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Autore: Lonely Juliet    12/08/2011    3 recensioni
Anne è una ragazza fragile e silenziosa, completamente sola e senza alcun posto dove andare.
E' stata abbandonata fin da piccola in una clinica da suoi genitori, sempre poco presenti e incapaci di aiutarla e comprenderla.
Ma questa ragazza ha un dono, per quanto buono o pericoloso che sia: sente le emozioni degli altri.
Compiuta la maggiore età riesce finalmente a scappare, ma trovandosi per la prima volta faccia a faccia col mondo esterno capisce di non poter farcela da sola, sentendosi in pericolo: come farà a sopravvivere?
Eppure quel mondo così assurdo e incomprensibile, non è del tutto malvagio, perchè qualcuno è dalla sua parte, e l'aiuterà a ripercorrere il suo passato, alla ricerca della sua vera identità.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La custode di emozioni

 

 

1.

 

Continuavo a correre, correre senza fiato, con il cuore che minacciava di distruggersi da un momento all’altro e le gambe che rischiavano di spezzarsi.

Probabilmente quella era stata la mia prima corsa.

La mia non era mai stata una vita vera, e in quel momento potevo vedere il mondo con occhi diversi, lo riuscivo a vedere davvero.

Del mio passato non ricordavo niente: avevo sempre vissuto a New York, in un bell’appartamento con una bella famiglia.

Ovviamente era così che si poteva vedere dall’esterno.

Dall’età di otto anni tutto era improvvisamente cambiato, tutti i miei sensi si erano amplificati: riuscivo a sentire le sensazioni e le emozioni di chiunque stesse accanto a me, e ciò mi rendeva pazza, perché non ero più capace di distinguere i miei sentimenti da quelli degli altri, così iniziavo a tremare e ad urlare, incapace di controllarmi.

I miei genitori scambiarono questo mio malore per epilessia, così mi rinchiusero in una clinica, dove mi fecero stare peggio.

Rimasi lì senza più vedere nessuno, nient’altro che quella maledetta parete bianca con pazienti realmente malati, tutti con malattie diverse.

Quel posto e quelle persone mi terrorizzarono a tal punto da rimanere costantemente muta e immobile su quel letto per anni, fino al mio diciottesimo compleanno, appunto.

Ovviamente si erano resi conto della mia assenza e sicuramente avevano mandato molti medici nella mia ricerca e avvisato la polizia di trovarmi, sotto quella incessante pioggia in cui era difficile orientarsi su dove andare.

Quello che sapevo è che avevo appena rubato dei vestiti in un negozio, ma solo per nascondere le mie tracce siccome avevo addosso soltanto quell’orribile camice verde.

Finalmente smisi di correre, e mi guardai intorno: ero finita in un vecchio parcheggio.

Esausta, mi accasciai a terra senza fiato, e ai miei piedi trovai un vecchio vetro dove inevitabilmente rifletteva la mia immagine: i miei capelli color miele  e mossi mi arrivavano ormai ai fianchi, e gli occhi che una volta erano di un azzurro cielo, ormai erano rimasti spenti e grigi da tempo, coperti di occhiaie violacee.

Le mie labbra rosse invece, non smettevano di tremare.

All’improvviso però, non mi sentii più sola: sentii l’eccitazione di qualcuno, proprio vicino a me.

Appena alzai gli occhi mi trovai davanti un uomo di almeno cinquant’anni, sporco e ubriaco, perso quanto me.

-         Ehi bambolina, ti sei persa?

Riuscivo a sentire con estrema chiarezza tutto ciò che provava a starmi vicino, e ciò mi immobilizzò completamente.

L’uomo mi si avvicinò di più provando a toccarmi, ma a quel punto mi coprii la testa con le mani e urlai con tutto il fiato che avevo in gola.

-         Ehi, chi c’è?

Una voce maschile, di certo più giovane del maniaco iniziò a farsi strada.

Riuscivo a sentire le sue scarpe farsi strada tra le pozzanghere.

-         Che cosa le stavi facendo?-urlò a quel punto, prendendo l’uomo ubriaco per la giacca, sbattendolo su un’auto poco distante.

-         Lasciami stare!-provò a dimenarsi lui.

Per tutta risposta, il giovane gli tirò un pugno, che gli fece perdere completamente i sensi.

Io non smettevo di tremare, con gli occhi sbarrati fissi sull’uomo a terra, che non provava più alcuna sensazione, se non un vuoto infinito.

-         Stai bene?

Quella voce rassicurante e giovane mi si avvicinò, ma non riuscivo ad alzare il viso per poter guardare l’interlocutore.

Non sentivo alcuna sensazione negativa attorno a me, così mi sentii più sicura.

Intanto lo sconosciuto mi aveva stretto a se in silenzio, come per proteggermi.

A quel punto crollai, nel sonno più profondo.

  
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