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Autore: Kary91    12/08/2011    8 recensioni
Piccola raccolta di future!Moments che vede come protagonisti i personaggi di TVD ormai adulti alle prese con famiglia e figli, ma anche con vecchi ricordi polverosi che è difficile lasciarsi alle spalle.
1. Blackbird [Tyler & Mason Jr.]
2. Do you Believe in magic? [Bonnie,David,Julian & Autumn]
3. Il bambino che inseguiva le stelle cadenti [Jeremy, Xander & Oliver]
4. Blowing memories [Matt, Vicki & Vicki Junior] Seconda classificata al Drabble&Flash Contest indetto da dio-niso.
5. Keep moving forward [Elena & Jeffrey]
“come fa a passare?”
Chiese sollevando il capo, per rivolgere alla donna uno sguardo interrogativo.
Elena sospirò. Istintivamente, la sua mano destra si infilò nella vestaglia e tastare la superficie del ciondolo che portava al collo.
“Andando avanti, Jeffrey.”
Annunciò accettando la manina che il figlio aveva allungato per giocherellare con la sua collana.
“Bisogna sempre andare avanti. Anche quando le persone che hai amato ti mancano e non sono più con te.”
Jeffrey smise di giocare e si scostò dalla madre per guardarla nuovamente negli occhi.
“Ma è triste!”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Tyler Lockwood
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'It calls me home.'
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Scritta per il TVG!Fest con prompt adult!Elena/adult!Jeremy - "Happiness is like the old man told me/Look for it, but you'll never find it all/Let it go, live your life and leave it/Then one day, wake up and she'll be home"

Chapter 3  [Jeremy, Xander & Oliver]

[Istruzioni per l’uso: 1. aprire youtube. 2. inserire “Happiness – the fray” nella barra di ricerca 3. ascoltare la canzone durante la lettura u_ù]

Il bambino che inseguiva le stelle cadenti.


Happiness is like the old man told me
Look for it, but you’ll never find it all
But let it go, live your life and leave it
Then one day, wake up and she’ll be home
Happiness.
The Fray

C’era qualcosa nell’atmosfera placida e intorpidita delle serate agosto, che aveva sempre affascinato Jeremy.

Il ronzio monotono dei televisori accesi aveva un che di piacevole e rilassante, così come il frinire dei grilli che avvertiva talvolta, mescolato al chiacchiericcio concitato di qualche vicino.

L’abitudine di sgusciare in giardino non appena intravedeva le prime stelle fare capolino era qualcosa che si portava dietro fin da bambino, quando ancora faticava a restare in una stanza per più di una manciata d’ore al massimo.

In preda all’iperattività e al desiderio di avvertire l’aria fresca a contatto con la sua pelle, il bimbetto era solito rifugiarsi sui gradini d’ingresso di Casa Gilbert pronto a improvvisare una partita a baseball con qualche avversario invisibile o, se proprio era fortunato, a inseguire le lucciole che rischiaravano a intermittenza piccole zone erbose del cortile.

Una volta cresciuto, Jeremy aveva continuato volentieri a trascorrere le tiepide serate estive all’aperto. Accoccolato sull’erba fresca, il ragazzo impiegava ore nel tentativo di catturare su fogli di carta ogni elemento del paesaggio che colpiva la sua attenzione.

Le luci dei lampioni diventavano così sottili filamenti gialli e l’oscurità era simile a un mantello intarsiato di minuscoli puntini d’oro.

Intrappolato nell’atmosfera tenue e delicata di quei momenti, Jeremy traduceva rumori e sensazioni in immagini e stravolgeva la notte trasformandola in un tripudio di luci e ombre, dove i colori facevano a pugni con il nero: e molto spesso, vincevano.

A coronare quei quadretti, le stelle ravvivavano la porzione scura di cielo, guadagnandosi in ogni occasione il ruolo di protagoniste indiscusse.

“E questa?” Caroline indicò con l’indice l’unica striatura gialla che spiccava nel cielo del disegno.

“è una stella cadente.” Le labbra di Jeremy si incresparono a formare un sorrisetto sghembo.

“La stessa stella che ci è passata sopra la testa poco fa.”

“Che cosa? Un’altra?” La ragazza si affrettò a scrutare la volta celeste alla ricerca di filamenti di luce.

“Sei sicuro?”

“Sicurissimo.”

Jeremy si sfilò la matita da dietro l’orecchio e proseguì con il suo disegno.

“Perché sei sempre tu ad avvistarle per primo?”  Domandò  allora Caroline  mettendo su un broncio infantile.

“Cos’è, hai qualche potere speciale?”

“Le inseguo e basta Caroline.”

Jeremy diede una scrollata di spalle. D’estate, quando non c’erano nuvole, era ancora più piacevole starsene sdraiati sotto quel tappeto intarsiato di sprazzi luminosi.

“Le inseguo e basta.”

 

Quando Jeremy era piccolo, le stelle erano una delle poche cose che riuscivano a mantenerlo tranquillo abbastanza a lungo, se non si contavano pastelli e matite colorate.

Trascorreva intere mezzore accoccolato sull’erba, gli occhietti vispi a scandagliare il cielo nella speranza di riuscire a individuare una stella cadente. Per qualche strana ragione era sempre il primo a scovarle indicandole svelto con l’indice per poi chiudere gli occhi al fine di esprimere un desiderio.

E ci riusciva sempre, rapido com’era.

Eppure, non era mai sicuro di cosa dovesse chiedere alle stelle. A cinque o sei anni è difficile andare più in là di un pacchetto di caramelle e un giocattolo nuovo di zecca. E Jeremy si stufò ben presto di sprecare il potere speciale degli astri con quel genere di richieste.

Fu Miranda a suggerire al bambino come sfruttare al meglio i propri desideri.

“Devi sempre pensare a quello che ti rende felice.”

Gli sussurrò una sera in un orecchio prima di accarezzargli il capo con tenerezza.

“ Se sei felice, tutto funzionerà sempre per il meglio. Devi chiedere questo alla tua stella.”

La felicità.

Per un bambino dell’età di Jeremy, la felicità aveva lo stesso odore delle gomme da masticare e le sembianze di un pallone da calcio ancora completamente intatto.

La incontrava spesso: durante i giochi in giardino, nell’andatura buffa e irrequieta di un millepiedi, in sella alla sua bicicletta preferita.

E tra le stelle: già, le stelle erano zeppe di felicità.

Era stato crescendo, che Jeremy aveva incominciato a perderla di vista. Era accaduto e un po’ come capita spesso con gli amici di infanzia: all’inizio si è inseparabili, ma  prima o poi si finisce per vedersi sempre meno.

A Jeremy mancava la sua vecchia amica: la cercò a lungo, ovunque gli capitasse di frugare; in un album da disegno; fra le pagine ingiallite di un vecchio diario; nello sguardo di qualche ragazza.

Continuò a scandagliare il cielo alla ricerca delle stelle cadenti, e ne individuò a manciate, ma i suoi desideri di raro venivano esauditi.

E alla fine, proprio nel momento in cui aveva ormai perso la voglia di cercarla, la felicità era tornata da lui.

Ripensandoci a qualche anno di distanza, Jeremy non faticò a comprendere come mai avesse impiegato così tanto a individuarla: la felicità era veloce. Talmente veloce che ancora faticava ad acchiapparla qualche volta.

Come in quel momento, per esempio.

“Torna subito qui birbantello che non sei altro!”

Il mondo era una cascata di colori quella sera. Jeremy si guardò le mani; chiazze di tempera gialla gli decoravano le nocche così come il collo e gran parte del viso.

“Ti ho colorato! Ti ho colorato!”

Grida infantili aggiungevano altrettanta brillantezza al quadretto incorniciato dal muretto che costeggiava casa Gilbert.

Un piccoletto dai capelli neri sfrecciò di gran carriera fino alla fine del cortile prima di buttarsi a terra in preda a un portentoso attacco di ridarella. Le manine erano impregnate di tempera, così come la T-Shirt sformata che gli arrivava alle ginocchia.

“Aspetta di vedere come ti colora papà ora, Xander bello.”

Jeremy afferrò un barattolo di colore dal tavolino e si affrettò a raggiungere il bimbetto.

Accoccolato sui gradini, il piccolo Oliver lo osservava con un sorriso divertito battendo di tanto in tanto le manine.

“Dai papà!”

Fece il tifo per lui prima di tornare al suo disegno.

Era una tiepida sera d’agosto. Una domenica. La maggior parte degli uomini di Mystic Falls in quel momento era probabilmente incollata al televisore con una lattina di birra in mano e una manciata di cuscini sprimacciati dietro la schiena.

Non Jeremy.

Per lui la telecronaca della partita di football era solo un vago ronzio di sottofondo. Ciò che contava veramente era quella manina sporca aggrappata ai suoi jeans, la manina di un bambino deciso a farlo cadere a terra.

“Vinco io!”

Annunciò Xander facendo le boccacce al padre prima di afferrarlo per un braccio e di trascinarlo verso il basso.

Jeremy attirò il piccolo a sé e incominciò a imbrattargli la faccia di piccoli baffi di colore, evitando per un soffio i dentini da latte di Alexander.

“Papà perde! Xander vince!”

Continuò a sostenere il bimbetto in preda a un secondo attacco di ridarella. Mentre il padre lo sollevava con facilità, Xander puntò i piedi a terra tentando di fargli perdere l’equilibrio.

“Xander non vince, perché papà è più forte.”

Lo rimbeccò l’uomo spingendogli la testa verso il basso. Xander prese a ciondolare a testa in giù, stirandosi per allungare le manine fino a terra.

Si dondolò per un po’, ma alla fine riuscì nel suo intento.

“Ehi Olive! Olive guardami, cammino con le mani!”

Annunciò allegramente aggrappandosi ai fili d’erba per mantenersi in bilico.

Oliver gli corse incontro ridendo.

“E tu che cosa nascondi là dietro, tesoro?”

Domandò un insospettito Jeremy notando che Oliver aveva le manine intrecciate dietro la schiena.

Probabilmente si trattava di un disegno. O di un pastello. Oliver era la creatura più docile e mite che avesse mai conosciuto.

La felicità aveva due nomi: Alexander e Oliver.

E se Xander incarnava la rapidità con cui essa si muoveva, Oliver era la dolcezza con cui alla fine poi lei gli aveva sorriso.

Quetto!”

Annunciò infine il bambino mettendo in bella mostra due manine completamente intrise di tempera.

“Xander perde!”

Annunciò con un sorriso incredibilmente innocente spiaccicando i palmi sulle guance del fratello maggiore.

“No!”

Xander si lamentò cercando di allontanare Oliver, ma il bimbetto non si lasciò intimidire e continuò a impiastricciare faccia e vestiti del maggiore con le manine sporche.

Jeremy scoppiò a ridere, sorpreso dall’atto di monelleria del figlio minore. Si riprese quasi subito, nel notare che per via dei frenetici movimenti di Alexander, il piccolo stava per scivolargli di mano.

“Chi sta vincendo qui?”

Oltre la staccionata che delimitava il giardino dei Gilbert, un uomo e una donna osservavano divertiti l’allegro quadretto familiare.

“Vinco io zio!”

Xander si liberò dalla presa del padre e, scivolando a terra con un tonfo, gattonò fino alla recinzione per raggiungere i due coniugi Donovan.

“Io vinco sempre!”

Annunciò tendendo le braccia verso lo zio Matt che si sporse per prenderlo in braccio.

“Non proprio sempre, però.”

Oliver annuì con aria seria appoggiandosi sul fianco del padre e stropicciandosi un occhietto, insonnolito.

Jeremy gli accarezzò il capo.

“Oliver ha ragione.”

Elena si intromise nel discorso, sorridendo al nipotino più piccolo.

“Qual è il fratellino Gilbert che vede sempre per primo le stelle cadenti, per esempio?”

Sia Oliver, sia Jeremy alzarono la mano.

Io e te papà!”

Dichiarò Oliver con aria soddisfatta lasciandosi prendere in braccio.

“Noi le seguiamo! Vero?”

Jeremy annuì.

“Le inseguiamo e poi esprimiamo un desiderio.”

Confermò l’uomo stringendo a sé il piccolo Oliver.

Ma però, io quando sono grande però vi batto tutti.”

Annunciò Alexander fiero giocherellando con il colletto della camicia dello zio.

“Divento astronauta e vado a rubare tutte le stelle. E poi le metto in camera mia, così le vedo sempre per primo!

“Ehi, ma lo sai che anche lo zio Matt voleva fare l’astronauta quando aveva la tua età?”

Gli rivelò Elena arruffandogli i capelli con tenerezza.

“Diceva sempre che la prima volta che avrebbe attraversato il cielo, si sarebbe fermato per prendermi una stella. E io sto ancora aspettando…

Aggiunse inarcando un sopracciglio in direzione del marito.

Matt scoppiò a ridere.

“Beh ho ancora tutto il tempo…

Si difese sistemandosi meglio Alexander fra le braccia e avvicinandosi alla donna.

“Nel frattempo accontentati di questo.”

Allungò il collo per baciarla, ma le manine rapide del nipotino si frapposero fra i due volti, allontanandoli.

“Che schifo zii!”

Annunciò Xander con aria disgustata e un pizzico di birbanteria nello sguardo. Jeremy rise, avvicinandosi alla staccionata per recuperare il bambino che in cuor suo gliene ricordava tremendamente un altro.

“Ma cosa “che schifo?” Prima o poi anche tu riempirai Caroline di bacini.”

Lo prese in giro Matt sorridendo con aria divertita.

“Scordatelo!”

Si lamentò il ragazzino scuotendo il capo con violenza.

..E comunque se non ti dispiace il mio bacio me lo prendo lo stesso…

Aggiunse Elena coprendo gli occhi di Alexander con una mano e avvicinandosi al marito per baciarlo, ignorando le proteste del nipote.

Jeremy osservava tutto questo ridendo. Il piccolo capo di Oliver era accoccolato sul suo petto e gli occhietti del bambino incominciavano a chiudersi, stanchi e insonnoliti.

Erano loro le sue stelle cadenti.

Era quella la felicità.

“Papà ho sonno.”

Mormorò prima di lasciarsi sfuggire uno sbadiglio.

“Dici alle stelle se si spengono? Così poi dormo.”

Jeremy strinse a sé con più forza il figlioletto fra le sue braccia.

Proprio quel momento, una stella cadente attraversò il cielo simile a una rapida pennellata di colore.

Non penso vi stupirete se vi dirò che quella volta Jeremy fu l’unico a non vederla.

Non ne aveva più bisogno.

Nota dell’autrice.

*Laura fa un respiro profondo*

Jeremy.

 Jeremy, Jeremy, Jeremy.

È inutile, per quanto io ami Tyler all’inverosimile, nessun personaggio mi fa emozionare quanto lui.  Jeremy è l’unico che di tanto in tanto mi fa versare una lacrima mentre scrivo. Accade di raro, ma se ottengo questo risultato è sempre con lui. Questa one-shot è un po’ l’emblema di tutta la raccolta e non per altro, ho deciso di ispirarmi alla strofa della canzone che ho inserito prima di iniziare con i capitoli.

È da quando ho incominciato a rimuginare sul futuro dei personaggi che so, che non mi sarei data pace fino a quando non avrei visto Jeremy effettivamente felice. Felice e in pace con stesso. Dopo tutto quello che ha passato era il minimo (un po’ come per Matt). Anche se è un po’ “cheesy” come cosa, (la questione della felicità e bla bla bla), non mi è dispiaciuto descrivere il tutto in questa maniera. Il titolo si riferisce sia a lui, e in un certo senso anche a Oliver.

E niente, non riesco ad aggiungere nulla, Jeremy ha già detto tutto. Vi volevo solo ringraziare davvero tanto tanto per i commenti che avete lasciato sia al capitolo su Bonnie, sia alle foto sui pargoli.

Per chi non le avesse già viste, le potete trovare tutte qui.

 

Grazie ancora.

Un abbraccio forte

 

Laura

P.S. Jeremy ha anche una moglie eh xD Prima o poi farà la sua comparsa.

   
 
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