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Autore: Stratovella    10/08/2011    2 recensioni
"Tutti. Non mancava nessuno. Tutti i suoi migliori amici e alcuni membri di Pandora erano radunati in salotto di fronte a
un’immensa tavolata colma di cose da mangiare. Per un attimo l’atmosfera gli parve rarefatta: non era sicuro
di trovarsi lì e non era affatto convinto che tutto ciò potesse essere vero. Quello di cui era certo, era che forse avrebbe dovuto darsi una sciacquata
alla faccia prima di giungere in quel posto."
Nel giorno del suo ventisettesimo compleanno, dopo una lunga giornata passata a
compilare carte, Reim riceve una sorpresa del tutto inaspettata...
E' presente un piccolo spoiler per chi non segue il manga.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reim Lunettes, Un po' tutti, Xerxes Break
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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An unforgetable birthday

I passi frettolosi della ragazza rimbombavano nel lungo corridoio, facendosi sempre più vicini. Il volto affannato, l’ansia crescente dentro di lei; il timore che tutto venisse scoperto prima del dovuto… La preoccupazione che tutto riuscisse in modo perfetto.

Entrò rumorosamente nella stanza, aprendo dinnanzi a sé uno scenario di gente all’opera, che lavorava per esaudire quel suo desiderio, che si rimboccava le maniche per far di quell’occasione qualcosa di speciale e indimenticabile. Sotto i suoi occhi increduli ed emozionati, tutto cominciava a prendere forma, realizzandosi piano piano nell’immagine che lei aveva avuto in testa fin dal principio. Puntò le iridi rosa su ogni parete della stanza, controllando che non mancasse niente, accertandosi che le sue direttive fossero state assimilate con la dovuta precisione. Improvvisamente, notò che un festone non era perfettamente dritto, e subito si agitò, diventando rossa in volto, come le succedeva ogni qualvolta fosse ansiosa o spaventata.

 

“Il festone, Gilbert!”

 

Gilbert Nightray, appena sceso da una scala, quasi si spaventò nell’udire la sua voce. Non si era minimamente accorto della presenza di Sharon Rainsworth nella stanza, e subito si tolse la sigaretta fumante dalla bocca, gettandola fuori dalla finestra in preda al panico.

 

Sha-Sharon-sama!”

 

Si strusciò per istinto la mano con cui aveva fumato sulla giacca, come se il tal modo avesse potuto cancellare il fatto che l’altra l’avesse chiaramente beccato mentre imbrattava di fumo le pareti della sua magione.

 

P-perdonatemi se non vi ho salutata, ero di spalle e non vi ho visto…

 

Ma la ragazza sembrava non curarsi minimamente né di quello, né del fatto che avesse fumato in salotto.

 

“Non fa niente, Gilbert… Mi sono appena accorta di una cosa terribile!”

 

Il moro sgranò gli occhi spaventato. Avrebbe dovuto resistere all’istinto di fumare almeno dentro alla villa dei Rainsworth, ma il suo vizio aveva sempre avuto la meglio su di lui.

 

“Il festone!”

 

Continuò la ragazza, indicando verso l’oggetto appena menzionato.

Gilbert girò pian piano la testa verso di esso, sollevato che Sharon non lo avesse rimproverato per quanto accaduto poco prima.

 

Che… Che cos’ha?”

 

Domandò poi, non capendo il problema.

 

“E’ storto, non vedi?”

 

Il moro si accorse che effettivamente la ragazza aveva ragione, anche se per pochi, trascurabili centimetri.

 

“Lo rimetto subito apposto.”

 

Risalì sulla scala, cominciando a sistemare l’addobbo secondo il gusto della giovane erede al ducato.

 

“Un po’ più in basso!”

 

Da terra, la ragazza dava le sue direttive, affinché tutto risultasse perfetto, proprio come lo aveva immaginato.

 

“Così va bene?”

 

Sharon non sembrava convinta. Si portò la mano al mento, concentrandosi sull’oggetto del suo interesse.

 

“No, ancora un po’ più giù!”

 

Gilbert eseguì, ma venne bloccato quasi subito.

 

“Troppo in basso!”

 

Il Nightray cominciò a rendersi conto solo in quel momento che probabilmente non avrebbe toccato terra prima di mezz’ora e sospirò, incoraggiando se stesso affinché non perdesse la pazienza.

Nel frattempo, sulla destra della sala guardando dall’entrata, Oz e Alice si occupavano di sistemare i tavoli per il rinfresco.

 

“Bene Alice, metti pure questa pila di piatti là in fondo, io mi occuperò di quest’altro lato.”

 

Il giovane Vessalius cercava di spiegare con calma ciò che andava fatto, ma l’altra non sembrava particolarmente interessata.

 

“C’è carne stasera?”

 

Domandò, senza eseguire la richiesta dell’altro.

Oz continuò a sorriderle come aveva fatto fino a poco prima, dandole la risposta che voleva.

 

“Ma certo! Ci sarà molta, anzi, no! Moltissima carne! E tante altre cose buone da mangiare!”

 

Affermò con entusiasmo, cercando d’invogliarla a collaborare.

 

“Io mangerò solo la carne.”

 

Puntualizzò lei, disinteressata a qualunque altro tipo di cibo.

 

“D’accordo Alice.”

 

Il biondo cercò di pensare a un modo efficace per ottenere la sua collaborazione.

 

“Però, sai… Gira una leggenda da queste parti…

 

La chain lo guardò, incuriosita dalle sue parole.

Tuttavia, l’altro s’interruppe subito.

 

“Ah, ma no! Lasciamo stare, non mi crederai mai!”

 

Alice batté una mano sul tavolo, ormai troppo curiosa di sapere di che leggenda si trattasse.

 

“E invece me lo dirai! E’ un ordine!”

 

Il giovane Vessalius sorrise compiaciuto.

 

“Beh, ecco vedi… Si dice che la carne sia il cibo dei cacciatori, ma non solo!”

 

Alzò un dito come per puntualizzare.

 

“E’ anche il premio che viene dato per recuperare le forze a chi ha lavorato sodo!”

 

La ragazza lo guardava perplessa.

 

“E questa sarebbe una leggenda?”

 

Domandò, non molto convinta delle sue parole.

Oz cominciò a pensare la prima cosa che gli venne in mente.

 

Beh… Sì, perché… La morale della leggenda sta nel fatto che chi non lavora non ha forze da recuperare… Dunque non ha bisogno di carne, capisci?”

 

Lo sguardo di B-Rabbit non mutò di una virgola. Tuttavia, nonostante fosse rimasta ancora un po’ confusa dalle parole di quell’altro, decise di non badarci e arrivò al dunque.

 

“Quindi mi stai dicendo che se ti do una mano… Più ti aiuto, più avrò carne?”

 

Oz rifletté un istante prima di rispondere. Alice non avrebbe potuto mangiare tutta la carne riservata alla festa, o gli altri invitati sarebbero rimasti senza. Tuttavia, era anche vero che tutti quei tavoli non potevano essere gestiti da una persona sola. Si arrese alle parole della chain, assumendosi la responsabilità di tenerla d’occhio per tutto il corso della serata, cercando di fare in modo che non esagerasse nel divorare tutta la carne a disposizione.

 

“Esattamente.”

 

A quel punto, gli occhi viola della ragazza iniziarono a brillare e subito si rimboccò le maniche, ansiosa di mettersi all’opera.

 

“Bene, da dove comincio!?”

 

Domandò frettolosa.

Oz pensò un attimo, accorgendosi che tra le cose da disporre ne mancava una importante.

 

“Vai a prendere il centrotavola!”

 

Alice lo guardò ancora più perplessa di prima.

 

“Centrotavola? Cos’è? Si mangia?”

 

Oz tirò un profondo sospiro di rassegnazione e poi sorrise.

 

“Beh, a volte sì, ma non in questo caso. Sai, il nostro è di fiori!”

 

La chain inclinò la testa da una parte e un istante dopo l’immagine della carne le ritornò in testa.

 

“E dov’è questo centrotavola? Dai, devo sbrigarmi ad andarlo a prendere!”

 

“Beh, è di là in cuci-“

 

Ma il giovane Vessalius non fece in tempo a finire la frase, che l’altra si era già scatenata come un tornado, correndo come una furia verso il luogo da lui nominato.

Quando si trovò in prossimità della porta d’ingresso, nella foga della corsa, si scontrò con qualcuno, che stava entrando nel salotto proprio in quel momento.

 

“Ahia! Guarda dove metti i piedi!”

 

Esclamò, una volta finita per terra. L’altro invece, rimasto in piedi in seguito allo scontro, abbassò lo sguardo verso di lei.

 

“A giudicare dalla foga della corsa e dalla scarsa educazione direi che tu sia Alice, giusto?”

 

La chain lo guardò ancora più irritata dopo aver scoperto di chi si trattasse.

 

“Dannato clown!”

 

Dal canto suo, l’altro sorrise e le avvicinò una mano, invitandola ad afferrarla per rialzarsi. Ma la chain schiaffò via quell’offerta e se ne andò seccata.

 

Aaahh… Come sono prevedibili certi elementi!”

 

Affermò il nuovo arrivato.

 

“Buongiorno laboriosi schiavetti della mia signora!”

 

Esclamò poi, addentrandosi di più nella sala.

 

…Break?”

 

Sharon si girò, sorpresa di vederlo lì così presto.

In quel momento, Break arrestò di scatto la sua camminata e spalancò l’occhio vermiglio di fronte alla scena che aveva davanti.

 

Incredibile…!”

 

Tutti rimasero immobili a guardarlo.

 

“Ma è stupefacente, complimenti!”

 

Oz, Gilbert e tutti i presenti rimasero a bocca aperta. Solo Sharon assunse un’espressione  interdetta e anche un po’ seccata di fronte a ciò che aveva detto il suo servo.

 

“Smettila, Break!”

 

Esclamò, avvicinandosi a lui.

Xerxes cominciò a ridere divertito e le toccò una ciocca di capelli.

 

“Gli ho fatti rimanere a bocca aperta, eh?”

 

Ma la Miss non sembrava gradire la sua eccessiva autoironia.

 

“Non c’è niente da ridere!”

 

Affermò, sentendosi offesa.

Lui le rispose con un sorriso, e poi aggiunse qualcos’altro.

 

“Non lo so, ma sono sicuro che stia venendo una favola. Dopotutto l’avete organizzato voi, Madame. Credo che gli piacerà molto…

 

Ma la ragazza non sembrava del suo stesso parere. Era preoccupata di non fare in tempo a rendere tutto come l’aveva immaginato, di dimenticare qualcosa di essenziale di cui si sarebbe ricordata troppo tardi.

 

“Speriamo che vada tutto bene…

 

Disse, mentre a braccetto con l’altro si dirigeva verso uno dei tavoli. Si sedettero entrambi, continuando a dialogare.

 

“I fiori ci sono, il banchetto è stato organizzato, gli invitati dovrebbero venire tutti…

 

Sharon cominciò a fare un elenco di tutte le cose già sistemate e suscitò il riso da parte dell’altro.

 

“State tranquilla, mi sembrate troppo agitata. Andrà tutto bene, coraggio! Reim è un ragazzo di poche pretese, figuriamoci se si accorge di un bicchiere diverso o di una posata mancante!”

 

La ragazza tirò un profondo sospiro, cercando di rilassarsi, seguendo il consiglio del proprio servo.

 

“Hai ragione…

 

Dopo qualche secondo di silenzio il loro discorso proseguì.

 

“Il vino?”

 

Domandò di punto in bianco Xerxes.

Sharon incrociò il suo sguardo.

 

Sì… Dovrebbe essercene a sufficienza.”

 

Affermò insicura, creandosi un nuovo dubbio su cui meditare.

 

E…

 

Proseguì lui, inclinando il capo verso di lei.

 

…Posso averne un goccio adesso?”

 

La ragazza si scansò innervosita.

 

“Ma Break! Sono le cinque del pomeriggio, non puoi bere a quest’ora!”

 

A quelle parole lui rimase sbigottito.

 

“Come? E’ stata approvata una qualche legge che vieta di farlo?”

 

Domandò, realmente preoccupato della cosa.

 

“No, ma…

 

La giovane Rainsworth cercò di mantenere il suo decoro, benché avesse voglia di sfogare la sua ansia su altri discorsi non inerenti alla festa.

 

Insomma… Non è carino… Stappare una bottiglia di vino così… Senza aspettare gli altri…

 

Rispose con poca convinzione.

Xerxes sorrise, rivolgendole un’occhiata vacua ma furbetta.

 

“Break pensa che la signorina Sharon abbia bisogno di un bel bicchiere di vino adesso.”

 

La ragazza assunse un’espressione imbronciata, cercando di non farsi persuadere dalle parole dell’altro, che quando cominciava a parlare in terza persona sapeva essere terribilmente convincente, come una coscienza. Tuttavia, qualche istante dopo, Sharon si alzò senza dire una parola e tornò con una bottiglia di vino rosso e due bicchieri.

Xerxes sorrideva compiaciuto; ancora una volta era riuscito ad ottenere ciò che voleva. Nel frattempo, lei versò in silenzio il liquido rosso nei contenitori tondeggianti, mantenendo sul viso quell’aria imbronciata di un attimo prima. Quando ebbe riempito entrambi i bicchieri, passò un calice al servo, che le sorrise, convinto che quel solo bicchiere l’avrebbe tranquillizzata almeno per un po’.

 

“A cosa brindiamo?”

 

Domandò, con un ghigno persistente sul volto.

Lei ci pensò un attimo, poi prese fiato e cominciò il suo elenco di cose da celebrare.

 

“Brindiamo alla tua dannata capacità di corrompere le persone, alla sfacciataggine con cui proponi certe idee, come bere del vino alle cinque del pomeriggio, ma soprattutto brindiamo alla tua capacità di capovolgere i nostri ruoli, facendo di me colei che obbedisce e di te colui che comanda.”

 

Break sorrise, cogliendo la sottile ironia che si nascondeva nelle parole dell’altra, mascherate di un finto alone di offesa.

 

“Mi piace!”

 

Esclamò compiaciuto, sollevando il proprio calice.

 

Allora… A me!”

 

Sharon alzò il bicchiere, preparandosi a brindare. Ma prima che il suo calice potesse scontrarsi con quello di Xerxes, quest’ultimo annunciò un altro augurio.

 

E… Alla buona riuscita della festa.”

 

 

***

 

 

Erano ormai più di tre ore che compieva sempre le stesse azioni: leggeva e firmava, leggeva e firmava…

Il tempo andava avanti con un’insostenibile lentezza, e a lui sembrava di non aver ancora concluso nulla.

Alla sua destra, aveva accumulato una lunga pila di fogli già controllati, pronti per essere consegnati. Alla sua sinistra invece, era collocata una risma di carte decisamente più ampia, ancora da verificare e firmare.

Era arrivato nel suo studio quella stessa mattina alle dieci in punto e non aveva svolto neanche la metà del lavoro. Avrebbe preferito correre incessantemente per due ore di fila più che starsene lì seduto con la testa che gli girava, con gli occhi esausti e con la voglia di prendere una boccata d’aria fresca. Sebbene fosse sempre molto rigido con se stesso quando si trattava di lavorare, decise di prendersi due minuti di pausa, rilassandosi sullo schienale della poltrona e provando in quello stesso istante una piacevole sensazione di pace e di conforto. Piegò il collo all’indietro, puntando con sguardo disinteressato il cupo soffitto del suo studio. Sospirò, esausto e malinconico: era il giorno del suo compleanno, eppure nessuno sembrava essersene accorto.

 

“Cosa potevi aspettarti, Reim…

 

Disse fra sé e sé.

 

Reim l’inutile compila le sue carte mentre gli altri sono da qualche parte a sorseggiare del thé in compagnia.”

 

Deglutì, pensando che in fondo non poteva lamentarsi. Dopotutto era quello il destino di una persona come lui: quando non si è portati per altro che non sia lavoro da scrivania è ovvio che ci siano dei punti di svantaggio. Come per chi combatte il pericolo consiste nel rischio di morire, chi se ne sta tranquillo seduto a un tavolo deve rinunciare a quelle lunghe pause concesse solo a chi ha rischiato la pelle per difendere il proprio casato. Tuttavia, anche se la sua mansione non comportava gravi rischi, Reim avrebbe preferito di gran lunga combattere piuttosto che passare in quel modo le sue giornate. Anzi, non era tanto il fatto che lo preferisse, quanto quello che volesse combattere, per dimostrare una volta per tutte quanto anche lui fosse in grado di fronteggiare un nemico faccia a faccia.

Sospirò ancora e le sue palpebre stettero quasi per chiudersi. Tuttavia, improvvisamente, le riaprì di scatto, impedendo a se stesso di arrendersi proprio quando metà della fatica era stata compiuta.

In quell’istante, proprio mentre si stava preparando psicologicamente a riprendere il lavoro dove lo aveva lasciato, udì una voce parlargli dall’interno della stanza.

 

“Vedo che ci diamo all’ozio… Signor Lunettes.”

 

Reim portò immediatamente il capo in avanti, puntando gli occhi sbarrati sull’uomo che improvvisamente gli era apparso di fronte.

 

“Cos’ha d’interessante?”

 

Domandò quest’ultimo al suo servo.

Reim lo guardò spaesato, non capendo dove volesse arrivare.

 

Intendo… Il soffitto.”

 

Si spiegò meglio l’altro.

Il servo si alzò in piedi e s’inchinò, mortificato per essersi fatto cogliere mentre tentava di riposare gli occhi per due minuti.

 

“Perdonatemi, non succederà più, Signor duca.”

 

Il duca Rufus Barma celò la parte inferiore del volto dietro al suo storico ventaglio e gli lanciò un’occhiata sprezzante.

 

“Lavora.”

 

Ordinò impellente, mentre l’altro s’apprestava ad eseguire.

 

“Signorsì!”

 

Esclamò agitato, domandandosi come avesse fatto il duca ad entrare nel suo studio senza il minimo rumore.

Rufus lasciò la stanza, richiudendo la porta alle sue spalle. Reim sospirò pesantemente, guardando disperato la risma di fogli alla sua sinistra.

Nel frattempo, il duca raggiunse in silenzio il salone della sua magione.

 

“Come procede, Ruf?”

 

Cheryl Rainsworth, duchessa del medesimo casato, lo invitò ad accomodarsi su una sedia di fronte a lei. Rufus si sedette con aria annoiata.

 

“Procede.”

 

Affermò semplicemente.

L’anziana donna lo guardò perplessa.

 

“Cos’è quell’espressione? Ti senti in colpa per caso?”

 

Il duca sollevò un sopracciglio, guardando da un’altra parte.

 

“No. E’ un servo, è il suo dovere eseguire i miei ordini.”

 

“Pensi che sospetti qualcosa? Gli hai dato più lavoro del solito, e guarda caso nel giorno del suo compleanno…

 

L’uomo dai capelli rossi abbozzò un lieve ghigno.

 

“Di questo non c’è pericolo. E’ abituato alle mie crudeltà e sono sicuro che mi ritiene capace di assegnargli di proposito tanto lavoro in più nel giorno del suo compleanno. E poi figuriamoci se sospetta qualcosa, è così ingenuo.”

 

La donna emise un lieve sospiro, evocando ricordi del passato.

 

“Era così piccolo quando il conte lo ha portato da noi, ricordi?”

 

Rufus fece finta di niente e lasciò che l’altra continuasse a parlare per i fatti suoi.

 

“Con quelle guanciotte… Che bambino dolce!”

 

Il duca cercò di non starla a sentire. Le smancerie e le tenerezze non facevano per lui.

 

“Poi crescendo è diventato così grande…

 

Fu in quel momento che l’uomo si decise a dire qualcosa.

 

“Già, e ci ha superato a tutti e due.”

 

La duchessa sorrise divertita, mentre l’altro continuava.

 

“Solo in altezza però. Per il resto, sono molto più furbo io.”

 

La donna cominciò a ridere, guardando l’espressione seria e convinta dell’altro.

 

“Oh, Ruf! Sei così ironico e pieno di te! Mi ricordi-“

 

“Non dirlo.”

 

Cheryl venne prontamente interrotta.

 

“Non dirlo… Lo sai che mi dà fastidio essere paragonato a quell’uomo.”

 

La duchessa prese un sorso di thè e poi continuò.

 

“E’ un vero peccato… Mi sarebbe piaciuto che foste andati d’accordo con Xerxes.”

 

L’uomo dai capelli rossi aggrottò le sopracciglia indispettito.

 

“Non si chiama così.”

 

Affermò, puntuale come un orologio.

Lei sorrise, compiaciuta di come l’altro non fosse cambiato negli anni.

 

“Sei sempre molto preciso e determinato. E’ questo ciò che più apprezzo di te.”

 

Al contrario, lui non aggiunse più una parola. Si limitò a portare la sua tazza di thè alle labbra, abbassando leggermente lo sguardo. Cheryl non aveva smesso di guardarlo neanche per un secondo. Quando lui ripose sul tavolo la tazza mezza vuota, i loro sguardi s’incrociarono, sorridendosi reciprocamente.

 

 

***

 

 

Erano le nove di sera e finalmente il suo lavoro poteva dirsi concluso. Da quando era stato sgridato dal duca, Reim non aveva fatto più nemmeno una pausa e aveva dedicato le restanti quattro ore del suo tempo alle carte, cercando di sbrigarsi per arrivare puntuale alla villa dei Rainsworth, dove avrebbe dovuto consegnare dei documenti urgenti, in ritardo già da alcuni giorni a causa di una dimenticanza della duchessa che, per motivi di salute, aveva fatto le cose di fretta e si era scusata più volte con lui per essersi dimenticata di consegnargli per tempo quelle carte, destinate a raggiungere la magione dove risiedeva la nipote.  Al contrario, Reim le aveva detto che non sarebbe stato un problema, e che avrebbe cercato d’impiegare il minor tempo possibile nella compilazione di tali documenti. Così, senza neanche rinfrescarsi un attimo il viso, partì per la dimora dei Rainsworth, giungendo di fronte al portone d’ingresso in appena mezz’ora.

Non appena fu dentro, un membro di Pandora lo accolse, conducendolo nella stanza dove si trovava la signorina Sharon.

 

“Siete in ritardo di mezz’ora, lo sapete, Signor Lunettes?”

 

Reim cercava di stare al passo col collega, che andava spedito come un treno.

 

L-lo so, avete ragione, ma ho dovuto compilare tante carte e ho cercato di precipitarmi qui nel minor tempo possibile…

 

Arrivarono di fronte alla grande porta del salotto, e il collega si fermò, guardandolo dritto negli occhi.

 

“Ci parlate voi con la signorina Sharon, io non ho intenzione di essere preso a ventagliate da lei!”

 

“Non preoccupatevi, cercherò di spiegarle la situazione e magari…

 

Mentre Reim parlava, il collega spalancò rapidamente le porte.

 

…Troveremo un-“

 

Il servo di casa Barma aveva continuato a parlare, ma non fece in tempo a finire la frase, perché quello che sentì e che vide di fronte a lui in quel momento gli bloccò il respiro.

 

“BUON COMPLEANNO REIM!”

 

Tutti. Non mancava nessuno. Tutti i suoi migliori amici e alcuni membri di Pandora erano radunati in salotto di fronte a un’immensa tavolata colma di cose da mangiare. Per un attimo l’atmosfera gli parve rarefatta: non era sicuro di trovarsi lì e non era affatto convinto che tutto ciò potesse essere vero. Quello di cui era certo, era che forse avrebbe dovuto darsi una sciacquata alla faccia prima di giungere in quel posto.

Il collega che era arrivato con lui lo spinse dentro, incoraggiandolo ad avvicinarsi agli altri. Tutti stavano battendo le mani da quando Reim era comparso sulla scena e lui ancora non era riuscito a rendersi pienamente conto della situazione. Era allibito, quasi shockato da ciò che aveva di fronte.

Sharon fu la prima ad avvicinarsi a lui. Lo salutò affettuosamente, dandogli un bacio sulla guancia.

 

“Buon compleanno, Reim…

 

Gli disse, abbracciandolo calorosamente.

 

“Il mio fratellone…

 

Gli sussurrò poi all’orecchio, appellandolo come sempre faceva quando erano bambini e solevano giocare insieme nel giardino della sede principale di Pandora.

Reim avvertì già un profondo brivido colpirlo al cuore. Quell’affetto e quell’amore, sprigionato tutto insieme, era molto difficile da gestire dopo una lunga giornata di lavoro come quella che aveva passato.

Dopo la giovane Rainsworth, fu Xerxes ad avvicinarsi.

 

“Sebbene il significato del compleanno non mi sia ancora ben chiaro, non posso astenermi dall’augurarti la felicità anche per i prossimi anni!”

 

Reim lo abbracciò, stringendolo con una certa malinconia negli occhi.

 

“Ventisette anni…

 

Affermò Break, mentre si lasciava avvolgere dall’amico e contemporaneamente  faceva lo stesso con lui.

Quando si staccarono, gli rivolse lo sguardo e dopo un po’ sorrise.

 

“Complimenti, Reim! Sei un bambino grande adesso!”

 

“E smettila!”

 

Il servo di casa Barma divenne subito rosso in volto. Quando l’avrebbe finita Xerxes di trattarlo come un bambino?

I successivi saluti e auguri gli furono fatti da Oz, Gilbert e il resto dei membri di Pandora, che lo invitarono a scegliere tra le tante prelibatezze esposte sulla grande tavolata, quelle che lo attiravano di più.

 

Caspita… C’è davvero tanta roba…

 

Affermò, ancora scosso da tutto ciò che stava accadendo.

Xerxes udì le sue parole e si avvicinò a lui.

 

“Cos’è questa voce abbattuta? Lo so che non vedi l’ora di fiondarti sul cibo e di finirti tutto! Non fare complimenti e serviti!”

 

Reim si girò infastidito verso di lui, ribattendo a quanto aveva detto.

 

“Non è come pensi! Non sono affatto così affamato da-“

 

Ma il brontolio del suo stomaco, che non veniva nutrito ormai da diverse ore e che, in seguito alla stancante giornata, lamentava un po’ di energie, sembrava pensarla diversamente.

 

Ahahahahah!”

 

Break non riuscì a trattenere una sonora risata dopo aver udito i lamenti provenienti dalla pancia di Reim, che nel frattempo era diventato più viola di una melanzana.

La festa era iniziata, tutti erano felici e sorridenti e persino Lady Sharon, che prima era agitata, aveva sul volto un’espressione serena e soddisfatta.

Nel corso della serata, Oz era stato per tutto il tempo accanto ad Alice, per controllare che non si spazzasse via tutta la carne della tavolata. Poco più distante da loro, Gilbert discuteva con il duca Vessalius, rivolgendo ogni tanto un’occhiata al suo padrone, con un lieve velo di gelosia negli occhi.

 

“E’ un po’ che guardi da quella parte…

 

Affermò Oscar, capendo subito i sentimenti di Gilbert.

Tuttavia, l’altro smentì immediatamente.

 

“Voglio solo accertarmi che quel coniglio non combini dei pasticci…

 

Il duca si mise a ridere, non credendo a una sola parola di quanto affermato dal suo interlocutore.

 

“Avanti, perché non vai a controllare un po’ più da vicino!”

 

Affermò, facendoli l’occhiolino già un po’ brillo per il vino.

Il Nightray ci pensò un attimo, dopodiché scelse di seguire il suo consiglio e, senza dire una parola, si diresse verso il suo padrone.

 

Oz…

 

Il biondo si distrasse un attimo dal suo compito e incrociò lo sguardo del servo.

 

Gil!”

 

Gilbert abbassò la testa e successivamente puntò gli occhi su Alice, che divorava avidamente la sua carne.

 

“Sei proprio un coniglio ingordo! Possibile che tu non sappia mantenere un po’ di decoro almeno quando mangi? Sei di fronte a Oz Vessalius, portali rispetto!”

 

La chain alzò un sopracciglio interdetta, e rispose mentre masticava il boccone appena addentato.

 

Smfettila! Ofz è il mio serfo!”

 

Il Nightray rimase ancora più seccato da come l’altra gli aveva risposto.

 

Aaah! Quanto sei maleducata! Ma non te l’ha mai detto nessuno che non si parla a bocca piena!?”

 

I due cominciarono a stuzzicarsi a vicenda davanti a Oz, che nel frattempo si mise una mano in faccia, sospirando rassegnato.

 

“Non la finiranno mai…

 

Affermò fra sé e sé.

Mentre quella scena si stava svolgendo, qualcun altro fece ingresso nella sala: erano il duca Barma e la duchessa Rainsworth, arrivati giusto nel pieno dei festeggiamenti. Sharon andò ad accogliere la nonna, abbracciandola affettuosamente.

 

“Ben arrivata, nonna! Ti senti un po’ meglio?”

 

L’anziana donna sorrise, annuendo serenamente.

 

“Sì, sono guarita soprattutto grazie alla compagnia di Ruf!”

 

Il duca arrossì un tantino, e la giovane Rainsworth spostò lo sguardo su di lui.

 

“Buona sera, Signor duca.”

 

S’inchinò lievemente, mostrando tutta l’educazione e la compostezza di una vera nobildonna.

Lui le rispose con un cenno di capo, senza proferire una parola.

Dopo pochi minuti, anche i nuovi ospiti si avvicinarono al banchetto e Rufus colse l’occasione per salutare il festeggiato, che stava parlando con il suo migliore amico.

 

“Signor Lunettes.”

 

Quella voce canzonatoria e inconfondibile, proveniente alle sue spalle, fece sobbalzare all’istante il povero Reim, che si girò incontrando gli occhi taglienti e ironici del duca.

 

“Ci siete anche voi…

 

Fu la prima cosa che gli risultò spontaneo dire, dato che sapeva quanto Rufus non amasse le feste piene di persone.

 

“E cosa ti aspettavi? Sei il mio servo, dopotutto.”

 

Conclusa quell’affermazione, il duca rivolse la sua attenzione a Break, che nel frattempo aveva fatto ondeggiare il suo bicchiere di vino, come per scaricare il senso di fastidio che lo aveva colto quando aveva capito che anche lui sarebbe rimasto lì quella sera.

Rufus si diede ad un profondo inchino e salutò l’amico del suo servo.

 

Cavaliere…

 

Affermò, appellandolo col titolo che gli era appartenuto nella vita precedente.

Break fece un sorriso amaro, cogliendo la pungente provocazione di quell’altro, e gli rispose con altrettanta ironia.

 

“Duca ciuffetto…

 

Disse, dandosi anche lui a un inchino molto più modesto.

Reim sospirò, sperando che quello scenario si limitasse a innocue frecciatine di quel tipo e che non sfociasse invece in qualcosa di più serio.

 

“Ditemi, Signor duca…

 

Continuò Xerxes, aggiungendo del vino al suo calice.

 

“Lo pettinate sempre dalla stessa parte?”

 

Domandò curioso.

Il duca lo guardò con sufficienza, decidendo di stare al suo gioco.

 

“Rigorosamente.”

 

Rispose col suo tono secco e deciso.

Break sorrise, sospirando ironico.

 

Aaaah…! Che bello, ho sempre pensato che vi donasse molto, quel ciuffetto lì.”

 

Ci fu un po’ di silenzio, dopodiché il duca riprese la conversazione.

 

“E tu?”

 

Chiese, riottenendo l’attenzione dell’altro.

 

“Non hai mai pensato di spostare quel ciuffo dall’altra parte?”

 

Xerxes sorrise ancora di più e questa volta non riuscì a trattenere una lieve risata.

 

Ahahah… Duca, duca… Temo che se lo facessi potrei traumatizzarvi!”

 

Rufus non aggiunse più nulla, assegnando momentaneamente la vittoria all’altro, che nel frattempo sollevò la bottiglia di vino verso di lui.

 

“Vino?”

 

Domandò, quasi con tono amichevole.

Il duca scosse la testa, portando il suo ventaglio davanti alle labbra.

 

“No, grazie.”

 

In quel momento, Sharon batté forte le mani, attirando l’attenzione di tutti i presenti.

 

“Signori ospiti, visto che ormai siamo tutti, io direi di passare alla consegna dei regali!”

 

Reim arrossì lievemente.

 

Regali…?”

 

Abbassò lo sguardo, colto dall’imbarazzo.

 

“Non pensavo che mi avessero fatto addirittura un regalo…

 

Il duca gli rispose, continuando a celare parte del viso dietro al suo ventaglio.

 

“Che festa vuoi che sia senza un regalo? I doni degli altri sono la prima cosa che un festeggiato dovrebbe pretendere.”

 

Ma Reim non sembrava convinto delle sue parole e cominciò a farsi avanti, chiamato da Sharon.

 

“Auguri, Reim! Questo è il mio regalo!”

 

La giovane Rainsworth gli consegnò un piccolo pacchettino rosa, con un fiocchetto viola attaccato sopra a mo di decorazione.

Il servo di casa Barma scartò pian piano il dono, stando attento a non rovinare la carta.

 

“Ma cosa fai, Reim? I pacchetti vanno scartati con foga, non devi badare alla carta che li avvolge!”

 

Reim arrossì nuovamente, scatenando il riso da parte di coloro che gli si erano radunati intorno, facendolo sentire ancor più in soggezione.

Una volta tolta tutta la copertura, quello che gli apparve davanti agli occhi fu una piccola scatoletta quadrata, di colore blu scuro. L’aprì, e quello che vi trovò dentro fu un bracciale, con le sue iniziali incise sopra.

 

“Ma è bellissimo!”

 

Esclamò sbalordito.

Sharon si compiacque, vedendo che il suo pensiero era stato gradito, e sorrise contenta.

 

“Sono felice che ti piaccia! Mi raccomando, indossalo sempre.”

 

Reim annuì contento e l’abbracciò felice e commosso.

 

“Grazie, Sharon…

 

Le sussurrò, permettendosi di essere informale come quando erano soli.

 

“Adesso c’è il nostro, vero Ruf?”

 

Affermò poi la duchessa Rainsworth.

Rufus non fece una piega, si limitò ad annuire mantenendo un’aria totalmente disinteressata alla cosa.

 

“Tieni, Reim! Buon compleanno!”

 

Cheryl diede al festeggiato il suo regalo e lui le sorrise, cominciando a scartarlo.

Quello che vi trovò fu una bellissima penna dorata, posta in una prestigiosa scatola in legno laccato.

 

“E’ fantastica.”

 

Esclamò sorpreso.

A quel punto, il duca ghignò divertito.

 

“Chissà se con quella ti deciderai a svolgere con più diligenza le tue mansioni…

 

Affermò provocatorio.

Reim deglutì intimorito ma, prima che potesse dire qualcosa, l’altro lo bloccò, tirando fuori un altro pacco.

 

“Oltre a quella, io ti ho fatto anche una cosa in più…

 

Questa volta, il regalo era decisamente più grande rispetto agli altri ricevuti fino ad allora. Reim si domandò quale crudeltà il duca avesse in mente questa volta, guardando quasi spaventato le dimensioni meno modeste di quel nuovo dono. Cominciò a scartarlo, e con sua grande sorpresa, vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.

 

Un… Un poggiapiedi?”

 

Domandò stranito.

 

“Esatto, un poggiapiedi.”

 

Ripeté compiaciuto l’altro.

 

“Così potrai rilassarti meglio durante le tue micro-pausette.”

 

Reim sorrise, felice di vedere che questa volta Rufus era stato particolarmente generoso con lui.

 

“Vi ringrazio, Signor duca.”

 

Affermò, inchinandosi.

L’altro non batté ciglio. Rimase semplicemente nella sua posizione, assumendo uno sguardo più nobile e fiero di sé. Al contrario, Cheryl aveva riso di fronte a quella scena insolita e ai suoi occhi molto divertente.

 

“Grazie a tutti, davvero!”

 

Aggiunse Reim, riemergendo dal suo inchino.

 

“Ora c’è il nostro, Reim!”

 

Disse Oz, porgendogli un altro dono.

 

“Questo è da parte mia, di Gilbert, di Alice e di tutti i membri di Pandora!”

 

In quel momento si sentirono due colpi di tosse e un singhiozzo, provenire da poco più in là.

 

“Ehm, ehm!”

 

Oz e Reim si girarono verso la figura vergognosamente ubriaca del duca Vessalius.

 

“E io dove sono finito, scusa? *hic!*”

 

Continuò singhiozzante, raggiungendo Oz e il festeggiato.

 

“Anch’io ho fatto questo *hic!* Regalo…

 

Puntualizzò, completamente sbronzo.

 

“Ah, giusto! Mi sono dimenticato di te zio, scusa!”

 

Oz si strofinò il capo con la mano, mortificato di essersi dimenticato di menzionare Oscar.

 

“Lo zio ha scelto il regalo insieme a Gilbert, l’idea è stata loro! Forza, Reim, aprilo!”

 

Il festeggiato cominciò a scartare un pacco che per dimensioni era una via di mezzo tra la penna e il poggiapiedi. Si ritrovò davanti un’altra scatola di legno su cui erano inciso un marchio, che gli sembrava di aver già visto da qualche parte.

Aprì la scatola e rimase completamente strabiliato da ciò che vi trovò dentro.

 

“Una pistola…

 

Gilbert emise due colpetti di tosse e fece una puntualizzazione.

 

“Non una pistola… Una Signora pistola!”

 

Reim non seppe che altro dire. Quel regalo non aveva niente a che fare con il suo normale impiego. Non era qualcosa che gli sarebbe stato utile mentre compilava i documenti o mentre si prendeva una pausa dal lavoro… Era un’arma da fuoco! Una vera, prestigiosa arma da fuoco che avrebbe potuto usare nelle missioni a cui a volte prendeva parte.

 

Io… Non so cosa dire, veramente…

 

Si commosse e non riuscì a trattenere una lacrima che gli scese lungo il viso.

 

“Grazie, grazie davvero… E’ un regalo magnifico!”

 

Abbracciò tutti coloro che avevano pensato a quel dono, ringraziandoli infinite volte e pensando che non vedeva l’ora di dimostrargli come avrebbe reso quell’arma fiera di appartenergli.

Trascorse un’altra buona oretta, in cui Gilbert aveva cominciato a spiegargli i vari meccanismi di una pistola che non era affatto semplice da usare e che avrebbe richiesto molto addestramento prima di essere messa seriamente alla prova. Dopo aver chiacchierato con più disinvoltura e sempre meno imbarazzo con ogni presente alla festa, Reim si chiese dove fosse finito il suo migliore amico e lo andò a cercare per tutta la sala.

Dopo un po’ di tempo, lo vide seduto sul davanzale della grande finestra che si trovava appena subito fuori dal salone. Sorseggiava del vino da un bicchiere e puntava lo sguardo verso l’esterno, come se avesse potuto godere della vista di quel giardino che ricordava essere magnifico.

 

Xerxes…

 

Reim lo chiamò, facendolo girare verso di lui.

 

“Perché te ne stai qui tutto solo?”

 

Break sospirò malinconico e un attimo dopo sorrise.

 

“Dopo un po’ mi dà fastidio stare in mezzo a troppa gente. Quando perdi uno dei tuoi sensi, gli altri che rimangono percepiscono il mondo con più intensità. Così non mi va di stare a sopportare troppe chiacchiere diverse tutte insieme.”

 

Detto questo, si portò il calice alle labbra, mandando giù un grosso sorso.

 

Aaaah!”

 

Godette di quell’aroma forte e potente, liberando un sospiro fresco e soddisfatto.

Svuotato completamente il bicchiere, lo riempì ancora, estraendo una bottiglia ancora mezza piena da dietro la tenda della finestra.

 

“Ma Xerxes!”

 

Reim rimase shockato.

 

“Ti sei portato via un’intera bottiglia di vino?”

 

Break rise e si portò l’indice sulle labbra.

 

Sssh…! E’ esattamente quello che ho fatto!”

 

Affermò sottovoce, con tono furbo e divertito.

 

“Tanto potevo, no? E’ la tua festa!”

 

Reim si mise una mano in faccia, rassegnato di fronte all’altro che rideva.

 

“Sei sempre il solito…

 

Prese posto anche lui sul davanzale, intento a fargli compagnia.

 

“E’ tutta la sera che ti vedo col bicchiere in mano…

 

Affermò, alludendo al fatto che l’altro stesse assumendo un brutto vizio.

D’altro canto, Break cominciò a ridacchiare.

 

“Fosse sempre lo stesso!”

 

Esclamò, facendo intendere all’altro quanto la situazione fosse ben peggiore di come lui la immaginava.

 

“Allora Reim…

 

Riprese poi, cambiando discorso.

 

“Sei felice?”

 

Domandò sorridendo.

Reim spostò lo sguardo verso il giardino che si trovava all’esterno e rispose tranquillamente.

 

Sì… Molto. E’ stata proprio una sorpresa, non me lo sarei mai aspettato.”

 

Poi aggrottò le sopracciglia, esponendo un dubbio a cui ogni tanto aveva pensato durante la serata.

 

“Però non capisco… Prima di questo compleanno non ho ricevuto nessuna festa di questo tipo.”

 

Staccò lo sguardo dalla finestra e puntò quello dell’amico.

 

“Voglio dire… Avrebbe avuto più senso quando ho compiuto diciottanni, perché a ventisette?”

 

Break puntò l’unico occhio che aveva di fronte a lui, come per rivolgergli lo sguardo.

 

“Forse quest’anno ti sei impegnato di più degli anni precedenti e hanno ritenuto giusto premiarti per il duro lavoro…

 

Affermò, cosciente che quella fosse solo una scusa, per non dire ciò che realmente pensava.

 

“Forse hai ragione.”

 

Rispose l’altro, cadendo nel trabocchetto.

Dopo qualche istante di silenzio, Reim aggrottò nuovamente le sopracciglia.

 

Xerxes… Perché odi il compleanno?”

 

L’amico posò il calice già svuotato sul davanzale, rispondendo tranquillo.

 

“Non odio il compleanno. Semplicemente… Non ne capisco il significato.”

 

Affermò apertamente.

 

“Perché?”

 

Domandò l’altro, osando andare più a fondo nella questione.

Break cercò di trovare l’aggettivo più giusto per esporre il suo giudizio nella maniera più chiara.

 

“E’… Demoralizzante.”

 

Disse, spostando lo sguardo altrove.

 

Insomma… Perché festeggiare il nostro appropinquarci verso la morte?”

 

Reim cercò di dibattere a quel pensiero, mentre l’altro lo ascoltava con attenzione.

 

“Ma il compleanno è molto più di questo. E’ il giorno in cui si viene messi al mondo, non un giorno qualunque.”

 

Xerxes scosse il capo, improvvisando un lieve sorrisino.

 

“No, Reim. Ventisette anni fa, quello è il giorno in cui sei stato messo al mondo.”

 

Puntualizzò, ammonendolo.

 

“Il compleanno ne è solo la ricorrenza...”

 

Specificò poi, riempiendo di nuovo il suo calice. Una volta riposta la bottiglia sul davanzale, fece ondeggiare il vino nel bicchiere e continuò il suo discorso.

 

“Non capisco… Perché festeggiare un momento della nostra vita che non ricordiamo nemmeno?”

 

Domandò, dando un sorso alla bevanda.

 

“Voglio dire… Ci sono tanti giorni speciali che si potrebbero festeggiare al posto del compleanno.”

 

Concluse poi.

Reim ribatté prontamente, determinato a far valere le sue idee.

 

“Perché se non fossimo nati non avremmo potuto neanche vivere quei momenti. Quindi è la nostra nascita il momento più importante di tutti.”

 

Break sorrise, ritenendo la sua risposta prevedibile e scontata.

 

“Ma cosa t’importa di celebrarlo, tanto ormai esisti e non puoi fare altro che vivere o morire, no?”

 

Reim rimase nuovamente ammutolito dalle sue parole. Era dispiaciuto che l’amico non ritenesse il compleanno una festa importante. Per quella ragione Break non aveva mai festeggiato, né detto a nessuno quando veramente ricorresse la data della sua nascita. L’unica data che sia lui che Sharon avevano celebrato in suo onore era quella in cui lo avevano visto per la prima volta, quella in cui lo avevano trovato sanguinante di fronte al portale dell’Abisso quindici anni prima, in quella stessa magione.

 

Xerxes… So che non t’importa, però…

 

Reim guardò l’amico intensamente, ponendoli la sua domanda.

 

“Quando sei nato veramente?”

 

Chiese, sperando che l’altro gli desse una risposta.

Xerxes bevve un altro sorso di vino e abbassò lo sguardo verso il bicchiere, facendo ondeggiare il liquido rosso al suo interno e smettendo di smuoverlo in quel modo soltanto quando si decise a dare una risposta.

 

Lui…

 

Cominciò a parlare con un’insolita aria nostalgica.

 

“Lui è nato il ventisette di aprile.”

 

Affermò, riferendosi a quella parte di se stesso come se si trattasse di qualcun altro.

Reim abbassò lo sguardo, ripetendo quella data.

 

“Ventisette aprile…

 

Break alzò il viso, tornando a puntarlo verso il suo interlocutore, e aggiunse qualcos’altro.

 

“Lo so, è già passato.”

 

Disse, pensando che l’amico non avrebbe mai avuto l’occasione di festeggiarlo. In fondo, era proprio per quel motivo che Break aveva deciso di rivelargli la sua data di nascita. Era consapevole che l’altro aveva sempre desiderato sapere quando lui fosse nato, ma siccome Xerxes non riteneva il compleanno una festa sensata, aveva sempre deviato l’argomento ogni qualvolta venisse tirato in ballo. Ma ora, ora non c’era più nulla da temere, perché anche se Reim era venuto a conoscenza di tale informazione, non ci sarebbe stato tempo a sufficienza per celebrare quella data in sue compagnia.

La loro discussione stava vertendo su un argomento non molto allegro, così Break pensò che fosse meglio cambiare rotta.

 

“E così ti hanno regalato una pistola…

 

Affermò, ghignando divertito.

 

“Dove la metti? Sulla scrivania come ferma carte?”

 

Domandò, stuzzicandolo come era solito fare.

Reim alzò di scatto lo sguardo e rispose offeso.

 

“Spiritoso! Intanto del tuo regalo non ne ho ancora visto nemmeno l’ombra!”

 

Break sgranò l’occhio sbigottito.

 

“Ma come…

 

Cominciò a dire, fingendosi sorpreso.

 

“Il mio regalo è stato il più bello di tutti!”

 

Esclamò, riuscendo per un attimo a stupirlo.

 

“E sarebbe?”

 

Rispose l’altro, rimasto in bilico sul suo tranello.

 

“Ma è ovvio, no? La mia amicizia!”

 

Ghignò divertito Break, mentre immaginava l’espressione interdetta del suo amico.

Reim alzò un sopracciglio, per niente stupito dalle sue parole.

 

“Sei sempre il solito spilorcio!”

 

Esclamò un po’ infastidito.

Xerxes continuò a ridere, sempre compiaciuto di come l’altro reagiva alle sue provocazioni.

 

“Beh, però se l’affetto fosse comprabile in denaro, tu lo sai che la mia amicizia varrebbe questa villa, più la sede di Pandora e la magione del tuo duca, no?”

 

L’espressione di Reim era ancora un po’ amareggiata. In fondo, un po’ gli dispiaceva sul serio che Break non gli avesse fatto nemmeno un piccolo pensierino. Sarebbe bastata giusto una sciocchezza, una cosa anche di scarso valore, ed ogni penna dorata o pistola sarebbero diventati oggetti privi di significato, di fronte al regalo del più prezioso degli amici.

 

Reim…

 

Break lo richiamò nuovamente alla sua attenzione, incuriosito dal silenzio che aveva cominciato a regnare sulla scena.

 

“A cosa pensi?”

 

Domandò.

Il servo di casa Barma si guardava le mani, pensando che non sarebbero state per sempre così giovani e lisce.

 

Pensavo… Che sono contento che su di me non abbia lo stesso effetto…

 

Xerxes lo ascoltava attentamente, interessato al discorso.

 

Intendo… Il mio contratto… Sono felice che mi lasci il diritto d’invecchiare come una persona normale.”

 

Break sorrise lievemente, liberando un leggero sospiro, mentre l’altro continuava a parlare.

 

“Io credo che sia meglio che la vita segua il corso naturale delle cose, non mi piace l’idea che qualcosa possa interferire nel normale cambiamento del corpo, ad esempio.”

 

Dapprima, l’amico intervenne ironico.

 

“Hai ragione! Magari un giorno ti crescerà anche qualche pelo sul petto!”

 

Reim arrossì, colpevolizzando l’altro per aver rovinato il pathos delle sue parole con quella battutina pungente e fastidiosa. Ma poi Xerxes si fece più serio, dando una risposta del tutto inaspettata.

 

“Scherzi a parte… Sono pienamente d’accordo con te.”

 

Affermò, pur trovandosi nella situazione opposta rispetto a quella elogiata dal suo interlocutore.

 

“E’ giusto che ogni cosa abbia il suo corso e il suo tempo, che nasca in una maniera e che lentamente deperisca, sia internamente, che esteriormente, senza impressionare nessuno.”

 

Reim lo guardò incredulo. Aveva sempre pensato che Xerxes fosse felice di avere un fisico che apparentemente sembrava non invecchiare. Tuttavia, pensandoci un attimo, comprese che la sua idea non fosse poi così strana. In fondo, apparire giovane, ma sentirsi vecchio, non doveva essere una bella sensazione. Anzi, doveva essere un profondo disagio per uno come lui, che lentamente si stava spegnendo, dando comunque l’impressione di essere un normale uomo di trent’anni, che, nonostante l’apparente giovinezza del suo aspetto, camminava nel buio e girava con un bastone.

 

“Prendi il tuo duca, ad esempio…

 

Riprese improvvisamente Break, risvegliando Reim dai suoi pensieri malinconici.

 

“Lui e la duchessa Rainsworth sembrano così distanti, ma hanno più o meno la stessa età… Dev’essere scoraggiante!”

 

Ma il servo di casa Barma sembrava non capire.

 

“Perché scoraggiante? Sono solo buoni amici…

 

Xerxes alzò un sopracciglio divertito.

 

Tsk! Si vede che devi ancora crescere molto tu!”

 

Reim arrossì nuovamente, ma non ebbe voglia di ribattere alla provocazione dell’altro, che si divertiva sempre a prendersi gioco di lui.

Qualche secondo dopo, il loro piacevole colloquio venne interrotto da Sharon che, uscita dal salotto, li invitava a rientrarvi.

 

“Cosa ci fate qui fuori? Forza, entrate! E’ il momento della torta!”

 

“Signorsì, Signora!”

 

Rispose ironico Xerxes, mentre balzava giù dal davanzale e si univa a braccetto con la propria padrona.

Reim li seguì, facendosi scortare di nuovo all’interno della stanza.

Una volta dentro, Sharon gli fece cenno di mettersi al centro del tavolo, di fronte a uno spazio vuoto che aspettava di essere colmato dalla sua torta.

Dopo qualche istante, quando tutti si erano radunati intorno al festeggiato, le luci si spensero e due membri di Pandora fecero entrare un carrello con sopra una torta enorme. Reim rimase sbalordito dall’aspetto del dolce: si trattava di una torta a tre piani completamente ricoperta di marzapane azzurro, decorato con fiori di zucchero e bordi di panna. Sul piano più basso erano disposte a formare un cerchio dodici candeline, sul secondo dieci e su quello finale altre cinque. Il servo di casa Barma si chiese come avrebbe fatto a spegnerle tutte in un soffio, dato che l’impresa pareva ai suoi occhi quasi impossibile. Prima che la torta fosse trasferita sul tavolo, Sharon si rivolse a lui, ponendoli una domanda importante.

 

“Hai pensato a che desiderio esprimere?”

 

Chiese curiosa.

Reim fu colto di sorpresa. Nell’emozione di quella sera, aveva pensato a tante cose, ma non a quella. Rifletté un attimo, e poi decise.

 

Sì…

 

La torta venne spostata sul tavolo, e tutti cominciarono a cantargli gli auguri.

Il festeggiato non si era mai sentito così importante in tutta la sua vita. Tutti lo guardavano felici, mentre lo elogiavano col proprio canto. Quando finirono di celebrarlo, Reim inspirò profondamente, intento a non lasciare acceso nemmeno uno di quei lumicini che aveva davanti.

Espresse a mente il suo desiderio, dopodiché soffiò più forte che poté, spegnendo prima le candeline che aveva davanti, poi quelle che si trovavano dall’altro lato, salendo addirittura sul tavolo.

Sharon rimase colpita. Non avrebbe mai immaginato che Reim potesse arrivare a tanto, pur di avvicinarsi alle candeline più lontane, con l’intenzione di estinguerle.

Tutti gli applaudirono con foga e lui divenne subito rosso in volto.

 

Che non finisse mai…

 

Il desiderio che Reim aveva espresso, era che quella felicità non potesse mai avere fine, per nessuno dei presenti, ovunque si sarebbero trovati in futuro.

Le fette di torta cominciarono ad essere distribuite tra gli invitati e presto ognuno ebbe la sua porzione di dolce, con tanto di spumante da accompagnare.

Break si avvicinò al festeggiato, gustando la propria fetta di torta.

 

“Non trovi anche tu che questa torta sia particolarmente buona?”

 

Domandò, leccandosi i baffi che non aveva.

Reim gli sorrise e rispose con la voce flebile di chi è troppo felice per perdersi a parlare.

 

Sì…

 

Affermò semplicemente, mentre vide Lady Sharon avvicinarsi con una polaroid in mano.

 

“Posso farvi una foto insieme, vero?”

 

Domandò la ragazza, preparandosi allo scatto.

 

“Ma certamente.”

 

Rispose Xerxes, avvolgendo la schiena dell’amico col braccio.

La macchina scattò e fu in quel momento, in quel preciso istante, che Reim avvertì una strana sensazione.

Sharon aveva estratto la foto ancora fresca dal suo apparecchio e aveva cominciato a sventolarla, impaziente di vederne il risultato.

Quando l’immagine fu nitida, la ragazza sorrise dolcemente, guardandola compiaciuta.

 

“E’ meravigliosa.”

 

Disse, con un sorriso dolce e nostalgico.

A quel punto, il servo di casa Barma comprese ogni cosa.

Si guardò intorno, vedendo gli invitati che parlavano tra di loro, ridendo e scherzando.

Aveva capito. Adesso nella sua mente il significato di tutto ciò che lo circondava gli era più chiaro.

Guardò un punto fisso per terra, mentre pensava che tutte quelle decorazioni, tutte quelle persone e quella felicità concentrata tutta insieme in un solo posto e in un preciso momento erano stati premeditati per un solo fine, che non aveva propriamente a che vedere con il suo compleanno.

Mentre era perso nei suoi pensieri, Sharon lo guardava un po’ preoccupata.

 

Reim, ti vedo pensieroso, qualcosa non va?”

 

Ma il festeggiato scosse la testa, tranquillizzandola con la sua espressione dolce e affettuosa.

 

“No, tranquilla, sto bene. Vado a prendermi dell’altro spumante.”

 

Si congedò per un attimo, lasciando da soli la giovane Rainsworth e il suo migliore amico.

Si avvicinò al tavolo, rituffandosi nei pensieri che aveva momentaneamente abbandonato.

Gli era stato detto che l’idea di quella festa era stata di Sharon, e ormai, non aveva dubbi che fosse proprio così. Solo lei avrebbe potuto pensare a una cosa del genere. Solo lei lo conosceva così bene da sapere esattamente cosa più lo turbasse e cosa più di ogni altra lo facesse stare male: l’idea che un compleanno del genere non avrebbe mai più avuto l’occasione di passarlo. E se non era accaduto quando aveva compiuto i diciottanni, era perché allora il problema era ancora ben lontano dall’essere tale.

Si girò, guardando i suoi due cari amici dialogare fra loro, scherzando come al solito.

Sorrise, e una lacrima di nostalgia gli calò lungo il viso: chissà se anche Xerxes se n’era accorto… Chissà se aveva capito di essere il vero festeggiato di quella sera.

Trascorsero le ore, e le lancette del grande orologio presente nella sala segnavano un’ora sempre più tarda.

Alcuni invitati erano già andati via, mentre altri erano rimasti, aiutando nel ripulire la stanza.

La festa si poteva dire ufficialmente conclusa. Reim era felice e profondamente riconoscente a tutti coloro che avevano preso parte a quell’evento, riempiendo di gioia il suo cuore.

 

“Ah, Signor Lunettes.”

 

Il duca Barma era in procinto di andarsene, ma prima volle dire un’ultima cosa al suo servo.

 

“Domani hai un giorno di riposo, non devi tornare alla villa, rimani pure qui.”

 

Concluse, mentre lasciava la stanza.

Reim rimase senza parole. Il duca non era mai stato così magnanimo con lui, e il pensiero di non doversi svegliare presto la mattina successiva lo riempì di gioia.

S’inchinò, in segno di rispetto.

 

“Vi ringrazio, Signor duca!”

 

In quel momento, sentì dei colpi di tosse alle sue spalle. Si voltò, e vide Lady Sharon preparare un bicchiere d’acqua per Break, che si reggeva in piedi a stento, sostenendosi alla grande tavolata ormai vuota.

Le sopracciglia di Reim s’inclinarono in un’espressione triste e rassegnata: era giunto il momento di tornare alla realtà.

 

“Break, non devi aiutarci per forza, vai a riposare!”

 

Consigliava la giovane Rainsworth al suo servo.

Ma Xerxes non sembrava voler cogliere il suo invito.

 

Ma… Voglio sapere cosa ne pensa…

 

Reim, che ascoltava da lontano, aggrottò le sopracciglia, non capendo di cosa stessero parlando.

 

“Non importa Break, glielo chiedi domani. Adesso vai a dormire, sei stravolto.”

 

Xerxes non poté negare ciò che aveva appena affermato la sua padrona, e decise di ubbidirle, facendosi accompagnare fino alla sua stanza. Sharon lo prese sottobraccio, e insieme s’appropinquarono verso l’uscita. Prima di lasciare il salotto, incrociarono Reim, augurandoli la buona notte.

 

“Noi andiamo a fare la nanna! Qui c’è qualcuno che ha bevuto un po’ troppo…

 

Affermò la ragazza, cercando di far passare tutta quella stanchezza e quella debolezza di Break come la mera conseguenza dell’alcool. Tuttavia, Reim non credé un solo secondo alle sue parole, poiché sapeva perfettamente che per quanto potesse bere, Xerxes non si ubriacava mai, nemmeno se voleva.

Ma, per non far stare in pensiero nessuno, il servo di casa Barma sorrise dolcemente, senza farsi vedere preoccupato o in preda al panico.

 

“D’accordo. Allora io vi ringrazio ancora di cuore… E’ stata una festa fantastica. Buona notte…

 

Si avvicinò prima a Sharon, poi a Break, avvolgendoli entrambi in un abbraccio intenso, imbevuto allo stesso tempo di commozione e tenerezza.

Quando le lancette dell’orologio avanzarono ancora di più, si fece tardi anche per lui.

Nella  sala erano rimasti solo Gilbert e alcuni membri di Pandora, ancora impegnati nel mettere in ordine le ultime cose. Reim si avvicinò al Nightray, informandolo che sarebbe andato a letto.

 

“Scusami Gilbert, so che sono rimaste ancora alcune cose da fare, ma-“

 

Il moro lo interruppe, senza voler nemmeno ascoltare il resto della frase.

 

“Non ti preoccupare, vai.”

 

Disse tranquillamente.

 

“Sharon mi ha detto di dirti che per te ha preparato la penultima stanza, in fondo a destra del corridoio del piano superiore. Mi ha detto che apparteneva a te quando vivevi qui.”

 

Reim rimase ancora una volta piacevolmente colpito: Sharon aveva pensato proprio a tutto, senza sbagliare di una virgola.

 

“Grazie, buona notte Gilbert.”

 

I due si salutarono e Reim si diresse verso quella che fino ai quindici anni era stata la sua cameretta. Prima di entrare, fu un po’ emozionato all’idea di riaprire quella porta e di dormire di nuovo in quel soffice letto, tana calda e sicura della sua infanzia.

Aprì la porta e venne pervaso da un forte senso di nostalgia. Ma non si trattava di un’emozione triste o malinconica… La sensazione che provava era estremamente piacevole e allegra.

Si andò a sedere sul suo letto, buttandosi all’indietro con la schiena. Rilassò le ossa stanche su quella morbida superficie e s’accorse solo dopo diversi minuti che sul suo comodino c’era qualcosa.

Sollevò il busto, riassumendo una posizione seduta, e prese quello che aveva tutta l’aria di essere l’ultimo regalo di quella sera. Un pacchetto di modeste dimensioni e spessore, dalla forma simile a quella di un libro. Non c’era biglietto, né sembrava che chi lo avesse confezionato fosse molto pratico nell’impacchettare regali.

Lo scartò incuriosito, ritrovandosi davanti una superficie scura e vellutata, con un piedistallo attaccato sopra: che sciocco, lo aveva aperto al contrario.

Girò quella che ormai aveva capito essere una cornice e ciò che vide gli sospese il fiato, gonfiando all’istante i suoi occhi di lacrime.

Dentro alla cornice c’era una foto di qualche anno prima. Erano lui e Xerxes e sullo sfondo s’intravedevano delle luci colorate. Gli si formò un groppo alla gola, pensando a quanto fosse stato stupido nel credere che Break non gli avesse fatto nemmeno un pensierino. Ma quello, quello non aveva niente a che vedere con il “pensierino” di cui si sarebbe accontentato Reim. Quella singola foto, quel pezzo di carta lucido e colorato, protetto da una barriera di vetro e circondato da quattro solide pareti argentate era molto più di quanto si potesse desiderare. Senza neanche pensarci, strinse quel prezioso oggetto al petto, cominciando a liberare i singhiozzi e le lacrime, che uscivano senza controllo dal suo cuore. Si addormentò così quella notte, con la foto stretta tra le braccia, custodita vicino al suo cuore come il più prezioso dei tesori.

 

 

***

 

Il mattino seguente, Reim si alzò alle dieci in punto, accorgendosi, solo una volta in piedi, di aver dormito con i vestiti del giorno precedente. Si stropicciò gli occhi e si diede una sistemata, dopodiché, afferrati gli indispensabili occhiali da vista, uscì dalla sua stanza e s’apprestò a raggiungere gli altri che facevano colazione.

Entrò nel salottino dove erano soliti sorseggiare il loro thè mattutino, non riuscendo a trattenere un sonoro sbadiglio.

 

“Buon giorno, Reim-san! Ben svegliato!”

 

Lo salutò cordiale Lady Sharon.

Reim le sorrise, accomodandosi accanto a lei.

 

“Dov’è Xerxes?”

 

Le domandò, sorpreso di non vedere l’amico farle compagnia.

La ragazza bevve un sorso di thè, e poi rispose.

 

“E’ andato a cavallo con Gilbert.”

 

Il servo di casa Barma sgranò gli occhi sorpreso. Break aveva sempre amato andare a cavallo, ma non credeva che anche dopo aver perso la vista continuasse tale attività.

 

“Non è pericoloso?”

 

Domandò preoccupato.

Ma Sharon non sembrava del suo stesso parere.

 

“Stai tranquillo, c’è Gilbert con lui. E poi anche se fosse, lo sai, Break odia che gli si vieti di fare qualcosa che gli piace.”

 

Reim sospirò, e si sbrigò a fare la sua colazione, impaziente di raggiungere il suo amico.

 

“Così ti strozzerai!”

 

Sharon lo incitò a mangiare con calma, sebbene fosse rimasta intenerita da come l’altro si affrettava solo perché non vedeva l’ora d’incontrare Break, probabilmente per ringraziarlo del dono che gli aveva fatto trovare in camera la sera prima.

Quando Reim fece sparire dalla sua tazzina anche l’ultimo sorso di thè, si preparò a congedarsi, scusandosi per essersi fermato poco.

 

“Perdona la mia fretta, ho una cosa importante da fare.”

 

Aveva detto, onorandola con un lieve inchino.

La ragazza sorrise divertita.

 

“Coraggio, Reim! Tirati su! Non c’è bisogno di tutta questa formalità, lo sai. Va’ da lui!”

 

Il servo di casa Barma arrossì lievemente e si congedò, raggiungendo il maneggio dei Rainsworth.

Una volta arrivato al recinto dove si trovavano i cavalli, notò che all’interno non si stava esercitando nessuno.

Si guardò intorno, sentendo solo dopo alcuni minuti delle grida, che incitavano il cavallo a correre di più.

Li vide, lontani come due puntini, che correvano lungo le vaste colline verdi che contornavano la magione.

Gilbert era in sella a un cavallo nero e dietro di lui, sul suo cavallo bianco, c’era Xerxes.

Reim pensò che non fosse il caso di disturbarli, e rimase davanti alla staccionata, aspettando che finissero la loro cavalcata. Nel frattempo, non poté fare a meno che starli a guardare, sentendo sempre più voglia di montare a cavallo anche lui.

Trascorso qualche minuto, i due fecero ritorno al recinto, e Gilbert salutò Reim.

 

“Buon giorno Reim! Buon non compleanno!”

 

Dal canto suo, l’altro sorrise, aspettando che entrambi scendessero e riponessero i cavalli oltre la staccionata.

Break non disse nulla. Aveva fatto finta di non vederlo, o meglio, di non aver sentito che lui fosse lì. Voleva che fosse Reim a dire la prima, e, ancora una volta riuscì ad essere accontentato.

 

Xerxes…

 

Break sorrise compiaciuto, mentre accarezzava il muso del suo cavallo, voltando le spalle all’altro.

 

“Ah, buon giorno, Reim…

 

Disse, fingendosi stupito di sapere che fosse lì.

 

“Posso parlarti un attimo?”

 

Break si girò, incontrando il suo sguardo.

 

“D’accordo, arrivo subito.”

 

Passeggiavano per le vaste colline, l’uno accanto all’altro, godendo del leggero alito di vento che gli disordinava i capelli.

 

“Allora? Di cosa volevi parlarmi?”

 

Domandò Xerxes, fingendo di non saperlo.

 

“Ieri sera… Quando sono arrivato in camera, l’ho trovato.”

 

Break si fermò, spostando lo sguardo sull’amico.

 

“Ti piace?”

 

Volle sapere.

Reim cominciò a sentire il suo cuore battere più forte, formandoli un nodo alla gola, che sapeva non sarebbe riuscito a sopportare a lungo.

 

“Mi chiedi se mi piace? E’ il regalo più bello che abbia mai ricevuto.”

 

Xerxes sorrise, contento di averlo reso felice. Riprese a camminare, coinvolgendo anche l’altro.

 

“Sai, l’ho scelta io la foto.”

 

Affermò, proseguendo il discorso.

 

“Certe cose non c’è bisogno di riguardarle perché si ricordino…

 

Concluse poi, fermandosi nuovamente, e puntando ancora il suo occhio sull’amico.

 

“Ricordi che giorno era?”

 

Reim annuì sorridendo.

 

“Certo. Era festa di Natale organizzata dalla duchessa Rainsworth, come dimenticarlo. Tu e il duca Barma vi siete lanciati frecciatine per tutta la serata e non appena lui si girava tu gli facevi la linguaccia.”

 

Break scoppiò a ridere, ripensando alla faccia seria e infastidita che il duca aveva quella sera.

 

Ahahahah! E’ vero, verissimo!”

 

Esclamò, placando pian piano il suo riso.

 

“Non si è accorto di niente…

 

Concluse poi, ripensando a quel momento come a uno dei più divertenti della sua vita.

 

Reim sospirò, con un senso di malinconia che gli avvolgeva l’animo. C’era ancora una cosa che avrebbe voluto dire al suo amico, una cosa di cui un po’ si vergognava, ma che era convinto gli avrebbe fatto piacere.

 

“Sai, ci ho dormito stanotte.”

 

“Con il duca?”

 

Ribatté divertito Break. Reim arrossì, specificando il soggetto della sua precedente affermazione.

 

“Con la foto.”

 

Xerxes aveva ora un’espressione più seria. Era felice, immensamente felice di ciò che aveva appena sentito. Le sue labbra s’inarcarono leggermente in un lieve sorriso, lasciando trasparire quanto fosse rimasto piacevolmente colpito da quel gesto, tipico di una persona sensibile come il suo migliore amico. Poi, ironizzando come sempre faceva nei momenti di pathos come quello per non esplicitare i propri sentimenti, deformò il discorso, portandolo su un livello più facile da gestire.

 

“Mi fa piacere che tu abbia scelto il mio regalo.”

 

Affermò, destando stupore nell’altro, che lo guardò confuso.

 

“In che senso?”

 

Domandò, aggrottando le sopracciglia.

Xerxes ghignò divertito.

 

“Beh, credo sarebbe stato un po’ pericoloso dormire con una pistola.”

 

Reim rimase interdetto. Break avrebbe fatto di tutto pur di non lasciarsi sopraffare dall’emozione. Era un uomo dannatamente orgoglioso, che difficilmente permetteva agli altri di conoscere i propri sentimenti. Tuttavia, nonostante questo, Reim era ben conscio di essere una persona importante per lui, e questo gli bastava per ritenersi felice e fortunato.

Senza dire una parola, abbracciò calorosamente l’amico, carezzandogli la schiena.

 

“Grazie, Xerxes…

 

Break era rimasto immobile, e ricambiò l’abbraccio solo dopo qualche secondo.

 

Reim… Lo so che è un po’ tardi adesso, ma ancora non te lo avevo detto…

 

Si staccò da quell’abbraccio e puntò il suo occhio su di lui.

 

“Buon compleanno.”

 

 

***

 

Angolo dell’autrice

 

Eccomi di nuovo con un’altra One-Shot su questo bellissimo manga! Allora, ho alcune cose da puntualizzare: prima di tutto la linea del tempo. Questa storia si colloca più avanti rispetto ai capitoli usciti finora, e tratta di un episodio avvenuto dopo la mia One-Shot “Can’t change the past, can’t change the future”, in quanto il Reim che vediamo qui è decisamente più maturo: nel momento del desiderio infatti, non chiede che il suo amico guarisca, in quanto ormai è riuscito a farsene una ragione. Il suo desiderio è molto più saggio: non importa dove Xerxes sarà fra un anno, l’importante è che sia felice, ovunque si trovi.

Altre note che voglio evidenziare sono: la data di nascita di Break non è ufficiale, l’ho inventata. Non mi risulta che l’autrice l’abbia rivelata in qualche guida, ma in caso l’avesse fatto (o lo faccia prima o poi) provvederò a cambiarla. Il fatto che Break non capisca il significato del compleanno è anch’essa una mia deduzione; semplicemente, dopo tutto quello che ha passato, non mi sembra il tipo di persona che si preoccupi di festeggiare la ricorrenza della sua nascita. Per finire, ho in progetto una fic di tre capitoli che spero di pubblicare il più presto possibile!

 

Alla prossima!

 

Strato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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