nulla, sembrava un luogo completamente abbandonato dagli esseri umani, un luogo dove quegli aghi arroganti sembravano gli unici padroni.

Eppure è un buon posto.

Affermò convinta nella sua mente mentre alzava lo sguardo verso il cielo. Era completamente azzurro, ed era appena macchiato da candide nuvole passeggere.

La fanciulla rimase in pensiero ancora per un po’, ammirando quella nuova scheggia di mondo sconosciuta. Presto l’avrebbe conosciuta pezzo per pezzo, ed allora sarebbe stata pronta ad andare ancora più lontano.

Passò ancora del tempo, perché nessuno affermerebbe il falso dicendo che aveva tutto il tempo del mondo  a sua disposizione, quando all’improvviso, così come si era seduta, si alzò e cominciò a camminare.

Improvvisamente infatti sentì il bisogno di andare dai suoi uomini e di organizzare il da fare, e anche se non l’avrebbe mai ammesso a quei tempi, cominciava a subire i colpi del caldo.

Insomma, stava ritornando indietro come forse avrebbe dovuto fare tempo fa. Eppure qualcosa la interruppe.

No, niente di pericoloso, semplicemente inciampò.

Mancò poco che cadesse, ma la fanciulla seppe darsi un contegno ed un equilibrio stabile, così poté guardare ai suoi piedi.

Si sarebbe aspettata un masso. Si sarebbe anche aspettata qualche strano animale, ma non quello. O almeno, una persona poteva anche andare bene, anche se sarebbe stato strano trovare un adulto isolato in quel deserto. Ma un bambino tutto solo non se lo sarebbe mai sognata.

-S-scusa! Ti ho fatto male?

La ragazza si abbassò di scatto e cercò il volto del bambino.

Dal canto suo il bambino rimase zitto. Non aveva voglia di vedere nessuno, forse.

Eppure quella ragazza gli era inciampata addosso, no? Insomma, non gli interessava nulla di lei, poteva anche andarsene se era per lui, almeno credeva.

Come dire, era abbastanza confuso il piccolo.

La ragazza dal canto suo corrucciò la fronte dinnanzi all’indifferenza del piccolo e quindi, per imporsi a lui si sistemò proprio davanti al suo volto, così era impossibile ignorarsi l’un l’altro.

La giovane lo scrutò per qualche secondo, prima che realmente si rendesse conto dello stato del piccolo, sembrava che avesse appena fatto a botte, e che le avesse prese di brutto. Con poi chi non lo sapeva, ed evitava accuratamente di pensare che si fosse pestato da solo. Insomma, quel pensiero non aveva senso.

-Chi ti ha conciato così?

Il bambino alzò allora lo sguardo e per la prima volta la guardò anche se solo di sfuggita. Solo che in realtà l’analizzò per bene, e ne rimase a dir poco affascinato.

Aveva dei grandi occhi verdi come le olive, il volto delicato e un po’ sporco di sabbia, mentre i capelli castani le ricadevano ai lati del volto. I capelli lo colpirono molto, anche perché non ne aveva mai visti così. Erano dei boccoli che le incorniciavano il viso, ed erano perfetti per lei, come se fossero stati creati su misura. E poi erano così lucidi da splendere alla luce del sole. Solo in seguito capì quanto tempo in effetti ci impiegasse quella ragazza per curarli, però al momento ne rimase fortemente impressionato.

Eppure, ad essere sinceri, non era la sua delicata chioma ad averlo colpito maggiormente, era quello che conteneva, la sua espressione. Con le sopracciglia corrugate e le labbra strette sembrava davvero preoccupata per lui. Insomma, una novità, credeva.

Il bambino comunque si ostinò a rimanere zitto, non poteva vantarsi di esperienze così buone con gli estranei. Eppure, come dire, ignorarla era impossibile, forse perché ti imponeva la tua presenza ad ogni sguardo. Oppure  perché gli si era piazzata davanti. Una delle due, o tutt’e due anche.

-Me lo dici chi è stato?

Lei avrebbe potuto continuare benissimo in quel modo per tutto il resto del giorno. Sì, avrebbe fatto così, non avrebbe staccato gli occhi dai suoi capelli crespi e disordinati, dai suoi grandi occhi marroni e dal suo broncio. Più verosimilmente non avrebbe staccato la sua attenzione principalmente dai suoi lividi. O meglio, verso il calare del sole, quando si sarebbe stancata avrebbe anche cominciato a punzecchiarlo. Insomma, stava cominciando a preparare una vera tortura nei confronti del piccolo.

-Sono venute delle navi.

Mormorò controvoglia dopo qualche minuto. Aveva ormai smesso di osservarla e aveva calato lo sguardo verso terra, in cuor suo si vergognava da morire di quella situazione.

-Mi ha detto che questo terreno è tutto suo. Però è mio!

Stavolta lasciò perdere i suoi piedi, che fra l’altro erano abbastanza sudici, e guardò dritto dritto negli occhi di lei. Lo affermò con decisione, come fanno i bambini quando non vogliono dare una caramella al fratellino più piccolo, o qualcosa del genere insomma. E il messaggio era chiaro, se anche lei voleva quel pezzo di terra poteva anche andarsene. Oppure poteva picchiarlo anche lei.

-Ma chi è questo lui?

Il bambino rimase in silenzio per parecchi secondi.

-Non lo so.

Disse infine abbassando gli occhi. Stavolta si vergognava parecchio. Beh, era vero che non aveva la più pallida di chi fosse, ma non avrebbe mai ammesso che non era un lui ma una lei. Insomma, credeva che fosse abbastanza umiliante, più o meno.

-Ah.

Rispose la ragazza. Non che le sue parole fossero d’aiuto, certo, non le aveva detto praticamente nulla. Eppure, a pensarci bene a lei non faceva tanta differenza sapere chi lo bulleggiava. Insomma, non al momento almeno, per ora doveva sbrigarsela con lui.

Si spostò da davanti la visuale del piccolo e gli si mise affianco, indicando poi con un dito il mare.

-Quelle navi erano uguali alle mie?

Gli occhi del piccolo vagarono per l’orizzonte, quando finalmente si posarono su alcune navi che sostavano vicino alla spiaggia. Si prese il suo tempo per osservarle per bene e poi scosse la testa violentemente. Si fermò solo quando gli sembrò di avere un inizio di mal di testa.

-No, attaccati a quelle navi c’erano dei mostri!

I suoi occhi sembrarono illuminarsi. Non era solo paura, c’era anche ammirazione.

-Mostri! Se ne stavano immobili e non respiravano nemmeno, ma erano le cose più spaventose che abbia mai visto! Credo anche che trascinassero loro le navi, e non l’acqua e la corrente. O quel che è, insomma.

Rimase confuso per qualche attimo, capendo come non sapesse niente dell’acqua, oltre il fatto che è fredda, bagnata e magnifica quando ci si buttava dentro. Gli bastava sapere quello, no?

-Ooh!

La ragazza ebbe una specie di rivelazione. Non aveva capito di chi si trattava, nemmeno a pensarlo. Aveva solo capito che quei mostri non erano altro che le prue delle navi scolpite come mostri. Evidentemente dovevano fare un certo effetto, molto realistico. Forse avrebbe dovuto cominciare a costruirle così le navi anche lei.

-Beh, quei mostri sono dei cuccioli per me!

Cominciò a vantarsi la ragazza.

-Io – e lo sottolineò con un dito puntato sul petto – ho le armi per ucciderli, quei mostri.

Questa volta gli occhi del bambino vennero completamente calamitati dalla sua figura. Non aveva paura, solamente una profonda ammirazione nei suoi confronti. Perché non solo non ne aveva paura, ma li uccideva anche! Poi subentrò tanta curiosità.

-Le voglio vedere, le voglio vedere!

Scattò in piedi già pronto ad andare verso quelle navi straniere, poi si bloccò all’improvviso.

-Non è che mi picchierai anche tu, vero?

-Certo che no! Non siamo dei barbari, noi. Noi siamo…siamo… educati, ecco!

Il bambino ci pensò su e non disse una parola. Effettivamente poteva anche credere alle sue parole, eppure i lividi facevano ancora male.

La ragazza si prese allora un po’ di tempo dove si alzò e si sistemò i vestiti pieni di sabbia e erbacce.

-Quindi tu abiti in questo posto?

-No. Io sono questo posto.

La ragazza lasciò perdere la gonna e lo guardò profondamente, poi scoppiò a ridere. Che razza di fortuna in cui era incappata.

-E allora, come vi chiamate, tu e il tuo posto?

-Noi… noi non ci chiamiamo.

Ancora una volta puntò gli occhi a terra, perché quelle formiche erano davvero interessanti, roba da scriverci un libro appena avrebbe imparato a scrivere, certo.

-Cosa? Non hai un nome?

Scosse di nuovo violentemente la testa, ma appena sentì la seria minaccia di un altro mal di testa si interruppe immediatamente.

La ragazza ci pensò un po’ su. Fortuna o no, la situazione non poteva continuare così.

-Allora te lo darò io un nome, ecco.

Gli prese la manina e, mentre la stringeva nella sua, cominciò a camminare verso le sue navi a passo svelto. Al bambino quasi toccò correre per starle dietro.

-Che cosa?! Me lo posso scegliere io il nome!

-No, te ne daresti uno stupido. Te lo darò io e basta.

Il bambino rimase zitto. Non se ne sarebbe dato uno stupido, ecco. Però non ne era tanto convinto.

-Allora… tu ti chiamerai…

Il piccolo pendeva dalle sue labbra, mentre la ragazza smistava nella sua memoria tutti i nomi che aveva sentito in vita sua.

-Ettore!

-Cosa!? Ettore?

-Sì, Ettore! È bello e forte come il sole di questo tuo posto, no?

Il bambino ci rimuginò un po’ sopra.

-Ma è un nome da eroe! Io non so nemmeno difendermi da chi mi picchia. Non è per me quello.

-Appunto! È forte, e tu non lo sei, forte.

Anche se lo aveva appena ammesso lui stesso non poté non buttarle un’occhiataccia di quelle brutte, eh.

-Non capisco.

-Basta che tu cresca e diventi forte. Così forte e coraggioso da essere degno del tuo nome. Facile. E questo è risolto.

La ragazza annuì decisa con un sorriso contento in volto. Ora rimaneva solamente un altro nome da decidere, e quello non era certo uno scoglio insormontabile nella sua testa. Insomma, l’aveva già deciso appena aveva messo piede in quella spiaggia.

-Magna Grecia.

-Eh?

-Il nome  del tuo posto, il tuo di nome, quello importante.

-Ma non posso!

-Com’è che contraddici ogni mia proposta?

-Insomma, è da femmina! Io sono un maschio!

La ragazza si interruppe bruscamente.

-Cosa dici? Dovresti esserne fiero, oh. Insomma, ti ho dato il mio stesso nome, un po’ di riconoscenza.

-Ti chiami Magna?

Quasi si sbatté una mano in faccia. No, aspettate, lo fece per davvero.

-Io sono Grecia e tu sei Magna Grecia. È perfetto.

Grecia lo guardò compiaciuta, e senza avergli dato il tempo di contraddirla continuò nel suo cammino verso le navi.

-Adesso andiamo.

Ci fu silenzio per qualche momento.

-E poi? Poi te ne andrai e basta?

Insomma, appena aveva aperto gli occhi si era trovato isolato, senza nessuna compagnia o alcun affetto. Poi era stato picchiato senza un preciso motivo e poi era stato non-sapeva-cosa da quella ragazza- quella Grecia. Era giusto un po’ confuso.

-Ma te lo puoi scordare. Tu vieni a casa mia, altrimenti come impari a uccidere quei mostri?

E così fu, Grecia portò il piccolo Magna Grecia nella sua patria. Per quanto riguarda i nomi il piccolo si ostinò a farsi chiamare semplicemente Ettore, e invece cominciò a chiamare quella ragazza Mamma Grecia. Il suo imbarazzo ogni volta che la chiamava in quel modo- insomma, era ancora troppo giovane per avere un figlio!- e come cercasse di farlo smettere sotto varie torture, è un’altra storia, una storia che dura circa qualche centinaio d’anni.

 

 

Post-it

Oh, ecco. Ho finito questa one shot! *w* Che dire, l’ho scritta di getto e ora…niente °-°

Un paio di informazioni ufficiose e serie, dai. Parto dalla misteriosa ragazza con i mostri che ha attaccato il piccolo Magna Grecia. Sarebbe un mio OC della Fenicia, insomma non ci ho pensato tanto su e non ha alcuna valenza storica °w°

Per il fatto delle armi mi riferisco ai magnifici rostri, armi applicate a ogni nave greca, è stato grazie a quelle meraviglie che gli achei hanno vinto taaante guerre in mare! Poi con Ettore mi riferisco al mitico principe di Troia, si, quello dell’Iliade, perché non me ne veniva nessuno in mente e perché l’ho trovato carino, e basta. Poi veramente basta, non ho niente di serio da aggiungere.

Solo ciao e alla prossima, suppongo. Seh, dimenticavo, Magna Grecia e Mamma Grecia sono dei miei OC, li ho inventati di sana pianta io senza ispirarmi a nessuno. Infatti lo so che la greca (?) è già stata usata da qualcuno, ma non ho tenuto in considerazione la personalità usata nelle altre storie. Insomma, l’ho resa giovane, senza la maturità e saggezza che la contraddistingue di solito. È impulsiva e vuole tutto ciò che vede, eppure dolce. Insomma, è una versione strana e mia XD

Per il resto davvero ciao, e grazie se avete letto e avrete l’ardire di commentare! *u*

Stay tuned people! chaska~

   
 
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