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Autore: Chris93    10/08/2011    0 recensioni
Tutti noi conosciamo le avventure dell'occhialuto maghetto anglofono.....ma non quelle di un maghetto italiano! La storia in questione ha come protagonista Virgilio Adamanzio da Roma, il lasso di tempo in cui la storia è ambientata, parte dal sesto anno ad Hogwarts di Harry Potter; ci troviamo quindi di fronte al ritorno allo scoperto di Voldemort e ad un pericolo mortale per l'Europa, Italia inclusa.......
PS: Vi pregherei di recensire questo capitolo, così facendo riuscirò a migliorarmi e correggere i miei errori. Quali sono i vostri giudizi? :)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Quella giornata di Agosto fu una delle più calde che si ricordasse ma, ora che il sole era parzialmente rientrato, si poteva godere delle leggere brezze serali. Finalmente, anche il sangue aveva smesso di macchiare il chiaro viso di Virgilio ma, nonostante ciò, l’occhio gonfio continuava a pulsare violentemente e cominciava ad assumere un insano colore violaceo. Sua madre questa volta non gliel'avrebbe fatta passare liscia, lo sapeva, ma dopotutto era solo ed unicamente colpa sua. I suoi compagni non lo avrebbero mai preso in giro se avesse avuto un nome più comune o, perlomeno, normale.
«Dovresti esserne orgoglioso!» gli diceva spesso la mamma. «Porti il nome di uno dei più grandi poeti di tutti i tempi!» Virgilio lo sapeva bene ma avrebbe di gran lunga preferito avere un nome più comune e così forse Dario non lo avrebbe preso di mira ogni qual volta si fossero incontrati per strada. Certo che, anche quel grassone, quel giorno aveva preso la sua bella dose di sberleffi. Tutto cominciò all'imbrunire di quell'afosa giornata: Virgilio era, anche se malvolentieri, in compagnia dei suoi cosiddetti  “amici” se così li si poteva chiamare. Questi erano una combriccola di quattro ragazzi perlopiù vandali e bulli che trascorrevano le noiose giornate estive tra ragazzate e risse. Virgilio era il più piccolo tra loro, un ragazzo scapestrato, magro, capelli scuri arruffati e grandi occhi color nocciola, un vero testardo e con un cuore, solo all'apparenza, freddo e  distaccato che però nascondeva un animo sensibile che troppo spesso stentava ad uscir fuori, il tutto era avvolto in un profonda e densa timidezza che attanagliava il ragazzino ogni qual volta si trovasse in situazioni delicate. Neanche lui conosceva il motivo per cui avesse a che fare con quei sbandati. Dario Dedali, il capobranco, era un bullo in piena regola: brutto, grosso e maleodorante, il suo hobby preferito era ciò che lui amava chiamare “Schiaccia il Ratto”: questo simpatico passatempo consisteva semplicemente nel malmenare coloro che il buon Dario considerava “ratti”, ragazzi indifesi e deboli con i quali  prendersela senza correre il rischio di incappare in una loro reazione. Le sue vittime preferite erano i secchioni della scuola che frequentava e i ragazzini piccoli al parco a cui poteva facilmente rubare cibo o un paio di spiccioli. Lo “scimmione senza cervello”, come Virgilio amava chiamarlo, dava ordini ad un altro paio di ragazzi uno più stupido e codardo dell'altro in quanto non osavano attaccare briga se non in gruppo. Angelo e Andrea , questi i loro nomi, erano ragazzi di buona famiglia e mentre i loro ignari genitori erano convinti che i loro figli svolgessero i compiti delle vacanze a casa del “buon” Dario in realtà i ragazzi passavano le loro giornate ad azzuffarsi per le strade di Roma. Quel pomeriggio, nel ritorno verso casa, Dario , come di consueto, diede inizio alla sua dose di sfottò indirizzate a Virgilio.         «Ehi Virgilio, me la comporresti una bella poesia ?» disse Dario sogghignando.                                «Piantala Dario! Sei ripetitivo» sbottò Virgilio continuando a camminare, ormai ci aveva fatto il callo a quelle prese in giro. «Oh no, questa volta voglio fare qualcosa di diverso...» si interruppe per assicurarsi che gli amici ascoltassero attentamente. «Che ne dici di una bella poesia su tua madre Francesca ?»Virgilio trasalì, non sopportava che sua madre fosse nominata, specialmente da un tipo come Dario. Gocce di sudore cominciarono a scendere dalla fronte calda, la temperatura si stava alzando e il giovane sentiva la rabbia salire, salire sempre di più,  lo avvertiva chiaramente, stava per esplodere. «Respira Virgilio, respira, stai calmo» pensò tra sé e sé chiudendo gli occhi. Questo riuscì a calmarlo momentaneamente, rialzò la testa e ricominciò ad incamminarsi verso casa.                                    «Ehi, dove corri idiota ? Non vuoi sentire la mia creazione ?» urlò Dario, dopodiché, con aria superba e fintamente poetica, cominciò:
 
Oh Francesca, Francesca
i tuoi occhi son come specchi d'acqua,
le tue labbra di due ciliege son l'abbraccio,
i tuoi capelli sono come paglia al vento,
e il tuo fondo schiena è.....è.....
 
«Basta! Smettila maledetto bastardo!» il viso chiaro di Virgilio era ora del colore della porpora, cominciò a stringere i pugni tanto da farsi male e gli occhi sputavano odio su Dario ed i suoi sgherri.
«Brrr, che paura! Sto tremando! Non farmi male poetuncolo da quattro soldi!» scoppiò a ridere e con lui la sua banda.
«Te lo ripeto per l'ultima volta Dario, falla finita! »
«Altrimenti?» Dario tornò serio, ora la sua voce assunse un tono di sfida.
«Altrimenti io.....io....» Virgilio non sapeva cosa rispendere.
«Cosa fai? Vai a chiamare il tuo paparino?» si interruppe, imitò una faccia stupita e scoppiò  in una risata fragorosa.
«Oh, scusa tu non hai un padre ! Tuo padre è scappato via quando ha visto che razza di guaio aveva combinato facendo un figlio come te !»
Virgilio non seppe più trattenersi, prese una possente rincorsa e si scagliò su Dario con tutta la rabbia che aveva in corpo. Il giovane, però, non era certo un asso nella lotta e se ne accorse quando, improvvisamente, un dolore lancinante al labbro lo fece cadere rocambolescamente sul duro cemento del marciapiede; Virgilio aveva preso un cazzotto da quell'energumeno ed era caduto per  terra; la vista era lievemente offuscata, l'occhio pulsava violentemente e sentiva lo sgradevole sapore metallico del sangue, sputò in terra e tra la saliva e il sangue vide qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere, un piccolo minuscolo oggetto bianco tra la poltiglia rossa; un dente.
«Ehi ragazzi, vi presento il poeta sdentato !» risate fragorose accompagnarono le parole di Dario. Virgilio era allo stesso tempo dolorante e sorpreso, non si aspettava una botta così forte; ora lentamente stava riacquistando a pieno la vista, si alzò lentamente lanciando occhiate di odio e disprezzo verso Dario, giurò che quella volta non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
«Andiamo via, non vale la pena restare qui, è solo un idiota» esclamò tutto tronfio Dario.
A quel punto accadde qualcosa che anche in futuro Virgilio non riuscì a spiegare con precisione. Nell'esatto istante in cui Dario voltò le spalle i suoi jeans inspiegabilmente scivolarono facendolo inciampare rivelando imbarazzanti mutande con orsacchiotti ricamati provocando inevitabilmente l'ilarità dei presenti. Virgilio, con la bocca ancora rigata dal sangue, sorrise; il caso o la sfortuna avevano dato a Dario la punizione che meritava.
«Sei stato tu!» gli ringhiò Dario tirandosi su i calzoni imbarazzato, mentre gli altri ridevano a crepapelle. Ma era impossibile ! Come sarebbe potuto essere stato lui ? Si trovava almeno a due metri di distanza e, in quelle condizioni, a stento sarebbe riuscito ad alzarsi. Dario emanava rabbia e stupore da tutti i pori ma era Virgilio il più stupito di tutti.
«La pagherai maledetto ! Oh, quanto la pagherai !» queste furono le ultime parole di Dario che ancora stupefatto ed imbarazzato alzò i calzoni e ordinò alla sua banda di cambiare aria. Virgilio rimase immobile, un po' sorpreso un po' divertito, sorrise guardando le enormi figure di Dario e dei suoi sgherri allontanarsi in tutta fretta sull'asfalto caldo della capitale.
Era ormai tardi e Virgilio era ormai sicuro della pesante strigliata che avrebbe ricevuto da sua madre; conscio di ciò si incamminò verso il suo quartiere quando il suo cammino fu interrotto da un evento imprevisto.                                                           «Niente male ragazzo !» Virgilio sussultò, una voce proveniente dal vicolo antistante lo fece quasi saltare in aria dalla paura.
«Chi sei ?» disse Virgilio sorpreso, man mano che la misteriosa figurava usciva dal sudicio vico la luce lo rischiarava mostrando il suo viso.
A prima vista sembrava un barbone in piena regola, lunghi capelli castani ma molto ingrigiti e sporchi, grandi occhi color nocciola e labbra carnose, una piccola cicatrice rossastra dava bella vista di sé vicino l'occhio destro. Non doveva essere un uomo molto vecchio ma la stanchezza e la sporcizia lo facevano sembrare molto più anziano di quel che in realtà era, indossava un lungo impermeabile marrone tutto logoro e un paio di jeans grigi lunghi, non certo il massimo della comodità per un'afosa giornata d'Agosto.
«Ti ho chiesto chi sei !» ripeté Virgilio con più decisione; ora, dopo aver  vinto “la battaglia” contro Dario, si sentiva in qualche modo più forte, più sicuro di sé.
«Ragazzo, usa il cervello. Non vedi ? Sono solo un povero mendicante che gradirebbe qualche spicciolo per un goccetto e che ha avuto l'onore di assistere al tuo gradevole spettacolino»
«S-spettacolino ? Io non ho fatto nulla ! Le braghe di quel grassone sono calate da sole !»
Il barbone continuò a fissarlo negli occhi, aveva uno sguardo strano, quasi ipnotico, Virgilio provò una strana sensazione, gli sembrava che qualcosa stesse scavando nel suo cervello, immediatamente chiuse gli occhi.
«Si, ovviamente non sei stato tu, stavo solo scherzando ragazzo» un gran sorriso comparve sulla sua faccia raggrinzita.
«Bene, deduco che per me non ci sia neanche uno spicciolo» disse lo sconosciuto dopodiché, voltandosi, scomparve nuovamente nel buio del vicolo.
Chi fosse e cosa voleva quel mezzo matto ubriacone ? A queste domande, in quel momento, Virgilio non seppe trovar risposta; ormai però era acqua passata, pensò mentre entrava nel supermercato vicino casa per comprare un pacchetto di liquirizie e una borsa del ghiaccio per l'occhio dolorante e la bocca sanguinante. Era stata una giornata dura e, prima di tornare a casa, aveva voglia di qualcosa di dolce; comprò  una borsa del ghiaccio e il suo pacchetto di liquirizie al limone preferito e si sedette sui gradini di Piazza di Spagna mentre guardava il sole tingere di rosso scarlatto il cielo; aprì il pacchetto e vi trovò dentro qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere: una lettera. Era quasi una settimana che lo tormentavano, le trovava nella sua cassetta della posta, nei suoi libri e addirittura nel panino al posto del prosciutto ( sicuramente era stato Dario che aveva preteso un morso pochi secondi prima). Chi altri poteva essere se non i suoi fantomatici “amici” a lasciare queste lettere. A sua madre non aveva detto nulla, si innervosiva sempre quando era vittima degli scherzi dei suoi coetanei, perché di sicuro si trattava di uno stupidissimo scherzo, l’intestazione non lasciava dubbi:
 
       ACCADEMIA DELLE ARTI MAGICHE DI MINERVIA
 
 
Uno scherzo già…ma come diavolo c’erano riusciti ? Insomma come avrebbero potuto sapere che avrebbe comprato quella busta di liquirizie in quel supermercato e come avrebbero potuta inserirla senza aprire la busta ? Si guardò intorno per essere sicuro che non vi fosse nessuno nei paraggi. Era una pergamena ingiallita, sembrava antica. La voglia era troppo forte, in fondo questa volta l’avrebbe aperta, solo per curiosità.
Dentro vi era scritto con una calligrafia minuta ed elegante in inchiostro dorato:
 
 
 
 
   ACCADEMIA DELLE ARTI MAGICHE DI MINERVIA
 
Direttore: Leonardo Sparda
(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo pezzo grosso Coorte Stregonesca Italiana, Confederazione Internazionale Dei Maghi)
 
 
 
 
Signor V. Adamanzio
Busta di Liquirizie Lemon Black n.1245
Super Market “Economic”
Piazza di Spagna
Roma
 
 
Caro Signor Adamanzio,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare l’Accademia di Arti Magiche Minervia. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
In attesa di vederla egregi saluti.
Lucignolo Serafo
Prof.re di Storia della Magia
Vicepreside
 
 
La sua mente sembrò svuotata per qualche secondo. Poi riuscì a formulare un solo   pensiero, «che scherzo idiota!». Appallottolò la carta e la lanciò nella pattumiera lì vicino insieme alla busta di liquirizie ancora piena, gli era già passato l’appetito; restò ancora qualche minuto tenendo ben premuta la borsa del ghiaccio sull'occhio e sulla bocca in modo che il dolore e il gonfiore diminuissero dopodiché gettò anche quella nei rifiuti. Casa sua non era molto distante da Piazza di Spagna quindi non ci mise molto ad arrivare; per dire la verità era la casa della nonna ma ora, da quando lei li aveva lasciati l’anno precedente, vivevano solo lui e sua madre. Il nonno era morto infatti tre anni prima per un infarto improvviso e la povera nonna aveva avuto la stessa fine; per quanto riguarda il padre, non l’aveva mai conosciuto, la mamma diceva che li aveva abbandonati preferendo alla “famiglia” il  “lavoro” poco prima che lui nascesse e non aveva più fatto ritorno da allora . Non sapeva altro a riguardo perché a sua madre non piaceva parlarne. Spesso Virgilio passava giornate intere a pensare a lui e a chiedersi chi potesse essere, quale potesse essere il suo aspetto, dove si potesse trovare e soprattutto il perché se ne fosse andato prima della sua nascita abbandonando lui e sua madre al destino. Spesso lo sognava la notte, o almeno credeva fosse lui, poiché non aveva né ricordi né foto che lo raffigurassero, rimembrava solo di una vaga immagine maschile dai lunghi capelli, l'immagine non era mai chiara e definita, tutto, infatti, era spesso contornato da una fitta nebbia grigia. Virgilio si guardò attentamente nello specchio dell’ascensore prima di dirigersi verso casa sua, sotto i corti ed arruffati capelli neri l’occhio era tutto viola e si stava gonfiando tanto che era difficile addirittura riconoscere il colore dell'iride. Bussò alla porta preparandosi alla sfuriata che sicuramente avrebbe ricevuto dalla madre di lì a poco. Quando la donna aprì la porta in effetti gli occhi gli si strabuzzarono nel guardare lo stato in cui era ridotto il volto del povero figlio. A vederli non si sarebbe mai detto che fossero madre e figlio: lei era bassina, molto carina, bionda e con gli occhi azzurri, cosa che aveva sempre fatto pensare a Virgilio di somigliare tutto a suo padre o, nella peggiore delle ipotesi, di essere stato adottato a sua insaputa.
«È stato di nuovo Dario, vero?» chiese esaminandogli l’occhio e la bocca.
«Mamma ti prego non ricominciare» gli chiese annoiato Virgilio, ben conscio che l’argomento avrebbe riempito la conversazione dell’intera serata e nei peggiori dei casi delle giornate successive.
«Si, ne parleremo dopo» disse invece sua madre lasciandolo completamente esterrefatto.
«Cosa succede mamma ?» chiese Virgilio preoccupato.
«Niente, assolutamente niente, tesoro» rispose fermamente «corri a lavarti le mani che altrimenti la cena si fredda» Quella sera Virgilio non spiaccicò parola con la madre che era più silenziosa del solito e mangiò con poca voglia; addentò appena il pasticcio di patate e a malapena notò la presenza in tavola della pastasciutt. Finito di mangiare, o meglio di assaggiare, si affrettò a recarsi in camera sua e si gettò sul letto. La sua stanzetta era quella che lui considerava “la sua tana”, lì si rintanava quando nulla andava bene, quando sembrava che il mondo intero ce l'avesse con lui; in verità, non era poi una gran bella stanza ma Virgilio l'amava poiché quello era, forse, uno dei pochi luoghi dove si sentisse al sicuro e ben accetto, l'aveva decorata e personalizzata come poteva: su un lato vi erano una scrivania ed un'alta libreria, la parte destra era l'angolo della sua squadra del cuore: la Viribus Roma, una piccola squadra poco conosciuta della capitale; sciarpe, poster e foto autografate dai suoi piccoli campioni coprivano completamente quella parete. Virgilio si gettò sul letto, la luce tiepida e fioca del tramonto gli illuminò il giovane viso. Era stata una giornata stancante ma soprattutto strana e non povera di avvenimenti, il litigio con Dario, il barbone matto, lo stupido scherzo della lettera e anche lo strano comportamento della mamma non fecero altro che rendere ancora più nervoso ed irrequieto Virgilio che vinto dalla stanchezza si addormentò ancora vestito.

  
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