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Autore: Natalie_S    04/04/2006    2 recensioni
Un'ex allieva di Snape diventa una spia per l'ordine della fenice, ma presto la sua lealtà inizia a vacillare...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mancavano poche settimane a natale quando per la prima volta tornai ad Hogwarts dopo il diploma. Inoltre era la prima volta che mettevo piede nell’ufficio di Dumbledore: tutti i provvedimenti disciplinari nei miei confronti avevano sempre avuto luogo presso qualche insegnante (tipicamente Snape, il direttore della mia casa), ma non avevo mai combinato nulla di abbastanza grave da venire spedita dal preside.
In effetti, c’era stato un momento in cui mio padre avrebbe voluto assolutamente conferire con lui (cosa che indubbiamente avrebbe portato anche me al suo cospetto) riguardo alla mia ignoranza: aveva scoperto che, ormai al quarto anno, non sapevo fare le proporzioni e ignoravo chi fosse Cromwell. Non aveva mai capito bene Hogwarts e le sue materie, in realtà. Dopo una lunga discussione con mia madre, però, l’emergenza era rientrata.

Mio padre ha scoperto delle origini magiche di mia mamma solo quando ho ricevuto la lettera di ammissione a Hogwarts; prima credeva che la mia famiglia materna, i Morgan, peraltro di purissimo sangue magico da almeno una ventina di generazioni, fosse semplicemente un po’ stramba. Lei gli aveva raccontato che i suoi genitori facevano parte di una setta apocalittica con strane abitudini, e lui non aveva mai sospettato nulla di diverso.
Mi ricordo che quando era piccola e andavo a trovare i nonni mi diceva sempre :”Qualsiasi cosa ti dicano sulla fine del mondo, non è vera, tesoro, non c’è niente di cui preoccuparsi”, e io annuivo con attenzione, anche se in realtà nessuno mia aveva mai parlato di cose simili. Parlavano, invece, e molto, di rivoluzioni, di forze oscure al potere; è per questo che, quando non avevo più di sei o sette anni e mia sorella era piccola, eravamo andati a vivere in un angolo remoto dell’Irlanda, presso gli zii babbani di mio padre, in modo da evitare ogni possibile coinvolgimento. Tua madre ha paura, aveva sussurrato con disapprovazione mia nonna in quella lingua sibilante che i miei genitori non capivano. Del resto mamma era sempre stata la pecora nera, anzi il corvo, come la sua casa ad Hogwarts, della famiglia. Era l’unica non parselmouth, inoltre aveva dato scandalo sposando un babbano mancuniano, Ralph Sweeney, mio padre.
In certe famiglie questo avrebbe provocato il bando dall’albero genealogico e la perdita del saluto da parte di tutti: i miei nonni invece avevano brontolato parecchio, ma alla fine si erano rassegnati. Non l’avevano mai capita bene, mia madre, in un certo senso si aspettavano qualcosa del genere.
In compenso, le nipoti non li avevano delusi, inserendosi perfettamente nella tradizione familiare: entrambe Slytherin, parselmouth, con gli stessi occhi chiari e la pelle bianchissima di tutta la famiglia.
In effetti i rapporti tra i miei genitori e i miei nonni si sono decisamente ammorbiditi in seguito alla nostra ammissione ad Hogwarts e in particolare alla casa del serpente.
La capacità di comunicare con i rettili non è molto diffusa nel mondo magico: dicono che soltanto i discendenti di Salazar Slytherin ne siano dotati, tuttavia non ritengo che ciò sia vero. Immagino sia un po’ come essere albini.
Ciononostante, io e mia sorella c’eravamo attirate molti sospetti qualche anno prima a Hogwarts, quando l’erede di Slytherin aveva aperto la camera dei segreti e scatenato il basilisco. Fortunatamente avevamo degli alibi di ferro per le aggressioni: lezione di volo lei, punizione con la Sprout io. Un’altra volta eravamo entrambe nella sala grande, a cena.
Da piccole, avevamo ben presto capito che potevamo comunicare senza farci capire da nessun altro, il che ci era tornato utile in molte occasioni, anche se in un certo senso ci aveva sempre isolato. Molti amici hanno ammesso che siamo molto inquietanti quando ci fissiamo sibilando: la nostra fisionomia diventa più sottile, la mascella piegata in un modo innaturale, gli occhi fissi come spiritati, dicono.
Sembra sempre che stiamo gettando chissà quale maledizione oscura, quando in realtà ci scambiamo frasi come “la vector è davvero odiosa, mi ha dato una D” oppure “vuoi che ti faccia un incantesimo restringente per quel brufolo?”.
In ogni caso, nessun insegnante aveva mai seriamente creduto che potesse essere stata una di noi ad aprire la camera.
Nei miei sette anni di permanenza a Hogwarts dovevo in qualche modo aver conquistato la fiducia di molti di loro nonché del preside. Infatti qualche anno dopo il mio diploma e la mia assunzione al ministero (cooperazione magica internazionale, oltre al parseltongue parlo altre tre lingue, anche se per il momento non avevo fatto altro che compilare noiosissimi verbali) ricevetti un gufo da Dumbledore in persona, che desiderava parlarmi.

Quella sera quindi mi aveva convocata per chiedermi, senza mezzi termini, di far parte dell’ordine della fenice per contrastare il ritorno di Colui Che Non Deve Essere Nominato.

Ero un po’ sorpresa della richiesta, in realtà: la famiglia di mia madre, come ho detto, ha sempre ritenuto il sangue puro e incontaminato un valore, esattamente come Voldemort.
In cuor mio ho spesso sospettato che mia nonna fosse stata simpatizzante, se non aperta sostenitrice, dei mangiamorte.
Non che la ritenessi capace di uccidere qualcuno, se non forse stordendolo di chiacchiere o schiantandolo a pettegolezzi: ma le sue simpatie politiche notoriamente conservatrici e anti-babbane dovevano sicuramente averla fatta guardare di buon occhio i seguaci di Voldemort.

Scoprii che Araminta Meliflua Morgan aveva rischiato di finire ad Azkaban 15 anni fa, per presunti legami con i Black e i Lestrange, ma non era stata trovata alcuna prova, quindi era stata immediatamente rilasciata.

Il preside non credeva comunque che avesse preso parte attivamente alla guerra.

Alla fine accettai.

Dumbledore mi disse che avrei dovuto rispettare la segretezza, anche con gli amici e i parenti più vicini.
“sappiamo che la tua famiglia è molto legata ad alcuni dei più noti mangiamorte” continuò il preside “e vogliamo che diventi una spia. So che ti sto chiedendo molto, è un compito estremamente pericoloso.” Il mio cuore mancò un battito. Potevo solo immaginare cosa sarebbe potuto succedere a una spia scoperta da Voi-Sapete-Chi. “Tuttavia, desidero che ci pensi su, e parli a riguardo con il professor Snape. Lui sarà la tua guida, almeno per i primi tempi.”
Mi sentii sollevata, almeno un po’. Ero abituata a vedere Snape come una guida dai tempi della scuola, quando lui era il capo della casa di Slytherin, e io una studentessa diligente ma indisciplinata, su cui solo lui sembrava avere una certa autorità.
In quel momento Snape entrò nella stanza. Non era cambiato affatto negli ultimi anni: lo stesso aspetto tetro e vampiresco, lo stesso sguardo imperscrutabile.
“Allora Severus, che ne pensi?” lo interrogò il preside affabilmente.
Snape mi trapassò con lo sguardo. Mi sentivo come a un esame; stupidaggini, pensai. Fino a prova contraria ero io che stavo aiutando loro!
“No” disse dopo una breve riflessione “sarebbe un suicidio”.
“grazie per la fiducia” replicai freddamente, con un moto di orgoglio. Snape mi guardò come si guarda un moscerino sul parabrezza.
Ero stupita: ai tempi della scuola non si era mai comportato così con me.
“Potresti gentilmente spiegarci il motivo del tuo giudizio?” Dumbledore non aveva perso la sua olimpica serenità.
“Il signore oscuro è un abilissimo legilimens. Le spie devono essere mentalmente attrezzate a contrastare i suoi attacchi. Devono saper nascondere pensieri, emozioni, paure, speranze. Lei “ fece un cenno nella mia direzione “ è un libro aperto”.
Non risposi neanche: il fatto che qualcuno nella stanza potesse percepire così chiaramente i miei pensieri mi metteva parecchio a disagio.
“L’occlumanzia è un arte molto complessa e delicata, come ben sai, severus; ma sono sicuro che tu sappia altrettanto bene che non si tratta di una dote innata. Ho la massima fiducia nelle capacità di Natalie, e sono certo che se le volessi insegnare le basi di questa disciplina potrà presto aiutare la nostra causa” quella di Dumbledore non sembrava affatto una richiesta. “So che dovrai anche istruire il giovane Harry, sul cui conto sei pessimista, ma sono certo che questa allieva non ti darà problemi: trattare con un adolescente infuriato è ben diverso che istruire una giovane donna, sul cui autocontrollo non ho dubbi.”
Snape alzò un sopracciglio e mi guardò, forse memore di quando mi aveva beccata a scagliare un incantesimo lassativo contro una Gryffindor che mi prendeva in giro. Lo ricambiai, senza abbassare lo sguardo. In fondo era stato molto tempo fa.
“No” ripetè Snape, deciso.
“Potresti scusarci qualche minuto Natalie?” domandò Dumbledore.
Rimasi per un po’ fuori dall’ufficio. Mi sentivo mortificata. Non è che proprio fremessi dalla voglia di entrare in campo, ma credevo che Snape fosse più ben disposto nei miei confronti. Quando ero una sua studentessa eravamo sempre stati in buoni rapporti.
Quando rientrai, sembrava arrabbiato e offeso.
“Credo che un –tentativo- non farà alcun danno” disse lentamente: evidentemente Dumbledore l’aveva fatto capitolare.
“Desidero comunque decidere se e quando Sweeney potrà affrontare una missione in campo nemico” aggiunse.
“Benissimo!” esclamò allegramente Dumbledore “allora siamo d’accordo. Natalie, dopo le vacanze ti recherai ogni settimana a hogwarts per le lezioni di occlumanzia. Troverai che la situazione nella scuola è particolarmente…tesa, per via dei difficili rapporti con l’inviato ministeriale, la professoressa Umbridge. Per questo motivo ti prego di attirare la sua attenzione il meno possibile.”

Mi mostrarono il quartier generale dell’ordine, che si trovava in una strada sperduta di Londra. Si trattava di una casa scura e tetra, con nell’ingresso un ritratto di una donna che mi squadrò con disapprovazione.
“almeno non ti strilla contro” osservò Sirius Black, il padrone di casa. Lo conoscevo di fama, inoltre siamo cugini alla lontana. In realtà sono imparentata anche con quasi tutti i maghi oscuri. “Tu e Snape siete gli unici che sembra tollerare”.
Non mi sfuggì l’espressione nauseata con cui pronunciò il nome dell’insegnante. Lo odiai immediatamente.
Vi erano molti agenti, tra cui alcuni maghi che avevo intravisto al ministero, un insegnante di difesa contro le arti oscure di un paio di anni prima e un gruppetto di Gryffindor adolescenti che mi guardava con sospetto.
La porta si aprì nuovamente.
“Sweeney!” esclamò una voce familiare, non proprio piacevolmente sorpresa.
“Tonks” la salutai freddamente.
Era del mio stesso anno a scuola, ma era stata piazzata a Gryffindor ovviamente, e c’eravamo sempre detestate.
Eravamo acerrime rivali in classe, sul campo di quidditch, e ricordo anche un’inutile competizione per un ragazzo di Ravenclaw (che alla fine era uscito con una gattamorta, pure brutta, di Hufflepuff, e per quel che ne so stanno ancora insieme ora. Questo epilogo tuttavia non ha mitigato la nostra ostilità.).
Durante il nostro terzo anno ci azzuffavamo talmente spesso da aver dovuto passare tutte le sere, da Natale alla fine dell’anno, a scontare noiose punizioni.
Di certo non era esattamente una persona con cui mi sarei aspettata di combattere fianco a fianco.
La nostra stretta di mano fu quasi impercettibilmente più violenta del normale.
Me ne andai appena possibile.
   
 
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