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Autore: suzako    03/04/2006    20 recensioni
[Peter Pan] Addio Wendy, ti ho amata, a modo mio.
<< Addio, Peter>>
Perché non posso amarti, non posso smettere di odiarti, mio primo e ultimo amore.
Genere: Generale, Romantico, Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Untitled Document Nelle sere di settembre mi piace stare così, vicino alla finestra aperta, la brezza della sera che entra nella stanza, le luci della città che si vanno spegnendo, il respiro regolare di Jane che tiene ferma la mia immobilità.

Sparire

Io non sono.
Almeno per un’ora, fingo di non esistere, fluttuare senza coscienza nella stanza, sollevandomi con leggera inconsapevolezza.
Volare, come quella volta, anni e anni fa…
Non ho dimenticato.
E come hai promesso, so che anche tu ricordi, anche tu ti risvegli nelle notti agitate, mosso dal dubbio dell’esistenza, sul baratro della follia.
Io sono qui.
Anche adesso, nell’impercettibile spostamento d’aria che causa il sollevamento dei tessuti di lino davanti alle finestre schiuse, in quest’improvviso spiffero gelido, che porta le foglie degli alberi perduti, in quest’assenza
so che sei qui.
Invisibile ma evidente, una componente immaginaria della mia vita, una parte che tento di celare agli altri, ma non posso nascondere a me stessa.

Questo respiro.
Io conosco il suono di quei passi, la luce di quelle ali.

Oggi, sei venuto a riscuotere il tuo tributo?

Peter.

Mi affaccio alla finestra, l’aria è tornata calda e rassicurante, satura delle polveri che si alzano da terra, eco del terrore dei bombardamenti.
Ho bisogno di credere in un posto dove poter fuggire, ho bisogno di raccontare favole nuove, per illudermi di poterle vivere nuovamente.
La mia fiaba più bella te la sei portata via tu, una notte d’inverno a bordo di un vascello fatato.

<< Wendy… Sei tu? >>, questa è la voce che aspettavo, un sussurro che ho creduto d’udire innumerevoli volte, nelle grida del vento.

Cosa è accaduto?

<< Sì... Da quanto tempo, Peter… >>, sorrido con voce incerta, e sento qualcosa che si accende, dal profondo…

…Cosa è successo a quegli occhi? Perché risplendono così vuoti alla luce lunare?

<< Sei davvero…? Ma sei cambiata molto… >>

Forse… E’ ciò che tu stesso temi di più? Cosa è successo, in questo spazio vuoto che distingue la mia vita dal nostro ultimo incontro?

<< Non sono io, è il mondo intorno a me che non è più lo stesso. >>, mi sento dire senza enfasi.

Il respiro di Jane si interrompe per un attimo, la sento rigirarsi nel sonno prima di riprendere a dormire.

<< Già, ora ti preoccupi delle cose dei… Grandi. >>, borbotti guardandomi con astio

<< Non potrei fare altrimenti… Sono una donna sposata, ora. >>

Un sorriso amaro.

<< Già, proprio come aveva detto Uncino. >>

<< Peter, cosa vuoi? >>, la domanda sorge spontanea sulle mie labbra, ma solo perché voglio sentire la tua voce pronunciare con chiarezza la risposta, scandire la mia condanna.

Perché la mano che mi sfiora il viso è così fredda? Perché ho paura?

<< C’è qualcosa… Qualcosa che mi devi. Torna con me, torniamo all’Isola che non c’è, Wendy. >>

<< Non posso… Io non so volare, oramai. >>, rispondo mestamente, e lotto contro le lacrime.

<< Posso insegnartelo di nuovo. >>

<< No, non puoi. >>

<< Non c’è nulla che io non possa fare! >>

<< Non sei cresciuto. >>

<< Non crescerò. >>

<< E’ tardi… Troppo tardi. >>

E’ vero, troppo ormai.

<< E’ colpa tua… Saresti dovuta rimanere con me, all’isola. Perché mi hai lasciato? >>

<< No, non è così… Sei tu che hai abbandonato me, sei tu che sei fuggito, per la prima volta hai avuto paura. >>

<< Io?! Paura… E’ che… che sono tutte sciocchezze! >>

<< Ed è per queste sciocchezze, che oggi sei qui? Sai, Peter… Ero sicura, il giorno del mio matrimonio, che saresti arrivato volando sulla chiesa, prendendo a calci Edward e impedirmi di pronunciare quel fatidico sì, prendendomi e portandomi via con te... Come nelle mie favole da bambina!. Eppure tu non arrivasti, e le mie preghiere furono vane…E io sono cresciuta quel giorno. Ma adesso sei qui… Perché? >>

<< Io… Devo trovare qualcosa… Qualcosa che ho perduto. >>, mormori come in un sogno.

So dove lo troverai, il tuo tesoro. Non in fondo ai miei occhi, perché ormai…
Il tempo è volato via, cavalcando le onde degli oceani più blu, ed è solo nella primavera, che potrà rinnovarsi la nostra promessa.

E so cosa è destinato a succedere, adesso. So come finirà questa favola, perché lo vedo nei miei incubi, lo leggo nelle stelle e negli occhi chiari della mia bambina, perché so che ti appartiene, come una proiezione di me stessa, come il desiderio più profondo e antico, irrealizzabile.
E’ ovvio che i tuoi occhi scorrano per intero la stanza, a sfiorare i ninnoli sul comodino, a sedersi sul soffitto per scrutarmi con diffidenza.
Ed infine, lo sguardo cadrà sul lettino dalla parte opposta alla finestra – l’ho messo il più lontano possibile, sai? – e aggrotterai le sopracciglia, avvicinando lentamente, planando su di lei come un’ombra, toccando fugacemente quei capelli leggeri, quelle labbra rosse, con delicatezza, per paura di infrangere…
Un sogno.
Non è un sogno, questo.

<< Lei… chi è? >>, chiedi con un filo di voce, senza smettere di fissarla.

<< E’ mia figlia. Jane… >>

<< Jane… >>, assapori quel nome socchiudendo gli occhi, rapito nell’animo.

Non farlo. Ti prego, non farlo…
Adesso.

Senza dire altro, senza chiedere o aspettare, vedo il realizzarsi del mio destino, e stavolta non potrò svegliarmi al sicuro sotto le lenzuola, e stavolta non potrò scacciarlo via con un pensiero.
Le passi un braccio intorno alla schiena, e poi l’altro va a cingere le gambe, sollevandola con innaturale leggerezza, mentre i suoi occhi non si dischiudono ancora.

Non svegliarti, bambina.
Continua a dormire, perché questa volta il sogno non finirà.

<< Verrà con me… Starà bene. >>

<< Io… >>, cosa posso dire? Cosa posso fare?

<< Allora… Ciao. >>

Ed è un attimo. Prima di vederti sollevare in aria, prima che il cielo scuro inghiotta la tua figura, devo sapere.

<< Aspetta… Peter, cos’è successo? >>,

<< Nulla. >>

<< Peter, perché sei così diverso…? Dov’è Campanellino? >>, la mia voce è rotta e roca, non riesco a guardarti negli occhi.

Un ghigno, un oscuro bagliore

<< Anche i bambini cambiano, anche i bambini sanno uccidere. Io sono morto quel giorno quando mi hai lasciato andare, e Trilly… Trilly è morta dieci, venti, cento volte, ogni volta che non hai creduto in me, ogni volta che hai negato l’esistenza delle fate. E’ colpa tua? >>

<< No… Io non… >>

Piangere, come una bambina?

<< Basta… Arrivederci, Wendy. >>

E adesso... Devo concludere questa fiaba, mettere la parola fine a quest'ultimo incontro.

<< Peter? >>

<< Sì? >>

<< Non mi dimenticherai, vero? >>

E' un sorriso sincero, limpido, questo che vedo? O una proiezione delle mie speranze, un'illusione della crudele luna?

<< Mai, mai, neanche nei sogni, neanche nelle notti più nere. E le racconterò di te… >>, queste parole, così dolci...

Addio, Wendy.

A modo mio, ti ho amata.

<< Addio… >>

Perché non posso odiarti, perché non posso smettere di amarti: Peter, mio primo e ultimo amore.

  
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