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Autore: Mile    10/08/2011    1 recensioni
Aspirò profondamente. Il fumo rovente le grattò la gola e scese a scaldarle i polmoni.
Guardò il cielo che già si stava ripiegando su di lei al secondo tiro.
Era un pomeriggio afoso e grigio. Presto sarebbe arrivato un temporale coi fiocchi.
L’aria era carica di quell’elettricità e quella calma piatta di certi temporali estivi.
Non c’era nessuno in giro, ma si erano comunque andate a nascondere ai campi di calcio, lontane da occhi indiscreti e da Sedute sulle gradinate di cemento scrutavano il cielo pesante di nuvole.
L’umidità opprimeva i polmoni.
O forse era il fumo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ERBA

 

 

Aspirò profondamente. Il fumo rovente le grattò la gola e scese a scaldarle i polmoni.

Guardò il cielo che già si stava ripiegando su di lei al secondo tiro.

Era un pomeriggio afoso e grigio. Presto sarebbe arrivato un temporale con i fiocchi.
L’aria era carica di quell’elettricità e quella calma piatta di certi temporali estivi.
Non c’era nessuno in giro, ma si erano comunque andate a nascondere ai campi di calcio, lontane da occhi indiscreti e da Sedute sulle gradinate di cemento scrutavano il cielo pesante di nuvole.

L’umidità opprimeva i polmoni.

O forse era il fumo.

Socchiuse gli occhi e riportò il filtro alle labbra.

La canna non tirava. Si accorse che era spenta.

«Passami l’accendino Em» disse senza guardarla.

Em, con gli occhi arrossati e le pupille dilatate obbedì con la sua abituale flemma.

Amelia portò il purino alla bocca e, riparando la fiamma dal vento, lo accese di nuovo.

Il mondo iniziò a rallentare al terzo tiro.

Si rendeva conto di non reggere veramente un cazzo, ma ciò le permetteva di sballarsi molto più in fretta e con molta meno droga.

Le scappò da ridere insensatamente passando la canna a Emma. «Questo farebbe di noi delle drogate?» Domandò con estrema fatica.

Emma, seduta a fianco a lei, sghignazzò «Tecnicamente sì» davvero? «Ma c’è di peggio, non è proprio droga…»

Sì, infatti. Come potevi chiamarla “droga”? Non era certo LSD o crack. Era solo Marjuana.

Era anche vero che Emma frequentava solo spacciatori e dipendenti da eroina. E che il suo concetto di moralità era quanto di più relativo potesse esistere.
La guardò mentre aspirava.
Le voleva bene. Con tutti i suoi difetti.
C’era stata sempre in quegli ultimi mesi. Mesi allo sbando. Mesi in un brutto giro.
Emma la guardò ridacchiando sotto la frangetta nera. I capelli lunghi le cadevano sulle spalle minutissime. La osservava con gli occhietti castani dal basso del suo metro e cinquanta.
Che in fin dei conti Amelia era alta solo dodici centimetri in più di lei.
Non che dodici centimetri siano pochi. Bè… dipende da cosa si parla.
«è buona» disse Em.
Amelia la guardò. Em le tendeva la canna con la manina minuscola. Le unghie smaltate di nero e la maglietta con un enorme teschio stampato sopra le davano un’aria dark, forse un po’ troppo stile teenager. Nonostante i suoi vent’anni ne dimostrava sedici e probabilmente teschi e minigonne vertiginose erano un modo come un altro per cercare di sembrare più grande.
I minuscoli occhi castani erano truccati pesantemente di nero.
Era Emma che aveva insegnato ad Amelia come usare l’eyeliner. Ora una riga perfetta le risaltava la palpebra ridisegnando il contorno dell’occhio come quello di una maschera veneziana.
Erano fatte così.
Sovvertivano le regole.
Scandalizzavano i paesani bigotti.
E fumavano guardando le nuvole all’orizzonte e sentendo l’umidità pressante dell’aria.
Amelia tese la mano verso Emma. Fece un po’ troppa fatica a richiudere le dita esattamente attorno al filtro.
Finalmente la portò alle labbra e aspirò. Di nuovo il fumo le scorse in gola come un fiume di lava incandescente.
Gettò la testa all’indietro trattenendo il respiro per un attimo.
Era tutto privo di significato.
L’università che non la entusiasmava. La famiglia che la disprezzava. Perfino i suoi stupidi amici, se così potevano chiamarsi.
Amelia non aveva amici e la cosa non la toccava minimamente. L’amicizia per lei non era altro che un bersaglio disegnato sulla schiena pronto per essere colpito nel centro.
Espirò.
Un vortice azzurrognolo le uscì dalla bocca semiaperta.
«che botta» mormorò sorridendo.
«Stai male?» domandò Em preoccupata, facendo per togliergli la canna dalle mani.
«No no!» esclamò Amelia affrettandosi a ricomporsi «Mi piace…».
«Bè tesoro…» disse Em con un sorriso rilassato e soddisfatto sulle labbra morbide «ora che hai imparato le basi possiamo finalmente partire per Amsterdam».
Amelia piegò un angolo delle labbra in una smorfia che le era abituale «Se andiamo ad Amsterdam da sole, finisce malissimo».
Emma scoppiò a ridere tenendosi una mano sullo stomaco e una davanti alla bocca. «Ci raccolgono con una pala in un cassonetto».
Anche Amelia scoppiò a ridere, molto meno elegantemente, con la bocca spalancata e il naso arricciato «Ci trovano collassate in un coffe shop!» strillò «Scusi lei!» disse con la voce in falsetto a imitazione di un ipotetico individuo «Potrebbe gentilmente vomitare fuori?».
Scoppiarono a ridere.
Stava ancora ridacchiando quando aspirò nuovamente. Questa volta fu come un colpo in mezzo alla fronte. La lasciò tramortita mentre la passava faticosamente a Emma.
Una volta un tizio di nome Elf… Bè non si chiamava esattamente Elf, ma era certa che tutti lo chiamassero così. Comunque questo tizio, un tipo alto un metro e cinquanta volendo essere generosi, dal fisico scheletrico di chi si distrugge di droga e i capelli sparati in aria in un’acconciatura improbabile, in piena fattanza le aveva detto che pensava che la marjuana aiutasse le persone a essere più sincere sia con i propri amici sia con se stessi. A suo dire fumare serviva a dare la giusta misura a tutto, perché quando fumi non t’importa più un cazzo di niente. Perché, baby, questa società ci fa credere che le cose importanti siano inutili e che quelle superficiali sembrino importanti. Quando sei fatto, tutto è diverso, baby… si prende la giusta distanza dai problemi.
Amelia gli aveva riso in faccia al tempo. Era uno scricciolo di uomo, un nerd sfigato e strafatto, nudo come un verme nelle sue lenzuola subito dopo un orgasmo. Il tipico sfattone che ha fatto dell’erba la sua religione.
Ma ora, con quella pace, con quel temporale imminente e l’odore di pioggia già nell’aria, col fumo nella testa e il cervello nell’utero, che senso avevano le chiacchiere della gente? Che valore aveva un voto a un esame? Che cosa significava una litigata con i genitori?
Niente.
Niente contava più niente.
Non i tre ragazzi che aspettavano solo un suo imminente messaggio per venire da lei con le mutande buone e una scatola di preservativi. Non sua mamma che continuava a strillare che era troppo scontrosa, troppo disordinata, troppo poco impegnata nel sociale e nello studio. Non suo padre che la guardava schifato e faceva di tutto per rovinarle la vita. Non il prezzo della benzina. Non i vestiti che non poteva permettersi. Non quelle stupide oche che giudicavano i suoi tacchi da dieci euro acquistati dai cinesi dietro l’angolo.
Niente valeva la pena di essere considerato.
Erano solo sciocchezze, inezie, cose di poco conto.
Aprì gli occhi.
Poteva essere passato un minuto come un’ora.
Com’era che a ‘sto giro le era venuta la botta silenziosa?
«Chi arrizza appizza e ammazza» dichiarò Emma passandole la canna per gli ultimi due tiri.
Amelia, strafatta, portò alle labbra il filtro e aspirò. «C’è salita silenziosa»
Disse dopo l’enorme fatica di formulare in parole sensate quel pensiero che le frullava in testa. Dopo quelle parole sbuffò il fumo profumato dalle labbra rosse.
«Già» convenne Em «Stavo pensando che voglio un uomo nuovo» disse con gli occhi chiusi. S’infilò un auricolare in un orecchio e passò l’altro ad Amy «Andrea mi sta stufando, Ivan non mi considera. Ho bisogno di un uomo che mi veneri come Andrea e mi scopi come Ivan».
Amelia annuì «Con J come va?» domandò.
Emma accese la musica, mantenendo un volume basso in modo che potessero parlare «credo che non abbia capito che io voglio solo fare sesso…».
«Penso anch’io»
La musica nelle orecchie, per quanto calma e rilassante, sembrava un controsenso in quel pomeriggio così piatto.
Sembrava che non esistesse più niente al mondo.
Gli uomini erano tutti morti e le città distrutte.
I pochi sopravvissuti potevano solo aspettare.
Cosa?
Godot.
O il temporale.
Che importanza aveva?
«Emma» disse Amelia. Gli occhi chiari erano tremendamente arrossati. Le pupille tanto dilatate da coprire quasi completamente le iridi verdi. I capelli castani lunghi fino alla schiena abbronzata. «Voglio piantare Roffo e compagnia bella. Tutti.» disse con lo sguardo fermo sulla sua amica. Piccola, minuscola, bella rannicchiata sulle gradinate con l’iPod in mano.
«Anche Tia? E Mark? E Dave?» domandò l’amica sgranando gli occhi. In effetti erano dei gran bocconcini. Di quei colpi che si fanno raramente.
Em non la avrebbe capita, per la prima volta da quando si vedevano. Avrebbe fatto una smorfietta sul viso da bambina. Si sarebbe stretta nelle spalle da bambina. Avrebbe aggrottato le sopracciglia graziose e le avrebbe detto quello che si sarebbe detta da sola solo pochi giorni dopo: “Sono gli ormoni. Poi ti passa. Al prossimo ciclo sarà di nuovo tutto uguale”.
Che, in effetti, era pura verità.
Ma in quel momento Amelia non voleva tutti quegli uomini.
Anzi, per la prima volta da quando aveva iniziato a condurre quello stile di vita, provava schifo per se stessa.
«Mi sa che mi sono affezionata a qualcuno…».
Disse guardando ancora una volta quel cielo così carico e così pronto a esplodere ma che ancora restava immobile se non per qualche tuono. «Non voglio nessun altro»
Fece l’ultimo tiro, caldo e rassicurante come i precedenti.
«Mi sa che questa vita non fa più per me»
Gettò a terra il filtro.

 

 

  
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