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Autore: Flaqui    12/08/2011    8 recensioni
Non ero mai stato una persona curiosa, di quelle che si intromettono nella tua vita con forza, prepotenti.
Io mi limitavo ad osservare.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I'm just right here...'
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A colui che osserva da lontano...


Camminavo fischiettando.
Mi piaceva prendermela comoda al ritorno da lavoro. All’andata no, era sempre una corsa frenetica, sempre una lotta contro il tempo. Una lotta persa in partenza, visto che, come ormai avevo appreso il tempo non esiste.
E se esiste è comunque più veloce di te.
Ma la sera no. Era tutto più calmo, rilassato.
Potevi prendertela comoda, osservare ciò che avevi intorno. Non ero mai stato una persona curiosa, di quelle che si intromettono nella tua vita con forza, prepotenti.
Io mi limitavo ad osservare.
Da piccolo passavo ore e ore a osservare ciò che avevo intorno a me. Nelle belle giornate di sole, uscivo fuori e mi sedevo sulla panchina di legno in giardino. E restavo lì.
Osservavo la sottile linea dell’acqua della piscina incresparsi ad ogni alito di vento. Osservavo i fiori di campo che mia madre aveva sradicato in un precedente pic-nic di famiglia e poi aveva tentato invano di ripiantare, mossi da una brezza leggera.
Osservavo i raggi obliqui del sole che scendevano e illuminavano le goccioline di rugiada, depositate con cura su ogni ramo, su ogni foglia, su ogni petalo.
Poi immancabilmente arrivava mio fratello, mi gridava di smetterla di stare lì impalato a fissare il vuoto, che poi sarei diventato davvero rincitrullito.
Aveva uno starno modo di dire quella parola. Ogni volta sembrava facesse uno sforzo immane per pronunciarla. Lui che parlava sempre così velocemente, ogni volta che mi chiama rallentava il ritmo, quasi avesse paura che non lo capissi.
Osservavo le sue mani intrecciate davanti agli occhi, mentre giocavamo a nascondino. Osservavo quelle di Nacho, mai chiese completamente che, barando alla grande, sbirciava fra l’incavo delle dita. Osservavo che Thiago aveva un modo strano di ridere, piegandosi in avanti e protendendo le mani, pronto a farsi schermo se fosse caduto per terra.
Osservavo tante cose.
Ma come capii solo dopo una lezione di filosofia all’università, osservare è molto diverso dal vedere o dal sentire. Osservare una persona è studiarla, prenderla in esame. Vedere una persona è capirla, riconoscerla. Sentirla è quasi un percepire l’anima, i pensieri della persona.
La prima volta che capii che molto spesso era più utile agire all’osservare fu quando la spada di legno di mio fratello galleggiava nella piscina senza più il suo padrone accanto.
In quel momento, osservavo mio fratello andare giù, nell’acqua, senza poter fare niente.
In quel momento osservavo che alcune cose rimangano a galla, e altre no.
 
Quando arrivai alla Casa Magica, avevo iniziato, in qualche modo ad agire. Agivo, con cautela, sentivo con cautela, vedevo con cautela.
A volte però tornavo a fermarmi, per un attimo, ad osservare. Osservavo la curva delle labbra di Mar quando sorrideva. Osservavo i movimenti veloci di Tacho quando placcava Luca, e quelli più decisi dell’altro, quando si esercitavano con la boxe. Osservavo le dita di Rama muoversi sulla chitarra. Osservavo i movimenti lenti di Jasmine quando si truccava. Osservavo Nacho e Thiago che ridevano, il loro modo di spalleggiarsi e subito dopo di prendersi a botte. Osservavo il modo in cui gli occhi di Tefi si spegnessero mentre rideva crudele, insultando Valeria. Osservavo Malvina prendere in braccio Esperanza.
Osservavo il sorriso di Melody. Il suo modo di scostarsi i capelli dalla fronte, i suoi orecchini che tintinnavano mentre provavamo una coreografia.
 
Una volta uscito da quella casa, maggiorenne, con il diploma in mano e molta buona volontà nell’altra mi iscrissi alla facoltà di Psicologia all’università di Buenos Aires. Mi stupii nell’osservare che la prima lezione a cui partecipai, trattava di quell’osservazione che tanto mi ossessionava.
Mi laureai a pieni voti e, stupendo mio padre, che dopo essersi mortalmente offeso per la mia volontà di non seguire le sue orme, aprii uno studio tutto mio. Osservavo la targhetta dorata con sopra inciso il mio nome.
 
Simon Arrechavaleta
Psicologo
 
Aprii la porta di casa, cercando di non far tintinnare le chiavi.
Lo facevo apposta ad essere così silenzioso.
Avevo imparato ad appoggiare prima la punta del piede e poi il tallone, tenendo il peso sbilanciato verso la parte esterna della pianta, per minimizzare la superficie di contatto con il terreno. Avevo imparato a farlo da piccolo, quando la mia sete di osservazione era forte, così forte da farmi girare per la casa, nel bel mezzo della notte, per osservare, ad esempio lo spigolo di un mobile, l’ombra di una lampada, i raggi della luna che penetravano dalla finestra aperta.
Capitava spesso che i miei genitori mi trovassero di fronte all’improvviso, come un ologramma proiettato dal pavimento, con il mio sguardo accigliato, concentrato su qualcosa che non potevano, ne volevano, vedere.
Una volta a mia madre era venuto un spavento così forte che aveva fatto cadere il piatto che stava lavando. Mi ero chinato a prenderlo, raccoglievo i cocci e intanto osservavo come alcuni fossero più appuntiti di altri, con delle forme strane, astratte.
Era successo subito dopo la morte di mio fratello, e mia madre, lo ricordavo ancora, mi aveva ringraziato, gentile ma imbarazzata e quando aveva pensato che me ne fossi andato, si era seduta sul pavimento e si era messa a singhiozzare. E io osservavo il suo modo di mettersi le mani davanti agli occhi, quasi a voler giocare a nascondino con il suo dolore.
Spalancai piano la porta e riposi le chiavi nel piccolo cassetto segreto vicino al mobiletto in mogano.
Mi avvicinai piano, evitando di fare rumore.
Eccola lì. La mia famiglia.
Mia figlia, Mery, era tutta presa dalla conversazione al telefono. Osservavo il suo modo di arricciarsi la punta dei capelli sulla mano, una e un’altra volta. Osservavo come le sue labbra si arricciavano all’insù.
-Ma cosa ti ha detto con esattezza? Parola per parola, Pal!-
Amado, il primogenito di mia moglie era seduto su uno sgabello e studiava sul suo libro di filosofia. Osservavo il suo viso corrucciato quando non capiva qualcosa, il suo dito che scorreva sulla pagina, il sospiro di sollievo quando arrivava fino alla fine di un foglio e quello di noia quando ne iniziava un’altra.
Il pianto sommesso di Pablo, mio ultimo figlio, mi distrasse. Ad appena sei mesi e tre giorni mio figlio aveva detto la sua prima parola.
Mia moglie era in cucina, stava preparando il latte caldo per il piccolo.
E io intanto osservavo.
Osservavo le sue mani che correvano sul piano della cucina, in attesa che il latte fosse pronto. Osservavo il suo dito immergersi nel liquido bianco, per controllare che fosse della temperatura giusta. Osservavo le sue labbra muoversi leggere, mentre canticchiava qualcosa.
Osservavo il suo sorriso e la sua smorfia di sorpresa. Osservai il biberon colmo di latte cadere quando il suono della voce di mio figlio borbottò per la prima volta: mamma.
Non mi offesi.
La prima parola di Mery era stata papà, un po’ per uno. Osservavo le sue lacrime di gioia, mentre stringeva al petto il bambino.
Mia madre diceva che Pablo era il figlio che mi assomigliava di più.
Sarà come te.
Ma io non voglio che sia come me.
Perché il destino di colui che osserva, è quello di rimanere ad osservare. In silenzio.
 
Melody, mia moglie, alzò lo sguardo verso di me e sorrise. E in quegli occhi, per la prima volta, come tante altre, senza bisogno di osservare, lessi ciò che volevo vedere.
L’amore che cercavo dopo una vita di osservazioni.


Hola!
Come va? Questo è uno spin-off della mia long I'm just right here..
Per chi non l'avesse letta Simon ha avuto Mery dalla relazione con Sol, e dopo che la donna l'ha lasciato, si è risposato con Melody, che aveva intanto avuto anche lei un figlio da Teo, suo precedente marito. I due si sono sposati e hanno avuto Pablo.
Questa storia si svolge molti anni prima della long (Pablo ha solo pochi mesi, mentre nella ff ha dieci anni come vedrete nei prossimi capitoli) all'inizio avevo pensato di inserirla nella ff, poi però mi sono detta, bha, facciamo una storia a parte, dopo tutto il mio Simon si merita questo onore, o no?
Se siete arrivati fino a qui vuol dire o che mi amate alla follia o che siete davvero disperate, quindi..
Dedicato ad Ale, Maria, Paoletta, Fede e Valeria.. (visto che brava? Ho usato i vostri veri nomi! Tranne quello di Alexiel94 che rimane ancora un mistero!)
Bacioooooooo
Fra

 
   
 
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