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Autore: WindGoddess    08/08/2011    1 recensioni
Leon è un gatto molto fortunato. Ha un padrone che lo ama e che gli dà da mangiare i croccantini più buoni del mondo.
Oltre a lui c'è un altro gatto, in questa storia. Non ha nome, non ha una vita dignitosa e odia visceralmente i suddetti croccantini. È un gatto da laboratorio.
Una one-shot che è un piccolo viaggio nei pensieri di questi due animali durante la loro mattinata tipo. Perché dietro la felicità di un gatto c'è l'agonia di un altro.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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gatto Mi stiracchio per benino, non riuscendo a trattenere un sonoro sbadiglio, dopodiché scrollo più volte la testa per far andare via definitivamente il sonno. Che ore saranno? Mi avvicino silenzioso all’orologio sulla parete del soggiorno e inorridisco: sono già le nove del mattino! Avrei dovuto svegliare Andrea un’ora fa e invece sono stato proprio io a svegliarmi tardi!
Corro immediatamente nella sua stanza, cercando di ignorare il mio stomaco che brontola.
Entro quatto quatto nella sua camera dal letto e subito il suo respiro tranquillo mi giunge alle orecchie. Spicco un balzo e sono sul suo letto. Lo chiamo un paio di volte e mi avvicino al suo viso rilassato, toccandogli la punta del naso con il muso. Andrea si sveglia, mi sorride e risponde al mio gesto accarezzandomi la testa.
- Scusa, Leon, mi alzo subito. -
Scendo dal letto e mi dirigo svelto in cucina, avvertendo i passi strascicati di Andrea dietro di me. Impiega un minuto buono per raggiungermi, deve stare proprio morendo di sonno! Apre lo sportello della cucina dove tiene la mia pappa e afferra una confezione di croccantini. La mia fame è tanta che cerco di velocizzare un po’ le sue azioni, strusciandomi sinuoso tra le sue gambe con la schiena leggermente inarcata.
- Un attimo di pazienza. Abbiamo proprio fame, eh? -
Certo che sì, che domande!
- Ma dove ho messo la tua ciotola? –
È al solito posto, vicino al frigorifero! Controlla, dai!
- Vicino al frigo non c’é. Dove diavolo l’ho messa? -
Come sarebbe a dire che non c’è? Andrea, devi trovarla immediatamente! Ho troppa fame per poter aspettare oltre e non ho certo voglia di mangiare sul pavimento! Faccio un giro veloce in cucina, magari la trovo io! La mia ciotola! Dove sarà mai?
- Ah, eccola! -
Era sotto al divano? Ma come ci sarà arrivata lì? Ah, ora ricordo! Ieri sera quella femmina con cui poi sei uscito me l’ha fatta finire lì con un calcio! Andrea, dovresti scegliere le tue compagnie con più criterio. Quella femmina è proprio un’umana di malaffare!
- Vieni, bello. La colazione è pronta. -
Mi poggia la ciotola sotto al tavolo, ci versa i miei deliziosi croccantini e comincio avidamente a mangiare, mentre lui prepara la sua colazione. Finisco in fretta, tanto ero affamato! Lecco per bene il fondo della ciotola e poi passo la lingua anche sui baffi. Mentre Andrea si siede al tavolo e comincia a mangiare, i miei occhi si posano sulla confezione di croccantini che ha dimenticato di posare. Sopra, sotto al nome del mio cibo preferito, troneggia la foto di un bel gattone molto simile a me. Ha un pelo lucido da far invidia, oltre a un’espressione davvero felice. Ci credo! Questi croccantini sono davvero la fine del mondo. Abbiamo gli stessi gusti, amico mio.
- No, Leon! Basta pappa per stamattina! -
Tranquillo, Andrea, non ho più fame. Mi avvicino a lui e mi struscio un altro po’ tra le sue gambe. Lui, per tutta risposta, mi gratta sotto al mento come piace a me. Mi sento il gatto più felice del mondo!


*


Uccidetemi.
Se dovete farmi soffrire così ancora per molto, allora voglio che mi uccidiate. Ho appena due anni, ma non mi importa. Preferirei morire, piuttosto che mangiare ancora una volta quegli abominevoli croccantini. Mi fanno stare male! Non vedete che vomito sempre, che la diarrea mi uccide, che le pustole che mi sono nate in bocca mi stanno facendo impazzire per il dolore? Perché non lo vedete? Perché non lo capite?
Ah, ma io lo so il perché. Vi divertite. È questa la verità. Mi chiamate “stupido gatto”, ma non sapete che io la vedo, la scintilla di pazzia nei vostri occhi quando mi esce il sangue dalla bocca o vomito tutto quello che mi date da mangiare. A voi piace farmi tutto questo. Prima ero fiero, sopportavo tutto perché avevo speranza. Minù, la bellissima siamese che è stata la mia vicina di gabbia per un anno e che per voi era “gatto numero 2031”, mi ha raccontato che fuori di qui c’è ben altro.
Ci sono umani come voi che ci amano, ci nutrono, giocano con noi, ci danno un nome e una vita dignitosa. C’è questa cosa che si chiama “carne” che, a detta di Minù, è la cosa più buona del mondo. Se solo non si fosse allontanata da casa, se solo non si fosse persa e voi non l’aveste trovata, lei oggi sarebbe ancora viva.
Ora non ho più neppure la speranza che qualcuno ci salvi e non posso fare a meno di invidiare Minù. Quanto tempo ancora vi ci vuole per uccidermi come avete fatto con lei? Vi sto miagolando la mia disperazione! Se siete intelligenti la metà di quanto lo sono io, ascoltatela e uccidetemi!
Oh, no! Sta arrivando l’umano che mi porta sempre da mangiare! Non la voglio, quella schifezza! Soffio, inarco la schiena, ma la gabbia è troppo bassa e sono costretto ad accucciarmi a terra. Ecco che mi versa quell’abominio nella ciotola! Ma ho fame, ho davvero troppa fame per lasciarla lì. Mi getto a capofitto sui vostri croccantini, mi state guardando? Lo vedete l’ultimo briciolo di dignità che mi era rimasto scivolare via da me ed abbandonarmi assieme alla diarrea?
E al vomito. E al sangue…

Uno spasmo improvviso mi attraversa il corpo, senza risparmiare neppure una fibra. Mi accascio a terra, mentre un dolore acuto al basso ventre mi fa impazzire. Ma non miagolo, non emetto neppure un suono, perché sono sicuro che quello che sento è il dolore della morte. Non importa se me ne andrò così, mi basta solo non vedere mai più le vostre facce coperte con la mascherina. Sappiate che vi odio. Vi odio per quello che mi avete fatto, per quello che avete fatto alla dolce Minù, per quello che avete fatto a tutti i miei compagni di sventura. Non ho idea del perché ci abbiate trattato così e a cosa possa mai servire il nostro dolore, ma adesso non importa. Sto morendo e non vi rivedrò mai più. Mi sento il gatto più felice del mondo.  



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Note dell’autrice
Avevo in mente di scrivere questa storia da un bel po’, ma la decisione l’ho presa quando, a casa del mio ragazzo, è arrivata una splendida e coccolosa siamese con cui è stato amore a prima vista.
Googlando, un po’ di tempo fa, ho scoperto che molte aziende che producono cibo per animali conducono esperimenti abominevoli sugli stessi animali che, nei loro reclame, giurano di avere a cuore. Ok, forse non sarebbe dovuta essere una novità per me, ma dopo aver visto foto e filmati girati di nascosto e averli confrontati con le pubblicità che si vedono in tv mi è preso un senso di nausea. Per ogni gatto che noi amiamo con tutto il cuore ce n’è uno come quello della mia storia, sulla quale si fanno esperimenti inutili e dolorosi.
Certo, la sperimentazione sugli animali è alla base della ricerca scientifica, ma vivisezione senza anestesia, sofferenze inutili, mutilazioni, paura, condizioni di vita atroci non trovano giustificazione. Una cosa è utilizzare i topi per le ricerche sul cancro, un’altra utilizzare cani e gatti per sperimentare cibo a loro destinato, facendoli morire di cancro al fegato o blocco renale (come il gatto nella mia storia) quando basterebbe dare loro un po’ di sana carne e un po’ di pesce, oltre che qualche coccola. Quando si dice che c’è chi, per soldi, si venderebbe la propria madre, eh?
Questa storia non vuole essere un manifesto e non vuole aizzare al boicottaggio, ma esprime il mio punto di vista e credo proprio che coinciderà con molti (se non tutti) coloro che avranno la pazienza di leggerla e, magari, lasciare un commento.
Grazie a quanti di voi faranno una sola di queste cose o entrambe.
WindGoddess
  
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