Candice Rose Pride - capitolo primo.
Frappuccino.
Non c'era niente di meglio per cominciare la giornata, soprattutto se
quello
era il primo giorno del quarto anno di liceo.
Candice
non era per niente emozionata all'idea di ritornare fra le pareti
imponenti
dell' Eleanor Roosevelt High School a differenza della marea di
studenti che
invadevano lo Starbucks Coffe qualche minuto prima dell'inizio delle
lezioni.
Non
aveva mai capito il motivo per cui era l'unica a cui l'idea di
ricominciare un
nuovo anno scolastico non l’entusiasmava minimamente, fino a
quel momento.
Ovunque
guardasse non vedeva altro che gruppi di ragazzi e ragazze che si
abbracciavano
energicamente o che raccontavano le loro vacanze estive o ancora, che
scherzavano fra loro. Ognuno di quei comportamenti per lei erano
totalmente
estranei.
Candice
non aveva nemmeno un amico.
Il che
era strano visto che essere la ragazza più popolare della
scuola, quella con
cui tutti volevano uscire e che desideravano come amica offriva
parecchi
vantaggi, ed in effetti era così.
Possedeva
una lunga fila di pretendenti e una ancor più lunga di gente
che avrebbe fatto
qualunque cosa per riuscire a scambiare solo qualche parola con lei e
che erano
disposte a fare carte false pur di essere accettate e rispettate,
persino
diventare amiche della fredda e pungente Candice Pride.
Solo
che a lei quel tipo di amicizia non interessava e piuttosto preferiva
ignorare
chiunque, aveva scelto volontariamente di non avere amici per non
restare
ferita affezionandosi troppo a qualcuno.
Non è
che fosse una completa asociale, la sua popolarità andava
mantenuta in qualche
modo ed era per quello che frequentava solo persone di una certa
importanza, in
pratica tutte le cheerleader e i giocatori di football, più
qualche altro
fortunato che poteva rendersi utile durante i compiti in classe di
matematica e
filosofia.
Sorseggiò
pigra un altro po’ del suo frappuccino, prima di prestare
attenzione a quello
che, una pomposa Rachel, le stava dicendo.
"Quest'anno
compreremo divise nuove per le cheerleders, spero che il preside non
faccia
tante storie, ce lo deve visto che mio
padre ha finanziato i fondi per le ristrutturazioni dei laboratori e
della
palestra" annuì poco convinta e poco interessata dato che
non faceva
nemmeno parte delle cheerleader.
Era
stata ammessa nel gruppo, o meglio, il gruppo era andato da lei, solo
perché
era la figlia del signor e della signora Pride, importante imprenditore
lui, e
altrettanto importante stilista lei, proprietaria di una delle
più prestigiose
atelier new yorkesi.
In
parole povere, era ricca e partecipava a tutti gli eventi mondani a cui
i suoi
erano invitati. Ecco perché si umiliavano scodinzolandole
intorno come fedeli
cagnolini.
Che
idiote, nonostante lei esternasse palesemente il suo fastidio
nell’averle
sempre fra i piedi loro continuavano ad adularla senza che lei
chiedesse
niente.
"Candy!...mi
stai ascoltando?" la richiamò Rachel, con
quell’insulsa vocina da bambina
delle elementari. E poi chi diavolo le aveva dato il permesso di
chiamarla con
quello stupido nomignolo?
"A
dire la verità no. Non capisco perché dovrei
stare a sentire tutte le cazzate
che escono dalla tua bocca" rispose secca senza neppure guardarla.
Nessuno
fiatò per i successivi dieci minuti, il tempo esatto che la
ragazza impiegò per
terminare il suo frappuccino, ravvivarsi i riccioli biondi
perfettamente
definiti e andare a pagare alla cassa.
Sapeva
di aver esagerato a rivolgersi in quel modo, ma per Rachel le cose
erano migliorate
parecchio da quando stava con lei, per cui non avrebbe mai rischiato di
ribellarsi ai suoi modi sgarbati. Non le conveniva.
Con la
coda dell’occhio notò il New York Times di quella
mattina abbandonato sul
bancone e riconobbe in prima pagina, in un trafiletto laterale la foto
di suo
padre.
Lo
afferrò e iniziò a leggere ciò che
riportava l’articolo.
Quando
terminò, quello che si era rivelato essere un elogio a suo
padre per la sua grande
abilità a riuscire a mantenere il controllo e gestire
perfettamente le sue
quote, sentì un moto di rabbia attraversale il corpo.
Non
riusciva a credere che quell’uomo avesse la faccia tosta di
dichiarare alla
fine dell’intervista di riuscire ad equilibrare il lavoro
alla famiglia, che
amava e con cui cercava il più possibile
di trascorrere del tempo.
Tutte bugie,
in diciotto anni di vita l’unico rapporto che lei e Richard
Pride erano riusciti
ad instaurare era stato salutarsi.
Si era
domandata più volte se in tutto quel tempo le fosse mancata
una figura maschile
in casa, qualcuno che la coccolasse e che la facesse sentire protetta
e, alla
fine si era sempre risposta con un no, deciso e inflessibile,
perché in realtà
ciò di cui aveva bisogno era avere una famiglia e per quanto
sua madre avesse
cercato di essere presente nella sua vita non era riuscita
nell’intento,
lasciandola spesso sola in casa con la babysitter quando era piccola e
con una
carta di credito adesso che era cresciuta.
Certo
le voleva bene e lei lo sapeva ma certi giorni si era sentita davvero
abbandonata.
Scosse
la testa per scacciare dalla mente quei pensieri angoscianti e
ritornò dalle proprie
seguaci.
"Andiamo"
ordinò annoiata alle ragazze quando le raggiunse al tavolo
dove aveva lasciato
la borsa.
In un
batter d'occhio erano tutte dietro di lei, in fila, altezzose come non
mai e Rachel
portava i suoi libri.
Arrivarono
alla Eleanor Roosevelt High School poco dopo, dove si conoscevano
tutti, chi
più chi meno, il che era inevitabile essendo una scuola
privata che offriva
l'accesso solo ai 420 studenti più brillanti e preparati
– e il più delle volte
raccomandati – di New York.
"Oh
mio Dio, c'è Linda White! Guardate è diventata
una vacca, io mi vergognerei a
camminare per strada se fossi in lei" bisbigliò Brittany,
un'altra
cheerleader, scatenando le risatine divertite del resto del gruppo.
Tranne
quelle di Candice.
Se
c'era una cosa che più odiava era giudicare la gente in base
all'aspetto fisico
anziché dalla capacità di ragionare, forse era
per quello che non parlava con
nessuno se non quando era strettamente necessario, stava cominciando a
credere
che al mondo non fosse rimasta nemmeno più una persona con
un minimo di
cervello e Kevin Mickanson e il resto
dei suoi compagni della squadra di basket qualche metro più
avanti non fecero altro
che avvalorare le proprie teorie.
Come al
solito non perdevano l'occasione di importunare le ragazze con commenti
volgari
e estremamente maschilisti, la nuova vittima di quell’anno
era una ragazza,
Faith Dobrev, se ricordava bene, che lo ignorò, come
ignorava praticamente
qualsiasi altra persona. Un po’ come faceva Candice insomma.
Kevin
era il ragazzo di Brittany, si erano conosciuti quell’estate
ad una festa
organizzata da quest’ultima ed era scoppiato
l’amore, l’alcool a volte faceva
miracoli, perché davvero, Candice non riusciva a spiegarsi
ed anche capacitarsi
di cosa una ragazza trovasse di attraente in un tipo del genere.
"Ciao
dolcezza, vieni qui" disse non appena Brittany gli si
avvicinò. Lei fece
per baciarlo ma lui la bloccò.
"Sai,
dovresti prendere esempio da Candy, guardala è
così sexy..." disse
facendole l'occhiolino. Ancora quel soprannome detestabile.
"Fottiti
Kevin" rispose tagliente Candice, prima di allontanarsi da quell'essere
ributtante.
Era da
quando si erano incontrati quattro anni prima che lui non faceva altro
che fare
apprezzamenti rozzi sul suo aspetto dandole un altro motivo per odiarlo.
Certo
il fatto che niente nell’aspetto di Candice passasse
inosservato non aiutava a
tenere a freno i complimenti o come in quel caso, commenti sfacciati.
Era alta un
metro e ottanta, il genere di persona che nessuno avrebbe mai voluto
trovare
nel posto davanti, al cinema o ad un concerto, in più era
magra in modo
proporzionato, possedeva un fisico perfetto grazie ai numerosi anni di
nuoto
che aveva abbandonato appena due anni prima. L’elemento che
più la
caratterizzava però erano i capelli biondi simili
all’oro che le ricadevano
oltre le spalle in riccioli definiti e ordinati. Gli occhi erano di un
blu
intenso e acceso animati sempre da una forte determinazione e le labbra
piene dalla
forma a cuore vantavano un colore che avrebbe sicuramente fatto invidia
ad
un'industria di rossetti. Era bella, bella da morire.
“Ma che
caratterino, non ti stanchi mai di essere così
scontrosa?” chiese avvicina dosi
e spingendo letteralmente via la povera Brittany.
“A
volte, ma poi tu cominci a parlare e ritorno sulla retta via”
rispose Candice
sarcastica cercando di mettere almeno due metri di distanza fra loro.
“Cosa
posso dirti, mi piace farti arrabbiare. Mi eccita.” si
leccò le labbra in un
modo piuttosto eloquente.
“Dio, mi
fai schifo” disse la ragazza alzando il passo per evitare di
prenderlo a
ceffoni, “perché non sparisci così fai
un favore a tutti?” e detto ciò gli
voltò le spalle e si avviò verso la classe ancora
inorridita da tanta volgarità
concentrata in un singolo individuo, se così lo si poteva
definire.
"Brittany,
anzichè preoccuparti di che taglia di pantaloni porta Linda
White pensa a
trovare il modo di non farglieli levare dal tuo ragazzo" disse adirata,
"vado
a lezione e per favore provate a non ronzarmi attorno almeno
oggi” con quelle
parole le liquidò ed entrò in classe per la
lezione di letteratura inglese.
Finalmente un po’ di pace.
***
Bene!
Premessa: Questa storia è nata come un GDR scritto a sei mani -infatti era difficoltoso scrivere perchè non c'era più posto sulla tastiera- emm... Si insomma. Ok chi scrive è Fozzy, con affianco Nemi (per gli amici nana...) e le altre due mani, quelle di Lè, sono momentaneamente in vacanza al mare, ma comunque è sempre qui con noi con lo spirito. ù.ù
Questo capitolo è solo l'inizio e Candice, la dolce e amaaaabile (?) Candice è il personaggio dell'altrettanto dolce e amaaaabile (????) Noemi. Faith e Gillian gli altri due personaggi principali di questo 'Beautiful del nuovo millennio' sono i personaggi gestiti rispettivamente da me (Fozzy n.d.a.) e Alessia.
E nieeeeeeente, questo è solo l'inizio, non potete neanche immaginare cosa abbiamo in serbo per voi. Sperando che vi sia piaciuto...
Alla prossima.
F.A.N. ♥