Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: Panda_chan    09/08/2011    3 recensioni
Con una mano le scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti al viso, riportandola dietro il suo orecchio, tuttavia si irrigidì quando lei si sporse per baciargli le labbra.
“Hai… Hai chiuso i balconi, vero?”
“Nessuno può vederci, se è di questo che hai paura. Ma vorrei parlare della tua assurda convinzione che l’unico modo per continuare a vederci sia chiuderci in una specie di bunker protetto.”
“Non è una stupida convinzione. È solamente meglio così per tutti, fidati di me.”
“Quella che mi hai appena detto è la più grande cretinata sulla faccia della terra. C’è qualcosa che ti preoccupa, e tu non vuoi rendermene partecipe.”
“Ho solo dei problemi al lavoro.”
“Devono essere problemi molto, ma molto gravi se ti costringono a comportarti come un criminale braccato. Quale problema lavorativo può essere così insormontabile da dover condizionare anche la tua vita privata?”
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti!
Questa è la prima fanfiction che scrivo nel fandom di Death Note.
I personaggi sono un po’ inusuali, infatti i protagonisti sono Reiji Namikawa – uno degli otto della Yostuba con cui Light, con il nome di Elle, prende accordi per la cattura di Higuchi – e Midori, un personaggio di mia invenzione.
Spero che comunque leggerete numerosi e che la lettura risulti piacevole! ^^

 

**********

 

ANSWERS

 

La grande metropoli di Tokyo era particolare, di sera: aveva le luci brillanti e fitte di una capitale di stato  ma contemporaneamente conservava una certa sua malinconia, come se ognuno di quei punti luminosi, pur nel mezzo di una massa di elementi simili a sé, si mantenesse distante ed inerte rispetto agli altri.
Era così, Tokyo: tutta grandiosità e solitudine.
Lo spettacolo degli alti palazzi illuminati e delle vie tentacolari percorse da mille e mille auto era seguito con attenzione da una sagoma affacciata ad una finestra di un enorme grattacielo.
In realtà definirla finestra sarebbe stato improprio, perché la struttura esterna dell’edificio si componeva interamente di spessi vetri antisfondamento  che creavano l’effetto curioso – ma non raro a Tokyo – di una costruzione interamente composta di vetro trasparente.
A Reiji Namikawa, che osservava la città dal suo ufficio al trentaduesimo piano, non piaceva quell’effetto: gli dava la sensazione di essere perennemente sotto gli occhi di chiunque alzasse lo sguardo da fuori; non aveva importanza che ad essere trasparenti fossero unicamente le pareti più esterne, mentre tutte le altre erano in comune muratura; gli risultava comunque una condizione disagevole per lavorare, per quanto il suo operato fosse sempre stato ineccepibile.
Sospirando, osservò il proprio riflesso sul vetro, che gli restituì l’immagine di un uomo alto e proporzionato di circa trent’anni ben portati; i capelli erano neri e setosi, lunghi fino alle spalle, mentre il viso dalla pelle chiara era affilato e perfettamente sbarbato, con occhi grigi dal taglio allungato.
Nel complesso Namikawa sapeva di essere un uomo attraente, e amava curare il proprio aspetto almeno quanto detestava servirsene per accattivarsi le altre persone.
In quel momento, comunque, la serenità della sua espressione era offuscata da una maschera concentrata e preoccupata.
Dopo un altro sospiro frustrato, Reiji guardò l’orologio e si accorse che erano già le otto e mezza.
Normalmente, a quell’ora si sarebbe trovato nel proprio attico in uno dei quartieri più esclusivi della città a rilassarsi, ma quella sera era ben lungi dal potersi allontanare dalla Sede Centrale della Yotsuba, la ditta presso cui lavorava da quando aveva terminato i suoi studi alla prestigiosa università di Harvard, pochi anni prima.
Lo aspettava, alle nove di quel venerdì sera, un meeting nella sala riunioni con sette altri suoi colleghi, meeting che avrebbe invariabilmente portato alla scelta del nome di una qualche persona da eliminare tramite il loro contatto con il terrificante e quasi mitologico personaggio denominato Kira.
Namikawa era sempre stato un uomo ambizioso – fin dagli anni della sua adolescenza, quando non aveva permesso alla totale diversità del mondo americano di ostacolare la sua volontà di studiare in una delle strutture migliori al mondo – ma non immorale, e nemmeno pazzo.
L’unico motivo per cui si lasciava ancora trascinare in quelle riunioni dall’esito orrendo era che ovviamente una qualunque assenza gli sarebbe costata la vita seduta stante, cosa che francamente preferiva evitare.
Allontanandosi dalla parete vetrosa, Reiji si passò una mano sugli occhi e la lasciò scorrere sul profilo del naso dritto e sul contorno delle labbra sensuali.
Raccolse l’agenda e le sue cartelle dalla scrivania, spense e richiuse il computer portatile e ripose tutto in bell’ordine nella sua ventiquattrore, che prese con sé uscendo dalla stanza.
Per tutto il tragitto, in corridoio, nell’abitacolo dell’ascensore e davanti alla soglia che doveva varcare, un’agitazione sorda gli chiuse la gola in una morsa opprimente, serrandosi ancora di più quando lui, sospirando un’ultima volta, entrò nella sala riunioni.
La stanza era grande ed aveva un soffitto alto su cui erano fissate le luci al neon.
Al centro era sistemato un ampio tavolo ottagonale, con un piccolo schermo ed una comoda poltrona per ciascun lato.
Quando Namikawa entrò, trovò che gli altri sei – il settimo era deceduto poco tempo prima, dopo aver dichiarato la propria volontà di staccarsi dal vincolo che li legava a Kira – erano già seduti: Takeshi Ooi, Suguru Shimura, Eiichi Takahashi, Kyosuke Higuchi, Masahiko Kida e Shingo Mido erano infatti seduti ognuno al proprio posto, ed anche se Higuchi parve adocchiarlo con uno sguardo sgradevole, nessuno fece osservazioni sul fatto che Reiji fosse arrivato per ultimo, anche perché generalmente era sempre puntuale, se non addirittura in anticipo.
Mantenendo un’espressione neutra, prese posto tra gli altri, e la Riunione della Morte ebbe inizio.

 

Erano già le dieci e mezza quando finalmente si accordarono sulla sorte di un ultimo concorrente particolarmente ostile alla Yotsuba per poi finalmente congedarsi, lasciando la sala.
Reiji fu molto sollevato che la riunione fosse finita, perché davvero non credeva che avrebbe potuto sopportare oltre; con un ultimo cenno a Mido, che era sceso in ascensore con lui, uscì dall’edificio che costituiva la Sede Centrale.
Camminando velocemente raggiunse il parcheggio, ed estrasse dalla tasca dei pantaloni le chiavi della sua auto, una maestosa Maserati nera – unico sfizio, unico strappo alla sua regola di non ostentare il proprio benessere economico.
Mise in moto e si diresse a velocità sostenuta verso un quartiere dall’altra parte della città.

 

Quando arrivò a destinazione, posteggiò l’auto e si incamminò verso l’ingresso del grande complesso condominiale che era la sua meta.
Senza suonare il campanello, estrasse il cellulare e compose in fretta un messaggio che inviò subito, e pochi secondi dopo il portone del comprensorio scattò, aprendosi.
Guardandosi intorno per essere certo che nessuno lo seguisse o facesse caso a lui, Reiji avanzò ed entrò nel palazzo, e prese l’ascensore per salire al sesto piano.
Non appena vi giunse trovò la porta del terzo appartamento a sinistra già sbaciata, ed entrò, richiudendosela alle spalle.
“Hai fatto tardi, stasera.”
Una voce femminile proveniente dalla stanza attigua lo accolse, risultando per la verità lievemente irritata.
“Ti avevo avvisato che non sarei riuscito ad esserci per l’ora che avevamo concordato. Mi dispiace, c’è stato un imprevisto. Buonasera, comunque.”
Sentì dei passi risuonare dalla cucina dell’appartamento, e di lì a poco la ragazza comparve di persona in ingresso.
Reiji la guardò, con un lieve sorriso teso.
Aveva capelli biondi di media lunghezza, un  viso tondo e la pelle chiara, naso dritto e bocca carnosa.
Non era molto alta, e la sua corporatura minuta annegava in una tuta di due taglie più grandi della sua – avevano discusso molte volte sulla questione dei suoi pigiami oversize, ma non era mai riuscito a spuntarla.
“Tanto per sapere, cosa intendi per imprevisto?”
“Oh, nulla di che, cinque minuti di svago alternativo con la segretaria.”
La guardò con un sguardo ironico, ma vedendo che lei non rideva affatto ma al contrario i suoi occhi stavano assumendo una pericolosa sfumatura omicida sbuffò, condiscendente, per poi parlare di nuovo.
“È stata solo una semplice riunione straordinaria, Midori, non c’è bisogno di prenderla così.”
L’espressione di lei si addolcì un po’, pur senza ritornare del tutto serena.
“Mettiti pure comodo, e vieni a sederti.”
Grato di potersi rilassare un po’ dopo una serata così estenuante, Reiji  si tolse il cappotto e appoggiò in ingresso la ventiquattrore – detestava lasciarla in macchina – per poi accomodarsi nel più spazioso salotto.
Si sedette sul morbido divano e subito Midori comparve, portando un vassoio  con due tazze di the bollente.
“Hai cenato o vuoi che ti prepari qualcosa?”
“Non ho cenato, ma non fa nulla. Non ho fame.”
Lei appoggiò il vassoio sul tavolino di fronte al divano, quindi si sedette di fianco a lui.
La lasciò fare quando con gesti premurosi lo liberò dal fastidio della cravatta e gli sbottonò i primi due bottoni della camicia chiara.
Con una mano le scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti al viso, riportandola dietro il suo orecchio, tuttavia si irrigidì quando lei si sporse per baciargli le labbra.
“Hai… Hai chiuso i balconi, vero?”
“Nessuno può vederci, se è di questo che hai paura. Ma vorrei parlare della tua assurda convinzione che l’unico modo per continuare a vederci sia chiuderci in una specie di bunker protetto.”
“Non è una stupida convinzione, Midori. È solamente meglio così per tutti, fidati di me.”
“Quella che mi hai appena detto è la più grande cretinata sulla faccia della terra. C’è qualcosa che ti preoccupa, e tu non vuoi rendermene partecipe.”
“Ho solo dei problemi al lavoro.”
“Devono essere problemi molto, ma molto gravi se ti costringono a comportarti come un criminale braccato. Quale problema lavorativo può essere così insormontabile da dover condizionare anche la tua vita privata?”
Reiji non rispose, limitandosi a stringerla a sé.
Doveva pensare a qualcosa da dirle.
Anche se aveva un carattere difficile, estremamente scattoso e incredibilmente lunatico, Midori non era affatto stupida e avrebbe sicuramente trovato un modo, lecito o illecito che fosse, per fargli sputare il rospo.
E sperare che si stancasse non sarebbe servito a niente: difficilmente si sarebbe riusciti a trovare, al mondo, una persona più tenace – o testarda – di lei.
“Le ricordo che sto ancora aspettando una sua risposta, signor Namikawa.” proruppe ancora la ragazza, la voce resa attutita dalla posizione del suo viso contro il petto di lui.
“La Yotsuba potrebbe trovarsi in una situazione… Poco piacevole, prossimamente. Preferisco evitare che ti vedano insieme a me, dato che non voglio assolutamente che tu venga coinvolta.”
Dopotutto non aveva detto nessuna bugia, pensò Reiji sorridendo amaramente tra sé, aveva solo omesso qualche piccolo particolare, come ad esempio che la situazione poco piacevole poteva essere dettata dai contatti suoi e degli altri sei con Kira, il quale poteva tranquillamente uccidere chiunque a suo piacimento, a patto di conoscerne volto e nome.
Ed era vero anche che nessuno doveva vederli insieme, visto che L aveva palesato le sue mosse atte a smascherarli e sicuramente li teneva d’occhio anche quando non erano al lavoro, procurandosi ogni informazione disponibile sul loro conto.
Reiji sperava che nessuno fosse venuto a sapere che aveva una relazione – non ne aveva parlato nemmeno con i suoi genitori, quando li aveva sentiti al telefono, per scrupolo – perché davvero non credeva di poter tollerare che venisse fatto del male a lei, anche se stava sempre attento a non renderle troppo accessibili i propri pensieri: lo faceva sentire vulnerabile, e lui odiava essere messo di fronte ai propri punti deboli.
“Adesso mi accontenterò di questo, Reiji, ma troverò il modo di ricevere una notizia che abbia un senso, prima o poi. Avrò la mia risposta.”
Reiji sospirò di sollievo, felice che almeno per il momento lei avesse smesso di fare domande; non sarebbe durata a lungo, ma fu comunque intimamente grato della tregua per la serata.
Si concessero un altro bacio, più lungo e più profondo, e si strinsero più forte.
La mano di lui scivolò sotto l’enorme felpa che Midori indossava, accarezzandole la pelle nuda della schiena, mentre quella di lei viaggiava sul suo collo e sulla sua nuca e gli accarezzava i capelli scuri e lucidi.
Quando, qualche minuto dopo, sorseggiarono il the, ciascuno dalla propria tazza, ansimavano entrambi leggermente.

 

L’appartamento era in penombra, e le persiane rimanevano abbassate, chiaro segno che la luce primaverile di Aprile non era la benvenuta, non quell’anno.
La televisione era spenta, così come tutte le luci, e l’unica cosa a rimanere accesa era una piccola radio a batterie, che diffondeva in tono smorzato e con alcune interferenze la voce dell’annunciatore di un notiziario radiofonico.
Le azioni sono precipitate vertiginosamente… Yotsuba è ormai un’azienda in declino… Morti sei dipendenti, Ooi, Mido, Namikawa… Kida… Dopo la morte di Arayoshi Hatori, l’anno scorso…. Probabili contatti con Kira.
Midori singhiozzò sommessamente, rannicchiata sul divano, premendosi un fazzoletto di carta consumato sulle labbra tremanti e congestionate.
Non piangeva, ma non perché non volesse farlo; semplicemente, aveva finito le lacrime almeno qualche ora prima.

…Hai avuto, ora, la tua risposta…?

 

**********

 

Grazie mille a tutti coloro che hanno letto. ^^
Sarò molto grata a chi vorrà rendermi partecipe delle sue impressioni tramite recensione!  =D
Ciao ciao!
Panda

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Panda_chan