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Autore: artemide88    08/08/2011    16 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap 11 trallalì trallalà =) non ci credete, vero? Questa volta sono stata bravissima, merito anche delle vostre bellessime recensioni che mi hanno spinto a scrivere!!
Il prossimo aggiornamento però non so quando verrà. per questo capitolo ho avuto l'ispirazione nel momento stesso che postavo il precedente.
Se il capitolo ci sarà, sarà prima del 20 di agosto, poi parto e quindi ci si rivede a settembre.
intanto scrivo, no? =)
BUONA LETTURA!! =)



CAPITOLO 11 – IL BALLO

Il ballo di fine liceo di Isabella? Ve lo racconto subito.

Quando Charlie Swan rientrò a casa quella sera, non fu per nulla sorpreso di vedere la figlia seduta sul divano, i piedi comodamente appoggiati sul tavolino, sulla cui superficie in legno gocciolava un bicchiere di Cola ghiacciata.

“niente ballo, Bells?” Lei sobbalzò nel sentire la domanda, il rientro del padre era previsto solo in tarda serata. E su di esso ci contava, per evitare scuse e inutili spiegazioni sul perché non fosse alla scuola a ballare con il suo ragazzo. Sempre che Jacob fosse ancora il suo ragazzo.

“ecco...non mi andava.” Tentò di tagliar corto, con una scrollata di spalle. In realtà dentro di sé sentiva solo la voce del suo Jacob...quella sera non sarebbe stata gradita come dama.

“so che hai litigato con Jacob...”

“Charlie, non ti immischiare, non sono affari tuoi.” Isabella chiuse il libro che stava leggendo con uno scatto secco e salì le scale diretta nella sua camera.

Charlie Swan si mise le mani nei pochi capelli brizzolati che gli rimanevano. Bella non era mai stata una ragazza semplice, ma loro due erano una bella coppia, si bastavano. Qualcosa nel loro rapporto si era incrinato fino a rompersi da quando l'aveva sorpresa a sparare con i suoi amici e l'aveva sgridata per la prima volta nella sua vita. Aveva tutte le ragioni di quel mondo per non volere che sua figlia sapesse usare una pistola, si sentiva dalla parte del giusto.

L'aveva quindi messa in punizione e le aveva comprato tante camicette colorate, costringendola a vestire più femminile. Adesso aveva pure una gonna color cachi nell'armadio e un paio di ballerine nella scarpiera. Isabella purtroppo non aveva preso bene il cambiamento imposto. Usava sì i nuovi vestiti, tranne la gonna, ma era diventata scontrosa e parlava sempre di meno con suo padre.

Charlie andò nella cameretta della figlia. La trovò distesa sul letto a pancia in giù, il viso affondato nel cuscino, rivolto verso la finestra.

“Jake ha detto che ho poco tatto e femminilità...”

“Bells...”

“Così poco da non sembrare nemmeno una ragazza...e che nemmeno i patetici tentativi di questi giorni fatti di camicette colorate, mi hanno tolto quell'aria da maschiaccio che ho sempre avuto.”

“Bells...io...”

“tu cosa? Ho provato a darti la colpa di come sono, ad odiarti...ci ho provato.” La ragazza si alzò a sedere sul letto, le gambe sotto al sedere, le braccia incrociate al petto. “mi dispiace Charlie, la verità é che io sono così perché tu mi hai cresciuto in questo modo. Ogni tanto da piccola mi sarebbe piaciuto avere una bambola e non una macchinina per giocare...ma alla fine ti guardavo ed ero felice così. facevamo tante cose divertenti insieme che le mie compagne all’asilo non potevano fare. Avevano la gonna e giocavano con le Barbie.”

“ti avrei comprato la bambola...”

“non è per la bambola, Charlie.” Lei gli sorrise dolcemente, il volto sereno, senza ombre di tristezza per al sua condizione di eterno maschiaccio. “ti volevo assomigliare. Volevo essere forte come il mio papà.”

Charlie, quasi con le lacrime agli occhi, si sporse verso la figlia per abbracciarla.

“non ti odio papà, non potrei mai, mi hai dato tutto in questi anni, anche di più. Ci sono stati anche dei periodi difficili, tu c’eri sempre e...Charlie! non piangere! Il mio papà è un osso duro, non si commuove...” lo prese in giro. Charlie sciolse l’abbraccio.


“aspetta...ho...aspetta...non ti muovere!” uscì come un razzo dalla camera di Isabella per entrare nella sua, estrarre un vestito dall’armadio e ritornare dalla figlia, che lo aspettava nella stessa posizione di prima. Tenne il vestito dietro la schiena. In completo imbarazzo, Charlie Swan si grattò la nuca. “sapevo che non avevi un vestito e che avresti detto a Jacob che non saresti andata per questo motivo...”


“non è la mancanza di un vestito il motivo per cui non uscirò di casa questa sera...”

Il padre ignorò le sue parole. Anche lei sapeva che era una bugia, formulata per auto convincersi che a quel ballo non volve andare...per dimostrarsi che un vestito non fa una persona e che lei non sarebbe mai scesa a compromessi, indossando uno di quei vestiti da ballo...

“ti ho fatto un regalo. L’ho comprato al negozio di Sue...quello di vestiti usati, all’angolo. Mi ha consigliato Sue questo...” Lo portò in avanti, mostrandole il vestito.
“non è un granché ma spero possa piacerti.”

“Charlie è un pensiero davvero carino, ma non dovevi. Immagino che ti sia costato...riportalo indietro e prenditi una camicia che ne hai bisogno.” Isabella gli sorrise, il cuore pieno a metà di gratitudine per il bel pensiero del padre, un sacrificio fatto con amore. La tristezza riempiva l’altra metà, avere un vestito non avrebbe cambiato la situazione con Jacob.

Tuttavia le insistenze di Charlie, il suo sguardo implorante, e un pizzico di vanità, la convinsero almeno a provarlo.

“come...come sto?” Isabella in completo imbarazzo, continuava a stropicciare la gonna che poi lisciava.

“sei bellissima Bells...se ti vedesse tua madre...”  Charlie era visibilmente emozionato.

“oh...invece di andare al ballo, potremmo parlare di mamma...” l’uomo scosse la testa, le lasciò qualche minuto per pettinare i capelli che all’epoca portava in un pratico caschetto e la costrinse a scendere le scale. L’argomento mamma era da sempre tabù in casa Swan.

“non ci provare Bells. Andrai a quel ballo.” La spinse anche oltre la soglia di casa, con le chiavi del vecchio Pick Up in mano. “tornata tardi e divertiti.” Le chiuse la porta in faccia e girò la chiave. Soddisfatto, il sorrisetto che spuntava da sotto i baffi, si avviò verso la cucina, ma venne fermato dal campanello impazzito. “no, Bella! non ti apro!” le gridò.

“apri Charlie o butto giù la porta!” rispose lei di rimando, leggermente alterata. Charlie, ben sapendo che la figlia ne sarebbe stata capace, scostò la tendina della porta e vide la figlia fumante di rabbia. “le scarpe Charlie!”

Nella fretta di spingerla al ballo, il signor Swan si era dimenticato di far indossare le scarpe alla figlia. Sorridendo come se niente fosse successo, le aprì la porta e le porse un paio di ballerine rosse che Isabella indossò prima di andarsene senza salutare.

La serata era decisamente iniziata con il piede sbagliato. E non continuò meglio.

Isabella arrivò nel parcheggio con una grande ansia in corpo. parcheggiò lontano dall’ingresso, in uno dei pochi posti liberi. L’intera scolaresca era già arrivata, mancavano solo pochi ritardatari, come lei.

Tamburellava le dita sul volante e batteva ritmicamente il piede sul tappetino liso, cercando inutilmente di calmarsi.

“è inutile.” Si disse, nessun respiro profondo avrebbe potuto allontanare la sua tensione. Scese dal pick up e con passi lenti si diresse verso la palestra, allestita a festa. La musica si sentiva già nel parco e i festoni annunciano ovunque l’evento dell’anno. Isabella si sentiva quasi un’estranea con quel vestitino a pois bianchi. Camminava come un condannato a morte, stringendosi nel maglioncino rosso che indossava per raparsi nell’estiva ma comunque fredda sera di Forks.

Sentiva su di sé tutti gli occhi degli studenti non ancora entrati, in fila per le foto di rito sotto l’arco di palloncini colorati. Dalla quella stessa fila che aveva gli occhi curiosi puntati su di lei, uscì Jacob. Stupito della sua presenza, del suo abbigliamento stranamente elegante, aveva chiesto a Leah, la sua accompagnatrice per la serata, di scusarlo un attimo. Si era diretto velocemente verso Isabella e, presala per un braccio, l’aveva portata lontano da orecchie e occhi indiscreti.

“che ci fai qui?” chiese lui senza tanti preamboli.

“sono qui per il ballo...” il vestito, le scarpe, i capelli portati all’indietro con le due mollettine che Sue aveva regalato a suo padre, la facevano sentire fuori luogo, priva di quella sicurezza e di quella corazza che indossava sempre.

Jacob sospirò. “Bella...io, io sono qui con Leah.” Sconvolta da quella rivelazione, Isabella si allontanò da lui.

“stai con lei ora?”

“avevi detto che non saresti venuta al ballo.”

“ma ora sono qui.” Sorrise titubante, poco sicura che il suo ragazzo avrebbe rinunciato alla ragazza più bella e corteggiata della scuola per lei. Anche se era lei ufficialmente la sua ragazza. Anche se si era messa un vestitino solo per lui. “ti piaccio?” fece una mezza giravolta su se stessa per mostrare con orgoglio il regalo di suo padre.

“smettila Isabella. non è l’abito che cambia ciò che sei.”

“vuoi dire che...che è stato tutto inutile?” lui annuì, serio.

“non cambi perché indossi un vestito elegante. In questo momento voglio qualcosa di più che stare con un maschiaccio...”

“non è colpa mia se...”

“non dare ad altri le tue colpe.” Con quell’ultimo affondo nel cuore di Isabella, lui se ne tornò da Leah che lo attendeva impaziente di sapere se la ragazza con il vestitino nero e rosso era proprio Isabella Swan.

***

Due giorni dopo Jacob Black si presentò a casa Swan come se nulla fosse successo, come se non avesse rifiutato Isabella come sua dama al ballo.

Il signor Swan non lo fece nemmeno accomodare, Isabella era partita il pomeriggio prima, anticipando di quasi un mese la sua partenza per Boston.

Jacob, sentì un dolore nel petto alla notizia, se ne era andata senza salutarlo. Si girò per percorrere il vialetto fino alla macchina ma la voce di Charlie lo fermò.

“se ne è andata per colpa tua, Jake. Hai dato a un padre il dispiacere più grande, vedere la propria ed unica figlia piangere per un uomo che non la merita. La mia bambina ieri era stupenda. Sei tu quello che manca così tanto di tatto da non poter essere considereato un uomo.”

Detto ciò Charlie Swan sbatté la porta e per gli anni che seguirono salutò a malapena Jacob, la causa dell’allontanamento repentino ed anticipato di sua figlia.




p.s. dell'autrice: l'ho riletto più volte e ogni volta cambiavo qualcosa. Avrei voluto mettere qualcosa di più sui sentimenti di Charlie e Bella, ma credo che il capitolo sia usito bene, proprio come lo volevo. Fatemi sapere che ve ne pare...questa dovrebbe essere l'ultima apparizione di Jacob (ma mai dire mai...)
GRAZIE per la risposta così positiva allo scorso capitolo!!
bene, aspetto i vostri pareri!! al prossimo capitolo!! =)
intanto potete leggere questo originale, no?? xD
   
 
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