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Autore: Yuki Delleran    06/04/2006    6 recensioni
12 anni e un segreto da nascondere a tutti i costi perchè se venisse scoperto sarebbe la fine di tutto. Eppure il lupo aveva un sogno che aspettava solo di essere realizzato...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J

Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J.K.Rowling

 

I Malandrini in:

Wolfs Dream

di Yuki Delleran

 

Prima parte

 

«Non ho nessuna intenzione di avere a che fare con lei né con nessuno della sua sporca razza! »

«Stupido, patetico uomo! Ti pentirai amaramente degli insulti che mi stai rivolgendo! »

«No! No, lasciami! Aaaaah!!! »

«Remus! Oh, mio Dio! »

«Cosa sei tu? Stai lontano da mio figlio! Non avvicinarti, MOSTRO! »

 

Il ragazzino si svegliò di soprassalto madido di sudore. Aveva sognato per l’ennesima volta il momento più brutto della sua vita e come sempre si era svegliato all’urlo della madre del suo vecchio vicino che lo chiamava “mostro”.

«Non ha torto. » pensò avvolgendosi nelle coperte ancora tremante per le emozioni violente del sogno.

Doveva essere molto presto, la luce che filtrava attraverso le pesanti tende tirate era pallida e rosata. Dai tre letti accanto al suo giungeva il respiro regolare e il leggero russare dei suoi compagni di stanza. Le tre persone che più si avvicinavano al concetto comune di amici che avesse avuto da molto tempo. Perché lui, Remus J. Lupin, non osava più avvicinarsi troppo alle persone dopo le brutte esperienze passate. Pur mantenendosi gentile e disponibile nei confronti degli altri, aveva eretto una sorta di muro tra sé stesso e il resto del mondo. Non voleva affezionarsi a nessuno perché lui aveva un segreto che non doveva essere scoperto per niente al mondo. Anche se quei tre stavano rendendo ardua la sua impresa…

In quei momenti gli tornavano in mente le favole che sua madre gli raccontava quando era piccolo. Crescendo aveva cominciato a chiedersi perché fossero tanto diverse da quelle che venivano raccontate agli altri bambini.

«Le favole tradizionali in realtà si sbagliano. » era solita rispondere sua madre alle sue domande. «Succede perché le persone si fermano troppo alle apparenze. Prendi il lupo per esempio. Tutti dicono che sia cattivo ma in realtà non è così. Il lupo si sente triste e piange perché non è ancora riuscito a realizzare il suo sogno. Quando ci riuscirà, sarà felice e non piangerà più. Allora nessuno dirà mai più che è cattivo. »

Si rese conto di essersi riaddormentato quando si sentì scuotere da qualcuno e aprendo gli occhi ambrati vide sopra di lui il viso dall’espressione vispa dietro gli occhiali quadrati di quello che in un certo senso era il capo del bizzarro gruppetto che si era formato.

«James? Cosa succede? » chiese sbadigliando.

«Succede che di solito sei tu a svegliarci per tempo, ma siccome oggi te la dormivi della grossa, siamo nel più ritardatario dei ritardi. »

La sua espressione si aprì in un sorriso rilassato e per nulla preoccupato, ma Remus scattò a sedere sul letto, la mente improvvisamente lucida. Alla sua destra Sirius Black, un ragazzino dai capelli neri un po’ più lunghi del normale e dall’aria sveglia, si trovava in quel momento per metà a testa in giù nel proprio baule strepitando che non trovava la cravatta. Alla sua sinistra Peter Minus, grassottello e biondiccio, raccoglieva freneticamente i fogli e i rotoli di pergamena che aveva sparso sul pavimento nella la fretta. Sul primo letto della stanza, accanto alla porta, James Potter si era seduto tranquillamente, completamente vestito e pronto per uscire, anche se l’aspetto impeccabile era decisamente guastato dai capelli corvini arruffati e dall’espressione birichina.

Remus allontanò le coperte e prese a indossare l’uniforme con la mantellina nera che aveva diligentemente ripiegato ai piedi del letto, poi afferrò la borsa con i libri preparata la sera prima e aprì la porta.

«Abbiamo la McGranitt alla prima ora, se non ci sbrighiamo ci beccheremo una punizione. » disse. «Sirius, lascia perdere la cravatta. Peter, ho io tutti gli appunti che ti possono servire. James…»

«Sono pronto, mio capitano! » esclamò l’interpellato scattando sull’attenti al suo fianco.

«Bene, allora corriamo! »

Quando raggiunsero trafelati e trasandati l’aula di Trasfigurazione, scoprirono che l’intera classe del secondo anno di Grifondoro era già presente e attenta. Al loro ingresso la professoressa McGranitt, austera vicepreside, scoccò loro un’occhiata severa da dietro le lenti.

«Potter, Black, Lupin  e Minus. E’ il secondo ritardo in meno di una settimana. » disse. «Si tratta di semplice negligenza o ne devo dedurre un disinteresse verso la materia? »

Remus abbassò gli occhi. Come gli aveva fatto notare James, solitamente era lui a svegliare gli altri.

«E’ colpa mia, professoressa. » mormorò. «Io…ultimamente dormo male e…»

«Ehi, non sta scritto da nessuna parte che tu debba per forza farci da sveglia! » intervenne Sirius. «Sono stato io a perdere tempo, non trovavo la cravatta! »

«E io ho rovesciato gli appunti! » esclamò Peter.

Lo sguardo della professoressa saettò su tutti loro fino a fermarsi, esasperato, su James, come in attesa dell’ennesima giustificazione.

«Io? » fece il ragazzino mostrandosi stupito. «No, no, io non ho proprio niente da dire. Non mi sono svegliato. Punto. »

L’intera classe fu scossa da un risolino e l’insegnante si accigliò.

«Da sempre la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts vanta serietà nell’insegnamento e nella disciplina. » declamò. «Non tollererò altri episodi di questo tipo. Ora andate a sedervi. Lupin, se soffri d’insonnia, fatti visitare da Madama Chips. Ah, Black, vedi di far saltar fuori quella cravatta!»

Sirius si sedette accanto a Remus in fondo all’aula reprimendo una risata.

«Ce la siamo cavata anche stavolta! » bisbigliò. «‘Da sempre serietà e disciplina…’ Da sempre era prima che arrivassimo noi! »

Remus, suo malgrado, si lasciò sfuggire un sorriso: di una cosa era certo, stando in compagnia di quei tre non ci si annoiava mai.

La lezione proseguì senza altri intoppi fino a quando la tazzina di Peter, invece di Trasfigurarsi diligentemente in un topo, saltò giù dal banco e prese a correre per la classe fino a fracassarsi contro la gamba della sedia di Remus. La professoressa McGranitt aveva un’espressione indecifrabile che sembrava indecisa tra il riso e il pianto. Notandola, Remus raccolse i frammenti della tazzina, la riparò con un colpo di bacchetta e la riportò a Peter.

«Guarda, si fa così. » spiegò pazientemente. «Uno, due, tre… Feraverto. »

La tazza prese le sembianze di un roditore e Peter batté la mani entusiasta.

«Che bravo, Remus! »

Il ragazzino tornò a sedersi. Accanto a lui il topo di Sirius galleggiava a mezz’aria sospeso probabilmente dall’incantesimo Wingardium Leviosa che il suo proprietario gli aveva lanciato. Due banchi più avanti James tratteneva per la coda il suo topo che stava tentando una fuga disperata, mentre con la mano libera tirava le trecce di una ragazzina dai capelli rossi seduta davanti a lui.

«Smettila! » esclamò lei ad un tratto attirando l’attenzione dell’insegnante.

«Cosa succede, signorina Evans? Vedo che alla sua tazzina non è ancora spuntato neanche un pelo.»

«Mi scusi, professoressa. » rispose la ragazzina. «E’ che oggi sono un po’… distratta. »

Lanciò a James uno sguardo irritato che lui ricambiò con un sorrisone innocente.

Quando tutti riuscirono a Trasfigurare correttamente la propria tazzina, l’ora era ormai terminata. Remus venne fermato dalla professoressa mentre si accingeva ad uscire con i compagni.

«Ritengo che tu debba farti dare davvero un’occhiata da Madama Chips, Lupin. » gli disse. «Non è saggio riposare male quando si hanno compiti e lezioni da seguire. »

«La ringrazio, professoressa, lo farò. »

Più avanti nel corridoio, Sirius lo apostrofò con schiettezza.

«Accidenti, deve tenerci proprio tanto la McGranitt alla nostra puntualità! »

«Già. » rispose Remus, anche se non era stato quello il suo primo pensiero. «Ha paura che me ne vada in giro a fare il matto anche quando non c’è la luna piena? »

Era stato un pensiero istintivo, ma ancora prima di finire la frase, si era reso conto che il plenilunio sarebbe stato quella notte stessa. Dopo quasi sette anni, il suo corpo lo percepiva ancora prima che la mente avesse terminato il conto dei giorni. Dopotutto il sogno che aveva fatto era l’indizio maggiormente rivelatore. Quella notte sarebbe precipitato di nuovo nell’incubo, poi, per un altro mese, avrebbe potuto tornare a fingere di essere un normale studente.

 

Quella sera la Sala Comune di Grifondoro era particolarmente gremita di studenti. Il gelido vento invernale soffiava contro le vetrate minacciando neve da un momento all’altro. I ragazzi erano raccolti in gruppetti a chiacchierare, a studiare o a progettare le prossime vacanze natalizie.

Accanto al camino, raggomitolato su un’enorme poltrona, James sfogliava distrattamente il Manuale degli Incantesimi volume secondo.

«Cosa ne pensate di un bel Dissendium? Sarebbe l’ideale. » disse rivolto agli amici che lo guardavano senza capire.

«Apre le cose, no? Potrebbe servirci per intrufolarci nella Sala Comune di quegli stupidi Serpeverde e combinare un bello scherzo! A Mocciosus Piton, magari. » continuò allegro. «Ora che quell’orribile Lucius Malfoy ha lasciato la scuola, potremo divertirci a piacimento! »

Un grugnito giunse dalle parti del tappeto.

«Problema della parola d’ordine a parte, verrei di corsa se non fosse per questo stupido compito! » brontolò Sirius. «Sono sicuro che Lumacorno ce l’ha con me. Non è giusto, avrebbe dovuto prendersela con te! »

«E per quale motivo? Io non ho tentato di avvelenare Piton. »

«Sì, però io non ho fato esplodere la mia pozione addosso alla sua allieva preferita. »

«Quante storie, era una Soluzione Esplosiva e doveva essere sperimentata. Evans mi sembrava solo la persona adatta. Guarda il lato positivo, se Piton tenterà di vendicarsi, saprai come reagire. Il bezoar è un antidoto praticamente universale. »

«Oh, sicuramente! Nel qual caso farò in modo di procurarmi una capra e mi premurerò di toglierle un sasso dalla pancia e ingoiarlo. »

James scoppiò in un’allegra risata.

Poco più in là, abbarbicato su un pouf, Peter si disperava sul libro di Erbologia.

«Ancora non riesco a capire la differenza tra le radici di Mandragola e il Cavolo Carnivoro Cinese. Mordono tutti e due, no? »

«Sì, ma hanno proprietà molto diverse. Dal Cavolo Carnivoro non puoi estrarre l’antidoto alla pietrificazione. »

Tutti si voltarono verso il proprietario della voce e videro Remus venire verso di loro con indosso sciarpa e mantello.

«Torni di nuovo a casa da tua madre? » chiese Sirius dal pavimento.

«Non sono ancora riuscito a capire bene che tipo di malattia ha. » disse James scrutandolo con sguardo indagatore.

Remus si irrigidì.

«Bhè… lei ha… una strana forma di… »

«Lupin! »

L’esclamazione che lo interruppe gli fece tirare un sospiro di sollievo e rivolse uno sguardo riconoscente a Lily Evans.

«Cosa ci fai ancora qui? La professoressa McGranitt mi ha detto di dirti di andare subito da lei. »

Remus la ringraziò e Lily annuì con un gesto del capo, rivolse un’occhiata sprezzante a James e si allontanò, seguita da una linguaccia del ragazzo.

«Credo che l’Espresso di Hogwarts sia arrivato. Allora ci vediamo, ragazzi. » li salutò Remus sforzandosi di apparire  allegro e se ne andò.

Dopo l’uscita del compagno, James si stiracchiò sulla poltrona.

«Strano tipo Remus, vero? » disse.

Dal tappeto giunse solo un «Mh. » di assenso.

«Bravissimo ragazzo, per carità! » continuò il ragazzino con gli occhiali. «Credo sia il nostro coetaneo più diligente che abbia mai incontrato, però… »

«Mh. » ripeté il tappeto.

«Secondo te cos’ha sua madre? Voglio dire, era già malata l’anno scorso. Quale Guaritore prescriverebbe come rimedio una dose mensile di Remus? Carissimo ragazzo, davvero, però… »

«James! » esclamò Sirius seccato. «Se continui a cianciare non finirò mai questo tema e per questa sera dovrai scordarti l’esplorazione. Se davvero vuoi sperimentare l’incantesimo Dissendium allora FAI SILENZIO! »

Per quasi tutta l’ora seguente gli unici rumori che si sentirono furono il cicaleccio degli studenti più grandi che a gruppetti si ritiravano nei dormitori e il ritmico russare di Peter che si era addormentato con la guancia appiccicata alle pagine di Mille Erbe e Funghi Magici. Dopo quella che a James sembrò un’infinita eternità, Sirius si alzò dal tappeto spolverandosi i pantaloni e massaggiandosi i gomiti indolenziti. Si guardarono negli occhi per un attimo e annuirono all’unisono con espressione monella.

«Serpeverde, arriviamo! »

 

Cinque minuti dopo si aggiravano pei i corridoi deserti celati dal vecchio Mantello dell’Invisibilità di James. Sirius era stato entusiasta quando l’amico glielo aveva mostrato la prima volta, soprattutto pensando a tutte le scorribande che avrebbero potuto fare senza correre il rischio di essere scoperti, e questa volta non faceva eccezione. Scesi dalla Torre di Grifondoro, stavano attraversando il corridoio del primo piano quando James si fermò di botto.

«Dovremmo sperimentarlo quell’incantesimo, prima. » disse. «Se non funziona e ci facciamo beccare in territorio nemico, sai che figura? »

«Temo tu abbia ragione. » ammise Sirius ed estraendo la bacchetta si avvicinò al busto di Paracelso dall’altra parte del corridoio che lo fissava con aria vagamente allarmata.

«Dissendium! » esclamò.

Il busto non si mosse, tranne forse un impercettibile sospiro di sollievo.

«Sei sicuro che sia così? Forse è sbagliato il movimento. »

«Ho avuto un secolo per studiarlo mentre finivi il tuo stupido tema. Certo che è così! » confermò James.

Puntò la bacchetta verso la statua di una brutta strega gobba e orba e ripeté: «Dissendium! »

A sorpresa la gobba della statua si aprì rivelando una sorta di scivolo di pietra che si perdeva nell’oscurità.

«Direi che funziona! Eccome! » esclamò James con gli occhi che brillavano.

«Per la miseria! Questo è… un passaggio segreto! » fece eco Sirius che si tratteneva a stento dal saltellare su e giù per l’eccitazione. «Sapevo che ne esistevano ma non avrei mai pensato di scoprirne uno così per caso! »

James scrutò le profondità oscure del passaggio mentre sul suo volto si disegnava un’espressione furba.

«Vuoi mettere quei tonti di Serpeverde con questo? » chiese sornione. «Che ne dici? »

La titubanza di Sirius durò circa mezzo secondo, poi il piccolo Black fu pronto a tuffarsi nell’ignoto.

«Dico che quando l’avventura chiama è praticamente un dovere rispondere! »

Detto fatto, si sfilarono il Mantello dell’Invisibilità e si lasciarono scivolare nel buio oltre il passaggio. La discesa fu piuttosto lunga e terminò fortunatamente su un pagliericcio ma nell’oscurità più totale.

«Lumos. »

I due ragazzini accesero le punte delle bacchette e si guardarono attorno incuriositi e per nulla intimoriti. L’idea di stare facendo qualcosa di potenzialmente pericoloso e contrario a tutte le regole della scuola non li sfiorò minimamente. Quando individuarono il lungo corridoio scavato nel terreno che si snodava dinnanzi a loro, lo imboccarono senza esitazione.

Dopo quasi un quarto d’ora che camminavano, Sirius cominciò a dare segni di impazienza.

«Uffa! Non c’è niente di entusiasmante in un buco per terra. » sospirò. «Di questo passo sbucheremo solo dall’altra parte del parco, e poi comincia anche a fare freddo. »

«Insomma, dov’è finito il tuo spirito d’avventura? » lo sgridò James. «Andiamo avanti ancora un po’. Se hanno costruito un passaggio segreto, condurrà pure in qualche posto più interessante del parco. »

Sirius annuì, in fondo la curiosità era forte, e proseguirono per altri lunghi minuti fin quando la debole luce delle bacchette illuminò una scalinata di pietra che conduceva verso una botola di legno. La risalirono velocemente mentre la noia per il lungo percorso svaniva ad ogni gradino e si infilarono di nuovo sotto il Mantello prima di sbucare all’esterno.

«Si direbbe una cantina. » disse James leggermente deluso.

Sirius alzò la testa e prese ad annusare l’aria.

«Dolci. » sentenziò godendosi l’aroma invitante che si sprigionava dalle casse attorno a loro.

L’espressione di James si illuminò all’improvviso di comprensione e il ragazzino prese a saltellare eccitato.

«Oh, non ci poso credere! Eppure perché no? E’ incredibile! Potrebbe essere davvero… »

«Cosa? » fece Sirius confuso. «La scorta segreta di Silente? »

«Ma no, sciocco. Vieni con me. »

Sempre sotto il Mantello, lo trascinò su per una seconda scala, questa volta di legno, fino ad una porta che aprì con un semplice: «Alohomora. »

Si ritrovarono in un ambiente piuttosto ampio, con alti scaffali ricolmi di tutte le qualità di dolci immaginabili. Barattoli, scatole e sacchetti pieni delle più sfiziose e deliziose prelibatezze magiche rendevano quel posto il paradiso del goloso. Gironzolando per il negozio, di quello chiaramente si trattava, si riempirono le tasche di Zenzerotti, Piume di Zucchero, Scarafaggi a Grappolo, chewingum Bolle Bollenti e tutto quanto attirava la loro attenzione, fino a fermarsi davanti ad uno scaffale tappezzato di tavolette di cioccolato dalle confezioni rilucenti. James ne prese una, la rigirò tra le mani e lesse l’etichetta animata. Cioccolato finissimo con ripieno al caramello. Mielandia. Produzione propria.

«Avevo ragione! » esultò alzando le braccia in gesto di trionfo e facendo scivolare il Mantello.

«Su cosa? Che Silente spaccia dolci come secondo lavoro? » chiese Sirius con la bocca piena di Zuccotti di Zucca.

«Dice Mielandia! » gli fece notare James impaziente. «Non ti ricorda niente? »

All’espressione perplessa dell’amico, continuò: «Siamo a Hogsmeade! In teoria non ci sarebbe permesso venire qui fino al prossimo anno. Questo è l’unico villaggio di soli maghi di tutta l’Inghilterra! »

«Sì, ricordo che mio padre me ne aveva parlato. » disse Sirius. «Cioè, quando ancora mi rivolgeva la parola, prima che venissi smistato in Grifondoro… »

Per distrarlo dal cupo pensiero della pessima famiglia che si ritrovava, James prese a passargli manciate di tavolette.

«Ne portiamo anche a Peter! » esclamò tutto allegro.

«Sì, e anche a Remus. Ho l’impressione che adori il cioccolato. » fece eco Sirius ritrovando il sorriso.

Quando le loro tasche furono stracolme e dopo aver lasciato un paio di Galeoni sul bancone («Non sia mai che ci accusino di essere dei ladri! »), Sirius mosse un passo verso la cantina e la strada da cui erano venuti.

«Dove te ne vai? » lo fermò James. «Non vorrai tornare a scuola adesso? Voglio dire, siamo a Hogsmeade! »

«E chiusi dentro un negozio, James. »

«Alohomora. »

La porta a vetri del negozio si aprì tintinnando dolcemente e Sirius si sentì praticamente in dovere di tornare sui suoi passi.

«Da queste parti dovrebbero curare di più la sicurezza pubblica. » disse. «Comunque se insisti così tanto e con argomenti così convincenti, vorrà dire che resterò. Dove si va? »

James sorrise raggiante.

«C’è un posto che ho sempre voluto vedere. Da un po’ gira voce che sia la casa più infestata del Paese. La Stamberga Strillante. »

 

La neve aveva cominciato a cadere in grandi fiocchi mentre due figure solitarie si affrettavano sulla via che usciva da Hogsmeade. Un vento gelido spazzava la strada deserta allontanando dal cielo le pesanti nuvole scure e mettendo in risalto la splendida luna piena che gettava riflessi argentei su tutto il paesaggio imbiancato.

«Spero che la Stamberga Strillante sia riscaldata, » disse Sirius stringendosi addosso la veste leggera dell’uniforme. «o che almeno sia abitata da qualche fantasma ospitale. »

James stava per rispondere quando le sue parole vennero interrotte da un grido agghiacciante che squarciò il silenzio della notte. I due ragazzini si bloccarono in mezzo al sentiero avvicinandosi istintivamente l’uno all’altro e alzarono lo sguardo. Davanti a loro, a pochi passi, la via era sbarrata da uno steccato e da diversi cartelli di pericolo. Oltre ad essi si apriva una piatta distesa innevata che disegnava una sorta di radura attorno alla piccola catapecchia di legno al centro.

«Era… era… Cos’era? » balbettò Sirius tentando di non apparire troppo spaventato.

«Ehm… un fantasma che soffre d’insonnia? » ironizzò James al quale comunque tremavano le gambe.

«Non dovremmo avere paura, in fondo Hogwarts pullula di fantasmi. »

«Hai perfettamente ragione. Andiamo… forza. »

Mossero un paio di passi avanti poi Sirius si fermò di nuovo.

«Forse è meglio se ti stacchi dal mio braccio, James. »

«Cos…? Oh, non mi ero reso conto…»

«No, infatti… »

«Allora andiamo. »

«Andiamo, sì… »

Avanzarono ancora nella neve fino a raggiungere lo steccato. James vi appoggiò cautamente le mani e quando vide che non succedeva niente sembrò rianimarsi un po’. Tutto attorno era silenzio quando tornò a rivolgersi a Sirius.

«Forse prima ci siamo sbagliati. Cioè, magari era solo, che so, un gufo. »

«I gufi non urlano, James. » obiettò l’amico.

«Neanche i gufi molto molto arrabbiati? Molto offesi perché la loro preda è scappata? Senza contare che più che un urlo sembrava quasi… »

Alle sue spalle, il suono si ripeté facendolo sobbalzare. Un lungo, acuto e straziante ululato di dolore. E proveniva chiaramente dalla Stamberga. James si voltò di scatto ma non poté muovere più di un passo che si trovò Sirius praticante in braccio. Barcollò sotto il suo peso e finirono entrambi a terra nella neve inzuppandosi da capo a piedi. Si rialzarono spolverandosi la neve dai vestiti, ma la situazione non migliorò.

«Brutto affare. Se restiamo qui così bagnati e al gelo, ci beccheremo una polmonite. » disse il ragazzino con gli occhiali con espressione dispiaciuta.

«Hai ragione. » concordò il morettino al suo fianco passandosi una mano tra i capelli umidi. «Dubito che i fantasmi siano forniti di fuoco. Non che io abbia paura di andare a chiederglielo…»

«Oh, nemmeno io, ma probabilmente non ce l’hanno. »

«Sarebbe un viaggio a vuoto, e poi sembrano di cattivo umore. »

«Vero, vero. Meglio non disturbarli quando sono così, lo dice sempre anche Sir Nicholas e lui è un esperto…»

«Li omaggeremo di una nostra visita la prossima volta. »

Parlando in questo modo, avevano cominciato a camminare a ritroso sempre più velocemente fino a quando si erano trovati a correre a rotta di collo verso l’ingresso di Mielandia. Finalmente lo raggiunsero ansanti e si sbatterono la porta alle spalle mentre l’ululato terrificante riecheggiava di nuovo nella notte gelida.

Quando rientrarono alla Torre di Grifondoro trovarono la Sala Comune ovviamente deserta data l’ora molto tarda, eccezion fatta per Peter che nel sonno era rotolato giù dal pouf finendo sul tappeto sempre stringendo amorevolmente il suo manuale di Erbologia. Passandogli accanto Sirius gli diede un calcetto per svegliarlo. Il ragazzino alzò la testa stropicciandosi gli occhi e mostrando la scheda del Cavolo Carnivoro Cinese che gli era rimasta impressa sulla guancia come una decalcomania.

«Cosa succede? Oh, Siri, sei tu. Hai finito il tema sul bezoar? » Lanciò un’occhiata all’orologio. «Accidenti, com’è tardi! »

Sirius trattenne a stento una risata.

«Il tempo vola quando ci si diverte, amico. » disse. «Era un argomento talmente interessante che non riuscivo a smettere di scrivere! »

Scambiò uno sguardo d’intesa con James ed entrambi salirono nei dormitori seguiti da un confuso Peter che nella nebbia del sonno si chiedeva cosa ci fosse di interessante in un sasso.

 

Remus rientrò a scuola a pomeriggio inoltrato del giorno successivo, quando le lezioni si erano ormai concluse. Da quella mattina aveva trascorso il tempo in infermeria e solo ora Madama Chips gli aveva dato il permesso di uscire. Nonostante questo si sentiva più sciupato e “rattrappito” del solito ed era sicuro che questo stato d’animo non fosse dovuto al lungo squarcio all’interno dell’avambraccio, accuratamente celato dalle bende e dalla manica della veste. Quello, anche se pulsava ancora dolorosamente, sarebbe guarito in giornata diventando l’ennesima cicatrice. No, il motivo era un altro: quella notte lo aveva sfiancato. La bestia dentro di lui aveva sentito odore di carne umana nei pressi del suo rifugio e, impossibilitata a uscire, era diventata particolarmente violenta. Remus era giunto al punto di chiedersi per cosa valesse la pena sopportare tutto questo dolore.

Sulla strada per la Torre diversi compagni avevano salutato ignari il suo ritorno, informandosi sulle sue condizioni di salute («Sei pallido, Lupin. ») e su quelle di sua madre («Spero guarisca presto.»). Remus ringraziò tutti gentilmente e si defilò il più in fretta possibile verso i dormitori, desiderando solo il silenzio e la quiete della sua stanza. Appena aprì la porta però si rese conto di quanto ingenuo fosse stato il pensiero. Una pioggia di quelle che sembravano biglie lo colpì sulla testa sparpagliandosi ai suoi piedi e un coro di esclamazioni lo raggiunse, seguito da un tonfo sordo. Remus era allibito. La stanza era nel caos, c’erano pezzi di carta e di stoffa sparpagliati un po’ dappertutto e un barattolo gocciolante di vernice dorata in mezzo al pavimento. James, che fino a un attimo prima si trovava sopra il baldacchino del letto di Peter, era ruzzolato a terra in un groviglio di tende tentando di calarsi da una colonna. Alle sue spalle, appeso per un solo lato alla parete di fronte alla porta, si vedeva un drappo di stoffa rossa afflosciato e macchiato di vernice. Sirius, probabilmente spaventato dall’ingresso improvviso, aveva fatto precipitare le biglie che levitavano in giro per la stanza e che si rivelarono essere in realtà caramelle. Peter si era bloccato a mezz’aria mentre stava posando sul letto di Remus un grosso pacco quadrato avvolto in una carta luccicante. Tutti e tre i ragazzi avevano l’aria colpevole di chi è appena stato colto in fallo.

Remus avanzò nella stanza spezzando l’innaturale silenzio che vi era appena calato.

«Cosa state combinando? » chiese.

La quiete desiderata era ormai solo un vago ricordo.

Peter abbandonò il pacco e schizzò verso di lui agitando freneticamente le braccia.

«No! Cosa ci fai qui? Vai via! Via! »

«Uffa, non potevi startene fuori ancora un po’? » sbuffò Sirius.

Remus rimase immobile davanti all’ingresso, la testa affollata da mille ipotesi. Forse i suoi compagni di stanza stavano organizzando qualcosa che non prevedeva la sua presenza. Forse il suo ritorno aveva rotto loro le uova nel paniere. Forse sarebbe stato meglio, pensò deluso, se fosse rimasto in infermeria fino al giorno dopo. Si stava già voltando per andarsene quando la voce di James, attutita dai tendaggi da cui stava tentando di districarsi, lo fermò.

«Ragazzi, insomma! Così fraintenderà. Ecco, avete visto? Ci è rimasto male. »

Quando fu di nuovo in piedi, si avvicinò a Remus sorridendo.

«Non fare quella faccia, Rem, non volevamo mandarti via. »continuò. «E’ solo che sei tornato un po’ troppo presto e ci hai beccati prima che finissimo di preparati la sorpresa. »

Ormai Remus non sapeva più cosa dire e nemmeno cosa pensare. Sotto i suoi occhi sgranati, Sirius riprese a far volteggiare le caramelle e con un colpo di bacchetta James appese l’altra estremità del drappo rosso che si rivelò essere uno striscione con dipinto uno sgargiante “BENTORNATO!”. Peter lo afferrò per un braccio e trascinandolo verso il letto.

«Bhè, visto che ormai sei qui… Vieni! Guarda che meraviglia hanno trovato Siri e Jamie! »

«Non chiamarmi in quel modo, sembri mia madre! »brontolò James mentre Sirius sghignazzava.

Il braccio di Remus gli provocò una fitta sotto le bende quando Peter lo strinse, ma lui lo ignorò, troppo incredulo per quello che stava succedendo. Quando gli infilarono in mano il pacco luccicante, non poté far altro che aprirlo, lasciandosi cadere in grembo un mucchio di tavolette di cioccolato di tutte le varietà immaginabili.

«Ragazzi…» mormorò mentre uno strano nodo iniziava a farsi spazio nella sua gola. «Ma come…? Avete saccheggiato le cucine? »

«Assolutamente no! » esclamò Sirius. «Questo te lo posso garantire! »

«Le sorprese non sono finite! » continuò James estraendo da sotto il suo letto un grosso grammofono che assomigliava pericolosamente a quello personale della professoressa McGranitt.

«Siete matti! Vi metterò in punizione per un secolo! » squittì Peter.

«Ma no, è stata così felice di prestarlo a Sirius. » rispose James con un sorriso sornione che lasciava intendere come l’amico l’avesse sicuramente preso senza permesso. «E ora, musica! »

Colpì il grammofono con la bacchetta e quello iniziò a suonare. Non si trattava però della musica di un disco, notò Remus, era Un Calderone Pieno di Forte Amor Bollente di Celestina Warback, una cantante molto in voga nel periodo.

Sirius storse il naso mentre James diceva con aria di scusa: «Trasmette solo Radio Strega Network e una stazione radiofonica Babbana, non è una gran scelta. »

Peter cominciò a canticchiare sotto lo sguardo inorridito di Sirius:

«Vieni, mescola il mio calderone

e se con passione ti riuscirà

il mio forte amor bollente

questa notte ti scalderà…»

Quando anche James attaccò il ritornello:

«Oh, mio povero cuore, dov’è andato?

Per un incantesimo mi ha lasciato…»

per il giovane Black fu decisamente troppo e colpì il grammofono con un gesto deciso della bacchetta. Questo cambiò musica iniziando a trasmettere qualcosa di più ritmato.

«Ecco, è la radio Babbana. » fece Peter in tono deluso.

Sirius invece si rianimò.

«Io lo conosco questo! La cugina Andromeda dice che è il preferito di suo marito Ted. Si chiama Larry Bright! »

«Barry White. » lo corresse Remus. «Il marito di tua cugina ha ragione, la disco-dance Babbana non è niente male! »

Gli sembrava un sogno trovarsi lì in quel momento, con le mani piene di cioccolata e circondato di amici che si divertivano al ritmo della musica. Tutto quello era stato organizzato per lui ed era talmente meraviglioso da non sembrargli vero. Il sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra, allargandosi e illuminando gli occhi ambrati solitamente malinconici.

Sirius e James se ne accorsero e si scambiarono un’occhiata d’intesa.

«Fantastico! Stai sorridendo! Ce l’abbiamo fatta! » esclamò il ragazzino con gli occhiali. «Lo dicevo che quello di cui aveva bisogno era una sana risata di gusto! »

«Benissimo, allora abbiamo quasi raggiunto il nostro scopo! » ribadì Sirius. «Questa è musica da ballare, vero? Allora balliamo! »

Rivolse lo sguardo e la bacchetta verso James con un sorrisino che non prometteva niente di buono.

«Tarantallegra! »

Le gambe del ragazzino cominciarono a muoversi incontrollabilmente costringendolo a saltellare su e giù per la stanza.

«Si-Si-Sirius! No-no-non è divertente! Questa me la pa-paghi! De-de-densaugeo! »

I denti davanti di Sirius presero ad allungarsi fino a raggiungere il colletto slacciato della camicia e Remus non riuscì più a trattenersi, scoppiando in un’allegra e fragorosa risata. Era incredibile quanto riuscisse a sentirsi rilassato in compagnia dei tre amici. Amici? Li aveva definiti amici? In effetti erano le uniche persone con cui si sentiva pienamente sé stesso, un ragazzino di dodici anni senza preoccupazioni e che amava divertirsi. Loro avevano organizzato tutto questo per lui, per farlo sentire meglio nonostante non avessero idea del reale malessere che lo affliggeva. I primi veri amici che avesse mai avuto. Si rese conto che era nato in lui il desiderio di non perderli e se in altri casi lo aveva preoccupato, questa volta lo rallegrò. Tutto poteva rimanere com’era ora. Non era necessario che sapessero. Dopotutto anche lui aveva diritto alla sua oasi di pace.

Trascorsero la successiva mezz’ora a spulciare i libri di Remus alla ricerca di un controincantesimo che fermasse le gambe di James e riportasse i denti di Sirius alle dimensioni originarie, dopodiché, invece di scendere a cena, si concessero la più grande  scorpacciata di cioccolato che ognuno ricordasse. A sera inoltrata erano ancora sdraiati sul pavimento a prendersi in giro e a giocare con le caramelle che volteggiavano pigre sopra le loro teste.

«Sorprese mal riuscite come questa andrebbero organizzate più spesso. » disse James ad un certo punto. «Sono liberatorie, vero, Rem? »

«Hai perfettamente ragione. » annuì Remus.

«Inoltre permettono di approfondire la conoscenza tra compagni di stanza. » continuò Sirius. «Prendi il nostro Remus, ad esempio. Sembra un tipo tanto perfettino e invece si è sporcato tutto di cioccolata. »

Così dicendo afferrò la manica della veste del compagno ma quando ritirò la mano le sue dita non erano macchiate di marrone bensì di rosso scarlatto.

A quella vista Remus sbiancò irrigidendosi, Sirius sgranò gli occhi e gli altri due ammutolirono.

Come aveva potuto essere tanto stupido da pensare che sarebbe filato tutto liscio? L’imprevisto che sarebbe bastato a metterlo nei guai era sempre in agguato e questo ormai Remus avrebbe dovuto averlo capito. Solo aveva voluto illudersi per una volta, per una sera, che tutto fosse normale.

«Sirius…» cominciò, ma il ragazzino era già passato all’azione.

L’aveva afferrato per il braccio, sollevando la manica fino al gomito  e cominciando a sciogliere le bende.

«Siri… aspetta, mi stai facendo male! » protestò Remus ma l’altro srotolò imperterrito l’ultimo strato di bende scoprendo il lungo taglio all’interno dell’avambraccio.

Era arrossato e la ferita si era riaperta macchiando di sangue le bende e la manica.

«Cos’è questo? » esclamò Sirius.

Sembrava davvero arrabbiato e Remus se ne chiese il motivo. In genere la gente si arrabbiava dopo aver scoperto il suo segreto.

«Non è niente… davvero. » balbettò. «Sono un po’ maldestro, lo sapete che mi faccio male spesso. Mi sono graffiato con… ehm… un chiodo. Non dovete preoccuparvi. »

«Ma sei stupido?! Cos’hai nella testa? » lo aggredì Sirius facendo ritrarre Peter dallo spavento. «Te ne stai qui a ridere e scherzare invece di andare di filato da Madama Chips! »

«Veramente io…»

«Sirius, se non l’hai notato una medicazione c’era già e tu l’hai disfatta. » lo interruppe James. «Può capitare a tutti di ferirsi, non è il caso di farne un dramma. Cerca soltanto di non fargli più male tu con la tua delicatezza da elefante. »

James sembrava perfettamente tranquillo e si avvicinò a Remus con un sorriso rassicurante.

«Aspetta, ci penso io. »

Avvicinò la punta della bacchetta al suo braccio mormorando: «Ferula. » e delle bende pulite sostituirono quelle sporche di sangue ora a terra.

Sirius però non sembrava intenzionato ad arrendersi.

«Uno può essere maldestro fin che vuoi, ma ferirsi così spesso e così gravemente è per lo meno strano, non trovi? Nemmeno io che sono più scalmanato di lui mi faccio male a quel modo! »

«Forse perché, conoscendoti, fai un po’ più di attenzione. » ironizzò James.

«Sì, comunque…»

Lo sguardo che James lanciò all’amico stupì persino Remus. Era uno sguardo perfettamente calmo, ma freddo come se lo stesse rimproverando di qualcosa.

«Basta, adesso non ho voglia di parlarne! »

Quella parole suonarono come un capriccio, infatti Sirius si imbronciò infastidito, ma Remus ebbe la netta impressione che James volesse in qualche modo evitare di approfondire il discorso.

Una volta a letto, Remus non riuscì a prendere sonno per parecchio tempo. Rimase sdraiato girandosi di tanto in tanto e ascoltando il respiro regolare dei suoi compagni addormentati. Si sentiva inquieto. Sirius aveva reagito troppo nervosamente alla scoperta della sua ferita, James invece era rimasto troppo calmo. Due atteggiamenti opposti ma comunque anomali. Era molto preoccupato. Forse sospettavano qualcosa. Non voleva perderli, erano gli unici amici che aveva! Doveva assolutamente pensare a qualcosa per depistarli, trovare una scusa plausibile. Se solo il braccio non gli avesse fatto così male dove, prima Peter poi Sirius, l’avevano stretto… Se solo non fosse stato così stanco… Mentre tentava di riflettere e riordinare le idee, i suoi pensieri si sparsero come foglie al vento e Remus si addormentò profondamente.

 

Continua

 

 

 

NOTICINA DI YUKI:

Originariamente questa fanfiction doveva essere interamente incentrata su Remus, senza punti di vista di altri, ma a quanto pare non riesco a stare senza James♥… ^_^ (fan di Rem perdonatemi!) Ci tengo a precisare che l’ispirazione per scriverla, specialmente le scene finali della seconda parte,  mi è venuta leggendo la meravigliosa dojinshi di Shisinden “Lagrangian Points”. A chi fosse interessato dico che è possibile scaricare le scanlation in italiano dal sito www.mangadreamland.it ve la consiglio caldamente, personalmente la trovo stupenda! Riesce a rendere lo stato d’animo dei Malandrini in modo davvero commovente.

Un bacio e a presto per la seconda parte!

YUKI-CHAN

 

   
 
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